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Un amore da mille dollari: Harmony Destiny
Un amore da mille dollari: Harmony Destiny
Un amore da mille dollari: Harmony Destiny
E-book145 pagine2 ore

Un amore da mille dollari: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Virginia Gallagher è bella, determinata e anche molto brava. Nonostante i deliziosi piatti che cucina, il suo lavoro di chef non le permette però di navigare nell'oro. Quando trova un portafoglio pieno di soldi, è terribilmente tentata di tenerselo. Ma la sua innata onestà ha il sopravvento...

E come ricompensa, Virginia viene invitata dalla signora Hunnicut a cena, nella lussuosa dimora di famiglia. È il giovane Wilder a farle da cavaliere tutta la sera. Forse i soldi non avrebbero cambiato la sua vita, l'incontro con la famiglia Hunnicut sì!
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2017
ISBN9788858960752
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    Anteprima del libro

    Un amore da mille dollari - Rita clay Estrada

    successivo.

    1

    La lettura era un'abitudine che doveva essere alimentata. Virginia Gallagher suddivise il peso dei libri appena comperati per far sì che la tracolla della sua borsa di tela non le tagliasse la spalla. Pregustando una serata interamente dedicata alla lettura, lasciò la libreria e si diresse verso la sua auto, un piccolo e tondo Maggiolino di diciotto anni. Era ovvio che il veicolo avesse visto giorni migliori. Eppure, quando Virginia lo aveva scelto tra le vetture usate di un concessionario, le era sembrato mille volte meglio che prendere i mezzi pubblici.

    Appoggiò la borsa sul sedile anteriore e fece per salire, quando il suo piede colpì qualcosa sull'asfalto. Era un portafoglio da donna in pelle. Sembrava di ottima fattura. E bello pieno. Virginia si guardò intorno. Nel vasto parcheggio c'era solo qualche persona, ma nessuna sembrava provenire da lì. Lo spazio accanto a lei era vuoto, ma sembrava logico che chiunque fosse stato là prima di lei avesse lasciato cadere il portafoglio dallo sportello del passeggero. Si ricordò vagamente una Mercedes color crema che aveva parcheggiato nel posto accanto al proprio mentre lei stava chiudendo la sua macchina, ma ora se ne era andata senza lasciare traccia.

    Raccolse il portafoglio e attese che qualcuno le battesse sulla spalla per reclamarlo. Poiché non accadeva nulla, guardò all'interno. Subito notò una patente di guida, con la foto che ritraeva una signora anziana, con l'espressione tipica da dolce e cara nonnina.

    L'indirizzo la colpì. La donna viveva fuori Austin, nella zona collinare, solo a poche miglia dal prestigioso lago Travis. Era una gran bella zona, e la gente che viveva là di solito aveva un sacco di terra ed era molto ricca.

    Virginia guardò nello scomparto dei soldi e rimase allibita. C'era un bel pacco di banconote, tutte da venti e da cinquanta. Virginia si lasciò sfuggire un'espressione alquanto colorita. Era davvero un bel mucchio di soldi. Chiuse di scatto il portafoglio e salì in macchina. Al riparo da sguardi indiscreti cominciò a contare. Quando ebbe finito non ci poteva credere.

    Mille e venti dollari! Mille singole ragioni per pensare che la vita fosse degna di essere vissuta!

    Alt!, si disse. Non erano soldi suoi. Se lei era davvero la donna che riteneva di essere, allora non avrebbe dovuto pensare nemmeno per un istante che quel denaro potesse essere suo.

    Era ora di andare a casa e telefonare alla proprietaria. Forse la signora Ila Hunnicut le avrebbe dato una ricompensa. In quel momento anche cinquanta dollari le sembravano una fortuna.

    Virginia si disse comunque che sognare non costava nulla e non avrebbe fatto male a nessuno... Cosa sarebbe successo se si fosse tenuta i soldi? Cosa ne avrebbe fatto?

    Avrebbe pagato l'affitto in anticipo, si sarebbe comperata un vestito nuovo e si sarebbe fatta tagliare i capelli da uno di quei costosi parrucchieri del centro. E naturalmente avrebbe pagato tutti i conti in sospeso.

    Avrebbe anche fatto riparare l'aria condizionata nella sua auto, avrebbe comperato un biglietto per andare a trovare le sue due sorelle minori che le mancavano tanto...

    Una volta arrivata a casa, nel suo appartamentino di due stanze al terzo piano, fu presa dalla tentazione di lasciar stare. Aveva composto il numero di telefono che aveva trovato segnato dietro la patente della signora Hunnicut, ma il telefono era rimasto muto. Aveva provato una seconda volta, con lo stesso risultato, poi aveva capito. Non c'era linea perché la compagnia dei telefoni gliel'aveva staccata. Non aveva pagato la bolletta.

    Aveva dovuto scegliere tra quella della luce e quella del telefono e aveva optato per la prima. Aveva sperato invano che la compagnia telefonica avrebbe aspettato una settimana, il tempo di incassare il suo stipendio da cameriera.

    Si accoccolò nella sua poltrona preferita. Anche se avesse riportato indietro i libri appena comperati, avrebbe racimolato ben poco. E poi sarebbe stata in grado di sopportare tutto, fame, fuoco e inondazioni solo a condizione di avere i suoi adorati libri da leggere.

    Si preparò una tazza di tè verde, prese il primo libro che le capitò frugando nella borsa e si riaccomodò in poltrona. Erano le sei di un sabato sera.

    Era appena smontata da un turno di dodici ore e non sarebbe tornata al lavoro fino alla domenica pomeriggio. Solo allora avrebbe potuto telefonare alla proprietaria del portafoglio. Ora non doveva pensare ad altri che a se stessa. Sospirò felice. Poteva leggere fino ad addormentarsi.

    Quando Virginia arrivò alla tavola calda la domenica pomeriggio era allegra e riposata. Sebbene il Sunrise non fosse cambiato molto negli ultimi de cenni, era pur sempre un posto alla moda dove pranzare o cenare in un ambiente tipicamente anni Cinquanta. Anche di domenica era pieno di turisti e impiegati governativi.

    Con una moneta in mano, Virginia si diresse verso il telefono. Fece il numero e attese con impazienza una risposta. Quando udì rispondere una voce femminile, sospirò sollevata. «C'è la signora Hunnicut?»

    «Chi devo dire?»

    «Sono Virginia Gallagher, penso di aver trovato qualcosa che appartiene alla signora.»

    «Un momento solo, per favore.»

    «Sono la signora Hunnicut» annunciò una voce in tono amichevole dopo qualche istante.

    «Signora Hunnicut, lei non mi conosce, ma mi chiamo Virginia e ho trovato qualcosa che le appartiene.»

    «Il mio portafoglio?»

    «Sì, signora. Vorrei restituirglielo.»

    «Bene, perbacco! Non è una notizia meravigliosa?»

    La donna sembrava tanto allegra che Virginia non poté fare a meno di ridere. «Lo spero. Immagino sia difficile rimpiazzare parte del contenuto.»

    «Come si chiama, cara?»

    «Virginia Gallagher.»

    «Che bel nome. Mi fa pensare a fiabe e leggende.»

    «Grazie.» Virginia cercò di non dare importanza al complimento. «Come devo fare? Vuole che glielo porti? O preferisce passare lei di qua? Lavoro in centro, sulla Sesta Strada.»

    «Di che colore sono i suoi capelli?»

    Virginia si toccò una ciocca con gesto automatico. «I miei capelli? Sono biondi, biondo ramati, a dire il vero.»

    «Straordinario. Le dico cosa faremo. Mio figlio passa sempre dalla Sesta Strada per tornare a casa dal lavoro. Potrebbe passare a prenderla una di queste sere. Voglio conoscere a quattr'occhi una persona tanto onesta da voler restituire una così grande somma di denaro.»

    Virginia ridacchiò. La donna aveva capito. «Posso dare il portafoglio a suo figlio senza che si disturbi a invitarmi.»

    «Mi perdoni. Voglio conoscerla e darle una ricompensa, un piccolo segno della mia stima.»

    «Va bene, allora. Ma non sarò libera prima di un giorno o due.»

    Si accordarono per il mercoledì sera dopo il turno alla tavola calda.

    «Mio figlio la passerà a prendere» disse la signora Hunnicut con un tono gioioso nella voce. «Lo riconoscerà dal suo doppiopetto e dai modi distinti. Ma a parte ciò, sarà senz'altro l'uomo più attraente del locale. È molto simpatico. Davvero.»

    Virginia rise. Tipico di una madre. «Lo riconoscerò di sicuro» disse prima di riappendere. Ma non sarebbe stato per la sua bellezza o la sua simpatia. Piuttosto per il suo doppiopetto. Tipi così non venivano alla tavola calda tanto spesso. A Austin c'erano posti molto più formali per cenare. La sua tavola calda era frequentata per lo più dal ceto medio. Un posto dove il cibo era buono, sostanzioso e a buon mercato.

    La sua collega Sadie le mise in mano un vassoio pieno di piatti. «Portali al tavolo undici» le disse in fretta. Virginia notò che zoppicava. Doveva farle male un piede. Sadie lavorava alla tavola calda da oltre quindici anni, ormai. All'inizio perché doveva mantenere i suoi tre bambini, dopo che il loro padre se n'era andato senza spiegazioni. Ma ora i bambini erano cresciuti e Sadie era ancora lì. Tally, il proprietario, le aveva promesso una piccola parte degli utili come pensione se fosse rimasta e avesse controllato lo staff delle cameriere.

    Virginia servì i piatti sorridendo. Ancora quattro mesi alla scuola di cucina e avrebbe fatto la cuoca, non la cameriera, solo che non avrebbe cucinato in una tavola calda. No, sarebbe stata chef in qualche meraviglioso ristorante molto chic, dove il cibo era intrattenimento, non sopravvivenza o necessità. E dopo, si sarebbe messa in proprio. Sarebbe stata libera e ricca. Finalmente.

    Lavorò duramente per tutto il pomeriggio. Fu solo al tramonto che riuscì a fare una pausa. Si sedette sul retro della tavola calda, su una delle casse di legno che erano ammonticchiate lì fuori, poi chiuse gli occhi e cercò di godersi gli ultimi raggi del sole pomeridiano. Qualche minuto più tardi Sadie la raggiunse.

    «È stata una giornata frenetica» disse sospirando e frugando nella tasca del grembiule per prendere una delle sue sigarette senza filtro.

    «Ho visto» commentò Virginia con uno sbadiglio.

    «Come mai hai fatto una telefonata appena sei arrivata?»

    «Ho trovato un portafoglio, ieri.»

    «Davvero? E c'erano soldi?» La voce di Sadie era piena di interesse.

    «Sì, c'erano soldi. E ho dovuto chiamare la proprietaria. Il mio telefono non funziona.»

    «Ti sei dimenticata ancora di pagare la bolletta.»

    «Non avevo i soldi per pagare» corresse Virginia. «Le mance delle ultime due settimane sono state un vero disastro.»

    «Non preoccuparti» la confortò Sadie, dando una pacca amichevole sul ginocchio di Virginia. «Fra non molto finirai la scuola e lavorerai dall'altra parte del bancone. Non capisco come mai non aiuti Tally già adesso.»

    «Perché non cuciniamo le stesse cose. La mia specialità è la cucina del Sudovest, non i polpettoni e le patate liofilizzate. E, a parte questo, è molto più facile servire che stare ai fornelli, dopo aver frequentato la scuola e aver cucinato per buona parte del giorno.»

    Virginia sperava che quel ritmo frenetico sarebbe finito, prima o poi. Era talmente stanca che avrebbe dato qualsiasi cosa per un biglietto di sola andata per qualche isola deserta dei Caraibi dove avrebbe dovuto procurarsi il cibo pescando e avrebbe bevuto latte di cocco...

    Anche lunedì e martedì furono giornate senza sosta. Il mercoledì lavorò con Sadie e riuscì a fare pausa solo molto tardi.

    «È oggi il grande giorno?» le chiese Sadie.

    «Sì, il figlio mi viene a prendere qui e cenerò da sua madre. Poi mi riaccompagnerà a casa.»

    «Caspiterina! Sembra una cosa di lusso!»

    «Ehi, Virginia, bambola! Rientra perché c'è qui uno che ti cerca!» gridò Tally dall'interno.

    «Mio Dio, è arrivato!»

    «Chi?»

    «Il figlio della signora Hunnicut.»

    «Della signora Hunnicut? La madre di Wilder Hunnicut? Il fondatore

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