Un medico senza paura: Harmony Bianca
Di Fiona Lowe
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Info su questo ebook
La figlia del suo socio potrebbe rappresentare un valido aiuto nella gestione della clinica durante la convalescenza di William. Tuttavia Lucy sembra un tipo difficile da convincere, soprattutto perché non si fida di nessuno. Ma il dottor Rodriguez sa benissimo come farla cadere in tentazione e persuaderla a correre qualche rischio.
Fiona Lowe
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Un medico senza paura - Fiona Lowe
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Letting Go With Dr Rodriguez
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Fiona Lowe
Traduzione di Rita Orrico
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-259-3
1
«Lucy, aspetta.»
Nel sentirsi chiamare, la dottoressa Lucy Patterson sorrise e allungò una mano per interrompere la chiusura delle porte. Un attimo dopo Daniel Edgerton, radiografo del Perth City Hospital e suo fidanzato, entrò in ascensore.
«Grazie.» Il suo sorriso non era più tanto brillante quanto in passato, ma Lucy attribuì la cosa alla comprensibile stanchezza di entrambi. Daniel premette il pulsante del piano e le chiese se stesse per staccare.
Lei si morse un labbro, sapendo che la sua risposta non gli sarebbe piaciuta. «No, c’è stata un’aggiunta dell’ultima ora alla lista operatoria.»
Il sospiro di Daniel rimbalzò sulle pareti dell’ascensore, suonando come un rimprovero. In qualità di radiografo, la sua giornata lavorativa era regolata da orari fissi e non riusciva a capire che per lei invece il turno finiva quando il lavoro era completato.
«Ma sarò tutta tua per la notte» aggiunse Lucy con forzata allegria.
Daniel aprì la bocca per replicare, ma in quel momento l’ascensore ebbe un sobbalzo e lei fu sospinta verso la parete di metallo. Si aggrappò al corrimano e si raddrizzò. «Oh, non di nuovo, per favore! La settimana scorsa sono rimasta bloccata qui dentro per venti minuti!»
«Non tutti i mali vengono per nuocere» replicò lui, attirandola a sé e baciandole il collo, mentre faceva scorrere una mano sulla schiena in cerca del gancetto del reggiseno. «Si possono fare un sacco di cose in venti minuti.»
Lei rise, ma appoggiò i palmi delle mani sul suo petto per allontanarlo da sé. «Vero, ma non metterò a repentaglio la mia promozione per essere stata colta in flagrante in un ascensore.»
Daniel lasciò ricadere le braccia e la guardò con freddezza. «Jess non si è fatta tanti problemi.»
Attonita, lei lo guardò sbattendo più volte le palpebre. Jess era la sua coinquilina da quattro anni e andavano molto d’accordo. «Non ci credo che Jess farebbe sesso in un ascensore.»
Lui si strinse nelle spalle. «Al contrario, l’ha già fatto invece.»
Indignata, Lucy incrociò le braccia sul petto. «Se fosse così, Jess me l’avrebbe raccontato.»
Per tutta risposta lui sollevò le sopracciglia. «Non è obbligata a dirti tutto, Lucy. Inoltre, diciamolo, di recente non ci sei mai.»
Lei cercò di mascherare una punta di disagio al pensiero che l’amica si fosse confidata con Dan piuttosto che con lei. «Perché sei così sicuro che l’abbia fatto?»
Stavolta fu lui a incrociare le braccia. «Perché c’ero anch’io.»
Per un momento, Lucy pensò che il suo fidanzato avesse colto l’amica sul fatto, ma ben presto il suo cervello si decise a registrare il linguaggio del corpo di lui, rigido e vagamente sprezzante, e un brivido freddo le attraversò il corpo, lasciandola tremante.
«Tu hai fatto sesso con Jess?» domandò. «Qui?»
Lui resse lo sguardo scioccato di lei con espressione di sfida. «Sì.»
La sua amica. Lucy si portò una mano sulla bocca mentre la nausea le stringeva lo stomaco. Fece un passo indietro e si appiattì contro la parete dell’ascensore per mettere la maggior distanza possibile tra lei e Daniel. «Quando?»
Dan ebbe il buongusto di mostrare una lieve traccia d’imbarazzo. «La settimana scorsa» ammise.
Lei ripensò alla notte trascorsa con lui dopo che gli aveva preparato una romantica cenetta, la settimana precedente. Quella volta era stata lei a fare tutte le mosse, il che l’aveva stupita perché di solito era Dan a fare il primo passo. Lo stomaco le si strinse di nuovo. Cercando disperatamente di mantenere una finta compostezza, Lucy parlò con voce fredda ma controllata. «Esattamente quando, la settimana scorsa?»
Per la prima volta, lui abbassò lo sguardo. «Non importa.»
«Oh, importa eccome!»
Lui si passò una mano sui capelli dal taglio cortissimo. «Senti, Lucy, non c’è ragione di...»
«Dimmelo!» gridò lei, ormai sull’orlo delle lacrime.
«Mercoledì pomeriggio.»
Per Lucy fu come se in quell’istante i cavi che reggevano l’ascensore si spezzassero, scaraventando la cabina in caduta libera. Solo che era la sua vita che si stava sgretolando attorno a lei, portando con sé i pilastri che avevano sorretto la sua realtà e che, con tanta fatica, era riuscita a erigere dopo il disastro di sei mesi prima.
Era come paralizzata. I polmoni si rifiutavano di contrarsi e le lacrime le annebbiavano la vista. Stava davvero succedendo? Perché adesso, quando ogni cosa nella sua vita, inclusa la sua carriera, era instabile?
La rabbia le venne in aiuto e le diede la scossa di cui aveva bisogno. «Bastardo!»
Lui sollevò la testa di scatto. «Ah, questa è bella! Sei tu quella che da mesi non si apre con nessuno. Anche se sono accanto a te, tu non sei mai davvero presente. Jess almeno mi capisce, mi dà qualcosa. Tu non mi dai niente da un tempo infinito.»
La rabbia di Lucy aumentò. «Non sei solo un bastardo, Dan, sei un bastardo egoista. Sai bene cos’è successo con pa...» s’interruppe, incapace di pronunciare la parola, «... con William. Sai cosa ho passato, eppure non te ne importa niente, perché non gira intorno a te.»
«Infatti gira solo intorno a te da mesi!» protestò lui. «Ne ho abbastanza.»
Nel profondo del cuore lei sapeva da tempo che le cose non andavano benissimo tra loro, ma non si era aspettata un tradimento così meschino. «Allora perché non hai semplicemente rotto con me, perché hai trascinato con te anche la mia amica?»
Gli occhi di Daniel s’illuminarono. «Credo di amarla.»
Quelle semplici parole le attraversarono il petto come una stilettata, forse perché non le aveva mai rivolte a lei. «Wow» riuscì a dire in tono sprezzante. «Dici di amare Jess eppure hai fatto sesso con me. Che classe!»
Un traccia di rimorso passò sul volto di lui. «Senti, Lucy, mi dispiace che sia finita così, però non è tutta colpa mia.»
Lucy annuì. Non perché fosse d’accordo con lui, ma perché le parole non potevano esprimere il dolore che le procurava il tradimento delle due persone sulle quali aveva fatto più affidamento in quell’ultimo anno.
Si udì un cigolio e pur se con lentezza l’ascensore riprese la discesa. Alla fine le porte si aprirono con un tintinnio. «Grazie al cielo» borbottò Daniel prima di uscire e allontanarsi senza voltarsi indietro.
Le porte si richiusero e Lucy si accasciò sul pavimento, chiudendo gli occhi. Mai aveva pensato che avrebbe preso parte alla conversazione appena avvenuta. Fece mente locale per ricordare qualunque indizio o segno che avrebbe potuto prepararla al tradimento di Daniel e Jess, tuttavia non ne trovò. C’erano state delle tensioni, ma nulla che facesse pensare a un esito del genere.
La testa le scoppiava e lei sentì il risentimento bruciare. Il cellulare cominciò a vibrare e Lucy immaginò che fosse il reparto. Con tutta probabilità volevano ricordarle che il suo paziente aspettava ancora una flebo di antibiotici. Il messaggio si rivelò essere di un mittente sconosciuto.
Signorina Patterson,
come saprà, suo padre, il dottor William Patterson, ha riportato una frattura alla tibia. Non è il genere di uomo che chiede aiuto, perciò in qualità di suo medico e secondo dottore a Bulla Creek la prego di venire in visita appena le sarà possibile.
Dottor Marco Rodriguez
Lucy fissò la mail e le toccò leggerla tre volte per afferrarne il significato. Una frattura alla tibia? Si morse un labbro e fu assalita dai sensi di colpa. Ovviamente non sapeva niente della gamba di William: non parlava con lui da mesi e le email che lui le aveva inviato riguardavano soltanto le informazioni da lei richieste. Nessuno dei due aveva fatto parola sulla sua salute, né William aveva menzionato un medico dal nome spagnolo e lo stile formale, a indicare che l’inglese non era la sua lingua madre. Ma che diavolo ci faceva uno spagnolo in pieno outback australiano?
Appena le sarà possibile, aveva scritto. D’istinto Lucy scosse la testa e sollevò lo sguardo sul soffitto dell’ascensore, certa di una sola cosa: a nessun costo avrebbe fatto ritorno a Bulla Creek. Quella che era stata casa sua e che lei si rifiutava di definire tale.
Non che la prospettiva di un futuro a Perth fosse più rosea, con un fidanzato che l’aveva appena piantata e una coinquilina pronta a pugnalarla alle spalle. Nascose il viso tra le mani e immaginò di poter tornare indietro di un anno, in un tempo in cui sapeva chi fosse, quali fossero le sue priorità e dove fosse diretta. Al contrario, il sentiero che le stava di fronte adesso era immerso nella nebbia più fitta.
Ogni cellula del suo corpo si ribellava all’idea di tornare a Bulla Creek, ma la notizia dello stato di salute di William faceva riemergere in lei sentimenti che avrebbe preferito seppellire. A dispetto di ciò che era successo tra loro e malgrado lei non desiderasse in alcun modo rivederlo, Lucy non poteva ignorare il fatto che si fosse rotto una gamba. Non alla sua età. Il medico che era in lei lo sapeva fin troppo bene.
Fu quel pensiero a sciogliere i suoi dubbi. «Prenderò qualche giorno di ferie, vado a Bulla Creek per accertarmi che William riceva le cure adeguate e poi tornerò a Perth» decise. «Al ritorno, mi cercherò un nuovo appartamento e metterò ordine nella mia vita. Niente più amiche fedifraghe e uomini bastardi.» La consapevolezza che stava parlando da sola in un ascensore la colpì, dandole l’energia necessaria per scattare in piedi e rassettarsi il camice bianco. La sua vita era appena andata in pezzi, ma almeno aveva un piano a cui aggrapparsi, come a un relitto in un mare in tempesta.
La terra rossa di Bulla Creek era ricoperta da uno strato di verde, grazie a un inverno straordinariamente piovoso seguito da una primavera assolata. Le pecore erano gonfie di lana, gli agnelli saltellavano su zampe grasse e i contadini sorridevano, fatto ancora più insolito del clima. Mentre percorreva la strada principale in direzione della clinica, il dottor Marco Rodriguez rifletté che il taciturno approccio alla vita degli agricoltori australiani era molto simile a quello di casa sua, in Argentina. La vita di campagna era dura e una buona stagione era motivo di festa per tutti.
Giunto alla chiesa dai muri color sabbia, svoltò a sinistra. Sul lato opposto della strada si trovava il pub locale, costruito come la chiesa un centinaio di anni prima, quando le cave di piombo garantivano la prosperità della regione. Al giorno d’oggi Bulla Creek aveva perso l’influenza di cui godeva un secolo prima, ma la posizione e gli antichi edifici ricordavano ai residenti il ricco passato e rappresentavano un’attrazione per i turisti. La gente era disposta a pagare parecchio per fare un salto nel passato e godersi qualche giorno di riposo dalla frenesia delle grandi città, immaginando tempi in cui la vita era più semplice.
Marco sapeva che quella era solo un’illusione. Non c’era stato nulla di semplice nel vivere senza acqua corrente e le più semplici norme igieniche, in tempi in cui una gamba rotta sfociava quasi sempre in un’amputazione, un parto poteva facilmente portarsi via una madre e un semplice raffreddore era in grado di uccidere una persona.
Aprì la porta della moderna clinica medica, che ospitava cinque letti per la terapia d’emergenza e dieci per le visite di routine. La sala d’aspetto era affollata come tutti i giorni da quando qualche settimana prima il suo collega si era infortunato.
Marco era preoccupato