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Irresistibile sceicco: Harmony Destiny
Irresistibile sceicco: Harmony Destiny
Irresistibile sceicco: Harmony Destiny
E-book130 pagine1 ora

Irresistibile sceicco: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Dopo la laurea, Delaney si concede un meritato risposo nello chalet di un amico. Peccato che questi abbia prestato la casa anche a un vecchio compagno di università, l'affascinante Jamal Ari Yassir. Nessuno dei due vuole rinunciare alla vacanza, ma sapranno resistere a una convivenza forzata?
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2021
ISBN9788830527928
Irresistibile sceicco: Harmony Destiny
Autore

Brenda Jackson

E' un'inguaribile romantica e ha sposato il suo primo amore. Chi meglio di lei conosce il significato delle parole scritto nel destino?

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    Anteprima del libro

    Irresistibile sceicco - Brenda Jackson

    Copertina. «Irresistibile sceicco» di Jackson Brenda

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Delaney’s Desert Sheikh

    Silhouette Desire

    © 2002 Brenda Streater Jackson

    Traduzione di Michela Polverino

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-792-8

    Frontespizio. «Irresistibile sceicco» di Jackson Brenda

    1

    Jamal Ari Yassir sospirò e si asciugò il sudore dalla fronte. Con ripetuti tentativi, aveva cercato di riparare le due gambe in legno che facevano traballare il tavolo della cucina. Tuttavia, dopo un’ora, il tavolo era ancora instabile.

    Ripose gli attrezzi nella scatola, deluso. «Accidenti» imprecò con frustrazione, «ho fatto del mio meglio, ma sono uno sceicco, non un falegname!» borbottò.

    Era giunto in quello chalet in mezzo alla foresta per una pausa di riflessione. Peccato, però, che il secondo giorno fosse già annoiato da morire. Cosa ne sarebbe stato degli altri ventotto a venire?

    Non era abituato a starsene con le mani in mano.

    Nel suo paese, il valore di un uomo si misurava da ciò che riusciva a portare a termine giorno dopo giorno. Il suo popolo lavorava dall’alba al tramonto, non perché fosse obbligato a farlo, ma perché era stato educato ad agire per il bene di tutta la comunità di Tahran.

    E lui, benché fosse il figlio di uno dei più potenti sceicchi del mondo, era stato abituato fin da piccolo a lavorare duro come la gente del popolo.

    Per oltre tre mesi era stato impegnato a portare avanti difficili negoziazioni con gli altri stati limitrofi, in un accordo cruciale per il mantenimento della pace. Dopo lunghe trattative, una volta che tutte le parti erano state soddisfatte delle decisioni concordate, lui si era voluto concedere un mese di tregua e di riposo nella più completa solitudine. Voleva rifarsi mentalmente e fisicamente dalle fatiche sostenute.

    Lo sbattere improvviso e secco della portiera di una macchina attrasse la sua attenzione. Corse alla finestra e guardò da dietro la tendina. Sapeva che non poteva trattarsi di Philip, il suo compagno di stanza a Harvard, che gentilmente gli aveva offerto l’uso dello chalet. Philip si era appena sposato e ora si trovava in qualche luogo dei Caraibi a godersi la luna di miele.

    In ogni caso, chiunque fosse il nuovo arrivato doveva sapere dell’esistenza dello chalet, perché nessuno dalla strada principale, distante ben quindici chilometri, poteva giungere lì, in piena foresta, se non perché conosceva il posto e l’intricato percorso per arrivarvi.

    Quando guardò di nuovo fuori, rimase come ipnotizzato.

    Una donna era uscita da un’auto e stava frugando nel portabagagli.

    Tutto ciò che poté vedere di lei, e ammirare, furono la schiena e le gambe.

    E fu sufficiente.

    I suoi pantaloncini, cortissimi e attillati, parevano una seconda pelle su ciò che di più bello e perfetto avesse mai visto nei suoi trentaquattro anni di vita!

    Fantasie erotiche si sprigionarono nella sua mente. Come si dormiva accanto a una donna come quella? Il fatto era che una donna così faceva perdere il sonno... oltre che il senno! E lui lo avrebbe perso volentieri.

    La donna estrasse una grossa valigia e un’altra sacca più piccola.

    La cosa inizialmente non gli interessò. Ciò che più gli importava era che la sconosciuta mostrasse il suo viso.

    Ben presto, la ragazza richiuse il baule e finalmente si volse. E a Jamal si arrestò il respiro. Una vampata di calore lo assalì, seccandogli la gola. Quella donna era semplicemente splendida. Bellissima!

    Aveva una cascata di capelli ricci e neri che incorniciavano un viso dolcissimo e ricadevano lucenti sulle spalle nude color del miele. Le sue belle labbra erano attraenti, invitanti come un frutto proibito.

    Il suo collo era liscio e lungo, i suoi seni rotondi e sodi, e le lunghe gambe erano flessuose. Quella donna era semplicemente irresistibile.

    Jamal scosse la testa, rammaricandosi che fosse giunta allo chalet sbagliato. Si ritrasse perciò dalla finestra.

    Ma, inspiegabilmente, un attimo dopo si ritrovò sotto il portico a chiederle con tono premuroso: «Posso esserle di aiuto?».

    Delaney Westmoreland alzò gli occhi e trasalì. Il suo cuore si mise a battere all’impazzata quando si ritrovò davanti quell’uomo, di almeno un metro e novanta, che la stava guardando dal portico. E che uomo!

    In fatto di maschi aveva una scarsa esperienza, ma persino un cieco avrebbe detto che quello era incredibilmente bello. Il sole del tramonto faceva risaltare la carnagione scura della sua pelle e luccicare i suoi capelli neri come la notte. I suoi occhi neri e intelligenti la stavano studiando, mettendole i brividi. Un uomo del genere avrebbe fatto girare la testa a qualsiasi donna.

    Strano, però, il suo abbigliamento, che non si confaceva affatto all’ambiente circostante. Portava pantaloni scuri di foggia europea e una camicia azzurra e costosa. Troppo elegante per vivere nel cuore di una foresta.

    Con la pelle d’oca, malgrado il caldo del tardo pomeriggio, Delaney si stropicciò gli occhi una volta e poi un’altra ancora per sincerarsi che non si trattasse di una visione. Quando si rese conto di non essere di fronte a un miraggio, con voce tremula chiese: «E lei chi è?».

    «Dovrei essere io a farle questa domanda» rispose Jamal, scendendo i gradini del portico.

    Delaney trattenne il respiro. «Sono Delaney Westmoreland. Lei sta violando una proprietà privata.»

    L’uomo, che traspirava sensualità da ogni poro, si arrestò a pochi centimetri da lei. Una vampata di calore la percorse non appena prese coscienza che da vicino era ancora più bello.

    «Il mio nome è Jamal Ari Yassir. Questo posto è di proprietà di un mio caro amico, e a mio parere è lei quella che lo sta violando.»

    Delaney lo guardò con sospetto. Era veramente un caro amico di Reggie? Forse suo cugino aveva scordato di avere già affittato lo chalet quando lo aveva offerto a lei? «E quale sarebbe il nome del suo amico?» chiese con circospezione.

    «Philip Dunbar.»

    «Philip Dunbar?» scandì Delaney.

    «Esattamente. Lo conosce?»

    Lei annuì. «Philip e mio cugino Reggie una volta erano soci in affari. È stato mio cugino a offrirmi lo chalet per un mese. Non immaginavo che avessero ancora questa proprietà in comune.»

    «È già stata qui prima d’ora?»

    «Sì, una volta. E lei?»

    «È la prima volta che vengo» le rispose Jamal con un sorriso.

    Delaney sussultò. Aveva un sorriso da far sciogliere le viscere e la cosa non le piacque affatto. «Deve proprio guardarmi in quel modo?» sbottò alla fine, nel tentativo di esorcizzare l’effetto devastante che il suo sguardo penetrante aveva su di lei.

    Jamal alzò un sopracciglio. «Oh, non mi ero accorto che la stavo fissando.»

    «Ebbene, lo ha fatto. In ogni caso, da dove viene? Non mi sembra americano.»

    «Infatti non lo sono. Vengo dal Medio Oriente, da un piccolo emirato chiamato Tahran. Ne ha mai sentito parlare?» replicò Jamal, sorridendo.

    «No. Devo confessare che la geografia non è il mio forte. Però parla l’inglese molto bene per essere uno straniero.»

    «Mi è stato insegnato fin da piccolo. Poi, sono venuto a impararlo direttamente in America come studente a Harvard.»

    «Si è laureato a Harvard?» rimarcò lei, sorpresa.

    «Sì.»

    «Che mestiere fa nella vita?»

    Jamal incrociò le braccia al petto, considerando che le donne dell’occidente facevano troppe domande. «Aiuto mio padre a prendersi cura della mia gente.»

    «Della sua gente?»

    «Già. La mia gente. Sono uno sceicco, il principe di Tahran. Mio padre è un emiro.»

    Delaney sapeva che un emiro era l’equivalente di un re. «Se è il figlio di un re, allora che cosa è venuto a fare qui? Questo è un bel posto, ma credo che un principe possa permettersi di meglio.»

    «Philip mi ha offerto questo chalet perché sapeva che volevo staccarmi per un po’ dai miei impegni e ritenevo fosse scortese non accettare. Se si sapesse che mi trovo nel vostro paese, la stampa mi darebbe la caccia. Philip ha creduto che un mesetto di tranquillità fosse quello che mi ci voleva, al momento.»

    «Un... mesetto?»

    «Sì. E tu per quanto tempo hai previsto di rimanere? Posso darti del tu o sarebbe un problema?»

    «Per il tu non ho alcun problema» dichiarò lei, «per la villeggiatura sì.»

    «Perché?»

    «Perché anch’io dovrò stare qui per un mese.»

    «Be’, sappiamo che stare qui in due è impossibile, così sarei felice di aiutarti a rimettere le valigie nel portabagagli.»

    Delaney si pose le mani sui fianchi. «E perché dovrei essere io quella che deve andarsene?»

    «Perché io sono arrivato per primo.»

    Ma lei non aveva intenzione di dargliela vinta. «Però tu potresti permetterti il lusso di trasferirti altrove. Io no. Una volta che Reggie mi ha fatto un regalo di laurea, non voglio perdermi l’opportunità di una vacanza.»

    «Un regalo di laurea?»

    «Sì. Mi sono laureata in medicina venerdì scorso. Dopo otto anni di studi ininterrotti, pensava che un mese trascorso qui in solitudine e a contatto con la natura mi avrebbe fatto bene.»

    «Sono d’accordo.»

    Delaney sospirò in

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