Promesse e compromessi: Harmony History
Di Georgie Lee
3/5
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Info su questo ebook
per conto del fratello la tenuta di famiglia. Sa però che al suo ritorno tutto cambierà, e che a quel punto l'unica alternativa per lei sarà il matrimonio. Così, non avendo la minima intenzione di rinunciare alla propria libertà, è alla ricerca di un uomo disposto ad accettare un'unione di convenienza che consenta a entrambi di seguire le proprie inclinazioni. Affascinante, leale e come lei insofferente alle rigide regole della società, James Covington sembra il candidato ideale. Peccato che abbia un'idea diversa del matrimonio...
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Anteprima del libro
Promesse e compromessi - Georgie Lee
Immagine di copertina:
Gian Luigi Coppola
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Engagement of Convenience
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 2013 Georgie Reinstein
Traduzione di Federica Causin
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-824-8
1
1805
Uno sparo nel bosco turbò la quiete mattutina e zittì il cinguettio degli uccelli, mentre una brezza leggera agitava le chiome degli alberi trasformando il terreno in un tappeto di foglie variopinte.
Julia, a cavallo in cima alla collina, avvertì un fremito di paura e tirò con forza le redini di Manfred, il suo possente stallone nero.
Pur avendo intuito da dove era partito il colpo, non riuscì a scorgere il cacciatore, che non poteva di certo essere lo zio George, di ritorno da Londra.
Soltanto un ospite dei suoi vicini, i Wilkins, sarebbe stato tanto sfrontato da cacciare senza permesso a Knollwood. Come ha osato?, pensò infuriata.
Scese a valle e, contravvenendo alle raccomandazioni della cognata Emily, s’inoltrò nella boscaglia, senza considerare l’eventualità di chiamare il guardacaccia.
I rami più bassi le s’impigliarono tra i capelli, liberando dallo chignon basso una ciocca, che lei si affrettò a scostare dal viso.
Aveva appena raggiunto una piccola radura, quando uno sparo nella direzione opposta la fece sobbalzare di nuovo. Manfred, come ogni buon cavallo da battaglia, rimase immobile concedendosi soltanto un impercettibile movimento delle orecchie.
«Che cosa state facendo?» chiese perentoria allo sconosciuto che scorse all’improvviso. E che si rivelò l’uomo più affascinante che avesse mai incontrato: capelli scuri con riflessi ramati, messi in risalto dal sole, e un filo di barba a sottolineare la mascella volitiva. Malgrado gli abiti da caccia troppo larghi, il fisico prestante e muscoloso non passava inosservato.
Un’emozione molto diversa dalla paura, ma ancora senza un nome, le fece accelerare i battiti del cuore.
«Sto andando a caccia» fu la replica.
Non si era scomposto e aveva appoggiato il fucile a un albero con una postura che a Julia ricordò il fratello Paul, quando non stava sull’attenti.
«Andatevene dalla mia proprietà, prima che chiami il guardacaccia. È poco distante da qui» mentì, sperando di risultare convincente.
«Vorrei proprio vederlo all’opera» rispose l’uomo, sornione.
In effetti tutti i domestici, a eccezione forse del fabbro, avrebbero avuto qualche difficoltà con un tipo così robusto. Se soltanto quelle braccia lunghe e possenti l’avessero aiutata a scendere da cavallo per poi stringerla in un abbraccio...
Si morse il labbro inferiore e, all’idea di essere baciata, fu pervasa da un senso di calore, ma fece appello a tutta la rabbia che aveva in corpo per scacciare quei pensieri inopportuni.
Il fucile è scarico, però è impossibile prevedere come se la cava quest’uomo con le armi da taglio, rifletté quando si accorse del coltello che gli penzolava dalla cintura. Stava correndo un pericolo enorme.
«Andatevene subito» gli intimò di nuovo.
«Nessuno si è mai rivolto a me con questo tono.» La squadrò dall’alto in basso fissandola con due splendidi occhi azzurri, senza tentare di avvicinarsi, e poi aggiunse: «Senz’altro, non una donna affascinante come voi».
Pronta a colpirlo, Julia afferrò il frustino. «Date le circostanze, posso trattarvi come meglio credo. Non sono stata io a sconfinare nella vostra proprietà.»
«Per arrivare sulla mia proprietà dovreste affrontare un viaggio troppo lungo» fu la replica divertita, che la infastidì moltissimo.
«In tal caso, vi consiglio d’imboccare al più presto la via del ritorno» concluse, allontanandosi al galoppo con la grazia di una cavallerizza esperta.
James la osservò dileguarsi tra gli alberi e provò la stessa soggezione della prima volta in cui si era ritrovato al largo, senza poter vedere la terraferma.
Era rimasto ammaliato da quella fanciulla scaltra e candida al tempo stesso, così diversa dalle altre che aveva conosciuto.
Al pensiero di adagiarla sulle foglie umide, dopo averla aiutata a scendere da cavallo, sentì il corpo irrigidirsi e capì che era ora di andare.
Nell’attimo in cui afferrò la bisaccia, una fitta lancinante gli trafisse la spalla e fu costretto a prenderla con l’altra mano.
Il rinculo del fucile aveva irritato la ferita più di quanto pensasse, ma lui aveva già perso fin troppo e non intendeva rinunciare anche alla caccia.
Risalì la collina con un fardello di emozioni e sofferenza che appesantiva ogni suo passo e, giunto in cima, vide la facciata medievale di Creedon Abbey, un’immagine idilliaca, deturpata dal tetto danneggiato e annerito dal fumo.
Il Capitano George Russell, suo vecchio amico, aveva davvero deciso per il meglio investendo una parte dei propri guadagni in quella piccola proprietà.
Purtroppo, un paio di settimane prima, aveva dimenticato di spegnere una lampada a olio, causando un incendio disastroso.
James non sapeva se essere dispiaciuto o mettersi a ridere. Nei trent’anni trascorsi in Marina, quindici dei quali da capitano, George non aveva mai perso una nave, mentre, dopo il congedo, era riuscito a ridurre quasi in cenere la propria casa.
Peccato che la nipote, dalla quale lui si vantava di aver imparato a gestire una tenuta, non gli avesse insegnato come non mandarla a fuoco!
Potrei investire i miei risparmi nello stesso modo, considerò rabbuiandosi. Era arrivato il momento di pensare a un modo sensato di occupare le giornate, senza sprecare altro tempo.
Accelerò il passo, nella speranza che il movimento lo aiutasse a scaricare la tensione.
«Dove andate così di fretta? Avete incontrato un fantasma nel bosco?» gli chiese una voce familiare.
George in sella a Percy, uno stallone dal manto candido, stava risalendo il sentiero. Grazie alla tranquilla vita di campagna, non aveva più la pelle bruciata dal sole e si era un po’appesantito ma, nonostante qualche ruga, il sorriso cordiale e spensierato era lo stesso di sempre.
«Forse. Descrivetemi ancora una volta vostra nipote. Sono curioso.»
«Ha ventun anni, è intelligente, di bell’aspetto... Fuori dal comune, come me, direi» aggiunse stringendosi nelle spalle. «Perché v’interessa tanto?»
«L’ho incontrata nel bosco» gli spiegò ripensando ai capelli dai riflessi ramati che le incorniciavano il viso e alla pelle chiara, arrossata dalla rabbia e da qualche altra emozione.
«Davvero?» Lo sguardo di George si era acceso all’improvviso. «E...»
«Di bell’aspetto, fuori dal comune... Anche se, dai vostri racconti, mi aspettavo un’austera istitutrice e non Artemide.»
«All’epoca, era poco più di una bambina.»
«È senz’altro cresciuta.» Si domandò se fosse mai stata piccola o se fosse emersa dalla schiuma del mare.
«La permanenza a Knollwood vi darà l’opportunità di conoscerla meglio. Chissà cosa potreste scoprire... Ho già predisposto tutto. Entro la fine della giornata, la mia casa somiglierà a un cantiere navale e, visto che il tempo sta cambiando, non sarete costretto a dormire sotto la pioggia.»
«Non sarebbe la prima volta. Ho persino perso il conto delle notti trascorse in mare durante un temporale.»
«Senz’altro, non ne sentirete la mancanza. Ieri sera ci siamo trattenuti dall’Ammiraglio Stuart più del dovuto e mi sembrava scortese bussare alla tenuta a quell’ora.»
«Non sono stato io a insistere per stappare un’altra bottiglia di Porto.»
«In ogni caso, sono lieto di dormire in una stanza comoda, che non puzza di fumo. Non mi aspettavo proprio che le camere da letto fossero danneggiate.»
«Non siete più quello di una volta.»
George si strinse nelle spalle. «Capiterà anche a voi, vedrete.»
Quell’osservazione non migliorò l’umore di James, che rimase in silenzio. Dopo tutto quello che aveva già perso, gli sembrava inconcepibile non poter contare neanche sulla prestanza fisica.
«Prima di partire da Londra, perché non mi avete detto che la vostra casa era inagibile?»
«Avevo sottovalutato l’entità dei danni. E poi le signore sono emozionate all’idea di incontrare un gentiluomo che non conoscono.»
«Proprio il genere di situazioni che speravo di evitare venendo in campagna.»
«Ma è davvero possibile?»
«A quanto pare, voi ci siete riuscito.»
«Avete intenzione di seguire il mio esempio?»
«E voi non avete nulla da raccontarmi?» James sospettava che i danni provocati dall’incendio non fossero l’unica ragione di quel cambiamento di programma.
«Non ho nulla da dire.» George alzò le mani in segno di resa, con un’aria tutt’altro che innocente. «Pensate a divertirvi e sbrigatevi a cambiarvi, perché siamo attesi a Knollwood» lo esortò conducendo Percy nella stalla.
Mentre si dirigeva a fatica verso l’entrata sul retro, James finì in una pozza di fango e, dopo avere sfiorato la ferita sulla spalla, piegò la mano sinistra, priva di forza.
Inveì contro il destino e contro la disattenzione del Capitano Russell che, dimenticando di spegnere la lampada, lo avrebbe costretto a restare nella caverna di Artemide, in attesa di essere sbranato dalle bestie feroci.
Meglio affrontare la flotta francese piuttosto che dover incontrare una vedova e sua figlia in età da marito! Lo sapeva per esperienza.
Un istante prima di entrare in casa, i capelli color ambra di una fanciulla al galoppo sulla collina attrassero la sua attenzione. Somigliavano a un raggio di sole che filtrava tra le nuvole scure.
Il ricordo della piccola Artemide infuriata, in sella al suo stallone nero, riaffiorò prepotente e, prima che lui riuscisse a controllarsi, il desiderio divampò.
Gli era capitato spesso d’intrattenersi con la sorella vedova di qualche governatore, ma amoreggiare con la nipote del suo migliore amico era fuori discussione. E poi una donna giovane e piena d’energia non cercava un uomo a metà, concluse sbattendo la porta.
Il contatto con la pietra grezza che gli graffiò la mano lo riportò alla realtà.
Secondo George, Miss Howard era la persona ideale per insegnargli a gestire una tenuta e, se avesse deciso di diventare un gentiluomo di campagna, lui aveva senz’altro bisogno d’imparare più di quello che aveva appreso dai libri.
Giunta in cima alla collina, Julia fece rallentare Manfred, che aveva il fiato corto e il manto scuro scintillante di sudore.
Nonostante la leggera foschia che stava scendendo sulla vallata, dove le pecore pascolavano tranquille, all’orizzonte si potevano scorgere tre proprietà, una su ogni altura: Knollwood, Cable Grange e Creedon Abbey.
Creedon Abbey, la più piccola, era la più vicina a Knollwood e, al di là degli alberi, s’intravedevano le sue torrette.
Knollwood e Cable Grange, curata e lussureggiante la prima, trascurata e infestata dalle erbacce la seconda, erano nate dalla suddivisione e vendita di un appezzamento di terra, che prima della Riforma apparteneva a un antico monastero.
E pensare che Cable Grange sarebbe potuta diventare uno dei possedimenti migliori della contea, se Mr. Wilkins non l’avesse lasciata andare in rovina. Vista da lontano, lo stato di abbandono in cui versava era meno evidente.
Se soltanto fosse mia, rifletté Julia. Non sapeva se essere più in collera con il proprietario della tenuta confinante o con il fratello Charles, legittimo erede di Knollwood.
Quando la gamba sfiorò il pomello, si rammaricò di avere scelto la sella laterale, perché tutti dormivano ancora quindi non rischiava di essere sorpresa da Emily a cavalcioni.
Rincuorata dall’andatura di Manfred, si sistemò, poi indugiò sul ricordo dell’affascinante sconosciuto dallo sguardo caldo e inebriante, che l’aveva definita attraente.
Durante la permanenza a Londra, aveva partecipato a qualche ballo e aveva colto gli sguardi che i gentiluomini rivolgevano alle fanciulle, eppure, nonostante gli abiti eleganti, lei era sempre passata inosservata.
Che strano! Non credeva che una vecchia tenuta da amazzone potesse suscitare ammirazione... Peccato che avesse incontrato un fannullone, amico dei Wilkins.
Le bastò immaginare le labbra di lui che le sfioravano il collo, la sua voce profonda che le sussurrava all’orecchio, per avvertire un fremito lungo il corpo. Comunque, un mascalzone non era degno dei suoi pensieri, decise abbandonando quelle fantasie.
Dopo aver saltato una siepe, riprese a cavalcare e il suo sguardo si perse verso est, mentre il sole sorgeva tra le rovine.
Andando al galoppo, avrebbe raggiunto l’antica fortezza in pochi minuti e si sarebbe potuta concedere un’ora di tranquillità alla ricerca di qualche cimelio. E, invece, resistette alla tentazione e si diresse verso Knollwood, dov’era attesa per colazione.
Chissà perché Emily si dava tanto disturbo, visto che né Simon né Annette, i cugini acquisiti, si alzavano prima di mezzogiorno; e, quand’erano svegli, non perdevano occasione per lamentarsi della campagna.
Che cosa aveva sperato di ottenere lo zio Edward mandandoli alla tenuta? Lei si augurava soltanto che tornassero a Londra quanto prima.
«Un’altra bella cavalcata, Miss Howard?» le chiese John, il capo stalliere, appena lei entrò nel recinto. «Voi e Manfred siete fatti l’uno per l’altra.»
«Forse perché sono stata l’unica a credere in lui. Vero, Manfred?» Il cavallo rispose alla carezza scuotendo la testa, come per esprimere il proprio assenso. «Per favore, John, segnala al guardacaccia che stamattina ho visto un cacciatore di frodo.»
«Un cacciatore di frodo?» ripeté lui perplesso, tenendo le redini. «Non abbiamo mai avuto questo genere di problemi.»
«Magari era soltanto uno degli ospiti di Mr. Wilkins.»
«Mr. Wilkins non ha ospiti, Miss Howard.»
E allora, chi mai poteva essere? Julia batté il frustino sul palmo della mano, prima di porgerlo a John. «Chiedi comunque al guardacaccia di controllare.»
«Senz’altro.»
«E, per favore, non dire nulla a mia madre o a Emily. Si preoccuperebbero e, se mia cognata scoprisse che sono andata a cavallo senza di voi, riceverei un’altra ramanzina.»
Emily, che aveva sposato suo fratello Charles soltanto l’anno prima, era inflessibile quanto lui e non perdeva occasione per redarguirla.
«Non dirò una parola» la rassicurò.
La lealtà di John era un autentico dono del cielo! Senza il suo aiuto, lei e Manfred non si sarebbero mai potuti godere le loro passeggiate solitarie.
Attraversò un prato all’inglese e qualche filo d’erba s’impigliò nella gonna insieme a qualche goccia di rugiada. Staccò un rametto di rosmarino da un grosso cespuglio e si lasciò inebriare dall’aroma pungente.
I problemi che aveva rimosso durante la cavalcata riemersero con prepotenza, soprattutto la lettera di Charles, che aveva definito Knollwood la sua tenuta, senza però avere la minima idea di come gestirla.
Lei l’aveva bruciata subito dopo averla letta ed era rimasta a guardare le fiamme sapendo che nessuna missiva ridotta in cenere avrebbe impedito al fratello di pretendere la propria eredità.
Mentre alcuni grossi nuvoloni si addensavano in cielo, si fermò accanto allo stagno, al centro del giardino, e rimase a fissare l’acqua scura, dove guizzavano i pesci rossi.
Non si è mai occupato di Knollwood, quindi perché dev’essere sua?, si chiese frustrata, con le lacrime agli occhi.
Al contrario del padre e di Paul, Charles non aveva mai apprezzato l’impegno di Julia per mantenere fiorente la proprietà. Purtroppo, Paul si era imbarcato con l’Ammiraglio Nelson e papà...
Consapevole che le lacrime non avrebbero risolto nulla, s’impose di non piangere e, dopo essere passata accanto al roseto che la madre amava tanto, salì in fretta i gradini del portico.
«Buongiorno, Miss Howard» la salutò Davies, il maggiordomo, aprendole la porta.
«Buongiorno» rispose porgendogli i guanti.
«Questo è arrivato da parte di vostro fratello Charles» la informò consegnandole un piccolo pacchetto.
«Non riesco a credere che me l’abbia spedito!» esclamò lei mentre scartava una copia, rilegata in pelle, de Il monaco, un romanzo gotico che aveva suscitato scalpore. «Si preoccupa di non turbare la mia mente ingenua e non immagina neanche la metà delle cose che Paul mi ha raccontato.»
«Per fortuna» convenne Davies. Essendo stato il domestico personale di suo fratello minore, ne conosceva perfettamente il carattere e le intemperanze.
«Lo zio George è già tornato da Londra?»
«Sì, è venuto a prendere Percy e ha parlato con vostra cognata. Stava andando a Creedon Abbey per sovrintendere ai lavori di riparazione.»
«Ma come? Non mi ha aspettato?»
«A quanto pare, avremo un altro ospite.»
«Davvero?»
«Mrs. Howard ha chiesto di preparare la stanza di Mr. Paul, senza aggiungere altro.»
«Quando arriverà?» chiese Julia infastidita.
«Nel pomeriggio.»
«Grazie, Davies. Per favore, riferite a Emily che non la raggiungerò per colazione.»
Nessun rimprovero l’avrebbe persuasa a varcare la soglia della sala, decise chiudendosi nello studio.
Che diritto aveva Emily di prendere decisioni a Knollwood?
In quanto moglie di Charles, era libera d’invitare chiunque, anche se quello andava ad aumentare il carico di lavoro di Julia e dei domestici, già molto indaffarati.
Seduta dietro la lunga scrivania di mogano, la