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La nuova assistente del capo (eLit): eLit
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E-book167 pagine3 ore

La nuova assistente del capo (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Irresistibili milionari 1
Le cose tra lei e il suo nuovo capo non potevano cominciare in una maniera peggiore: solitamente fredda e professionale, Francesca Masseria si è scoperta distratta, nervosa, confusa. Commette errori in serie, e non ne capisce la possibile ragione...
Harrison è furioso: con l'affare della sua vita in ballo non può permettersi alcuna distrazione, ma la sua nuova assistente personale è tanto bella quanto incapace. Viste le premesse, nessuna delle due cose farebbe al caso suo. Ma sarà davvero così?
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2021
ISBN9788830524583
La nuova assistente del capo (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    La nuova assistente del capo (eLit) - Jennifer Hayward

    978-88-3052-458-3

    1

    Sempre più agitato, Rocky Balboa perlustrò la lunghezza del suo mondo di vetro. Il bagliore accecante delle luci fluorescenti del soffitto non era certo un'atmosfera appropriata per l'ipersensibile pesce pappagallo arancione. Abituato all'elegante, silenzioso ufficio di Coburn Grant anche Rocky, come Frankie, sembrava a disagio nell'asettico regno di Harrison Grant III. La bocca della ragazza si torse in una smorfia. Se non si fosse calmata avrebbe rischiato di fare brutta figura nel suo nuovo incarico di sostituta assistente personale dell'amministratore delegato della Grant Industries. Harrison Grant, il maggiore dei due fratelli Grant di Long Island, eredi di un impero nel settore automobilistico, aveva fama di particolare intransigenza con le assistenti personali. Molte non erano durate più di un quarto d'ora. Due anni prima però, era arrivata Tessa Francis ed era riuscita a domare la leggendaria belva. Tessa si era distinta per la sua grinta straordinaria e per la capacità di mettere in riga qualunque essere vivente, incluso il tirannico, altezzoso Harrison Grant. Avrebbe continuato a mantenere il suo incarico, se non avesse scelto di avere un bambino e richiesto un congedo per maternità di sei mesi. Fatto del tutto ragionevole in molte parti del mondo, ma non nel frenetico mondo di Manhattan. Frankie aveva sentito di amministratori delegati di sesso femminile che mandavano messaggi perfino dalla sala parto. Era certa che non sarebbe mai stato il suo caso, perché quando avesse trovato l'uomo dei suoi sogni, per prima cosa avrebbe pensato a crescere i propri figli, a differenza dei suoi genitori che li avevano fatti lavorare nel ristorante di famiglia appena erano stati in grado di sparecchiare un tavolo. Ma quello era il passato e questo il presente. Sospirò e guardò l'imponente massa di lavoro posta sulla scrivania, incerta su cosa affrontare prima. Non avrebbe dovuto essere un suo problema, se Tessa avesse pianificato il proprio congedo e trovato una nuova assistente personale per il suo impossibile capo. Tuttavia, stando alle sue parole, Harrison si era sempre rifiutato di considerare che se ne sarebbe andata. Pare che i suoi occhi divenissero vitrei ogni volta che accennava alla questione, finché infine Tessa aveva lasciato perdere e programmato da sé i colloqui. Poi era accaduto l'impensabile: la notte appena trascorsa lei era entrata prematuramente in travaglio, proprio mentre Harrison si trovava a Hong Kong per un viaggio di lavoro. Tutti i colloqui erano stati annullati e Frankie era stata mandata a sostituire Tessa da Coburn, il suo magnanimo capo, convinto che il fratello non potesse rimanere senza un'assistente personale. «È una splendida opportunità per distinguerti» le aveva detto. «Sei mesi con Harrison e ti guadagnerai una nuova visibilità all'interno della società. Non ti dispiace, vero?»

    Oppure sarebbe stata semplicemente un'altra vittima di Harrison Grant, pensò tristemente. Essere assistente personale era sempre stato il suo sogno. Indossare ogni giorno abiti eleganti in ufficio, vivere nella vibrante città che adorava e lavorare dove venivano conclusi tutti i grandi accordi. E se questo doveva andare contro i desideri dei suoi genitori che la volevano nel ristorante di famiglia, allora che fosse. Con i soldi delle mance, Frankie si era iscritta alla scuola di assistente amministrativa e si era diplomata con il massimo dei voti. Trovare un impiego alle dipendenze dell'affascinante Coburn, il minore dei fratelli Grant, era sembrato come l'avverarsi di tutte le sue speranze. La leggendaria famiglia Grant era una delle più antiche dinastie nel settore automobilistico e aveva la propria sede in un grattacielo a Manhattan. Frankie aveva colto quell'opportunità e in quei sei mesi con Coburn era divenuta efficiente e professionale. Gli sfavillanti occhi blu del suo capo e il suo sorriso lo dotavano di un forte sex appeal cui poche donne riuscivano a resistere. Era certa che lui l'avesse assunta sia per le sue competenze, sia per il fatto che al colloquio non era caduta ai suoi piedi come tutte le altre. Lavorare con Coburn era stato un sogno e lui aveva davvero apprezzato la sua efficienza. Allora perché gettarla in pasto ai lupi? Lei deglutì il groppo in gola e bevve un sorso della tisana che avrebbe dovuto calmarla. Harrison Grant era considerato serio e razionale, quanto il fratello più giovane era impulsivo e focoso. A detta di tutti aveva un'indole tremenda e per questa ragione Tessa l'aveva sempre protetta dal suo capo, scendendo lei stessa all'ufficio di Coburn se aveva bisogno di qualcosa, piuttosto che esporre Frankie a uno dei malumori di Harrison Grant. Lei aveva sempre accettato di buongrado quella soluzione, ben contenta di vivere senza dover gestire il potente ego dell'uomo designato probabilmente a divenire il futuro presidente degli Stati Uniti. Le voci sostenevano che per il trentatreenne Harrison fosse solo questione di tempo. Il padre di Frankie le aveva confermato che Harrison Grant aveva abbastanza potere all'interno della comunità degli affari, per concorrere come indipendente alle prossime elezioni e, in quei tempi di scontento, avrebbe davvero potuto vincere.

    Se questo fosse accaduto, Coburn sarebbe subentrato come amministratore delegato e Frankie sarebbe stata a capo dell'amministrazione. A detta di tutti il perfetto scenario per una brillante carriera, sempre se fosse sopravvissuta ai prossimi sei mesi. Un fremito le pulsò nella tempia sinistra, mentre valutava i fascicoli che Tessa aveva segnato come urgenti. Acquisizioni da fare, assemblee degli azionisti da organizzare, un viaggio in India entro poche settimane... il tutto sembrava ben oltre le sue possibilità. Rocky catturò la sua attenzione, nuotando in cerchi sempre più veloci, come per segnalare un disastro incombente. Sì, lo so, cercò di rassicurarlo, ma abbiamo ventiquattr'ore per prepararci al suo arrivo. Il che significava che doveva portare subito a termine tutto quel lavoro. Lei era decisa a dimostrare a Harrison Grant che era la migliore assistente personale che avrebbe mai potuto avere oltre a Tessa, una versione moderna di Wonder Woman. Il fascicolo di acquisizione era in cima alla pila. Sembrava che la Grant Industries fosse in trattative per acquistare la Siberius, un'azienda russa di ricambi automobilistici. Il lavoro da fare per primo, le aveva raccomandato Tessa durante il tragitto in ospedale, era finire il background aggiuntivo richiesto da Harrison a supporto di due importanti punti di negoziazione del contratto. Lei lo esaminò e decise che sarebbe stata una lunga notte. Rovistò nella scrivania di Tessa, finché trovò un menu da asporto, ordinò qualcosa per cena, si sfilò le scarpe e si mise comoda. Alle sette, il nuovo addetto alla sicurezza le portò di sopra il cibo e, dato che era rimasta a lavorare da sola, le assicurò che sarebbe passato a controllarla durante la serata. Decidendo che Harrison Grant le doveva almeno un bicchiere di vino, Frankie ne prese una bottiglia dal bar ben rifornito del suo ufficio e la aprì. Stava per gettarsi sugli spaghetti, quando si accorse che il ristorante aveva dimenticato di mettere una forchetta nel sacchetto. Allungò i piedi in cerca delle scarpe, ma non le trovò. Infilò la testa sotto la massiccia scrivania per cercarle, ma era buio lì. Infine localizzò una scarpa che aveva gettato a sinistra e la afferrò trionfante, stava per prendere la seconda, quando una voce profonda di una freddezza artica, trafisse il solido legno della scrivania. «Non mi sono chiesto se avrei avuto la tua approvazione, Geoffrey. Sei pagato per eseguire i miei ordini, non per dare il tuo parere.»

    Harrison Grant! Oh, mio Dio! Cosa ci faceva di ritorno quella sera? Frankie si alzò di scatto e sbatté violentemente la testa contro il piano della scrivania spessa un pollice. Le sfuggì un'imprecazione, mentre lasciava cadere la scarpa e si afferrava la testa tra le mani.

    «Buon Dio!» La voce si avvicinò. «Geoffrey, temo che dovrò richiamarti più tardi.»

    Frankie si rese vagamente conto che due mani forti avevano scostato la sedia dalla scrivania e le stavano sollevando il mento. Sbatté le palpebre, quando lui le tolse le mani dalla testa e gliela ribaltò all'indietro. Una mente chiara avrebbe potuto essere una buona arma per affrontare Harrison Grant la prima volta, ma la sua materia cerebrale era confusa e aveva la visuale offuscata, mentre lo osservava a distanza ravvicinata. Indossava un trench nero ed era alto e imponente. L'abito grigio che portava sotto, l'ispida barba che gli ombreggiava il mento e lo sguardo penetrante degli occhi neri che la fissavano dietro un paio di occhiali firmati, la portarono a chiedersi se fosse il demonio in persona. Imprecando a bassa voce, lui le circondò la nuca con una delle sue grandi mani. Le dita le premevano tra i capelli in cerca di un bernoccolo. Quando individuò la massa che le stava causando quell'acuto martellio nella testa, le chiese: «Cosa ci faceva là sotto?».

    «Scarpe» mormorò distratta Frankie. Prese un paio di profondi respiri e lo esaminò più da vicino. Insieme a quegli occhi scuri, l'uomo aveva un naso aquilino e una bocca larga e risoluta. Sembrava che il diavolo fosse entrato in quel corpo stupendo in una versione estremamente affascinante.

    Lui alzò tre dita. «Quante sono queste?»

    «T... tre.»

    «Che giorno è oggi?»

    «Martedì sei agosto.»

    Lui le lasciò la testa, ma continuò a fissarla. «A meno che questo non sia il rifacimento di Riccioli d'oro e i tre orsi con una brunetta, lei è seduta sulla sedia sbagliata.»

    Il cuore le accelerò nel petto a quel tono basso e insinuante. «E se questa fosse proprio la sedia giusta, invece?» ribatté, tentando di alleviare la tensione.

    «Questa sedia appartiene alla mia assistente Tessa, che lei...» mormorò l'uomo squadrandola, «non è.»

    Frankie seguì il suo sguardo. Nel trambusto le si era alzata la gonna, scoprendole le mutandine di pizzo nero. Oh, Dio! Si tirò giù la gonna, con il viso paonazzo. Rialzò lo sguardo e vide... delusione? «Tessa» gli spiegò, «è entrata in travaglio prematuramente, ieri notte ha avuto il bambino. Co...» Le parole le morirono in gola, mentre un lampo argenteo brillò nella stanza. Frankie sbatté le palpebre, pensando di avere sognato, ma quando guardò di nuovo, la vista di due guardie armate che correvano verso di loro con le pistole spianate, la lasciò a bocca aperta.

    «Mani in alto» urlarono le guardie. Frankie le alzò, il cuore che le batteva così forte che pensò di svenire. Terrorizzata guardò Harrison, sul cui viso colse un'espressione divertita. Invece di eseguire gli ordini, lui si mise le mani sui fianchi.

    «Ho detto mani in alto!» urlò la guardia, agitando la pistola nella sua direzione. «Subito.»

    Harrison Grant alzò le braccia, mentre ogni muscolo del suo corpo possente si tendeva e il suo sguardo scuro scintillava. «Mani dietro la schiena» ordinarono le guardie, senza mai perderlo di vista.

    La bocca dell'amministratore delegato si aprì. «Credo...»

    «Mani dietro la schiena!»

    Lui obbedì, con il viso contratto. La guardia più vicina a lui spianò la pistola, lo fece voltare e gli fece scattare le manette ai polsi. Oh, mio Dio. Il cervello intorpidito di Frankie si rese conto solo in quel momento che le guardie erano quelle della Grant Industries. Ma cosa stavano facendo, arrestavano Harrison Grant? La guardia con la pistola ancora spianata piegò un dito verso di lei. «Qui.» La parte razionale del suo cervello le disse che non voleva avere nulla a che fare con un uomo armato. Forse questi tizi si fingevano agenti di sicurezza per derubarli.

    «Muoviti» le gridò la guardia. Non era sicura di riuscirci, ma Frankie si diresse vacillando verso l'agente. L'altra guardia spinse Harrison sulla sedia rimasta libera.

    «Cos'è successo?» le chiese la guardia.

    Lei lo guardò confusa. «Che cosa intende? Voi siete piombati qui di colpo...»

    «Lei ha schiacciato il pulsante di emergenza.»

    Quale pulsante di emergenza? Ricordava vagamente qualcosa durante la sua formazione riguardo a un pulsante da premere in caso di pericolo, ma allora ne aveva riso, pensando che sarebbe stato più utile per gestire le fidanzate congedate da Coburn. Il suo sguardo corse alla parete accanto alla scrivania di Tessa. Nessun pulsante.

    «È sotto la scrivania» spiegò la guardia.

    Sotto la scrivania? Frankie osservò la grande scrivania in mogano, dove il suo capo sedeva ammanettato. Una sensazione di malessere la pervase: doveva avere premuto il tasto per errore quando Harrison era entrato spaventandola.

    La guardia si rivolse a Harrison. «Pete ha detto che la ragazza era qua a lavorare sola. Quando siamo arrivati lei le stava mettendo le mani addosso.»

    Lo stomaco di Frankie si torse. Le guardie erano di una nuova società subentrata alla precedente da poco.

    «Lui» chiarì, «è Harrison Grant, l'amministratore delegato di questa società. E io ho premuto il tasto di emergenza per errore.»

    Le guardie assunsero un colorito grigiastro. L'espressione di Harrison Grant divenne così cupa

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