Il dolce sapore di te: Harmony Collezione
Di Anne Mather
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Il dolce sapore di te - Anne Mather
successivo.
1
Un'occhiata all'avviso luminoso che lampeggiava di fronte a lei e Olivia automaticamente controllò di aver allacciato la cintura.
Tra quindici minuti atterreremo all'aeroporto internazionale di Newcastle, annunciava la voce suadente dell'assistente di volo. Per favore controllate che i vostri bagagli a mano siano riposti negli appositi scomparti e che il tavolino sia ripiegato correttamente.
L'aereo cominciò a scendere di quota e lo stomaco di Olivia protestò contorcendosi. Ma non era la quantità di caffè che aveva assunto quella mattina la causa di quella fastidiosa sensazione, bensì la consapevolezza di tornare a Bridgeford dopo tanti anni.
L'aereo atterrò senza complicazioni e i passeggeri cominciarono a riunire i bagagli a mano. Nessuno indugiava in chiacchiere inutili; si trattava, prevalentemente, di persone in viaggio d'affari, oltre a qualche turista.
Per Olivia non si trattava né di un viaggio d'affari né di piacere; per la verità non sapeva neppure se fosse giusto tornare a Bridgeford. Dubitava che suo padre avesse il desiderio di rivederla, nonostante le rassicurazioni di sua sorella, e non avrebbe trovato certo una spalla sulla quale piangere dopo aver messo a soqquadro la propria vita non una, ma ben due volte.
Tuttavia adesso era tardi per i ripensamenti. Il portellone dell'aereo era aperto e i passeggeri stavano cominciando a scendere. Non le restava che alzarsi e seguirli. Sarebbe stato meglio optare per un paio di scarpe senza tacco, pensò quando i tacchi ridicolmente alti s'incastrarono nella grata metallica delle scale. Il guaio è che l'orgoglio è duro a morire, e Olivia era determinata a non esibire la disperazione che la tormentava e, almeno all'apparenza, voleva presentarsi al meglio.
Pochi passi ed ecco il terminal; esibì il passaporto e raccolse il bagaglio dal nastro trasportatore. Aveva portato un'unica valigia, lasciando il resto delle sue cose in un magazzino a Londra, perché era in quella città che aveva deciso di trovarsi un appartamento, si disse convinta. La breve visita a Bridgeford era solo una dimostrazione - per sé e per i familiari - di non aver paura di ritornare.
Olivia fece una smorfia. Ora cominciava la musica. Linda, sua sorella, le aveva assicurato che sarebbe venuta a prenderla all'aeroporto, ed era un sollievo, perché apparentemente era il giudice meno severo della famiglia.
Al di là delle porte una folla era in attesa dei passeggeri; alcuni esibivano un cartello con il nome della persona attesa per farsi identificare. Di certo, pensò Olivia amaramente, lei avrebbe riconosciuto sua sorella. Se poi Linda avrebbe riconosciuto lei, questo era un altro discorso...
Si fermò di botto e la valigia le sbatté contro le caviglie, ma non avvertì nemmeno il colpo mentre fissava con gli occhi sbarrati l'uomo che sostava oltre la folla. Benché le paresse impossibile, sembrava proprio aspettare lei.
Si guardò velocemente alle spalle, cercando di convincersi che non stava fissando lei, ma qualcuno dietro di lei. Ma non era così.
Poi, quasi a eliminare ogni dubbio, lui si avviò nella sua direzione, facendosi strada tra la gente. «Ciao» esclamò prendendole dalle mani la valigia. «Hai fatto buon viaggio?»
Olivia continuava a fissarlo allibita. «Cosa ci fai qui?» domandò alla fine, rendendosi conto di essere scortese, ma spinta da un impulso irrefrenabile. Se in aereo era stata ansiosa, adesso era decisamente nervosa. Il cuore le batteva impazzito, il sangue le scorreva nelle vene come fuoco liquido. Cosa diavolo ci faceva lì Joel Armstrong? Si era aspettata che la evitasse come la peste. «Dove... dov'è Linda?»
Lui non diede segno di avvertire la sua confusione. «A casa» rispose, e poiché si era avviato verso l'uscita a lei non restò che seguirlo. «Tuo padre ha avuto una brutta giornata» continuò, «e Linda ha preferito non lasciarlo solo.»
Olivia sbatté le palpebre. Avrebbe voluto commentare che suo padre aveva sempre brutte giornate, ma si astenne dal farlo. Era troppo impegnata a tenere il suo passo, cercando di restare al fianco di quell'uomo. Quindici anni prima era poco più di un ragazzo, adesso invece era un uomo.
E che uomo!, pensò permettendosi un'occhiata più attenta. Era sempre stato alto, ma ora si era irrobustito e le spalle erano ampie sotto la giacca di pelle. L'ombra scura della barba gli ammorbidiva il viso, e i capelli, più corti di un tempo, mettevano in evidenza i lineamenti perfetti.
L'aspetto giovanile aveva ceduto a un profilo più aspro e piccole rughe fuggivano dagli angoli dei freddi occhi grigi, mentre qualche altra ruga intaccava la bellezza perfetta delle sue labbra.
Dio, se è attraente, pensò Olivia provando una consapevolezza che non si era aspettata di sentire dopo tanto tempo. Sembrava impossibile, ma un tempo erano stati sposati. Possibile che si fosse veramente lasciata guidare dall'orgoglio? La situazione sarebbe stata diversa se tanti anni prima avesse deciso di restare e lottare?
Inciampò mentre uscivano sul marciapiede assolato di una giornata d'aprile. A Londra faceva freddo, invece lì il clima era incredibilmente mite. Quando Joel si voltò alla sua esclamazione soffocata, lei rimpianse di essersi vestita con tanta ricercatezza. L'aveva fatto perché Linda invidiasse la sua linea perfetta e gli abiti di sartoria. Aveva persino scelto la gonna più corta che aveva per esibire la lunghezza delle gambe. Quanto poi le erano costati quei colpi di luce sui capelli castano chiaro era meglio lasciar perdere... Tanto nessuno li avrebbe notati.
«Tutto a posto?» le chiese Joel e lei annuì automaticamente.
«Sì» rispose pronta. «Dove hai parcheggiato?»
«Poco lontano» disse rallentando un poco l'andatura. «Ringrazia che non piova come poco fa.»
Olivia fece una smorfia evitando di commentare. Diavolo, eccoli lì, uno di fronte all'altro dopo quindici anni e lui non sapeva fare altro che parlare del tempo. Perché all'improvviso si sentiva così a disagio quando Joel era tanto sereno e tranquillo?
Qualsiasi cosa gli fosse successa in quei quindici anni, l'aveva definitivamente cambiato. E in meglio, decise Olivia. Aveva lasciato la scuola a diciotto anni nonostante gli ottimi risultati per lavorare alle dipendenze di suo padre. Voleva sposarla, e così avevano fatto non appena lei era diventata maggiorenne. Si erano aspettati tutti che durasse, persino Joel. O, almeno, così aveva creduto lei. Adesso, guardandolo, cominciò a domandarsi se non fosse stato un altro dei suoi innumerevoli errori.
«Allora... come stai?» riuscì a dire alla fine, sollevata per essere giunti al parcheggio. «È passato tanto tempo.»
«Sì, vero?» convenne lui, un'ombra di sorriso sulle labbra mentre la guardava, e lei sapeva dannatamente bene che non l'aveva mai guardata in quel modo, come se si stesse prendendo gioco di lei. «Sembri in forma» aggiunse. «Evidentemente ti ha fatto bene vivere negli Stati Uniti.»
Per la verità no, fu tentata di ribattere Olivia, ma questo aveva a che fare più con l'uomo con il quale aveva vissuto che non con il paese in sé.
Joel si fermò accanto a una macchina potente ed estrasse le chiavi di tasca. Sistemò la valigia di Olivia nel bagagliaio e poi aprì la portiera del passeggero.
Lei stava ancora ammirando la macchina. Era di Joel o di suo padre?, si domandò incerta. A chiunque appartenesse, la situazione alla fattoria doveva essere migliorata di molto.
«Bella macchina» commentò, augurandosi che lui non le prestasse attenzione mentre prendeva posto. Il sedile era alto e la gonna, nell'operazione, le risalì fino ai fianchi. Ebbe l'impressione che Joel soffocasse un altro di quei sorrisi sarcastici.
«Sì, mi piace» rispose lui, l'espressione impenetrabile mentre prendeva posto al volante. «Tutto bene?»
«Certo» rispose aspra e poi, quando lui posò le mani sul volante, notò la fede matrimoniale. Non quella che gli aveva dato lei, ma una molto più costosa. Lo stomaco si strinse in una morsa. «Sei sposato?»
Era una domanda impertinente, e se ne rese conto subito; non era un fatto che la riguardava. Ma, dannazione, era ben stato suo marito! Non aveva il diritto di sapere se l'aveva rimpiazzata?
«T'importa?» la sfidò lui, e Olivia arrossì.
«No... non particolarmente» mormorò concentrandosi su un aereo che stava atterrando. «L'aeroporto è molto più trafficato di quanto ricordassi.»
«Le cose cambiano» sentenziò Joel avviandosi all'uscita del parcheggio. «E io sono divorziato. Per la seconda volta» disse amaro. «Pare che nessuno di noi due sia stato fortunato in questo campo.»
«Cosa vuoi dire?»
Olivia adesso lo stava fissando e lui le rivolse una sarcastica occhiata. «Linda mi ha detto che il tuo secondo matrimonio è andato a monte» spiegò. «Non è per questo che sei tornata in Inghilterra?»
Olivia, risentita, mugugnò qualcosa. Linda!, pensò seccata. Avrebbe dovuto immaginarlo che sua sorella non sarebbe stata capace di tenere per sé una notizia del genere. «Sono tornata in Inghilterra perché il mio lavoro è qui» ribatté aspra. «Non conosco a sufficienza il mercato immobiliare americano per svolgere questa professione a New York.»
«Ah.» E Olivia ebbe l'impressione che lui non le credesse. «Allora, che cosa intendi fare? Lavorare per un'agenzia a Newcastle?»
«A Londra, probabilmente» rispose subito, odiandosi per l'impulso di giustificarsi ai suoi occhi. Perché le importava che cosa pensava di lei? Se Linda non gli avesse chiesto di andarla a prendere all'aeroporto, questa conversazione non ci sarebbe mai stata.
Il cielo si era rasserenato e aveva assunto quella tonalità di azzurro che lo faceva sembrare quasi trasparente. Gli alberi cominciavano a ricoprirsi di foglie e qua e là gli ultimi narcisi sbucavano lungo le siepi. Olivia aveva dimenticato come potesse essere bella la campagna. Abitando prima a Londra e poi a New York, era diventata un animale cittadino.
«Uhm... come sta mio padre?» chiese alla fine, sentendosi in colpa per quel gelido silenzio che era sceso tra loro. Adottò un tono spiritoso. «Sempre irascibile, immagino.»
«Ha giorni buoni e altri meno... Immagino che Linda te ne abbia parlato» rispose Joel permettendosi addirittura un sorriso, «ma da quando ha avuto l'ictus...»
«L'ictus?» Olivia non lo lasciò concludere. «Quale ictus? Linda non mi ha detto niente in proposito.»
Joel sospirò. «Non te ne ha parlato?» Il tono era piatto. «Be', forse non avrei dovuto farlo nemmeno io. Oserei dire che al vecchio non fa piacere che se ne parli a tutti indistintamente.»
«Ehi, io non sono tutti indistintamente» esclamò Olivia, i propositi concilianti dimenticati. «Sono sua figlia. Non credi che abbia il diritto di saperlo?»
Joel inarcò con indifferenza le sopracciglia. «Immagino dipenda dal rapporto che avete avuto nel corso degli anni» rimarcò tranquillo. «Da quanto tempo non lo vedi?»
Olivia sbuffò. «Lo sai perfettamente da quanto tempo. Non sono stata... per niente incoraggiata a tornare dopo che ci siamo lasciati.»
Joel la fissò per un attimo. «E sarebbe una giustificazione?»
«No.» Olivia si rese conto di arrossire di nuovo. «È solo il motivo