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Il mio caos sei tu
Il mio caos sei tu
Il mio caos sei tu
E-book166 pagine2 ore

Il mio caos sei tu

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Info su questo ebook

Non tutti credono all'amore a prima vista. Come definire, allora, quella strana sensazione che prende la bocca dello stomaco quando due sguardi si incrociano e non si lasciano più?
Rachel Archer adora programmare le proprie giornate nei minimi dettagli, e le sorprese le causano attacchi di orticaria. Ecco perché non riesce a spiegarsi l'alchimia che sente con lo scultore amante del disordine Leo Fairfax. Eppure, a lei basta un solo sguardo per dimenticare se stessa e accettare di seguirlo per vivere una romantica avventura lunga una notte che, ne è certa, all'alba finirà per sempre. Solo che è impossibile programmare l'amore... anche per una super assistente personale come Rachel!
LinguaItaliano
Data di uscita11 mag 2020
ISBN9788830514140
Il mio caos sei tu

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    Anteprima del libro

    Il mio caos sei tu - Ellie Darkins

    978-88-3051-414-0

    1

    Alza gli occhi.

    Leo Fairfax le ordinò con la mente di sentire il suo sguardo sulla pelle, di sollevare il viso ed entrare in contatto visivo con lui. Erano ore che la guardava, aspettando il momento di avere la sua totale, esclusiva attenzione. Dal primo istante in cui l'aveva vista, tablet alla mano, cuffiette in tono con l'abito da sera di seta nera, ne era rimasto stregato.

    La curva dei polpacci, la luminosità della pelle e lo scintillio dei capelli avevano contribuito ad attrarre la sua attenzione, però era stata la sua concentrazione a colpirlo. Il modo in cui gestiva la sala, le situazioni. Un'occhiata all'orologio, poche parole bisbigliate all'orecchio di un membro dello staff e aveva evitato disastri, risolto momenti critici. Ognuna delle persone con cui aveva parlato, alla fine della conversazione aveva un sorriso raggiante sulle labbra. Senza dubbio il gala per la raccolta fondi sarebbe stato un successo.

    In circostanze normali il pensiero di una lista di cose da fare e di un orologio lo riempivano di apprensione, uno sgradevole strascico del periodo degli studi che lo aveva tormentato spesso e che ancora adesso, a distanza di anni, si insinuava nei suoi sogni. Ma esser trattato come un accessorio da una donna che trasudava potere era incredibilmente sexy.

    Per tutta la sera aveva atteso il momento perfetto, osservando i gruppetti di persone con le quali lei stava conversando, cogliendo il suo sguardo dall'altro capo della sala. A un certo punto lei s'era mossa decisa puntando nella sua direzione, per poi deviare e sparire nelle cucine.

    E ora quella donna fantastica stava consultando il tablet, mentre si scostava dietro l'orecchio una ciocca di capelli. D'un tratto rise e quel suono argentino lo colpì come se fosse rivolto a lui solo. Il viso le si increspò, la testa si reclinò all'indietro e l'allegria si riversò intorno a lei come un'onda.

    Voleva essere lui a farla ridere. Era irrazionalmente geloso dell'uomo dai capelli bianchi col bastone che aveva ispirato quel suono meraviglioso.

    La band, collocata in un angolo del salone, aveva cominciato a suonare e alcune coppie stavano dirigendosi verso la pista da ballo. Lo sguardo gli corse in quella direzione e si chiese se lei avrebbe accettato l'invito di qualcuno.

    Nell'attimo in cui distolse gli occhi, sentì lo sguardo di lei su di sé.

    Si voltò di scatto, ma la donna aveva la testa china sul tablet. Aspettò. Quando lei rialzò il capo, incontrò il suo sguardo, l'espressione accattivante. Poi, senza interrompere la connessione, le andò incontro sorridendo.

    Era a pochi passi da lei quando si sentì afferrare da un insolito nervosismo. Che strano, erano secoli che la prospettiva di parlare con una donna non lo faceva sentire così. Non aveva problemi nei rapporti con l'altro sesso. L'apprensione non entra mai in gioco quando quello che hai da perdere è solo qualche notte o qualche settimana di divertimento. La prospettiva dell'impegno invece, delle aspettative, dell'esser coinvolto in qualcosa di più complesso...

    Eppure, sentire lo sguardo di lei su di sé gli metteva i brividi.

    «Salve, sono Rachel Archer» si presentò la donna, allungando la mano.

    «Leo» ribatté lui. Riuscì a pronunciare solo quella parola perché la sensazione della mano di lei nella propria gli tolse il respiro. La osservò con attenzione, per capire se quel momento aveva un effetto tanto devastante anche per lei. Ma aveva abbassato gli occhi e ritratto la mano, lo sguardo nuovamente sul tablet.

    «Si sta divertendo da infiltrato?» gli chiese accompagnando la domanda con una risatina che gli trasmise un'ondata di calore in tutto il corpo.

    Era così concentrato su quel suono che quasi gli sfuggì il senso della frase. «Infiltrato?» ripeté, inarcando un sopracciglio, il sorriso sempre sulle labbra. «Chi lo dice?»

    «Io.» La donna non rise questa volta, ma continuò a sorridere educatamente. «Questa serata era aperta soltanto a chi aveva un invito; tuttavia, se ha in mente di fare una generosa offerta al Julia House Ospice, credo potremo fare un'eccezione.»

    Leo si rimise la mano in tasca. Stava per dirle che era lì al posto del padre, che stava poco bene e non aveva potuto presenziare. In genere non gli interessava rappresentare la famiglia, ma suo padre aveva promesso che sarebbero stati presenti e avrebbero fatto una grossa donazione, quindi, visto che si trattava di una buona causa, non se l'era sentita di deluderlo. Era incuriosito, però. Come faceva lei a sapere che era un infiltrato – aveva fatto domande in giro su di lui?

    «Vorrei sapere di più sul perché mi crede un infiltrato» le disse.

    «Be'» replicò lei, facendo scorrere un dito sul tablet, «ho stilato io la lista degli ospiti. Ho mandato gli inviti, controllato i biglietti di risposta e organizzato i tavoli. Non mi sono mai imbattuta nel nome Leo.»

    Lo sguardo abbandonò il tablet e la donna lo percorse da capo a piedi con gli occhi, soffermandosi per una frazione di secondo sulla cintura dei calzoni e sul torace ampio.

    Incoraggiante.

    «E quindi è saltata alla conclusione che sono un infiltrato. Non ci sono mai errori nelle sue liste?»

    «Mai» ribatté lei, con un cenno spiritoso del capo e l'ombra di una risatina.

    «Perciò suppongo di dover rimediare in qualche modo. Cosa mi costerà?»

    «Be', oltre a un considerevole contributo alla causa, che presumo sia già pronto...»

    «Naturalmente.»

    «Voglio delle spiegazioni.»

    Questa volta fu lui a ridere. «Tutto qui?»

    Ma lei non sembrava divertita. Aveva aggrottato la fronte e riportato lo sguardo sul tablet. «Questa serata è stata programmata con cura, tutti i dettagli sono stati controllati più di una volta. Voglio sapere come mai lei è qui e perché io non ne so nulla.»

    Leo, invece, voleva vedere sparire la preoccupazione dai suoi occhi. Voleva sentirla ridere di nuovo. «Le dirò tutto» ribatté. «Ogni oscuro segreto e bieco tranello.» Inarcò le sopracciglia, fingendosi il cattivo di un melodramma e venne ricompensato dall'accenno di un sorriso. «Non deve fare altro che ballare con me.»

    Rachel appoggiò rigidamente la mano sulla spalla di lui mentre cominciavano a muoversi al ritmo della musica. E per l'ennesima volta si chiese perché aveva accettato di seguirlo sulla pista. Lasciò risalire lo sguardo dal colletto della camicia alla gola abbronzata, alla mascella con la corta barba scura, al naso leggermente storto, ma accattivante. Quando incontrò gli occhi, di un blu intenso come il cielo in una bella giornata estiva, se ne ricordò.

    A un certo punto, poco prima del dessert, il suo sistema era andato in tilt. Probabilmente quell'uomo era lì al posto di qualcun altro, ma com'era possibile che fossero arrivate le undici senza che si rendesse conto che qualcosa non andava?

    «Allora» lo incalzò, cercando di restare focalizzata sul lavoro anziché sul modo sicuro in cui Leo la stava guidando tra le coppie, o sul profumo della sua pelle. Un profumo naturale, buonissimo. Un profumo che dubitava fosse in vendita ai grandi magazzini.

    Perse il passo per un secondo quando lo sorprese a guardarla e subito dopo, trafitta dall'intensità del suo sguardo, arrossì come una scolaretta. Si immobilizzò, consapevole della pressione della mano di lui sulla propria, del suo braccio attorno alla vita, del suo respiro vicino all'orecchio.

    Si costrinse a muovere i piedi e, guardando oltre le spalle di lui, individuò il suo capo, Will. Temeva che la cogliesse in fallo, ma un'occhiata al suo volto bastò a tranquillizzarla. Will aveva occhi solo per Maya, la sua compagna.

    Un sorriso le incurvò le labbra. In parte era suo il merito della felicità che irradiava dalla coppia. Era stata lei che aveva spinto Will a seguire un corso di cucina che non gli interessava per nulla, solo perché era tenuto da una donna che, al contrario, gli interessava tantissimo.

    Aveva visto il loro rapporto fiorire, dal primo incontro all'idillio di quella sera, e avvertì un pizzico di... di cosa? Solitudine? No, non era quello. Lei aveva tanti amici – aveva persino condiviso l'appartamento con la sua migliore amica, Laura, sino a che non se n'era comprato uno suo, come aveva in progetto da cinque anni. In qualche modo, riusciva anche a trovare il tempo per un appuntamento o due.

    Ma non aveva quello, qualunque cosa fosse il sentimento che li faceva apparire raggianti, quasi che metà dell'illuminazione della sala emanasse da loro.

    Perciò, no, non si sentiva sola, ma forse era curiosa. Intrigata al punto che quando il moro sconosciuto che l'aveva fissata per tutta la sera le aveva chiesto di ballare, lo aveva squadrato da capo a piedi e soppesato.

    Ed era rimasta abbastanza intrigata da quel che aveva visto da soffocare l'impulso di dirgli che lui non rientrava nel programma e rivolgergli invece un gran sorriso.

    In realtà, rimaneva ben poco del programma ormai. Era il vantaggio dell'essere sempre perfettamente organizzata. Dopo aver pianificato con scrupolo, quando tutto era pronto avrebbe anche potuto sedersi e guardare i risultati del suo duro lavoro senza aggiungere altro a quanto aveva già fatto. Un po' come con Will e Maya: le conseguenze dei suoi sforzi avevano di gran lunga superato le aspettative, tanto che aveva dovuto intervenire soltanto un paio di volte per far sì che le cose andassero nella giusta direzione. Inoltre, il suo capo non si era quasi accorto del suo intervento. La riprova che lei era una grande assistente esecutiva, si disse. Il suo lavoro era sempre perfetto e praticamente invisibile.

    Era così presa a osservare i risultati della sua meticolosa programmazione che si era quasi dimenticata dov'era e cosa stava facendo.

    Sino a che non sentì il tocco di una mano sotto il mento che le faceva sollevare il viso.

    «Devo preoccuparmi della concorrenza?»

    Riportò di scatto lo sguardo su di lui e rimase stregata dal colore intenso dei suoi occhi e dal modo in cui la guardava, come volesse leggerle dentro.

    «Chi stava guardando?» le domandò.

    «Geloso?» replicò lei con un sorriso, godendosi quella momentanea sensazione di potere. «Mi sto solo godendo i frutti di un piano ben congegnato che ha avuto successo.»

    «L'ha pianificato lei?» le chiese, mentre osservava Will baciare Maya sulle labbra. Un bacio gentile e casto, ma l'espressione narrava tutt'altra storia.

    «Ho dato il mio contributo» confermò lei.

    «Be', preferisco che la sua attenzione resti su di me» disse lui, addolcendo le parole con un sorrisetto significativo.

    «Lei è un tipo esigente, eh?» D'accordo, pensò, era giusto che si aspettasse la sua attenzione. Ma non voleva credesse che poteva impartirle degli ordini e aspettarsi che lei li eseguisse.

    Inoltre, non era ancora sicura di come la faceva sentire quell'uomo. Ne era attratta, certo. Però un infiltrato dal sorriso affascinante e dallo sguardo intenso non rientrava nei suoi progetti per la serata. Non aveva il tempo di pensare a quello che voleva fare, a come gestire la situazione.

    «Molto esigente» replicò lui. «Ma visto che ha accettato di ballare con me, mi deve la sua attenzione.»

    «Non ha ancora tenuto fede alla sua parte dell'accordo. Un ballo in cambio di una spiegazione, ricorda? Quindi, mi dica: come ha fatto a entrare senza che io lo sapessi?»

    «Con un rampino» rispose lui serissimo, senza un attimo di esitazione.

    Rachel scoppiò a ridere, curvandosi all'indietro, lasciando che il buonumore ammorbidisse il suo corpo e allentasse l'indignazione.

    Lui continuò a scherzare e lei seguitò a ridere, sino a che la tensione della serata non la abbandonò del tutto. Dacché quell'uomo l'aveva guidata sulla pista da ballo non aveva più guardato l'orologio, così non aveva idea da quanto fossero lì. Ed era pericolosamente vicina all'infischiarsene. L'umorismo di lui, la luce birichina che gli brillava negli occhi, avevano annientato lo stress creato dai preparativi per quella serata e ora si stava veramente divertendo. Si stava godendo la compagnia di quell'uomo. Alla fine, dopo averla fatta ridere con un'altra fantasiosa spiegazione di come era entrato – qualcosa del tipo che era un ladro di gioielli internazionale – si chinò verso di lei, l'alito che le accarezzava i capelli, e le sfiorò l'orecchio con le labbra.

    Mentre un piccolo brivido caldo la percorreva, Rachel capì che il momento dei giochi era passato.

    «Qualcuno mi ha chiesto di presenziare al posto suo» le disse infatti. «Non ho potuto dire di no. Intende buttarmi fuori?»

    Le vennero in mente parecchie domande ma quella che le salì subito alle labbra – e la lasciò di stucco – fu: «Dove andrebbe se

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