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Accordo milionario: Harmony Destiny
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E-book153 pagine2 ore

Accordo milionario: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Lei è disposta a rinunciare alle fiamme della passione...

Nessuno riuscirà a portare via a Wendy Leland la nipotina. È disposta persino a rinunciare all'amore e a sposarsi con un uomo ricco e potente che possa combattere la battaglia per la custodia al suo fianco. Ma mai si sarebbe aspettata che quell'uomo potesse incarnarsi in Jonathon Bagdon, il suo capo.



Lui saprà riaccenderle...

Jonathon non vuole perdere la migliore segretaria che abbia mai avuto. Senza Wendy l'azienda rischia di andare a rotoli. Per questo accetta di sposarla e aiutarla. L'amore non ha nulla a che vedere con la sua decisione. E la voglia bruciante che ha di baciarla è solo attrazione fisica, ne è certo. Eppure, guardandola, non può fare a meno di pensare di farla sua, con il corpo e con l'anima.
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2017
ISBN9788858975527
Accordo milionario: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Accordo milionario - Emily McKay

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Tycoon’s Temporary Baby

    Harlequin Desire

    © 2011 Emily McKaskle

    Traduzione di Lucilla Negro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-552-7

    1

    Jonathon Bagdon voleva solo che la sua segretaria tornasse, per la miseria.

    Wendy Leland era partita sette giorni prima, per recarsi al funerale di una parente, e in azienda stava andando tutto a rotoli. Un grosso contratto era sfumato e lui aveva saltato una scadenza importante perché la prima sostituta, assunta tramite un’agenzia di lavoro interinale, aveva cancellato la sua agenda online. La seconda aveva inviato per sbaglio l’ultimo prototipo della R&D a Pechino, anziché a Bangalore; la responsabile delle risorse umane aveva minacciato di dimettersi per ben due volte e non meno di cinque donne erano scappate dal suo ufficio in lacrime.

    Come se non bastasse, la sostituta numero quattro aveva fuso la macchina dell’espresso, per cui erano tre giorni che non beveva un caffè decente.

    Non si poteva certo dire che fosse uno dei suoi periodi migliori.

    Con entrambi i soci fuori città e una trattativa della massima delicatezza in corso, nientedimeno che con il governo, era troppo chiedere che la sua segretaria tornasse?

    Jonathon fissò la sua tazza di caffè solubile, valutando se poteva azzardarsi a chiedere a Jeanell, il capo delle risorse umane, di comprare una macchina nuova, senza correre il rischio di provocarle una crisi isterica. Non che Jeanell fosse in ufficio, al momento. Il personale di solito arrivava intorno alle nove. E non erano che le sette.

    Forse avrebbe fatto prima ad andare al bar o a fiondarsi lui stesso in un negozio di casalinghi; ma con tutte le scadenze che gli si erano accumulate, non aveva neppure il tempo per respirare. Se ci fosse stata Wendy, una nuova macchina del caffè sarebbe apparsa come per incanto e, allo stesso modo, l’accordo con la Olson Inc. sarebbe andato in porto senza intoppi. Quando c’era lei, tutto filava liscio come l’olio. Com’era possibile che, dopo soli cinque anni che lavorava alla FMJ, Wendy fosse diventata così determinante per il buon funzionamento dell’azienda, tanto quanto lui?

    Perdiana. A giudicare da come andavano le cose da una settimana a quella parte, doveva riconoscere che lo era praticamente più di lui. E per un uomo che si vantava di aver messo su un impero dal nulla, non era facile da digerire.

    Però, sapeva una cosa. Al suo rientro, avrebbe fatto di tutto per assicurarsi che Wendy non si assentasse mai più.

    Erano appena passate le sette quando Wendy Leland varcò le porte della direzione. I sensori fecero accendere le luci mentre entrava. D’istinto, si protese verso la capotte del seggiolino auto e la sollevò. La piccola Peyton increspò la fronte, ma non si svegliò. Emise un sommesso mugolio mentre Wendy poggiava il seggiolino per terra, in un angolo buio della stanza, dietro la scrivania.

    La cullò dolcemente, finché non si acquietò del tutto, poi si accasciò sulla sedia girevole. Ingoiando il nodo di tensione che le occludeva la gola, si guardò intorno.

    Da cinque anni era quello il posto da cui sorvegliava il suo regno, in qualità di segretaria dei tre proprietari della FMJ, Ford Langley, Matt Ballard e Jonathon Bagdon.

    I suoi quattro anni di università la rendevano probabilmente un po’ troppo qualificata per il ruolo che ricopriva e i suoi genitori continuavano a ripeterle che stava sprecando il suo talento. Ma il lavoro le piaceva; lo trovava stimolante e vario. Niente e nessuno l’avrebbe mai convinta a lasciarlo.

    A parte quel dolce fagottino che stava dormendo ai suoi piedi.

    Quando era partita da Palo Alto per recarsi in Texas, per partecipare al funerale di sua cugina Bitsy, non immaginava minimamente che cosa l’aspettasse. Da quando la madre le aveva telefonato per dirle che Bitsy era deceduta in un incidente stradale, la settimana le aveva riservato uno shock dietro l’altro. Non sapeva neppure che sua cugina avesse una figlia. Nessuno in famiglia ne era a conoscenza. E ora si trovava a ricoprire il ruolo di tutore di una bambina di appena quattro mesi, e in procinto di intraprendere una battaglia legale di proporzioni epiche contro una delle famiglie più potenti del paese, la sua. Se voleva avere qualche speranza di vincere, non le restava che una sola cosa da fare: licenziarsi e tornare in Texas.

    Anche dalla tomba Bitsy continuava a piantare grane.

    Un risolino amaro le incurvò le labbra, poi il dolore ebbe il sopravvento. Strinse gli occhi e premette le nocche contro le palpebre. La stanchezza la rendeva fragile e sapeva che, se si fosse lasciata andare alle lacrime ora, avrebbe pianto per un mese intero.

    Ci sarebbe stato tempo dopo per la disperazione. Al momento, aveva altro a cui pensare.

    Accese il computer. La sera prima aveva scritto una lettera di dimissioni e l’aveva inviata al proprio indirizzo di posta elettronica. Avrebbe potuto mandarla direttamente a Ford, Matt e Jonathon. Aveva persino parlato dell’argomento al telefono con Ford, quando lui l’aveva chiamata per le condoglianze. Ma preferiva fare le cose perbene, firmarla di suo pugno e consegnarla di persona.

    Prima che la sua vita scivolasse nel caos, voleva prendersi tutto il tempo per dire addio alla FMJ, alla vecchia Wendy e alla sua vita a Palo Alto.

    Il computer al suo fianco prese vita, con quella musichetta familiare che le suonò particolarmente rassicurante in quel momento di profonda incertezza per il futuro. Un paio di clic dopo la lettera si aprì e con un altro comando attivò il processo di stampa del documento. Il brusio della stampante echeggiò nel silenzio della stanza. Nessuno arrivava mai in ufficio così presto. Neppure Jonathon, instancabile lavoratore.

    Dopo averla firmata, lasciò la lettera sulla scrivania e andò verso la porta chiusa che divideva la sua stanza dagli uffici dirigenziali. Un’ondata di rimpianto la investì. Appiattì la palma contro il battente, poi, con un sospiro, chinò la testa contro il legno, appena sopra la mano. La porta era solida, massiccia, sicura. E lei si appoggiò a essa, in cerca di quella forza, di quel sostegno di cui in quel momento aveva tanto bisogno.

    «Non puoi prendertela con Wendy» scandì Matt Ballard in tono censorio. Matt era ai Caraibi in luna di miele. Per questo si erano dati appuntamento telefonico così presto. Sua moglie Claire gli aveva concesso una sola telefonata di lavoro al giorno. «È la prima volta in cinque anni che si prende qualche giorno di permesso.»

    «Non ce l’ho con lei» ribatté Jonathon, pentendosi di aver chiamato il suo socio. Aveva tutto il diritto di lamentarsi, ma non voleva fare la parte del rompiscatole ansioso.

    «Quando torna?» s’informò Matt.

    «Sarebbe dovuta essere già qui.» Aveva detto che sarebbe stata via due, tre giorni al massimo. Ma, dopo il funerale, Wendy aveva chiamato per avvisare che si sarebbe trattenuta in Texas qualche giorno in più. La vaghezza dell’informazione lo rendeva nervoso.

    «Smettila di preoccuparti» lo apostrofò il socio. «Abbiamo tutto il tempo necessario.» Come se l’assenza di Matt in un momento così critico non fosse di per sé già abbastanza, anche Ford aveva pensato bene di andare a trascorrere qualche giorno con la famiglia nella loro seconda casa di New York. «La proposta di contratto dovrà essere presentata all’incirca fra un mese.»

    Ecco, esattamente, ciò che lo mandava in tilt. Quel un mese, all’incirca, unito a tutto il tempo necessario avevano la stessa indeterminatezza del qualche giorno in più di Wendy. Jonathon era un uomo a cui piacevano i numeri precisi. E anche se aveva ancora quattro settimane di tempo per lavorare a quella proposta, voleva sapere come quantificare esattamente quel qualche giorno in più.

    Piuttosto che scaricare la sua frustrazione addosso al socio, preferì interrompere la telefonata. Il pensiero di quel contratto lo stava sfibrando. Ma ciò che lo innervosiva di più era che nessuno, a parte lui, pareva preoccuparsene.

    Negli ultimi anni, il settore ricerca e sviluppo della FMJ aveva messo a punto un contatore intelligente in grado di monitorare e regolare il dispendio energetico di un edificio. Sul mercato non c’era nulla di così efficace e meglio congegnato. Da quando lo usavano, alla FMJ, il consumo di energia si era abbattuto del trenta per cento. Quel contratto col governo avrebbe permesso di installare il contatore intelligente della FMJ in tutti gli uffici federali del paese e, a seguire, nel settore privato. Non solo. Il successo di quel dispositivo avrebbe fatto impennare le vendite di tutti gli altri prodotti della FMJ. Come poteva non essere in ansia all’idea di un congegno che avrebbe ridotto notevolmente i consumi energetici e fruttato alla loro compagnia fior di quattrini?

    Tutto il lavoro degli ultimi dieci anni pareva dipendere dalle sorti di quella trattativa. Per la FMJ sarebbe stato il trampolino di lancio verso un futuro glorioso. Prima, però, bisognava siglare l’accordo.

    Non appena ebbe chiuso il computer portatile, Jonathon udì un tonfo sordo contro la porta. Non era così ottimista da immaginare che la sostituta di Wendy si fosse presentata in ufficio a quell’ora. Ma non osava neppure sperare che Wendy fosse tornata.

    Scattò in piedi e attraversò l’enorme ufficio che abitualmente condivideva con Matt e Ford. Quando aprì la porta, la sua segretaria gli crollò fra le braccia.

    Sebbene cadere all’aprirsi di una porta fosse una metafora più che appropriata per la sua vita in quel periodo, Wendy rimase nondimeno stupita nel trovarsi fra le braccia di Jonathon che le impedirono sollecite di ruzzolare letteralmente per terra. D’istinto, portò una mano al bavero della sua giacca, sorreggendosi a lui, pigiata contro il suo solido petto.

    D’improvviso, divenne consapevole di una serie di dettagli... l’intenso profumo della sua colonia, l’ampiezza del suo torace, e quando sollevò il capo, la prima cosa che vide fu il profilo squadrato della sua mascella perfettamente sbarbata.

    Normalmente, si sforzava di non soffermarsi su certi aspetti della sua persona, di vedere in lui nient’altro che il suo datore di lavoro; ma era innegabile che Jonathon Bagdon fosse il genere di uomo che eccitava le fantasie di una ragazza. Pareva sempre sul punto di accigliarsi e quella sua vaga espressione crucciata conferiva al suo sguardo un’intensità a dir poco seducente; sebbene sorridesse di rado, quando lo faceva un paio di deliziose fossette gli si

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