Mamma per amore: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Un piacevole effetto collaterale della gravidanza è poter incolpare i propri ormoni se si commettono gesti... poco convenzionali. Come, per esempio, baciare il burbero Carson O'Neill che, nonostante la fama di misantropo, resta sempre l'uomo più affascinante che Lori abbia mai visto. Lei, dopo un passato difficile, è decisa a rimettersi in gioco e a trovare non solo il vero amore, ma anche un padre per il suo futuro bambino. E Carson è il candidato perfetto, per entrambi i ruoli. Basteranno i caldi baci di Lori per scogliere il gelo che imprigiona il suo cuore? Non resta che provare, un bacio alla volta.
Marie Ferrarella
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Mamma per amore - Marie Ferrarella
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Beauty and The Baby
Silhouette Romance
© 2003 Marie Rydzynski-Ferrarella
Traduzione di Daniela Innocenti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-360-4
www.eHarmony.it
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1
«Sembri stanca» disse Carson O’Neill.
La cognata lo guardò e gli sorrise, e Carson non poté fare a meno di notare le fossette che le si erano formate su entrambe le guance. Non era un uomo che di solito notava una cosa del genere; negli ultimi tempi poi, a causa del lavoro, non si guardava proprio in giro.
Eppure, aveva imparato molto su Lori O’Neill da quando era arrivata da lui, dopo la morte di suo fratello Kurt.
Carson si era sempre preso cura degli altri. Non perché avesse deciso di farlo, e neanche perché lo volesse. Ma qualcuno doveva pur farsi carico delle responsabilità. Si era occupato di sua madre e del fratello minore dopo che il padre se n’era andato, sforzandosi di non far mancare loro niente. O almeno, ci aveva provato.
E, seguendo una strada che sembrava tracciata appositamente per lui, aveva da poco assunto il ruolo di direttore del Centro Giovani di Sant’Agostino, una struttura che, grazie ai suoi sforzi sovraumani, era ancora aperta nonostante i numerosi ragazzi e i pochi mezzi a disposizione.
Carson raccolse il pallone da pallacanestro che lo aveva colpito al polpaccio circa un secondo prima e lo lanciò a un ragazzino la cui testa non gli arrivava neanche al petto. Il ragazzo gli sorrise prima di scappare con il maltolto. C’era sempre una partita in corso al centro.
Carson non era andato a cercarsi tutte quelle responsabilità; come sempre, le aveva trovate ad attenderlo. A quindici anni, quando il padre li aveva abbandonati e sua madre era andata in crisi, Carson era diventato il punto di riferimento della famiglia.
Un ruolo niente affatto semplice. Kurt, per esempio, era sempre stato inaffidabile, un nullafacente, anche se dotato di grande fascino, ma Carson gli voleva bene e aveva fatto del suo meglio per rimetterlo sulla strada giusta, offrendogli sostegno morale e, sempre più spesso, economico.
Ma, nonostante tutti gli sforzi di Carson, Kurt era riuscito ad ammazzarsi a causa della sua passione per le moto di grossa cilindrata. Corsa mortale recitava il titolo dell’articoletto nella cronaca locale.
La morte di Kurt, avvenuta un anno dopo quella della madre, avrebbe dovuto liberare Carson dal ruolo di patriarca, ma le cose erano andate diversamente. C’era Lori a cui pensare, e per Carson era stato più che naturale prendere la vedova incinta di Kurt sotto la sua ala protettiva.
Non che Lori glielo avesse chiesto.
Era una donna indipendente e vivace, e Carson l’ammirava per questo. Ma era anche incinta e si era trovata di fronte a una montagna di debiti lasciata dal marito.
Il vecchio detto secondo cui pioveva sempre sul bagnato calzava a pennello; appena un mese dopo la morte di Kurt, l’azienda informatica per cui lavorava Lori in qualità di grafica aveva dichiarato bancarotta, lasciandola senza lavoro. E Carson, naturalmente, era intervenuto.
E aveva fatto la stessa cosa quando aveva sentito che il centro giovanile dove lui e Kurt avevano trascorso tanto tempo da ragazzi era sul punto di chiudere i battenti perché non c’era nessuno che volesse dirigerlo, per non parlare della mancanza di fondi.
La sua ex moglie, Jaclyn, l’aveva definito uno smidollato dal cuore tenero quando le aveva comunicato la propria intenzione di lasciare lo studio legale dove lavorava per occuparsi del Centro Giovani di Sant’Agostino. La professione di avvocato gli sembrava fredda, priva di soddisfazioni personali; ben presto si era trasformata solo in una fonte di guadagno. Carson aveva bisogno di qualcosa in più. Di un senso, un significato.
Jaclyn non aveva appoggiato l’improvviso cambio di rotta di Carson. Lo aveva apostrofato in tutti i modi possibili, dandogli dello sciocco e dello smidollato. Carson non immaginava che la sua ex moglie possedesse un vocabolario di insulti così vasto.
Però la frecciata sul cuore tenero l’aveva sorpreso, perché dimostrava quanto poco Jaclyn lo conoscesse, anche dopo cinque anni di matrimonio. Carson era pragmatico, non emotivo. Il centro aveva bisogno di un nuovo direttore e lui semplicemente era la persona più adatta allo scopo.
Non aveva il cuore tenero. Il suo cuore era freddo, soprattutto da quando Jaclyn se n’era andata, portando con sé la loro bambina di due anni. Il suo cuore si limitava ad agire in modo meccanico... proprio come lui.
E come Lori, pensò, guardando la cognata. Solo che lei lo faceva con brio. Carson le indicò il suo ufficio, lungo lo stretto corridoio e oltre la palestra.
Le ragazze arbitrate da Lori la guardarono per un attimo, poi ripresero la partita.
Carson chiuse la porta e fece cenno a Lori di accomodarsi sulla sedia di fronte alla scrivania sfregiata, tutta un’altra cosa rispetto alla scrivania elegante e costosa che aveva utilizzato fino a tre anni prima.
Di solito, Lori gli sembrava instancabile, mai scoraggiata dalle difficoltà della vita. L’aveva vista abbattuta solo al funerale di Kurt.
Ma anche in quell’occasione, la sua preoccupazione maggiore era stata consolare il cognato, ma lui non gliel’aveva permesso. Carson era una roccia, pensava per sé; lo aveva sempre fatto e le cose non sarebbero mai cambiate. Era un tipo solitario, e non sarebbe riuscito a cambiare neanche volendo.
E non voleva.
«Che c’è?» lo esortò Lori alla fine.
Cercò invano di decifrare l’espressione del cognato. Non era una novità; Carson le era sempre apparso imperscrutabile, tutto il contrario di Kurt, che per lei era sempre stato un libro aperto.
«È un po’ che ti tengo d’occhio» disse Carson. «Oggi sembri stanca» ripeté.
Lori scosse la testa, negando l’evidenza. Era orgogliosa della propria capacità di tenere duro, qualunque cosa accadesse. Negli ultimi tempi, però, il suo fardello era sempre più pesante... anche perché lo portava in grembo.
«No, non sono stanca. Solo un po’ sopraffatta da tutta quell’energia.» Indicò l’area adiacente alla piccola stanza adibita a ufficio generale per il centro giovanile. La struttura era composta da diversi ambienti più o meno grandi, ma il cuore del centro era senz’altro la palestra. Era lì che i ragazzi che frequentavano il complesso potevano sfogare la propria aggressività.
Poi, con un sospiro impercettibile, Lori si adagiò sulla sedia indicata da Carson, cercando di non pensare allo sforzo che avrebbe dovuto fare per rialzarsi. Era un problema che avrebbe affrontato più tardi, decise.
Forse era davvero stanca, pensò Lori. Ma non credeva che fosse così evidente.
Appena oltre la porta chiusa, si sentivano i ragazzi che scaricavano la tensione, trasformando la loro energia in qualcosa di produttivo anziché distruttivo. Senza i notevoli sforzi di Carson, quei ragazzi non avrebbero saputo dove andare e sicuramente si sarebbero cacciati nei guai.
Lori lanciò uno sguardo affettuoso al cognato. Carson aveva rinunciato alla promessa di una vita agiata per rendere migliore quella degli altri. Lori sapeva che uno qualunque di quei ragazzini avrebbe potuto essere il Kurt o il Carson di tanti anni prima. Suo marito le aveva raccontato diversi aneddoti della propria adolescenza durante il loro secondo appuntamento, lasciandola molto scossa.
Entrambi i fratelli erano riusciti a lasciarsi alle spalle un’infanzia difficile e disagiata, anche se per Lori era evidente che Kurt aveva conservato in buona parte la spavalderia, la destrezza e la furbizia che caratterizzavano tutti i giovani che frequentavano il Sant’Agostino. In un certo senso, Kurt non si era mai lasciato alle spalle quel ragazzino scapestrato che, si rendeva conto Lori, aveva finito per ucciderlo.
Carson, invece, era l’opposto. Deciso e con la testa sulle spalle, aveva scelto di percorrere una strada più sicura, nonché più faticosa. Aveva lavorato sodo per mantenersi agli studi, ottenendo anche una borsa di studio, senza mai dimenticare di prendersi cura del fratello minore e della madre. Credendo di essere destinato a divenire avvocato, si era impegnato ancora di più una volta laureatosi. E quando, dopo il tirocinio, era stato assunto da un prestigioso studio legale, si era dedicato completamente al lavoro per dimostrare ancora una volta il proprio valore.
E poi, tutto era cambiato. Tre anni prima, il cognato di Lori aveva scelto di compiere il sacrificio più altruista che lei avesse mai visto. Aveva lasciato lo studio legale per assumere la direzione del centro giovanile che tanto lo aveva aiutato in passato. Ma non senza pagare un prezzo.
Carson si era caricato di un peso e aveva perduto una moglie.
Kurt si era opposto immediatamente all’idea di Carson, dicendogli che lasciare lo studio era la decisione più stupida che potesse prendere. Per tutta la vita non aveva fatto altro che lottare per allontanare entrambi dal quartiere dove ora voleva tornare... a un enorme costo personale ed economico.
Per Kurt non aveva alcun senso... ma Kurt non comprendeva il significato del sacrificio. Non era mai stato altruista come Carson.
E Carson era Carson: fermo nelle proprie decisioni, insensibile a litigi, suppliche e derisioni. Neppure la moglie era riuscita a dissuaderlo e, alla fine, lo aveva abbandonato portandosi via la figlia, lasciando a Carson i documenti per il divorzio.
Lori sapeva che perdere la bambina era stato il colpo più duro per Carson, anche se non ne parlava mai. Da quando lo aveva conosciuto, il cognato non aveva mai lasciato trasparire nulla.
Era un miracolo che non avesse il petto schiacciato dal dolore, rifletté Lori, guardandolo. Sulla scrivania c’erano pile di pratiche e scartoffie, una cosa che Carson odiava. Si assumeva troppe responsabilità, e si sarebbe accollato anche il carico di Lori, se lei glielo avesse permesso. Era fatto così.
Ma Lori non aveva