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Una principessa da sedurre: Harmony Destiny
Una principessa da sedurre: Harmony Destiny
Una principessa da sedurre: Harmony Destiny
E-book142 pagine1 ora

Una principessa da sedurre: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Seduzione a palazzo 1
Anche il freddo sangue blu può incendiarsi quando incontra il vero amore.


Vendetta a corte!
L'affermato architetto Alexander Rutledge non ha fatto ritorno nell'antico regno di Morgan Isle solo per progettare un hotel di lusso: intende vendicarsi della principessa Sophie, la ragazzina viziata che anni prima aveva giocato con i suoi sentimenti di giovane e ingenuo studente. Il piano è semplice: sedurla per poi andarsene senza rimpianti. E il destino lo asseconda, visto che proprio Sophie dovrà fargli da guida sull'isola. Tuttavia, dopo aver visto che donna sensuale e brillante è diventata, Alexander si chiede se riuscirà mai a partire.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2018
ISBN9788858984307
Una principessa da sedurre: Harmony Destiny
Autore

Michelle Celmer

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una principessa da sedurre - Michelle Celmer

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    An Affair with the Princess

    Silhouette Desire

    © 2008 Michelle Celmer

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-430-7

    1

    Da quando era nata in seno alla famiglia reale di Morgan Isle, c’erano giorni in cui la principessa Sophie Renee Agustus Mead si sentiva prigioniera del proprio titolo.

    Era uno di quei giorni.

    Re Phillip era seduto alla sua scrivania nello studio del palazzo reale. Lei amava il fratello, ma a volte le somiglianze tra lui e il loro defunto padre avevano qualcosa di inquietante. Gli stessi capelli color ebano e gli occhi grigio fumo. La stessa alta statura e una corporatura snella e muscolosa. La stessa indole testarda.

    Sophie, d’altra parte, dal padre aveva ereditato il carattere vivace e a volte volubile. Trasse un respiro profondo e si impose di restare calma perché anni prima aveva imparato che dare in escandescenze e fare una scenata ottenevano come unico risultato che Phillip si impuntasse ancor di più. «Quando hai detto che avrei partecipato al progetto alberghiero, Phillip, non immaginavo che tra i miei compiti ci sarebbe stato quello di fare da babysitter.»

    «Nessuno conosce quest’isola come te, Sophie. E se l’architetto deve progettare una struttura che si armonizzi con le peculiari caratteristiche del nostro paese, allora deve prima visitarlo.»

    Sophie aveva desiderato, aveva sperato, che, per la prima volta nella sua vita, la famiglia avrebbe accantonato le sue tradizioni arcaiche e le avrebbe permesso di assumere qualcosa di più delle responsabilità regali delle quali, a tratti, non ne poteva più. Qualcosa di un po’ più impegnativo che organizzare ricevimenti, presenziare opere di carità e recitare la parte di cordiale ambasciatrice.

    Sia Phillip sia il loro fratellastro, il principe Ethan, le avevano assicurato che, se si fosse attenuta al programma regale senza lamentarsi, l’avrebbero fatta partecipare all’impresa della catena alberghiera acquistata di recente dalla famiglia. E, alla luce del suo attuale incarico, non poteva fare a meno di pensare che le fosse stata assegnata la parte più ingrata dell’affare.

    Ma se avesse rifiutato, non escludeva che Phillip l’avrebbe tagliata fuori dal progetto. In realtà, lui voleva che la sorella si sistemasse e cominciasse a sfornare eredi. Con la nascita recente di suo figlio, Frederick, e la gravidanza della moglie di Ethan, Lizzy, di colpo tutti la guardavano con l’aria di dire: D’accordo, ora tocca a te. Ma lei non era pronta. Non era sicura che lo sarebbe mai stata.

    «Bene» disse con un sorriso. «Lo farò. Anche se non impazzisco di gioia all’idea di passare due settimane in compagnia di un estraneo.»

    Soddisfatto per aver ottenuto quello che voleva, Phillip si rilassò nella sua poltrona. «In questo caso, per te sarà un sollievo sapere che non lo è.»

    «Non ricordo di aver mai conosciuto un architetto americano.»

    «L’incontro risale a diversi anni fa, e quando l’hai conosciuto non era ancora architetto. Eravamo compagni di università e quell’anno è venuto a passare le vacanza qui da noi.»

    Il tonfo che il cuore di Sophie fece fu così forte da essere quasi assordante. Non era possibile che alludesse a...

    «Se non ricordo male» proseguì Phillip, «tra voi due c’era un’ottima intesa.»

    Se, come lei sospettava, si riferiva a quella data persona, ottima intesa non era un’espressione adeguata per descrivere quelle due settimane. Ma era escluso che Phillip ne fosse al corrente. Soltanto sua madre che, all’insaputa di Sophie, aveva ascoltato le sue conversazioni telefoniche, conosceva la vera natura della sua amicizia con Alexander.

    La porta alle sue spalle si aprì e, voltandosi, lei vide entrare il fratellastro, il principe Ethan. Lo seguiva un uomo che, nonostante fossero passati dieci anni, era ancora molto familiare. Anzi, non era cambiato per niente. Il taglio dei capelli castano chiaro era lo stesso, corto e meticoloso, e gli occhi erano ancora di un azzurro penetrante e ipnotico. Occhi nei quali, un tempo, lei aveva sperato di smarrirsi per tutta la vita.

    Alexander Rutledge, l’unico uomo che lei avesse mai amato.

    Di solito riservato, Phillip si alzò dalla poltrona per accogliere l’amico con un caloroso: «Alexander, bentornato a Morgan Isle!».

    Alexander avanzò e un sorriso gli illuminò il volto dai bei lineamenti scultorei. Come i suoi fratelli, indossava un costoso completo e scarpe che brillavano tanto erano lucide. Ed era così vicino che a Sophie sarebbe bastato tendere una mano per toccarlo, mentre sembrava che lui non l’avesse nemmeno notata. Si era dimenticato di lei?

    Qualcosa di simile a un macigno si posizionò alla bocca del suo stomaco. Come se avesse importanza, dopo tutto quel tempo. Quell’uomo non rappresentava niente per lei.

    Alexander afferrò la mano del re e la strinse con energia. «Phillip. È passato fin troppo tempo. Che cosa mi dici di te?»

    «Che adesso sono padre di famiglia.»

    «L’ho saputo. Sono ansioso di conoscere tua moglie e tuo figlio.»

    «Suppongo che ti ricorderai di mia sorella» disse Phillip, indicandola. «La principessa Sophie.»

    Il cuore di Sophie compì un balzo verso l’alto, incastrandosi nella gola. Ecco il momento! Quella sarebbe stata la prima volta che si sarebbero parlati in dieci anni. Dieci anni durante i quali aveva pensato a lui quasi tutti i giorni.

    Alexander si voltò nella sua direzione con un cenno sbrigativo e un sorriso educato che non arrivava agli occhi. «Altezza. È un piacere rivederti.»

    Tutto lì? È un è piacere rivederti?

    Sophie rimase inorridita avvertendo una minaccia di lacrime. Si morse la parte interna della guancia e si costrinse a sorridere. «Alexander» disse con una calma sorprendente, considerando che, dentro di sé, stava tremando come una foglia.

    «Mi risulta che mi farai da guida per la durata del mio soggiorno» constatò Alexander, e lei non riuscì a capire che cosa provasse al riguardo. Il suo volto non mostrava la minima traccia di emozione. Si era dimenticato di lei? Di quelle due sbalorditive settimane?

    «Sì, è così. Tuttavia, ne sono stata informata solo ora, e non ho avuto il tempo di studiare un itinerario. Spero non ti dispiaccia se il tour inizierà ufficialmente soltanto domattina.»

    «No di certo.» Non era maleducato o scortese. Soltanto... indifferente. D’altronde, come si era aspettata che reagisse? Si era illusa che l’avrebbe sollevata tra le braccia e le avrebbe dichiarato il suo amore eterno? Per quanto ne sapeva, era un uomo felicemente sposato, come Phillip.

    «Sophie» disse Phillip, «puoi mostrare ad Alexander la suite degli ospiti?»

    «Naturalmente.» Come se avesse potuto rifiutarsi. «Quella sul giardino?» chiese, e suo fratello annuì.

    «Fa’ con comodo» disse Phillip ad Alexander. «Oggi pomeriggio ti porterò a fare un giro del palazzo. Oh, Sophie, vorrei vedere l’itinerario quando l’avrai preparato.»

    «Naturalmente. Appena pronto te lo manderò via fax.»

    «Perché non lo porti con te stasera a cena?»

    Lei non aveva idea di dover cenare a palazzo. Di solito consumava i pasti nella propria residenza.

    «È un invito?» chiese con un sorriso soave, perché sapeva che quelli di suo fratello non erano inviti bensì ordini.

    «Ho pensato che sarebbe bello essere tutti presenti per dare il benvenuto al nostro ospite.» Phillip si era espresso come se il suo fosse un suggerimento, ma in realtà era sottinteso che si aspettava di essere ubbidito.

    «Alla solita ora?»

    Lui annuì.

    «Bene. A più tardi.» Sophie si rivolse al loro ospite. «Se vuoi seguirmi, ti mostrerò la tua suite.»

    Alexander indicò la porta. «Dopo di te, Altezza.»

    Sophie non era timida. Neanche per quanto riguardava il suo aspetto fisico. Per sua fortuna, aveva ereditato geni di qualità e, a trent’anni, era ancora alta e snella, senza segni di cedimento. Ma la presenza di Alexander alle sue spalle la colmava di un disagio incredibile. E mentre salivano le scale senza scambiarsi una parola, il vuoto tra di loro sembrò dilatarsi all’infinito. Se c’era una cosa che lei aveva imparato in anni passati nella veste di ambasciatrice, era l’arte della conversazione spicciola.

    «Com’è andato il viaggio?» chiese mentre salivano al secondo piano, dove erano situate le suite per gli ospiti.

    «È stato stancante. Mi ero dimenticato quante ore di volo separano gli USA da Morgan Isle.»

    Alexander si teneva al suo fianco, un gradino più in basso. Un comportamento educato, che tuttavia la infastidiva. Avrebbe voluto vederlo in faccia. Ripassare i suoi lineamenti. Non che li avesse dimenticati. Anzi, probabilmente era meglio non lasciarsi intrappolare in quello che c’era stato tra loro due. Era successo tanto tempo prima. Anche se la sconcertava che lui non fosse amareggiato per il modo in cui era finita la loro storia. Naturalmente, per quello che ne sapeva, era possibile che, appena fossero rimasti soli, lui l’avrebbe messa sotto accusa. Poteva biasimarlo? Era stata lei a mettere la parola fine senza dare spiegazioni. Lei, che si era rifiutata di rispondere alle sue telefonate, e che aveva respinto le sue lettere senza aprirle.

    D’altronde, cos’altro avrebbe potuto fare? Le avevano tolto la possibilità di decidere.

    «Il palazzo non è cambiato molto dall’ultima volta che sono stato qui» commentò Alexander.

    «Da queste

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