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Un capo preso per la gola: Harmony Jolly
Un capo preso per la gola: Harmony Jolly
Un capo preso per la gola: Harmony Jolly
E-book156 pagine2 ore

Un capo preso per la gola: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo? Certo. Provare per credere!

Ma quest'uomo che cos'ha al posto delle papille gustative? Il ghiaccio? Maya Hartney, chef d'alta cucina, è furibonda, ha cucinato tutta la notte così da poter far assaggiare i suoi piatti il giorno seguente a Will Thomas, top manager di una importante società, e lui che cosa fa? Si limita a piluccare quei manicaretti senza dare alcun segno tangibile dei suoi assaggi. Per Maya è importante poter essere scelta come unica chef della serata di beneficenza che la Appleby e Associati ha intenzione di organizzare tra alcune settimane. Bene, signor Thomas, a noi due. Lei non uscirà da questa stanza se prima non comincerà ad apprezzare le mie portate. Parola di Maya.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2020
ISBN9788830507258
Un capo preso per la gola: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Un capo preso per la gola - Ellie Darkins

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Frozen Heart, Melting Kiss

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2014 Ellie Darkins

    Traduzione di Paola Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-725-8

    1

    «Deve assaggiare questo.»

    Aspettando che Will Thomas seguisse il suo consiglio, Maya Hartney intrecciò le dita dietro la schiena per impedirsi di mordersi le unghie.

    Sebbene preparare tanti piatti diversi l’avrebbe costretta a fare molti straordinari il mese successivo, non aveva potuto dire di no quando Rachel, l’assistente di Will, l’aveva supplicata di prendere in considerazione la possibilità di allestire la cena per il gala della Appleby e Associati.

    Aspettare che il cliente assaggiasse uno dei suoi piatti era sempre un attimo di tensione spasmodica, ma una volta che lo vedeva gustare il primo boccone, i suoi nervi si allentavano, lasciandole una sensazione d’intenso piacere.

    Amava vedere la gente mangiare con diletto il cibo che aveva cucinato. Se n’era accorta la prima volta, quando aveva preparato una cenetta per i suoi compagni di università: vederli chiudere gli occhi e assaporare ogni portata le aveva procurato una grande felicità. Adesso, dieci anni dopo, l’ansia che provava in quei momenti era la stessa.

    Fino a quel giorno non aveva mai dubitato che il suo cibo portasse gioia, ma Will Thomas aveva già rifiutato di assaggiare gli antipasti e, dalla sua espressione annoiata e indifferente, le dava l’impressione che non avrebbe toccato nessun altro piatto.

    Cosa aveva sbagliato? Si domandò Maya, deglutendo. La notte precedente non aveva chiuso occhio per preparare ogni portata in modo perfetto, ma doveva aver commesso qualche errore.

    Forse la salsa era troppo acida? Ma lui non l’aveva nemmeno toccata, perciò non poteva saperlo. Magari la presentazione delle pietanze non era di suo gusto.

    Il fatto che, vedendo Will Thomas e incrociando i suoi occhi color grigio ferro, la bocca le si fosse riempita di saliva non c’entrava. Era stato il gelo della sua presenza a darle la voglia di colmare la stanza di luce e di calore per poter resistere al freddo.

    In tutto l’ufficio non c’era una sola macchia di colore. Le pareti erano grigie, il tappeto grigio e intorno al tavolo di vetro c’erano delle sedie di pelle nera. Non aveva mai sentito un brivido così violento e sarebbe stata felice di non sentirlo più.

    Attualmente la sua vita era così piena di colore da disperdere i ricordi grigi, ma quella stanza gelida minacciava di rovinare un decennio di pensieri positivi.

    In perfetto stile con il suo studio, Will Thomas si era presentato in un elegante completo scuro, i capelli neri spruzzati d’argento sulle tempie, gli occhi severi e un’espressione distratta sul viso. Nonostante questo, le era sembrato così bello da toglierle il respiro.

    Lo sguardo dell’uomo si era staccato per un istante dallo smartphone che teneva in mano, era passato dal suo viso alle sue curve e per la prima volta si era illuminato. Ma il lampo era durato un istante. Subito dopo Thomas si era allontanato da lei e si era rimesso a guardare il cellulare.

    L’ordine di non disturbarlo era così chiaro che lei accavallò le gambe, rimanendo ferma al suo posto, ma non poté fare a meno di osservare il suo viso e la gola che emergeva dal colletto aperto di una camicia candida.

    Dopo qualche attimo d’attesa, pensando d’avergli concesso abbastanza tempo, gli presentò i suoi antipasti: pane dorato e fritto, servito con formaggio e prosciutto e accompagnato da una salsa che aveva impiegato due sere per perfezionare.

    Lanciandole un’occhiata svagata, lui le fece segno di andare avanti e continuò a scrivere il messaggio.

    Avendo organizzato tante cene, Maya interpretò nel modo giusto il suo atteggiamento: comprendere che quel cliente difficile preferiva dedicarsi alle sue email, invece di assaggiare i suoi piatti, la innervosì. Erano i suoi cibi che parlavano per lei. Cosa doveva fare se una persona si rifiutava di gustarli?

    Serrando le labbra, si morsicò l’interno della guancia per evitare di dire una frase poco professionale. Era necessario che lui assaggiasse quella pietanza. Il sapore sarebbe stato sufficiente ad ammorbidirlo.

    Aveva comprato l’anatra più tenera in una fattoria vicina e le verdure migliori dal suo fruttivendolo; le erbe aromatiche venivano dal suo cottage nei Cotswolds, così come la salsa, un delicato miscuglio di vino, ribes e arancia, ed era assolutamente divina.

    Doveva esserlo, perché, se non avesse potuto contare più sui suoi piatti, cos’altro avrebbe avuto da offrire?

    Compiendo un passo verso di lui, gli tese una forchetta. «Lei deve assaggiare questo» ripeté con decisione.

    Non era una richiesta, bensì un ordine, dovuto alla sua frustrazione; un cupo rossore le imporporò le guance, senza che potesse nasconderlo.

    Will parve studiarla. Socchiuse gli occhi e la scrutò come se valutasse la persona che gli si opponeva. Alla fine, mise in tasca il suo telefono e prese la posata.

    «Ho forse una scelta?» domandò.

    Maya non poté giurarlo, ma le sembrò che un breve sorriso gli aleggiasse sulle labbra mentre affondava la forchetta in un pezzetto di carne e lo intingeva nella salsa, scrutandola di sottecchi.

    In precedenza, quando l’aveva notata nella sala delle conferenze, aveva dilatato gli occhi come se non si spiegasse la sua presenza e non la capisse. A lei non interessava sembrare una donna enigmatica. L’unica cosa che desiderava era che lui si innamorasse di quel piatto, per poter credere di nuovo in se stessa.

    Per un momento le sembrò di aver raggiunto il suo obiettivo e che Will Thomas si stesse sciogliendo. Lo vide chiudere gli occhi e ammorbidire l’espressione, mentre un piccolo sorriso gli si disegnava sulle labbra; ma, quando riaprì gli occhi, lei vi lesse solo indifferenza.

    «Questo può andare.»

    Può andare? Si chiese lei. Forse si era solo immaginata il suo apprezzamento. Forse lui aveva deciso di non approvare la sua cucina, qualunque pietanza gli avesse presentato. Come poteva non riconoscere la squisitezza di un cibo in cui lei aveva profuso tutto il suo entusiasmo e la sua felicità? Si domandò Maya, cominciando ad arrabbiarsi.

    Doveva trovare un modo per far cessare quella tortura e proteggersi dalla freddezza di lui.

    «Dessert?» propose in fretta, volendo farla finita.

    «Sono sicuro che lo abbia preparato con cura.»

    «Non le piacciono le more?» ribatté lei, in tono aspro. Mostrargli quanto il suo modo di fare l’avesse ferita l’avrebbe fatta sentire meglio.

    Lui la fissò così a lungo da metterla in imbarazzo. Perché studiava così attentamente le sue iridi? Forse dai suoi occhi traspariva tutta la rabbia che provava?

    Will inarcò un sopracciglio. «Mi pare che lei abbia valutato bene ciò che deve fare, signorina...»

    «Maya è sufficiente» tagliò corto lei.

    «Maya» ripeté lui, sottovoce.

    Poi inspirò e lei vide calare sul suo viso la solita maschera impenetrabile. Qualunque barlume di piacere o di soddisfazione era fugace perché lui lo cancellava immediatamente, dando anche alla sua voce un timbro impersonale.

    «Grazie di essere venuta, Maya» disse infatti. «Lasci il suo preventivo alla mia assistente e qualcuno la contatterà.»

    La rabbia si mescolò al dolore che aveva provato per tutta l’infanzia: Will Thomas l’aveva liquidata in un batter d’occhio, dimenticando l’emozione che poco prima l’aveva costretto a provare. Si era comportato come avevano sempre fatto i suoi genitori.

    Aveva ridotto tutto quello che lei aveva creato a una colonna di numeri su un foglio di carta, a un calcolo che non teneva conto dell’amore e della passione che metteva nel suo lavoro. Stringendogli la mano, evitò di guardarlo, poi, appena lui se ne fu andato, buttò in una sacca i piatti, le stoviglie e i contenitori del cibo che non era stato nemmeno toccato.

    Probabilmente, si disse per non amareggiarsi troppo, per lui era stato solo un incontro d’affari e l’unica cosa a cui aveva dato importanza erano i costi.

    Non era mai stata tanto infuriata con qualcuno, pensò mentre si dirigeva verso la sua auto. Non era solo per la mancanza di entusiasmo che quell’individuo arrogante aveva manifestato per il suo cibo, ma soprattutto per il fatto che avesse proibito a se stesso di apprezzarlo. Aveva assaggiato un solo piatto su tre, impedendole di dimostrargli le sue capacità culinarie.

    Le era successo un’altra volta di scontrarsi con un’indifferenza così assoluta. Anche se le avessero offerto quel lavoro, non l’avrebbe accettato. Sapeva di essere un’ottima cuoca, ma lavorare per quell’uomo sarebbe stata una perdita di tempo e avrebbe risvegliato dei ricordi penosi.

    Non poteva farlo.

    In attesa che Maya gli aprisse la porta, Will guardò l’orologio. Non avrebbe dovuto essere lì. Aveva pregato Rachel di sostituirlo, ma lei aveva risposto che affrontare Sir Cuthbert Appleby non era un compito suo. Così aveva passato la serata girovagando per le strade, perdendo del tempo prezioso per ottenere qualcosa che non voleva.

    Mentre aspettava, guardò la facciata del cottage e serrò le labbra. Rispecchiando in pieno il carattere di Maya, la casa era una tavolozza di colori: tralci di rose si arrampicavano lungo la parete di mattoni color sabbia, circondavano la porta, salivano fino al piano superiore e le finestre a bovindo traboccavano di fiori di tutti i colori.

    Due giorni prima, quando lei era uscita dal suo ufficio, aveva sperato di non rivederla mai più. C’era qualcosa in quella ragazza che lo disturbava e che, per quanto tentasse, non riusciva a ignorare. Quando si era azzardato a guardarla negli occhi, aveva visto passare sul suo viso una quantità di emozioni, prima fra tutte l’amore per il suo lavoro, un amore che ostentava senza timore, e si era spaventato. Temeva che quella spontaneità così attraente avrebbe avuto un effetto devastante sul suo rigido autocontrollo. Se fosse stato libero di scegliere, si sarebbe tenuto il più lontano possibile da Maya Hartney. Che importanza aveva per lui chi avrebbero scelto per allestire la cena? Non gli sarebbe toccato assaggiare le varie portate, se Rachel non avesse inserito un appuntamento con Maya nella sua agenda.

    Poi Sir Cuthbert, il socio anziano della sua azienda, colui che teneva in mano la sua carriera, aveva incrociato la cuoca mentre usciva dall’edificio e si era precipitato nel suo studio.

    «Cos’hai fatto a Maya Hartney?» aveva sparato, senza nemmeno salutarlo.

    «Cosa le ho fatto?» aveva ripetuto lui, sconcertato. «Niente. Perché? Cos’ha detto?»

    Alla fine, quando aveva confessato di aver assaggiato un solo piatto di tutti quelli che Maya aveva portato, si era reso conto d’essere nei guai. Sir Cuthbert l’aveva guardato in un modo che non lasciava presagire niente di buono.

    «Tu mi preoccupi, Will.»

    Sorpreso da quella frase, lui si era rallegrato di non aver perso l’impiego. «Non deve, Sir Cuthbert. Ammetto che l’incontro con la signorina Hartney mi ha colto impreparato. Se è necessario, mi scuserò con lei» aveva dichiarato, pensando di farle mandare dei fiori da Rachel.

    «Non si tratta solo di questo» aveva insistito l’altro. «Non fai mai una vacanza. Sei sempre l’ultimo a lasciare l’ufficio. Certe mattine mi domando se sei andato a

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