Charlotte (eLit): eLit
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Info su questo ebook
Justine, Annalise e Charlotte sono le belle e chiacchierate figlie dello scandaloso Duca di Manning, nonché l'anima dei celebri ricevimenti che si tengono periodicamente a Welbourne Manor.
Charlotte, la piccola di casa, è una ragazzina dispettosa e petulante decisa a trasformarsi in una donna elegante e raffinata. Ci vorrebbe l'amore di un uomo speciale e lei è convinta di averlo trovato...
Amanda McCabe
Autrice originaria dell'Oklahoma, ha scritto il suo primo libro a sedici anni, durante le lezioni di matematica, e da allora i suoi romanzi hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti letterari.
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Anteprima del libro
Charlotte (eLit) - Amanda McCabe
Prologo
1818
Per Giove! Era nudo?
Appollaiata sul ramo dell'albero, Charlotte Fitzmanning aveva una mano avvinghiata attorno alla corteccia ruvida mentre con l'altra teneva il monocolo attaccato all'occhio. Il piccolo cannocchiale, così utile per essere aggiornati su tutto ciò che succedeva a Welbourne Manor, in quel momento era puntato sul laghetto. Per la precisione, era puntato sull'uomo che stava nuotando nelle torbide acque verdazzurre. Andrew Bassington. Il suo grande amore. Non che lui lo sapesse, naturalmente. E non lo avrebbe mai saputo, se Charlotte fosse riuscita a evitarlo. Ma non aveva potuto evitare di seguirlo fin lì dopo aver saputo che aveva intenzione di andare a fare una nuotata.
Charlotte corrugò la fronte e staccò il cannocchiale dall'occhio. E Drew divenne un puntino lontano. Sapeva di essere sciocca a seguirlo come un cagnolino. A sedici anni, era troppo grande per quel genere di sciocchezze. Drew la considerava solo la sorellina degli amici Nicholas e Stephen, i suoi fratellastri. La canzonava e rideva di lei, ma era anche gentile, sopportandola quando si avvicinava a lui.
Fino a quel momento. Durante quella visita era successo qualcosa. Qualcosa di importante e misterioso che aveva cambiato tutto. Se prima riuscivano a parlare con giocosa confidenza, adesso la conversazione fra loro aveva assunto un che di forzato e imbarazzato. Drew non la prendeva più in giro né le tirava più i folti capelli scuri che Charlotte si ostinava a portare sciolti, nonostante sua sorella Justine le avesse dato consigli sulle acconciature alla moda e le avesse regalato graziosi pettinini e nastri. E la sera prima, durante la cena, lo aveva sorpreso a osservarla con espressione seria e compresa. I begli occhi azzurri di Drew erano scuri e solenni sotto la luce delle candele e Charlotte non era riuscita a capire che cosa stesse pensando.
Poi Drew le aveva sorriso nel solito modo allegro e divertito e le aveva ammiccato, facendola ridere fra sé. Ma quello strano sguardo, serio e profondo, e le inquietanti emozioni che aveva suscitato in lei, erano rimasti. Charlotte era stata sveglia tutta la notte a chiedersi che cosa significasse tutto ciò.
Forse voleva dire che stava diventando come sua madre, pronta a rendersi ridicola per passione, aveva pensato con viva preoccupazione. Era affascinata da Drew Bassington, ma non aveva alcuna speranza che lui fosse affascinato da lei. Poteva essere sciocca e ridicola come sua madre ma, ahimè, non era bella come lei. Nessun uomo si sarebbe innamorato di una donna minuta, magra e bruna come lei.
Quel mattino, si era alzata animata da una nuova determinazione: doveva liberarsi dell'ossessione per Drew, per i suoi occhi azzurri e le sue spalle muscolose. Doveva dimenticare il suo sorriso accattivante e la sua risata contagiosa. Doveva dimenticare tutto di lui. Non sapeva come avrebbe fatto, tuttavia, e non c'era nessuno a cui poter chiedere consiglio. Annalise era sempre immersa nei suoi quadri e Justine si sarebbe solo preoccupata.
Era inutile. Così l'aveva seguito al laghetto ed era salita sul ramo di quell'albero, sentendosi più sciocca che mai.
Doveva scendere e tornare a casa prima che qualcuno la vedesse, si ammonì. Anche se nessuno si sarebbe stupito di vederla arrampicarsi sugli alberi con indosso il vestito di mussola bianca che Justine le aveva regalato. Nessuno a Welbourne si curava di quello che facevano gli altri, purché fosse una cosa divertente. Ma se fossero stati i suoi fratelli a vederla e avessero capito che stava spiando Drew... Be', allora sarebbe stato meglio cadere subito dal ramo e rompersi l'osso del collo, perché non avrebbe sopportato l'umiliazione.
Ma la curiosità era più forte della minaccia di essere impietosamente derisa. Doveva vedere! Doveva sapere una volta per tutte se era davvero una donna licenziosa senza principi morali.
Doveva sapere se Drew era bello senza vestiti come lo era con i vestiti.
Charlotte tornò ad avvicinare il cannocchiale all'occhio e vide che Drew stava tornando verso la riva. Le sue bracciate vigorose e sicure fendevano l'acqua come lame di coltelli e i suoi capelli bagnati, che emergevano dalla superficie, brillavano sotto il sole. Sembrava un tritone, pensò, una forte, misteriosa creatura degli abissi, un essere che apparteneva a un mondo sommerso. Forse avrebbe scritto il testo di un lavoro teatrale sull'amore impossibile di una donna mortale per un tritone incredibilmente bello e irraggiungibile!
O sull'amore impossibile di una sciocca ragazza appartenente a una scandalosa famiglia per il meraviglioso figlio di un conte...
Drew uscì dall'acqua e Charlotte rimase delusa di vedere che non era completamente nudo. Ma poco ci mancava, perché i mutandoni che indossava gli aderivano alle cosce muscolose. Si scrollò l'acqua dai capelli, il petto nudo che luccicava sotto il sole.
Ammaliata, Charlotte trattenne il respiro. Avrebbe voluto gettargli le braccia al collo, sentire quel corpo forte contro il proprio. Avrebbe voluto assaggiare il sapore delle goccioline che gli coprivano la pelle, sentirlo sospirare e fremere di un desiderio pari al proprio.
Maledizione! Adesso conosceva la risposta al suo inquietante interrogativo. Era sciocca come sua madre e solo scandalo e rovina l'attendevano. Ma la strada verso la rovina poteva essere divertente, considerò mentre osservava Drew che si asciugava con la camicia.
Charlotte si abbarbicò al ramo, guardandolo con occhi avidi mentre indossava i pantaloni. Il suo momento stava per finire. Lui avrebbe terminato di rivestirsi, sarebbe tornato a casa e non avrebbe mai saputo di essere oggetto del suo struggente amore. Avrebbe dovuto custodire gelosamente quel ricordo prezioso, come molti altri, per riviverlo nelle fredde notti che l'attendevano, si ripromise con un sospiro. O per quando avrebbe avuto bisogno di nuovi spunti per i suoi scritti, naturalmente.
Charlotte udì un suono sommesso, come di qualcuno che annusasse il terreno e guardò giù, scoprendo che Oliver, il cucciolo di carlino che Nicholas le aveva portato da Londra per fare compagnia a Octavia, la femmina di carlino che possedeva già, l'aveva seguita e si aggirava attorno al tronco dell'albero su cui era appollaiata. Oliver cercava sicuramente qualcosa da mangiare, giacché era sempre affamato. Ma la sua presenza l'avrebbe smascherata.
«Oliver, torna a casa!» gli ordinò sottovoce. «Va' dal Signor Napoli, che avrà certamente qualcosa da darti.»
Oliver sollevò il muso, scrutando tra le foglie con i grandi occhi neri, il naso appiattito che tremava, la coda abbassata. Per un momento sembrò che non l'avesse vista, poi prese a scodinzolare, appoggiò le zampette anteriori sul tronco ed emise un lieve guaito, a cui seguì, purtroppo per Charlotte, un grido di felicità.
Atterrita, la fanciulla guardò verso il laghetto. Drew aveva infilato gli stivali e la giacca. Di lì a poco avrebbe imboccato il sentiero che portava alla casa, da cui si poteva vedere l'albero sul quale si era arrampicata.
«Oliver! Torna a casa!» sussurrò di nuovo.