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Le luci del Bengala: Harmony Destiny
Le luci del Bengala: Harmony Destiny
Le luci del Bengala: Harmony Destiny
E-book131 pagine1 ora

Le luci del Bengala: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Da tempo si verificano fatti strani all'Hotel Stratford di Chicago. Si tratta forse di presenze soprannaturali? I genitori e il padrino della nuova proprietaria, Desiree Stratford, che ha ereditato l'albergo dal bisnonno, ne dubitano. Incaricano così Mathis Hazard di scoprire cosa sta accadendo. Desiree, seppur riluttante, accetta il suo aiuto e la sua copertura: fingerà di essere il suo ex marito. Ma cos'hanno in comune una donna raffinata e un arrogante cowboy? Forse lo scopriranno alla luce delle stelle.
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2017
ISBN9788858960776
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    Anteprima del libro

    Le luci del Bengala - Suzanne Simms

    successivo.

    1

    Mathis Hazard restituì il portaritratti all'uomo seduto di fronte a lui.

    «Una donna attraente» ammise in tono distaccato, ma schietto.

    «Sì, Desiree è molto bella» confermò George Huxley appoggiandosi allo schienale della sua lussuosa poltrona in pelle. Accarezzandosi il mento con un gesto lento, fissò per qualche istante la fotografia della nipote che occupava un angolo della scrivania.

    Non c'era dubbio che l'ex ambasciatore Huxley vedesse in quel ritratto in bianco e nero ciò che anche Mathis aveva visto: la copia di una Grace Kelly giovane, con gambe affusolate e lineamenti aristocratici, pelle liscia come l'avorio e capelli biondi che accarezzavano lievi le spalle.

    «Oserei dire che la fotografia non le rende giustizia» dichiarò George Huxley senza staccare lo sguardo dall'immagine. «È una donna che appartiene a una casta privilegiata» aggiunse sommessamente dopo qualche secondo di silenzio.

    «In che senso?» domandò Mathis cercando di mantenere un'espressione neutra.

    «Nel senso bostoniano del termine» spiegò l'uomo più anziano. «Desiree è nata e cresciuta a Boston. Ha il pedigree giusto. Ha frequentato le scuole e i club giusti e ha viaggiato nei luoghi giusti: Parigi, Roma, Venezia e Firenze. Naturalmente, ha studiato le materie giuste.»

    «Naturalmente.» Mathis si domandò quali fossero le materie giuste per una ragazza con il sangue blu di Boston.

    «Storia dell'arte, musica classica, lingue straniere» elencò il suo interlocutore, quasi leggendogli nella mente. «Desiree vive all'indirizzo giusto, lavora nel luogo giusto e sceglie gli abiti giusti. Armani e Chanel, soprattutto.» L'aristocratico sessantenne inspirò a fondo, interrompendo per un istante la sua monotona cantilena. «E, accidenti a lei, ci fosse una volta che non abbia fatto la cosa giusta» aggiunse di getto.

    «Qual è il problema, allora?»

    «I suoi genitori temono che mia nipote abbia perso la buona abitudine di fare le cose giuste.»

    Mathis socchiuse un poco gli occhi. Quella conversazione andava avanti un po' troppo a singhiozzo, per i suoi gusti.

    «Continui.»

    «Si tratta dell'Hotel Stratford

    «L'Hotel Stratford qui a Chicago?»

    «Esattamente.»

    Mathis era in città da una sola settimana, ma aveva sentito nominare il glorioso albergo di un tempo, ormai in declino. «Per Chicago dev'essere una sorta di simbolo.»

    «Un emblema, ormai» ammise Huxley. «Fu il bisnonno di Desiree a fondarlo, il colonnello Jules Stratford, insignito del titolo di Lanciere di Sua Maestà per aver servito la patria in India. Ritiratosi dalla carriera militare, decise di trasferirsi in questo paese dove comprò un albergo, lo ristrutturò e lo chiamò The Stratford

    «Come lui, naturalmente.»

    «Sì. Evidentemente, dopo avere comandato un reggimento, si sentiva pronto a gestire un albergo. Per un periodo infatti, lo Stratford fu il migliore dei piccoli hotel di Chicago, ma quando il colonnello cominciò ad appassire, altrettanto accadde alla sua creatura. Quando morì, circa vent'anni fa, la sua seconda moglie fece del proprio meglio per far sopravvivere l'hotel, ma fu inutile.» Huxley rimase per un momento assorto nel silenzio, poi scosse la testa e riprese a parlare. «Qualche mese fa è morta anche Charlotte e Desiree lo ha ereditato, insieme con armi e bagagli.»

    Mathis attese. Era bravo ad aspettare.

    «Desiree è una donna adulta e può spendere il suo denaro e il suo tempo come meglio crede» dichiarò l'ambasciatore. «È una sua prerogativa.»

    Mathis era d'accordo.

    «I suoi genitori, però, sono molto preoccupati perché temono che i sentimenti possano prevalere sulla sua natura generalmente pratica. Per quanto mi riguarda, ho cercato di convincerli che molto probabilmente Desiree sa ciò che sta facendo, perché oltre a essere molto bella, è anche una donna estremamente intelligente» asserì. Poi abbassò la voce e continuò in tono più confidenziale. «Pensi che si è laureata con lode alla mia stessa università, Harvard. Non c'è quindi da stupirsi che sia tanto brava nel suo lavoro.»

    «Che sarebbe?» Mathis era sinceramente colpito dalle qualità di quella donna.

    «È curatrice al Museo d'Arte di Boston. La sua specializzazione riguarda la preservazione di documenti antichi.»

    Mathis guardò di nuovo la fotografia della donna. Strano, non sembrava una persona noiosa.

    «Al momento si trova a Chicago. Ha deciso di prendere un periodo di congedo dal lavoro e dedicarsi all'Hotel Stratford, al quale vuole restituire l'antico splendore. Francamente, nessuno di noi è convinto che Desiree si renda conto di cosa significhi un'impresa del genere. Per questo ho chiamato la Hazard & Co

    L'uomo osservò Mathis che continuava ad aspettare in silenzio.

    «Mi fido di voi. Anni fa, suo cugino mi ha fatto un grande favore» spiegò l'ex diplomatico.

    «Lo so. Jonathan è l'agente che l'ha tirata fuori dal casino di Beirut.»

    L'uomo sollevò un sopracciglio in un moto di controllato stupore. «Sì. Sebbene sia trascorso parecchio tempo, non immaginavo che Jonathan parlasse di una missione riservata. Neppure con altri membri della famiglia.»

    «E infatti è così, non lo ha fatto.»

    «Come lo sa, allora?»

    «Sapevo parecchie cose ai vecchi tempi» rispose Mathis evasivamente.

    George Huxley lo fissò e rise. «Ai vecchi tempi? Ma quanti anni ha? Trentacinque? Trentasei?»

    Mathis annuì. Aveva compiuto i trentasei qualche settimana prima.

    «Voi Hazard siete tutti uguali. Un gran mistero.» Malgrado gli anni di esperienza come diplomatico e almeno altrettanti come direttore del Kemet Museum di Chicago, George Huxley non riusciva a mettere a fuoco i vari incastri del clan degli Hazard e le loro rispettive funzioni.

    «Presumo il suo sia un complimento.»

    «Certo che lo è. Non esiste uomo di cui abbia più fiducia e che ammiri più di Jonathan Hazard. Se dovesse capitarmi di nuovo di trovarmi in una situazione critica, è la persona che vorrei avere a fianco.»

    «Credo che lui consideri il debito completamente ripagato» assicurò Mathis accarezzando distrattamente il bordo del suo cappello da cowboy. «Soprattutto da quando la situazione ha coinvolto l'egittologa e i reperti egizi.»

    «Grazie a quell'incarico ha conosciuto Samantha Wainwright, che poi ha sposato» ricordò il diplomatico con un sorriso compiaciuto. «Ho saputo che Jonathan è assente in questo periodo perché è diventato di nuovo padre.»

    Mathis ricambiò il sorriso. «Sì. Ha preso qual che mese di vacanza per stare con Samantha e i bambini.»

    «E Nick dov'è?»

    «In luna di miele con Melinda.»

    «E Simon?»

    «Simon non ha mai fatto veramente parte dell'agenzia. È appena tornato dalla Tailandia.»

    «Sposato anche lui, ho sentito.»

    «Sì, con Sunday Harrington.»

    «Sunday Harrington?» domandò Huxley incuriosito. «Non è un nome nuovo. Di chi si tratta?»

    «Sunday era una modella piuttosto famosa. Ora è una stilista di successo.»

    «Per questo le hanno affidato l'agenzia. Sono tutti via.»

    «Diciamo che ho accettato di venire a Chicago per un paio di mesi per tenere d'occhio le cose.»

    «Lei ha una buona fama.»

    Mathis sollevò appena le spalle, ma non commentò. Molto spesso la sua reputazione lo precedeva e questo rendeva superflua la necessità di fornire credenziali.

    L'ex ambasciatore, non pago, cercava comunque conferme.

    «Reparti speciali dell'esercito.»

    Mathis annuì.

    «Pattuglie di confine.»

    Lui annuì di nuovo.

    «Missioni segrete per il governo.»

    Mathis sollevò le spalle. In realtà, non confermò e neppure negò l'affermazione.

    «Poi è passato alla sorveglianza e alla sicurezza di alcuni capi di Stato. Non è così?»

    Un altro movimento evasivo del capo.

    «Mica male.»

    «No. Non male.»

    «Ed è ancora vivo.»

    «Sì.»

    «Indenne?»

    Ci fu un attimo di esitazione. Con quelle premesse, era una domanda inevitabile. Come si poteva passare indenni attraverso quelle esperienze? Decise però di dare una risposta socialmente accettabile. Era la sola cosa che potesse fare.

    «Indenne.»

    Mathis si sentì penetrare da un paio di occhi grigi che lo studiarono argutamente da sotto folte sopracciglia bianche.

    «Bene» esclamò Huxley.

    Era arrivato il momento di venire al dunque.

    «Cosa vuole che faccia, ambasciatore?»

    «Voglio che scopra come stanno le cose.»

    «Riguardo l'hotel o sua nipote?»

    «Entrambi» rispose l'uomo concisamente. «So che lei è anche un uomo d'affari in gamba. Saprà giudicare se Desiree ha possibilità di successo con questo progetto.»

    C'era dell'altro. Mathis lo percepiva oltre il tono raffinato del suo interlocutore e rimase in attesa.

    George Huxley esitò prima di continuare. «Si sono verificati degli incidenti.»

    «Incidenti?»

    «Fatti inspiegabili.»

    «Tipo? Può essere un po' più preciso?»

    L'anziano e distinto signore, fino a quel momento sicuro di sé, sembrò trovarsi in imbarazzo. «Mobili che si muovono.»

    «Mobili che si muovono?»

    «Da soli» spiegò Huxley con riluttanza. «Rumori strani durante la notte. Presenze percepite, ma mai viste.»

    Mathis era divertito. «Sta cercando di dirmi che

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