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Alla corte del chirurgo: Harmony Bianca
Alla corte del chirurgo: Harmony Bianca
Alla corte del chirurgo: Harmony Bianca
E-book182 pagine2 ore

Alla corte del chirurgo: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Il chirurgo Reagan Cote ha lasciato per sempre il difficile regno di Hermosa e l'uomo dei suoi sogni, un brillante chirurgo scomparso durante una missione di salvataggio. L'unica cosa che Reagan può fare adesso è aggrapparsi alla nuova vita che sta crescendo dentro di lei e conservare il ricordo prezioso di quella breve e bruciante passione.

Nonostante le ferite e i traumi che lo accompagnano da quando ha lasciato la sua patria, Kainan Laskaris è vivo. E quando ritrova Reagan a Toronto, che ha dato alla luce suo figlio, non ha alcun dubbio: lei deve diventare sua moglie. Ora che è diventato il re di Hermosa, ha bisogno di una regina e di un erede, ma per far sì che Reagan accetti dovrà dimostrarle di volerla al proprio fianco solo per amore.
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2020
ISBN9788830509252
Alla corte del chirurgo: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Alla corte del chirurgo - Amy Ruttan

    successivo.

    Prologo

    Isla Hermosa, un anno prima

    «Ho bisogno di una sacca di sangue... subito!» gridò Reagan da sopra la spalla. Ma non appena ebbe pronunciato quelle parole un'altra esplosione scosse l'unità ospedaliera mobile.

    Stava operando un ferito e istintivamente si buttò su di lui per cercare di evitare che terra e detriti s'infilassero nella cavità aperta del suo corpo.

    Lavorava da più di un anno in quel luogo dilaniato dalla guerra ed era diventato naturale cercare di proteggere un paziente. Non avrebbe dovuto, ma la guerra era così.

    Isla Hermosa era stato un paese pacifico e molto bello. Un paradiso nell'Atlantico per turisti. Un paese fondato da colonizzatori spagnoli e greci più di settecento anni prima, impreziosito da spiagge immacolate e palme che sfioravano il cielo.

    Adesso delle palme restavano solo i resti bruciati disseminati sulle spiagge, e il cielo blu era oscurato dai pennacchi di fumo che si alzavano dalla capitale. L'aria era soffocante e satura di polvere. Non c'era mai un attimo di sollievo.

    Operare a cielo aperto non era certo la condizione ideale. Il caldo era torrido, ma anche restare chiusi in una tenda con quell'umidità non avrebbe migliorato la situazione. Ci sarebbe voluto un ospedale vero, solo che era impossibile accedervi. Gran parte di Isla Hermosa era stata presa dai ribelli e l'esercito di pace canadese, insieme ai cittadini di Isla Hermosa che restavano fedeli al problematico Re Aleksander, era stato spinto fuori dalla città, verso l'oceano.

    Il fuoco dei mortai cessò e Reagan tornò al suo lavoro: cercare di salvare la vita a quel soldato hermosiano. Era un ufficiale medico dell'esercito canadese e aveva visto parecchi paesi devastati dalle guerre. Si era arruolata per servire il suo paese subito dopo la specializzazione. Voleva dimostrare di valere qualcosa.

    A chi voleva dimostrarlo?

    Allontanò quel pensiero e riprese il lavoro. Non importava in quel momento. La sua missione stava per terminare. Presto sarebbe tornata a Toronto e avrebbe ripreso il suo lavoro in ospedale.

    Non sapeva cosa ne sarebbe stato della sua vita. L'unica cosa certa era il lavoro. Lì, tra un paziente e l'altro, si giocava a carte e si scherzava con i compagni. A Toronto non aveva nessuno. I commilitoni erano diventati una famiglia per lei. Non come la sua famiglia, però. Perché la sua famiglia vera era fredda e lontana dalla sua vita.

    A Toronto sarebbe stata sola. Di nuovo.

    Toronto era la sua città natale perché era lì che era nata ed era lì che aveva un lavoro che l'aspettava. Ma non era casa sua. I suoi genitori non abitavano più lì. Erano andati in pensione e mentre lei era lontana si erano trasferiti in zone con un clima più mite. Non le avevano neanche detto che avevano venduto la casa dov'era cresciuta. L'aveva scoperto dopo che aveva scritto loro e si era vista recapitare indietro la lettera con la scritta Trasferiti.

    Solo l'esercito canadese l'aveva davvero voluta, ma ormai anche quella parentesi stava per finire. Si era presa un periodo di aspettativa dall'ospedale di Toronto e non poteva procrastinare oltre. Il periodo di ferma per la missione era concluso.

    Gli amici che aveva conosciuto lì si sarebbero dimenticati di lei. Nessuna relazione durava mai a lungo e le stava bene così. Era abituata. Non voleva contare su nessuno.

    I suoi genitori gliel'avevano inculcato. Non avevano fatto altro che ripeterle che doveva contare solo su se stessa e non fare affidamento su di loro. Lei li aveva ascoltati.

    Mi piacerebbe avere qualcuno.

    La indispettì questo breve istante di debolezza.

    Riprenditi, Reagan.

    Non era quello il momento di fare la sentimentale.

    «L'unità di sangue che volevi» le disse una voce calda e profonda e immediatamente il suo corpo reagì.

    Il dottor Kainan Laskaris, il più famoso medico d'urgenza di Isla Hermosa, era accanto a lei. Kainan la rendeva sempre nervosa. La faceva sentire esposta, vulnerabile, come se sapesse della sofferenza che si portava dentro. Delle sue insicurezze.

    Era il primo uomo dopo tanto tempo che la faceva agitare in modo positivo.

    «Grazie» rispose, lanciandogli un'occhiata veloce.

    Appena arrivata lì, aveva provato a tenerlo a distanza, ma inutilmente. Lui si era insinuato in lei e, anche se non parlavano della loro vita personale, ne apprezzava la compagnia. Era un chirurgo eccezionale.

    Le porse la sacca, con calma, come se fuori non stesse imperversando la guerra e la sua presenza l'aiutò a concentrarsi. A non pensare a ciò che stava accadendo attorno a loro.

    «Come fai a stare così calmo?» gli aveva chiesto la prima volta che avevano operato insieme un ferito durante un bombardamento.

    Lui l'aveva guardata attento, il viso imperturbabile e sereno. «Chiudo fuori il mondo. Penso che ci sia un temporale e mi concentro sulla persona che ho davanti. Cerco di immaginare la vita del mio paziente e mi focalizzo sul mio dovere di farlo tornare dai suoi cari. Devi liberare la mente e visualizzare chi stai salvando, immaginare come sarà una volta guarito.»

    Quella tecnica aveva funzionato e l'aiutava a concentrarsi. Le sarebbe mancato lavorare con lui.

    «Ti serve aiuto, dottoressa Cote?» le chiese Kainan, mentre già si infilava un paio di guanti.

    Se fosse stato un qualsiasi altro chirurgo gli avrebbe abbaiato qualche ordine, visto che aveva un grado superiore a quasi tutti i colleghi del reparto. Ma c'era qualcosa in Kainan che incuteva rispetto.

    Non avrebbe mai voluto deluderlo. Lui intuiva al volo ciò che le serviva. Era il suo secondo paio di mani.

    «Grazie» disse. «Non ci sono altri pazienti?»

    «No, il bombardamento sta per finire. Pare che i ribelli stiano arretrando.»

    Kainan si mise subito al lavoro e l'aiutò a ricucire il soldato. Scrollò il capo, con espressione disgustata. «Queste cose non dovrebbero mai accadere.»

    «Sono d'accordo» replicò lei.

    Non aveva idea di cosa avesse scatenato quella rivoluzione sull'isola, ma sapeva che c'entrava il Re Aleksander e la sua incoronazione dopo la morte del padre.

    Il defunto re, Mateo, era stato fondamentale per l'alleanza con il Canada ed era riuscito a intrattenere ottime relazioni con il paese e a concludere accordi commerciali positivi.

    Re Mateo era stato un ottimo sovrano per più di cinquant'anni, mentre il figlio maggiore, Aleksander, non si stava dimostrando all'altezza.

    Nonostante tutto, quando era scoppiata quella rivoluzione il Canada aveva promesso di prestare aiuto. Isla Hermosa, com'era prevedibile, aveva chiesto l'intervento del Canada e il Canada non si era tirato indietro.

    Perciò lei era lì.

    «Spero che presto cessi tutto» commentò mentre finiva di sistemare. «La mia missione è terminata... Domani torno a casa.»

    «Così presto?» le chiese lui con un velo di delusione nella voce che le fece trattenere il fiato un istante.

    Non farti idee strane. Sei un buon chirurgo e lui lo sa.

    Il tuono del fuoco dei mortai era ormai lontano e i soldati che erano stati inviati per proteggere l'ospedale cominciavano a muoversi. I carri armati in fila si allontanavano lasciandosi dietro una nuvola di polvere.

    Reagan imprecò tra i denti e coprì di nuovo il paziente.

    Kainan l'aiutò e lei poteva percepire tutta la forza del corpo di quell'uomo, adesso così vicino a lei.

    «Credevo saresti rimasta fino alla fine» riprese lui, dopo che il rombo dei carri si fu dissolto.

    «È arrivata un'altra unità a darci il cambio» gli spiegò, mentre riprendevano a lavorare sul paziente. «Resteranno loro fino alla fine del conflitto.»

    «Potrebbe volerci ancora parecchio tempo» borbottò Kainan. «Mi chiedo se ritroveremo mai la pace.»

    «Speriamo di sì. Il paese è già stato abbastanza martoriato.»

    «Già» convenne con una nota di tristezza nella voce.

    Si chiese se lui avesse perso delle persone care. Lavoravano bene insieme ed era un brillante chirurgo, ma non sapevano nulla l'uno dell'altra.

    A lei andava bene così.

    Sapeva poco di Kainan, eppure c'era ugualmente molto spirito di condivisione tra loro. Poteva dire che erano diventati amici e ne avrebbe sentito la mancanza.

    Anche se le avrebbe fatto bene mettere distanza tra loro. Non voleva fare qualcosa di cui si sarebbe pentita.

    Vivere un po'.

    «Mi ero abituato a lavorare con te» le spiegò e quegli occhi scuri la fissarono, come una trappola.

    La eccitava e la innervosiva l'effetto che le faceva.

    Reagan sorrise sotto la mascherina. «Anche a me piace lavorare con te, ma sembra che stia per finire.»

    Kainan annuì. «Già.»

    Reagan completò l'intervento e cominciò a ricucire. Il paziente sarebbe stato trasportato in Spagna all'ospedale militare più vicino. Se non altro sarebbe sopravvissuto al trasporto.

    Non parlarono mentre preparavano il soldato per il viaggio. Lo caricarono sull'elicottero che lo avrebbe portato prima su una portaerei americana, dalla quale poi sarebbe decollato l'aereo medico per trasferirlo in Spagna.

    Quando Reagan si tolse la mascherina e i guanti emise un sospiro di stanchezza. Lavorava senza interruzione da quasi ventiquattro ore, da quando le forze di pace erano state fatte retrocedere verso la spiaggia. Era il tardo pomeriggio e anche se il sole non era più feroce era ancora afoso e avvertì il bisogno di correre verso l'oceano a rinfrescarsi.

    Peccato che la spiaggia fosse disseminata di imbarcazioni delle forze alleate.

    Kainan fissava la collina su cui si ergevano le antiche mura di cinta. Il fumo si alzava dalla città e scrollò il capo.

    «Mi dispiace» sussurrò lei.

    Avrebbe voluto dirgli che lo capiva, però non sarebbe stato vero. Non aveva idea di come ci si sentiva a vedere il proprio paese natio in quello stato. A vederlo crollare, distrutto.

    Non riusciva neanche a immaginare cosa Kainan stesse attraversando.

    «Tutto a posto?» le chiese lui.

    Reagan chiuse gli occhi e scosse il capo. «Sono solo molto stanca.»

    Lui inclinò il capo da un lato e i suoi occhi scuri la penetrarono profondamente, i capelli scompigliati sulla fronte. Lei dovette resistere alla tentazione di affondare le mani tra i suoi folti capelli castani.

    «Penso che ci sia dell'altro. Sei diventata triste.»

    «Mi dispiace partire. Pensavo...» Non ultimò la frase, non voleva che sapesse che era triste perché lasciava persone che per lei erano diventate ormai la sua famiglia. Non voleva raccontargli che a Toronto la aspettava la solitudine. Fino a quel momento non se ne era mai preoccupata.

    «Detesto non portare a termine un lavoro e qui c'è ancora molto da fare. Ma per la missione è finita.»

    Lui sospirò e si passò la mano tra i capelli. «Sì, ci sarà molto da fare una volta conclusa questa guerra, ma Isla Hermosa rinascerà. Abbiamo sempre affrontato tutte le sfide e le abbiamo superate.»

    Reagan sorrise e si avviarono in silenzio verso l'accampamento. Non c'erano altri pazienti in pericolo di vita, solo feriti lievi da preparare per essere portati via dall'isola.

    «Capitano Cote, lei è ufficialmente congedata» le annunciò il maggiore Smart quando entrò nella tenda del comandante. «Ha fatto un ottimo lavoro, ma è arrivato il suo sostituto. Adesso deve solo riposare.»

    «Quando andrò via, maggiore?»

    «Nella notte, alla una. Le suggerisco di farsi una bella dormita... È un ordine.»

    Reagan salutò il maggiore Smart e rimase immobile per qualche istante. Era congedata. La mattina seguente avrebbe lasciato Isla Hermosa per tornare a Petawawa, prima di venire ufficialmente congedata con onore dall'esercito canadese.

    «Hai fame?» le chiese Kainan. «Hai bisogno di riposare ma anche di mangiare.»

    «Sì... Ma tu non devi andare al fronte con l'esercito hermosiano?»

    Kainan scrollò il capo e una strana espressione gli apparve sul viso. «Non ancora. È presto. Pensi che sarei qui ad aiutarvi se la mia unità mobile fosse sull'altro lato dell'isola?»

    Reagan sorrise. «Mi sono abituata ad averti intorno in questi mesi. Anche tra i piedi qualche volta.»

    Kainan sorrise e lei si sentì battere forte il cuore. Se non fossero stati nel mezzo di una guerra... Ma lo erano. Kainan era off limits e lei in procinto di partire. Forse non lo avrebbe mai più rivisto.

    «Hai un bellissimo sorriso, Reagan.»

    Lei avvertì il rossore risalirle le guance. «Cosa?»

    «Non sorridi mai. Sei sempre seria.»

    «È la guerra. Non mi viene voglia di sorridere.»

    Kainan le prese la mano e la fissò. Non era abituata

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