Una notte con l'ereditiera: Harmony Collezione
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Fingendo di essere lo stalliere degli Hargrove, il milionario Alejandro Salazar potrà trovare le prove del crimine che hanno commesso ai danni della sua famiglia, e allo stesso tempo avrà la possibilità di vincere la sfida che i suoi compagni gli hanno lanciato. Con questo obiettivo ben chiaro in testa, non può quindi lasciarsi distrarre dalla bellissima ereditiera di casa Hargrove. Cecily può però diventare una facile pedina per realizzare il suo piano di vendetta, e allo stesso tempo un'appassionata compagna fra le lenzuola. Deve solo stare attento a non innamorarsi.
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Anteprima del libro
Una notte con l'ereditiera - Jennifer Hayward
successivo.
Prologo
St Moritz, febbraio 2017
Bere un Macallan del 1946 con i suoi tre amici più cari, mentre giocavano una partita a poker nella sala di uno dei club più famosi di St Moritz, era il modo perfetto di concludere una giornata trascorsa a fare paraski sulle Alpi Svizzere, pensò Alejandro Salazar. Lanciarsi giù per un pendio ripido, sperando che il paracadute riuscisse a fermarli su un terreno sicuro, richiedeva abilità, oltre a una gran dose di coraggio... qualità che non mancavano a nessuno di loro quattro: Sebastien Atkinson, il loro mentore nonché fondatore del club di sport estremi di cui era diventato membro ai tempi dell'università; Antonio Di Marcello, a capo di una delle più importanti imprese di costruzioni del mondo; e Stavros Xenakis, futuro amministratore delegato della Dynami Pharmaceutical.
Neppure il trio di bellezze scandinave sedute al bar li aveva allettati abbastanza da abbandonare quell'intenso momento che stavano condividendo. La loro era un'amicizia unica e indistruttibile. Soltanto l'anno prima avevano rischiato di perdere Sebastien durante una sfida in Himalaya, quando era rimasto sotto una valanga. Quell'ultimo weekend sembrava fin troppo banale in confronto.
Alejandro provò un'intensa sensazione di benessere. Appoggiò il bicchiere e osservò gli amici attorno al tavolo. C'era un'atmosfera diversa quella sera. Forse la tragedia sfiorata l'anno precedente aleggiava ancora tra loro, ricordando a tutti e quattro fin troppo bene che il loro mantra, la vita è breve, era sfortunatamente vero.
O forse dipendeva dal fatto che Sebastien aveva commesso il sacrilegio di sposarsi.
Stavros, quasi avesse percepito anche lui quel cambio di atmosfera, lanciò un'occhiata a Sebastien attraverso il tavolo e gli chiese: «Come sta tua moglie?».
«Di sicuro è una compagnia migliore della tua. Come mai sei così scontroso stasera?»
Stavros abbozzò una smorfia. «Non ho ancora vinto e mio nonno ha minacciato di diseredarmi se non mi sposo in fretta. Gli direi volentieri di andare al diavolo, ma...»
«Tua madre» commentò Alejandro.
«Esattamente.» Il milionario greco si trovava tra l'incudine e il martello. Se non avesse procurato un erede alla dinastia il nonno lo avrebbe diseredato prima di assumere il controllo del loro impero farmaceutico. Stavros se ne sarebbe andato più che volentieri se non fosse stato per sua madre e le sue sorelle, che si sarebbero ritrovate senza più nulla, cosa che non avrebbe mai potuto permettere.
Sebastien spostò verso il centro del tavolo una pila di fiches.
«Non avete mai la sensazione di passare troppo tempo della vostra vita a contare soldi e rincorrere piaceri superficiali a spese di qualcosa di più significativo?»
Antonio gettò alcune fiches verso Alejandro.
«L'hai detto...» borbottò. «Quattro drink e comincia subito a filosofeggiare.»
Sebastien lanciò un'occhiata a Stavros, che stava rilanciando la sua puntata.
«Sono serio. Al nostro livello sono solo numeri su una pagina, ma che contributo dà tutto questo alle nostre esistenze? I soldi non possono comprare la felicità.»
«Però possono acquistare alcuni sostituti carini» dichiarò Antonio.
Sebastien fece una smorfia. «Come le tue auto?» Spostò lo sguardo su Alejandro. «O la tua isola privata? Tu invece non usi neppure la barca di cui sei così orgoglioso» commentò rivolto a Stavros. «Ci procuriamo giocattoli costosi e facciamo giochi pericolosi, ma ci arricchiscono interiormente? Nutrono le nostre anime?»
«Cosa stai suggerendo di preciso?» volle sapere Alejandro. «Che andiamo a vivere con i buddisti sulle montagne per imparare il significato della vita? O che rinunciamo ai nostri beni materiali per trovare la verità assoluta?»
«Voi tre non riuscireste a sopravvivere due settimane senza la vostra ricchezza e il nome delle vostre famiglie» dichiarò Sebastien. «La vostra esistenza dorata vi ha fatto perdere contatto con la realtà.»
Alejandro si irrigidì. Sebastien era l'unico tra loro che si era fatto da sé, però era anche vero che lui, Stavros e Antonio avevano raggiunto un loro successo personale accrescendo i rispettivi patrimoni. Era grazie al suo lavoro e alla sua intuizione se la Salazar Coffee Company era diventata leader mondiale nel suo campo.
Stavros buttò tre carte.
«Stai cercando di dirci che vorresti tornare indietro a quando eri povero in canna? La fame non rende felici ed è per questo che adesso sei un ricco bastardo.»
Sebastien si strinse nelle spalle. «A questo proposito, stavo pensando di donare metà della mia fortuna per creare un fondo da destinare a un ente benefico internazionale che si occupi di ricerca e soccorso. Non tutti hanno amici disposti a scavare con le mani nella neve per estrarti da una valanga.»
Ad Alejandro andò di traverso il whisky che stava bevendo.
«Sei serio? Di quanto stiamo parlando? Due miliardi?»
«Non puoi portarteli con te» ribatté Sebastien. «Sapete una cosa?» disse guardandoli uno per uno in faccia. «Se voi tre riuscirete a vivere due settimane senza le vostre carte di credito e il vostro nome io lo farò.»
Attorno al tavolo cadde il silenzio. «A partire da quando?» chiese Alejandro. «Abbiamo delle responsabilità.»
«Giusto» concordò Sebastien. «Organizzatevi con i vostri impegni e aspettate notizie da me per le vostre due settimane nel mondo reale.»
Alejandro sbatté le palpebre. «Davvero sei disposto a mettere in gioco metà della tua fortuna per una sfida del genere?»
«Sì, se voi siete pronti a rischiare i vostri giocattoli preferiti come la tua isola privata.»
«Facile. Conta pure su di me» dichiarò Stavros.
Alejandro liquidò quella sfida come una delle trovate filosofiche dell'amico indotte da qualche bicchiere di troppo... finché, cinque mesi più tardi, non si ritrovò a lavorare sotto copertura come stalliere nelle leggendarie stalle Hargrove, nel Kentucky.
1
Cinque mesi dopo. Esmeralda. La tenuta degli Hargrove. Kentucky. Primo giorno della sfida di Alejandro.
Cecily Hargrove si preparò per l'ultima serie di salti, ma strinse troppo l'angolo e Bacchus ritardò nel recuperare l'equilibrio.
È troppo lento, maledizione. Cos'ha che non va?
Affondò gli speroni nei fianchi del cavallo dandogli lo stimolo giusto per saltare, ma Bacchus esitò e fu solo grazie alla potenza dell'animale che riuscì a portare a termine l'ultima combinazione. A quel punto si mise al trotto, poi al passo infine si fermò davanti al suo allenatore.
Dale la guardò desolato mentre si levava il casco da equitazione.
«Non voglio saperlo» gli disse lei con lo stomaco contratto.
«Sessantotto secondi. Bisogna capire cos'ha che non va questo cavallo, Cecily.»
Bacchus era la sua unica possibilità di entrare a far parte della squadra che avrebbe partecipato ai campionati del mondo.
Il cavallo aveva recuperato pienamente dal loro incidente dell'anno precedente, almeno dal lato fisico, però era il suo stato emotivo che preoccupava Cecily, la sua strana esitazione davanti ai salti. Se non l'avesse superata lei avrebbe dovuto dire addio al suo sogno.
«Riprova» la esortò Dale.
Lei scosse la testa, frustrata. «Per oggi ho chiuso» dichiarò avviandosi verso le stalle e nel frattempo ricacciando indietro le lacrime. Era da quando aveva cinque anni che lavorava duramente per quel momento.
Si fermò accanto allo stalliere che la stava aspettando, smontò e gli lanciò le redini con più forza di quanto intendesse.
Lui le afferrò e prima che se ne andasse chiese: «Non sistema il suo cavallo?».
Quella voce profonda e sconosciuta bloccò Cecily, che si voltò a guardare il nuovo stalliere che aveva visto con Cliff. Era così concentrata sul suo allenamento da non averci fatto caso. In quell'istante si chiese come fosse stato possibile. Era molto alto e i jeans e la maglietta sottolineavano la sua massa muscolare. Ma anche il resto era notevole. I suoi capelli neri erano mossi e leggermente troppo lunghi; la barba di qualche giorno lasciava intravedere tratti decisi; gli occhi erano i più scuri che avesse mai visto. Sussultò di fronte all'immediata attrazione sessuale che percepì tra loro. Per un momento assorbì quella sensazione perché era qualcosa che non provava da parecchio tempo. Forse da sempre.
«Sei nuovo?» gli domandò lei, a disagio per via dell'intensità di quella connessione. «Come ti chiami?»
«Colt Banyon, signora. Al suo servizio.»
Cecily annuì.
«Sono sicura, Colt, che Cliff ti avrà spiegato le tue mansioni.»
«Sì, certo» assentì lui.
«Allora perché ritieni di poter questionare sul modo in cui gestisco il mio cavallo?»
Lui si strinse nelle spalle. «Mi è sembrato che avesse dei problemi, oggi. Stando alla mia esperienza, trascorrere del tempo insieme al proprio cavallo potrebbe aiutare ad aumentare la fiducia dell'animale.»
La pressione nella testa di Cecily minacciò di farla esplodere. Nessuno osava parlarle in quel modo. Stentava a credere all'audacia di quell'uomo. Gli si avvicinò e si accorse che non solo doveva reclinare indietro il capo per guardarlo, ma anche che i suoi occhi erano pericolosamente belli.
«E da quale scuola di psicofrottole arriva questa affermazione?»
Le labbra sensuali di Colt si curvarono in un sorriso. «Mia nonna. Era magica con i cavalli.»
Quel sorriso avrebbe potuto toglierle il respiro se solo Cecily non fosse stata furiosa.
«La prossima volta che tu o tua nonna vincerete la coppa del mondo potrete dirmi come gestire il mio cavallo. Fino ad allora tieni chiusa la bocca e fa' il tuo lavoro.»
Colt spalancò gli occhi e lei sussultò. Davvero aveva detto una cosa del genere? Era scioccata per quella sua perdita di controllo. Cercò disperatamente di ritrovarlo e strinse le mani attorno al casco.
«Si sta riprendendo da una rottura dei legamenti della zampa posteriore» aggiunse annuendo verso Bacchus. «Fa' attenzione con lui.»
Alejandro osservò Cecily Hargrove allontanarsi stizzita con la convinzione che la bionda lo avrebbe messo a dura prova in quella sfida che gli aveva organizzato Sebastien.
Aveva fatto il diavolo a quattro tutta la mattina alle stalle e lui era soltanto l'ultimo di una lunga lista di vittime.
Occuparsi di trenta cavalli dodici ore al giorno era nulla in paragone a quel pezzo di lavoro. Sfortunatamente, si disse studiando il suo fondoschiena avvolto negli attillati pantaloni da equitazione, era anche molto bella. Era impossibile non notare il suo volto a forma di cuore, gli occhi blu e i capelli color del miele che le conferivano un aspetto angelico... evidentemente ingannevole.
Sospirò poi prese Bacchus per le redini portandolo a fare una passeggiata per calmarlo... e calmarsi a sua volta. Era stato quasi impossibile rimangiarsi il commento che gli era salito alle labbra quando Cecily Hargrove aveva citato la coppa del mondo. Sua nonna era stata tra le migliori cavallerizze al mondo, ma rivelare la sua vera identità avrebbe significato annullare la sfida e non poteva farlo. Non quando Antonio e Stavros avevano già concluso con successo la loro. Non quando c'era in gioco la sua isola, l'unico luogo in cui trovava pace.
Riportò Bacchus nel suo box poi lo asciugò con uno straccio. Quell'attività terapeutica, che aveva sempre amato, gli diede la possibilità di analizzare le ultime ventiquattro ore della sua vita.
Non era rimasto sorpreso