La dottoressa in carriera: Harmony Bianca
Di Fiona Lowe
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Info su questo ebook
Matt non ha alcuna voglia di fare da babysitter a quella viziata ragazza di città. Tanto più che fare il medico da quelle parti è una cosa estremamente seria. Tuttavia qualcosa, negli occhi profondi di Poppy, sembra ricordargli che la sua vita non è finita quando ha perso sua moglie, e che è ancora in grado di amare.
Fiona Lowe
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
La dottoressa in carriera - Fiona Lowe
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Career Girl In The Country
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2011 Fiona Lowe
Traduzione di Silvia Calandra
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-485-6
1
Donna chirurgo riceve il Premio Bampton. La settimana scorsa è stata riconosciuta la sua rapidissima ascesa ai vertici di un mondo tradizionalmente maschile come quello della chirurgia. Il nostro fotografo presente alla cerimonia ha immortalato (a destra) la dottoressa Stranfield che sfoggiava un elegante tailleur pantalone nero, insinuandoci il dubbio che la brillante chirurgo non abbia solo riportato un ineguagliabile successo nel mondo degli Old Boys
ma ne sia già diventata parte integrante. Circolano, infatti, voci riguardo una sua recente trattativa con due prestigiosi istituti ospedalieri per il posto di primario di chirurgia.
Il sorso di caffè delle sei del mattino di Poppy Stanfield le divenne amaro in bocca mentre leggeva il trafiletto nell’ultima pagina del quotidiano di Perth. Non gliene importava nulla degli stupidi commenti sul suo abbigliamento, ma come accidenti aveva fatto il giornalista a scoprire dei colloqui di lavoro? Uno, in particolare, aveva fatto il possibile per tenerlo nascosto, perché se già era difficile essere donna in un mondo maschile, ambire a un posto di responsabilità era pretenzioso. Un posto che invece era decisa a ottenere a tutti i costi. Perciò aveva presentato la propria candidatura per diventare primario di chirurgia sia al Southgate di Perth City sia all’ospedale presso cui già lavorava.
Adesso non aveva scelta. Gettò un’occhiata alla busta con il logo del Southgate arrivata il giorno prima. All’interno c’era la lettera con la dicitura candidato scartato
. Non aveva letto oltre. Sarebbe stato inutile. Poppy Stanfield non perdeva, raccoglieva le forze e pianificava una nuova strategia. Sarebbe stato un bel colpo aggiudicarsi il posto al Southgate, ma la commissione selezionatrice le era stata ostile sin dall’inizio. L’assegnazione del premio Bampton aveva scompigliato le carte tra le fila dei chirurghi e attirato l’inaspettata attenzione dei media. Il ricordo dello svampito giornalista senza neanche una penna per scrivere e i capelli scompigliati, giunto in ritardo per l’intervista, le inviò ancora un brivido d’irritazione. Poppy rilesse l’articolo e le parole che la incriminavano. Accidenti, perché non si era trattenuta più a lungo con il giornalista invece di tagliare corto?
La debole eco di una risata canzonatoria le risuonò dentro. Non fai altro che lavorare. Quando mai dedichi tempo alle persone? Steven.
Il telefono squillò, facendola sobbalzare. Erano le sei del mattino, poteva solo essere un’urgenza in ospedale. Impossibile che avesse a che fare con quel trafiletto di giornale. Sì, la prospettiva migliore era che la cercassero per un consulto.
La peggiore che... No, fermati qui. Si rifiutava di prendere in considerazione lo scenario peggiore, ma controllò l’identificativo di chiamata prima di rispondere.
Mugugnò. Il nome del direttore sanitario dell’ospedale e suo attuale capo la fissava. Doveva limitare i danni. Gettò il capo all’indietro e sollevò il mento prima di rispondere con voce squillante. «Ciao, William.»
«Poppy.» Il professore pronunciò il suo nome come se gli dolesse la lingua srotolare quelle lettere. «Ho appena letto il giornale.»
Mantieni la calma. «Sarai contenta.» Lei cercò di ignorare l’immagine vivida di lui che gli si parò nella mente, il volto rigido, la bocca tesa... come sempre quando pensava che un membro del suo staff lo avesse deluso.
Lei cercò di caricare la voce di entusiasmo. «Un eccellente articolo sulla tua rivoluzionaria chirurgia dell’utero.»
«Già e anche sorprendentemente accurato, ma non era quello l’articolo a cui mi riferivo.»
Lei si morse il labbro e lasciò che fosse William a continuare. «Nel discorso di ringraziamento per il premio Bampton hai dichiarato di aver preso un impegno con Perth City.»
Lei nascose la busta del Southgate sotto il giornale. «Infatti. Il City mi ha sempre offerto molte opportunità.»
Aveva pronunciato con scioltezza e disinvoltura le parole del discorso, in netto contrasto con la realtà che per lei era stata dura e faticosa, con mille difficoltà per entrare in un programma di chirurgia in cui aveva dovuto lavorare molto più sodo dei colleghi maschi, ignorando il detto che la chirurgia trasformava le giovani donne in medici brutti e vecchi. Aveva smesso da tempo di pensare a se stessa come a una donna, al matrimonio e alla famiglia. «Se il consiglio sarà d’accordo, sarà un onore per me diventare primario di chirurgia.»
«Un onore?»
«Assolutamente sì. E come ho sottolineato durante il colloquio, posso cominciare da subito in modo che quando Gareh partirà per Brisbane il passaggio avvenga con continuità, senza intoppi.»
«Il consiglio non ha ancora deciso. Ma mi fa piacere che lo consideri un onore lavorare per il WA Healthcare Network.»
«Magnifico» commentò lei, ricominciando a respirare.
«E infatti sei stata la prima persona a cui abbiamo pensato quando il Bundallagong Hospital ci ha richiesto un chirurgo.»
«Prego?»
«Sì, il Bundallagong Hospital» ripeté William lentamente, non senza una venatura di ironia nella voce gelida, come se la stesse prendendo in giro.
Lei rifletté un istante sul nome di quella città che le era vagamente familiare e velocemente girò le pagine del giornale finché non trovò la cartina con le previsioni del tempo. «Ma è a millecinquecento chilometri da qui!»
«O novecentotrentadue miglia, perciò hanno bisogno di un chirurgo per tre mesi.»
L’autocontrollo, che tanti anni aveva impiegato a perfezionare, iniziò a vacillare. «William, è ridicolo. Non potrò fare avanti e indietro.»
«Ne abbiamo tenuto conto.»
Lei si sentì stringere lo stomaco. «Da più di un anno cerchiamo personale inutilmente. E adesso? Hai tirato fuori un chirurgo dal tuo cilindro?»
«Ti sostituirà uno dei candidati che arriva dalla costa orientale.»
Quelle parole pronunciate a intermittenza la raggiunsero come un fuoco di fila e lei si lasciò andare all’indietro come se fosse stata colpita. Il consiglio di amministrazione voleva togliersela dai piedi per mettere alla prova l’altro candidato al posto di primario. Una furia incandescente la travolse. «Immagino che si tratti di un collega uomo.»
Dall’altra parte del filo sentì inspirare profondamente. «Poppy, sai che sono informazioni riservate. E poi lo dici sempre anche tu che sono le capacità che contano, non il sesso.»
«Siamo onesti, William. Ti sei indispettito perché ho fatto domanda anche al Southgate. Mi punisci per aver fatto ciò che qualsiasi chirurgo avrebbe fatto.»
«Adesso non sei ragionevole e questo non è da te. Va’ a Bundallagong, Poppy, fa’ il tuo lavoro e lascia che il consiglio faccia il suo. La mia segretaria si metterà in contatto con te per i dettagli del volo, ma fa’ i bagagli perché parti domani.»
Lui agganciò senza darle la possibilità di replicare e lei si sentì travolgere da una rabbia che la indusse a fare a pezzi il giornale, imprecando contro il giornalista, William, l’ospedale e tutto il sistema. Chi accidenti era questo intruso che arrivava da est? Si sarebbe data da fare per scoprirlo, perché conoscere il nemico era fondamentale per mettere a punto una strategia di contrattacco.
Ma mentre anche gli ultimi brandelli di giornale cadevano per terra, la collera iniziò a recedere e gli occhi le si colmarono di lacrime di frustrazione e scoramento. Tutt’a un tratto si trovò a ripensare a quella volta in cui aveva dieci anni e dopo una batosta al primo set di una finale di tennis, una delle poche partite a cui suo padre era venuto ad assistere, aveva cercato con tutte le forze di trattenere le lacrime.
Lui aveva incrociato le braccia e l’aveva fissata, lo sguardo pieno di scherno. «Non fare la femminuccia. Credi che i ragazzi piangano? No. Loro si danno da fare e vincono.»
Scrollò il capo per allontanare i brutti ricordi, andò in camera da letto e prese una valigia dall’armadio. Se l’ospedale di Bundallagong aveva bisogno di un chirurgo, lei sarebbe andata e neanche avevano idea di cosa li aspettava. Avrebbe riorganizzato il reparto, rettificato il bilancio, raggiunto ogni obiettivo e William e tutto il consiglio non avrebbero potuto fare a meno di apprezzare il suo lavoro. Nessuno poteva permettersi di mettere Poppy Stanfield in un angolo.
Il dottor Matt Albright era sulla spiaggia di un’isola. La calma brezza tropicale gli accarezzava la pelle calda e da più di mezz’ora si teneva un libro aperto sul petto nudo.
«Papà, guardami!»
Lui salutò la figlia che giocava nell’acqua bassa e calma e poi si voltò verso la moglie che leggeva accanto a lui.
In quel momento ebbe la netta sensazione che la sua vita fosse perfetta. Lei sollevò lo sguardo e gli sorrise.
Lui rispose al suo sorriso. «Ti rendi conto che ti amo da quel giorno in cui all’asilo mi hai colpito con il pongo?»
La sua risata cristallina lo avvolse e si sporse per baciarla. Le posò la mano sulla spalla per attirarla a sé, ma le dita gli si chiusero nel palmo. Provò ad accarezzarle le guance, ma il suo viso svanì nel momento stesso in cui tentò di sfiorarlo.
«Papà!»
Si voltò verso sua figlia e la vide svanire, trascinata via dall’acqua che strappava la sabbia dalla spiaggia. Il panico lo attanagliò e, mettendosi a sedere di scatto, udì la propria voce gridare. «No!»
Sbarrò lo sguardo nel buio, il cuore gli batteva forte e il sudore gli imperlava la fronte. Stringeva forte qualcosa con le mani, che gli dolevano e si rese conto che le dita afferravano il bordo del materasso. Non era su una spiaggia. Era nel suo letto.
Lentamente mise a fuoco, riconobbe la sagoma del suo armadio e udì i colpi e i graffi di una goanna che alcuni mesi prima, senza che lui glielo impedisse, si era trasferita sul tetto di casa sua.
Bundallagong. Era a Bundallagong.
Si lasciò cadere sul cuscino e fissò il soffitto. Il battito cardiaco rallentò e il peso sul petto si attenuò. Per una frazione di secondo non sentì nulla. Poi, quella sensazione di vuoto che sempre lo accompagnava e che per un istante aveva sognato di aver annullato, lo aggredì nuovamente, insinuandosi in ogni cellula del suo corpo, in ogni poro, avvelenando ogni suo respiro.
Il sonno era passato. Scese dal letto, andò in salotto, prese a fissare la notte fuori dalla finestra e aspettò l’alba.
«Da quanto tempo avverte questo dolore, Sam?» Poppy sollevò il lenzuolo sull’addome del giovane.
Lui scrollò le spalle. «Non lo so. Credo che il dottor Albright mi abbia visto un mese fa, ma poi il dolore è passato.»
«E adesso fa più male di un mese fa?»
«Molto di più.»
«L’infermiera mi ha detto che ha rigettato?»
«Sì, mi scusi.»
Poppy trattenne un sorriso. Con la tuta da minatore e l’aspetto forte e sano, la gentilezza di Sam e la sua espressione disorientata le ricordavano un ragazzino e non un vigoroso ventenne.
«Torno tra un attimo, Sam.» Poppy tirò la tenda di divisorio e tornò in Pronto Soccorso, riflettendo sui sintomi.