Fascino di mamma: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Nome: Lisa Billings. Attività: proprietaria di un negozio di giocattoli. Caratteristiche: delusa dagli uomini, non crede più nell'amore.
Nome: Bryce Walker. Attività: pompiere. Caratteristiche: non vuole impegnarsi e non crede nel matrimonio.
Nome: Cece. Attività: figlia a tempo pieno di Lisa Billings. Caratteristiche: crede ciecamente nell'amore ed è convinta che sua madre lo troverà negli occhi verdi di Bryce.
La piccola Cece, quattro anni, svolge alla perfezione il ruolo di Cupido quando fa incontrare sua madre Lisa, appena trasferitasi in California per aprire un negozio di giocattoli, e Bryce, un aitante pompiere. Nonostante le reciproche diversità, l'attrazione fra i due è irresistibile. Ma riuscirà a diventare amore?
Marie Ferrarella
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Fascino di mamma - Marie Ferrarella
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Tall, Strong & Cool Under Fire
Silhouette Romance
© 2000 Marie Rydzynski-Ferrarella
Traduzione di Maria Paola Dettore
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5892-473-0
www.harlequinmondadori.it
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1
«Tu sei un pompiere?»
Quella vocetta allegra lo riscosse dai suoi pensieri e, voltando le spalle all’autopompa lustra, Bryce Walker la vide, in tutto il suo metro scarso, assolutamente adorabile e fuori luogo.
La pronta risposta che avrebbe riservato a una signora con diversi anni in più di quella minuscola visitatrice bionda gli morì sulle labbra. Allora sorrise.
La marmocchia, in salopette rosa con delle margherite bianche stampate sopra, era ferma sulla soglia della rimessa, evidentemente attratta dal silenzioso invito del portone spalancato. Oscillava appena sui talloni e teneva le mani in tasca con tutta l’aria di chi se ne va a zonzo senza un pensiero al mondo. Ora lo fissava, in attesa della risposta.
«Sì, proprio così.»
Bryce le si avvicinò e si piegò su un ginocchio per ridurre almeno in parte la notevole differenza di statura. Diede un’occhiata alle spalle della bimba aspettandosi di scorgere nei paraggi un genitore, o almeno un fratello più grande. Ma non vide nessuno, salvo qualche passante indifferente.
La piccola era sola e impavida.
A volte Bryce teneva nelle varie scuole elementari di Bedford, California, brevi ma chiare lezioni sulle regole da seguire in caso di incendio. La bambina che aveva di fronte era troppo piccola per andare a scuola: doveva avere quattro anni, cinque al massimo, ma lui ne dubitava. I grandi occhi azzurro fiordaliso adesso si puntarono sull’autopompa. «Ti lasciano guidare la macchina?»
Nel tono si mescolavano speranza e desiderio. Il fascino delle autopompe era irresistibile per tutti. Bryce trattenne un risatina pensando ad Alex, l’addetto alla guida, che considerava quel veicolo sua proprietà personale e avrebbe camminato sui carboni ardenti piuttosto che permettere ad altre mani di posarsi su quel volante.
«No. Purtroppo no.»
La bambina annuì con dolente comprensione. «Neanche a me la mamma mi lascia guidare.»
Era lo spunto adatto per tentare una riunione tra la piccola vagabonda e sua madre. «E dov’è la tua mamma?»
La piccola si mosse a passi cauti verso l’autopompa, come se non si trattasse di una semplice macchina di metallo ma di un essere vivo che poteva spaventarsi e fuggire, se lei non avesse fatto piano.
«A casa.»
Bryce ebbe la sensazione che di lì a qualche anno quell’ospite inattesa sarebbe diventata un’autentica seduttrice, e augurò buona fortuna a tutte le future vittime: ne avrebbero avuto bisogno.
Si rialzò seguendola nel suo lento percorso attorno al veicolo. «E dov’è la tua casa?»
La piccola si fermò, si voltò e gli lanciò un’occhiata triste, inequivocabilmente il rimpianto di qualcosa di perduto. «Non più a Dallas.»
Già, gli pareva di avere colto una lieve traccia di accento texano. In ogni caso, al momento, sapere da dove proveniva non gli era di aiuto. «Come mai?»
Lei tirò un grosso sospiro e continuò nel suo giro di ispezione, esaminando ogni particolare con la massima cura. «Siamo venute via.»
«Per andare dove?»
La piccola passò una mano lungo il cofano in una carezza tenera. «Qui.»
Bryce stette al gioco e si guardò attorno, fingendosi stupito. «Tu abiti qui? Qui... nella mia stazione?»
Questo provocò una risatina così contagiosa che lui fece fatica a non imitarla. La marmocchia si voltò a guardarlo divertita. «Ma no. Qui a Bedford.»
Lui l’aveva già capito, ma era simpatico averne conferma. Quanto meno non era lì di passaggio. Adesso cominciava a esserci qualche punto fermo. «E dove, a Bedford? Lo sai?»
Lei si fermò, considerando la faccenda. «A casa nostra, naturalmente» disse poi, come se non potesse esserci un’altra risposta. «Quella di mamma e nonna e mia. La mamma ha detto che è di tutte e tre. Alla pari.»
Non aveva accennato a un padre e Bryce si domandò se significava che la madre era divorziata o vedova. Oppure se non si era mai sposata. Dubitava che l’omissione fosse una dimenticanza: la bambina sembrava avere un’idea perfettamente chiara della situazione. Lui conosceva degli adulti molto meno consapevoli di lei del mondo in cui si trovavano.
Continuò a tallonarla mentre lei proseguiva nel tour attorno all’autopompa arrivando alla fiancata. Tentò di nuovo. «Conosci l’indirizzo?»
Questa volta la biondina scosse il capo con espressione frustrata. «No. È nuovo.»
Pareva molto turbata dal fatto di non ricordarlo e Bryce preferì lasciar correre. Non c’era alcun motivo di insistere. Se la madre non fosse arrivata a recuperare la piccola, lui aveva degli amici poliziotti che avrebbero saputo come affrontare la situazione.
«Certe volte è difficile ricordare le cose nuove» osservò. La prese per mano aiutandola a salire sulla predella del camion perché potesse vederne meglio la cabina. «Sai come ti chiami?»
Lei gli lanciò un’occhiata spazientita aggrottando le sopracciglia color grano. «Ma certo. Il mio nome non è nuovo. È vecchio come me.»
«Ovvio» annuì lui con aria convinta. «Io mi chiamo Bryce Walker. E tu?»
Lei scrollò il capo facendo ondeggiare i morbidi capelli chiari. «Cece Billings. Ho preso il nome della nonna. La prima parte.»
«La prima parte» ripeté lui, non troppo sicuro di aver capito.
«Sì. Cece.» Gli tese le braccia perché la rimettesse a terra. «Lei si chiama Cecilia. E anch’io, però la mamma mi chiama Cece per non confonderci.»
Bryce depositò la piccola a terra. «Ah, ecco.» Anche se la cosa non c’entrava molto con il rintracciare la madre o l’indirizzo, non resistette alla tentazione di raccogliere qualche altra informazione sul conto di quella biondina capitata nella rimessa. «E mi sai dire come ti chiama il tuo papà?»
«No, io non ho un papà» rispose lei con estrema disinvoltura. «La mamma dice che stiamo benissimo senza.»
«Mmh...» La mamma era evidentemente molto convinta in proposito, considerando la sicurezza del tono di Cece. «Però non credo che in questo momento lei stia benissimo» commentò, rivolto a se stesso più che alla piccola girovaga. «Probabilmente è fuori a cercarti.»
L’ospite scosse il capo convinta, facendo di nuovo sobbalzare i ricci biondi. «Non credo. La mamma ha tanto da fare.»
«Cosa ha da fare?» Bryce apprezzava ben poco una madre troppo occupata per accorgersi che la sua creatura era scomparsa. Mentalmente si immaginò una donna che trascurava la piccola per una mezza dozzina di ragioni possibili, e nessuna accettabile.
Il giro di ispezione stava portando Cece alla parte posteriore dell’autopompa. «Deve dire a quegli uomini cosa devono fare. Sono tutti confusi.»
Non erano i soli, si disse Bryce. «Quali uomini?»
«Quelli che la stanno aiutando.» La piccola si accigliò. «Tu non stai a sentire. La mamma ha detto alla nonna che gli uomini non stanno mai a sentire.»
«Oh, davvero?» Quella donna aveva una scarsa opinione degli uomini! Quindi erano pari, perché lui aveva una scarsa opinione delle donne che perdevano i figli.
Ma, in attesa della comparsa di una madre sconvolta alla ricerca della figlioletta vagabonda, lui poteva solo tenere occupata la piccola. Gli venne un’idea: le diede un colpetto alla spalla e, quando lei si voltò, le porse la mano. «Hai voglia di fare un giro della stazione mentre pensiamo a come ritrovare la tua mamma?»
Cece gli prese subito la mano, poi lo fissò inclinando la testa di lato, come se questo l’aiutasse a capire meglio. «Perché? Mica si è persa.»
Bryce le sorrise. Se avesse scelto un’altra strada per la sua vita, adesso avrebbe potuto avere una figlia come Cece. Ormai tanta acqua era passata sotto i ponti che aveva fatto scorrere deliberatamente anni prima.
«Tu sì.»
«No, non è vero.» Il sorriso che le si disegnò sul faccino era così luminoso che Bryce ne fu completamente conquistato. Com’era possibile non accorgersi della mancanza di un simile tesoro? «Io sono qui. Con te.»
Non era facile controbattere e lui non ci provò neppure.
Lisa Billings era all’apice dello sfinimento. O nell’ultimo abisso del medesimo, a seconda dei punti di vista.
Si sentiva prosciugata quanto il letto di un fiume durante una protratta siccità. Negli ultimi sei mesi, infatti, aveva fatto la spola tra Dallas e la città dove aveva deciso di trasferire la sua famiglia, cercando la sede adatta per il suo negozio e la nuova casa. Intendeva cominciare una nuova vita per sé e sua figlia. L’idea di un nuovo inizio l’attirava molto.
Le sue esigenze erano poche ma inderogabili. Voleva un