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Scapolo, milionario e...: Harmony Jolly
Scapolo, milionario e...: Harmony Jolly
Scapolo, milionario e...: Harmony Jolly
E-book166 pagine1 ora

Scapolo, milionario e...: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Chi lo ha detto che i milionari devono essere sempre solo belli e dannati? Esistono anche quelli romantici e sognatori e ve lo dimostreremo!

Seth McCallan è sempre stato uno scapolo convinto, almeno finché la vedova del suo migliore amico, Harper Hargraves, piomba nella sua vita. Harper è rimasta sola e senza niente, così Seth si impegna per rimettere le cose a posto, anche se questo significherà vivere insieme alla donna e sua figlia.
La vicinanza tra i due risveglia un pericoloso desiderio, rimasto sopito troppo a lungo, e fa sbocciare sentimenti, se possibile, ancora più forti di prima.
Solo il passato e le paure che riaffiorano potrebbero mettersi di traverso alla loro relazione.
LinguaItaliano
Data di uscita11 nov 2019
ISBN9788830506916
Scapolo, milionario e...: Harmony Jolly
Autore

Susan Meier

Americana dell'Iowa, riesce a conciliare i suoi interessi con la famiglia e l'attività di scrittrice.

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    Anteprima del libro

    Scapolo, milionario e... - Susan Meier

    successivo.

    1

    Harper Sloan Hargraves alzò lo sguardo sullo stabile ormai visibile di fronte a lei. Situata nel cuore di Manhattan, l'alta struttura brillava al sole del primo mattino di una calda giornata di settembre. Finiture nere decoravano la facciata esterna di mattoni grigi. Alberi frondosi abbellivano il giardino, insieme a cespugli di rose in enormi vasi in ceramica.

    Uomini e donne ben vestiti uscivano con calma dall'ampia porta a vetri scuri e s'incamminavano lungo la strada, diretti a posti di lavoro indubbiamente prestigiosi. Taxi, macchine a noleggio e limousine passavano, silenziosamente, in sintonia con la tranquilla e ordinata zona in cui lei si trovava.

    Lottando contro l'impulso di abbassare la testa, pensando ai jeans sdruciti e la semplice T-shirt che indossava, Harper strinse le dita attorno al manico del passeggino della sua bambina per spingerlo verso la porta che si aprì automaticamente, rivelando il tipo di atrio riservato di solito agli hotel di lusso ma preso in prestito dal rarefatto mondo in rapida crescita sociale di New York City. Il rumore della fontana a pioggia posta al centro dell'androne la accolse. Tappeti con disegni stampati bianchi e grigi davano luce agli scuri pavimenti in ardesia. L'acciaio inossidabile della balaustra sulla scala ultramoderna, delle porte dell'ascensore e degli infissi delle finestre accentuava il grigio delle pareti. Alcune piante erano sistemate discretamente negli angoli, mentre dei vasi di fiori bianchi e rossi aggiungevano un tocco di colore all'ambiente.

    «Posso aiutarla?»

    Un portiere. Certo. Non si aspettava diversamente. Una volta, Harper abitava in un palazzo come quello. Era cresciuta in un quartiere così ricco che lei aveva finito per dare quell'opulenza per scontata, finché a un certo punto non l'aveva rifiutata. Poi si era sposata con Clark Hargraves ed era ricaduta di nuovo nel giro del lusso, solo per perderlo quando lui era morto.

    Era stata ricca, povera, poi di nuovo ricca. Adesso, non aveva più idea di chi e che cosa fosse.

    Si avvicinò alla lucida guardiola nera, da dove il portiere la fissava. «Sono qui per incontrare Seth McCallan.»

    Con indosso un maglione rosso con il logo grigio dell'edificio, l'uomo si drizzò. «Il signor McCallan uscirà per andare al lavoro tra pochi minuti. La sta aspettando?»

    Sapeva che incontrare Seth non sarebbe stato facile. Era uno dei McCallan, proprietari dei beni immobili di quasi tutta Manhattan, anche se lui era uno studente squattrinato quando aveva conosciuto Clark. Aveva rinunciato alla sua famiglia e ai loro soldi ed era stato costretto a trasferirsi nell'appartamento fatiscente di Clark. Due anni dopo, tutti e due si erano laureati. Seth aveva convinto Clark ad avviare insieme una società d'investimenti. Dopo cinque anni di successi, lo aveva abituato a essere qualcuno, poi aveva deciso di aiutare suo fratello con l'attività di famiglia e gli aveva ceduto la sua quota della società.

    Sulle prime era sembrato un gesto generoso, e Clark aveva speso ogni centesimo che guadagnava per dimostrare che lui e Harper erano benestanti come Seth. Ma Clark non aveva i soldi per comprare la parte di Seth, così aveva fatto leva finanziaria sulla società. E aveva finito per ipotecare il loro appartamento.

    Lei aveva dovuto vendere entrambe le cose dopo la morte di suo marito per estinguere i debiti con la banca.

    «Non mi sta aspettando, ma sono un'amica.»

    E me lo deve, pensò, sollevando il mento. Se Seth avesse mantenuto la sua parte della società d'investimenti, e non avesse costretto Clark a ipotecare tutto quello che avevano, non sarebbe stata così disperata.

    Continuando a tenere gli occhi fissi su di lei, il portiere, prese il telefono.

    «Signor McCallan, c'è una visita per lei. Harper Hargraves.» Seguì una pausa. «Sì. La faccio salire.»

    Le indicò l'ascensore. Lei raggiunse le lucide porte d'acciaio e l'uomo la seguì. Quando si aprirono, la invitò a entrare con lui.

    La stava tenendo sotto controllo; si stava assicurando che quella donna dall'aspetto trasandato con una bambina al seguito non se ne andasse in giro indisturbata per l'edificio.

    L'umiliazione le bruciò dentro.

    Quando l'ascensore si fermò al nono piano, il portiere non l'accompagnò, ma aspettò che spingesse il passeggino verso la porta di Seth, e suonasse il campanello.

    Il battente si aprì e Harper dimenticò che il portiere la stava guardando. L'ex migliore amico di suo marito si materializzò davanti a lei con indosso un paio di pantaloni di tuta grigi, calati sui fianchi, e lottava per infilarsi una T-shirt. La tirò giù sul dorso, ma troppo tardi. Lei aveva già visto i muscoli guizzanti del suo petto e dell'addome.

    Lo fissò scioccata. Era più alto, slanciato e muscoloso di quanto lo fosse cinque anni prima. Ma con il suo perenne sorriso e i capelli neri e mossi, aveva la stessa bellezza mozzafiato di quando abitavano uno accanto all'altra. E quegli occhi! Neri come l'anima di un uomo dannato, avevano tuttavia una strana luce. Quasi una consapevolezza. Come se gli anni gli avessero insegnato a essere attento... saggio. Anche se lui non era nessuno quando abitava con Clark, sembrava avere ritrovato la fiducia come uomo.

    Era facile capire perché i giornali scandalistici facessero gossip sul fatto che cambiava una donna ogni due settimane. Sicuro. Ricco. Bello. Un fisico statuario. Aveva tutto...

    E lei non avrebbe dovuto notarlo. Aveva avuto l'amore della sua vita. Il loro matrimonio era stato bello, perfetto. Le mancava Clark con ogni fibra del suo essere.

    «Ciao, Seth.»

    Lo sguardo di lui scivolò sui suoi capelli neri, la semplice T-shirt, i vecchi jeans e poi risalì di nuovo.

    «Harper?»

    Lei forzò un sorriso. «Sì sono io. So che sembro un po' diversa.»

    Un po' diversa era solo la punta di un iceberg. Dopo il funerale di Clark, aveva avuto una bambina, si era tagliata i lunghi capelli ed era dimagrita. Fu all'improvviso grata all'altezzoso portiere. Se non l'avesse annunciata, Seth avrebbe potuto non riconoscerla.

    Seth indicò la bimba, imbarazzato. «Non l'ho mai vista...»

    «Si chiama Crystal.» Le parole le uscirono in un respiro tremulo. E sapeva che doveva superare quel momento prima di perdere il coraggio. «Ho bisogno di aiuto.»

    «Lo immaginavo dal fatto che sei venuta qui alle otto di un martedì mattina.» Indietreggiò per farla entrare. «Vieni.»

    Le tenne la porta per il passeggino. Mentre Harper varcava la soglia, il suo sguardo scivolò di nuovo sul dorso di lui. Era così bello in T-shirt e pantaloni sportivi. In forma. Prestante.

    Forse un poco intimorito.

    Probabilmente perché lei continuava a fissarlo. Non era interesse. Era paura. Non aveva mai chiesto aiuto a nessuno. Mai. Ce l'aveva sempre fatta da sola.

    Spinse il passeggino nel sofisticato soggiorno di quel sofisticato appartamento a pianta aperta. Indicando il divano, Seth la invitò a sedere, mentre lui occupava la poltrona a stampa geometrica. Harper osservò gli armadietti bianchi della cucina e il tavolo in legno restaurato della sala pranzo, circondato da sei sedie trapuntate dello stesso colore del divano, con un lampadario moderno appeso al soffitto. Semplice ma lussuoso. Tessuti ricchi. Legni pregiati. Anche quando un McCallan viveva nel modo più semplice, lo faceva con eleganza sobria.

    «Mi dispiace disturbarti, ma mi trovo nei guai. Ho venduto il mio appartamento ieri e l'acquirente lo vuole lunedì.»

    «È fantastico? Bello? Terribile?» Scosse la testa. «È passato tanto tempo. Non so che cosa dire.»

    Harper rise; era così nervosa che non sapeva comportarsi in modo normale quando era con lui. «Sarebbe fantastico, se avessi un altro posto dove trasferirmi.»

    «Oh.»

    «L'acquirente ha pagato in contanti e cedergli l'appartamento dopo una settimana era una condizione di vendita, e io avevo veramente bisogno di chiudere l'affare... così ho accettato l'offerta.»

    «Ti servono soldi?» Seth corrugò la fronte. «Hai una società d'investimenti.»

    Ed ecco la parte più difficile. Il suo meraviglioso, simpatico, intelligente marito aveva fatto quello che aveva dovuto fare per comprare la parte di Seth. Se fosse vissuto, quel prestito sarebbe stato una nota a piè di pagina nella storia della sua vita. E invece aveva quasi distrutto la sua eredità. L'ultima cosa al mondo che Harper voleva, era dire al migliore amico di Clark che lui era fallito...

    No, l'ultima cosa al mondo che voleva, era raccontare ai suoi genitori che Clark era fallito. Seth, almeno, gli avrebbe concesso il beneficio del dubbio. I suoi genitori, sua madre in particolare, avrebbero ricevuto un grosso colpo, e sminuito Clark ogni volta che Harper lo avesse menzionato.

    «Ho dovuto vendere la società. Clark aveva fatto leva finanziaria per comprare la tua parte e il mercato è crollato. È stata come una tempesta, Seth. Non sono riuscita a estinguere il debito né a vendere la società finché non ho abbassato il prezzo di qualche centinaio di migliaio di dollari rispetto all'importo dovuto.» Spostò l'attenzione di Seth dalla delusione per Clark su di sé. «E quei soldi sono quasi finiti perché mi sono serviti per mantenere me e la mia bambina in attesa di vendere l'appartamento.»

    Un pesante silenzio scese nella stanza. Harper si rifiutò di aggiungere altro. Seth poteva non sminuire Clark come avrebbe fatto sua madre, ma lui era un ricco privilegiato. Aveva lasciato la sua famiglia, e quando lui e Clark si erano laureati, aveva usato i suoi contatti per ottenere lavoro per la società d'investimenti. Era riuscito a fare tirare fuori i soldi ad amici di famiglia per i fondi iniziali quando volevano avviare la società. Una volta che gli affari furono decollati, aveva trovato il denaro per liquidare i loro investitori. E quando era dovuto andare a lavorare per l'azienda di famiglia, dopo la morte di suo padre, aveva consegnato le redini della società a Clark, senza preoccuparsi di rinunciare a quella che avrebbe potuto essere una miniera d'oro se fossero rimasti insieme a gestirla.

    Seth poteva avere vissuto da povero per qualche anno mentre finiva gli studi, ma non aveva la minima idea di che cosa significasse lottare per vivere. E Harper non gli avrebbe lasciato pensare male di Clark per avere perso ciò che avevano costruito insieme.

    Dopo qualche secondo, Seth emise un sospiro. «E tu hai venduto il tuo appartamento perché era ipotecato?»

    «Mi sono resa conto solo dopo la morte di Clark che avevamo speso ogni centesimo che lui aveva guadagnato.» Gli diede il tempo di digerire la notizia, poi aggiunse: «Ti voleva davvero bene. Adorava la vita nella quale lo avevi coinvolto. E non sono dispiaciuta che lui abbia vissuto come voleva quando ne ha avuto la possibilità. Non ti chiedo niente, tranne un piccolo aiuto per trovare il modo di uscire da questa situazione. Un consiglio».

    «Anche se tu volessi trovare una casa in affitto, non ce la faresti in una settimana.»

    «Lo so.»

    La piccola Crystal, di cinque mesi, si stiracchiò. Sollevò leggermente la testolina dal mucchio di coperte nelle quali era rannicchiata, rivelando un minuscolo viso da folletto, circondato da folti e arruffati capelli neri. Accorgendosi che la bambina si stava svegliando, Harper sfilò la borsa dei pannolini dal cestello sotto il sedile del passeggino. «Ho bisogno di scaldare il biberon.»

    Seth guardò Crystal. «Si sta svegliando?»

    «Sì. Non s'innervosirà se il biberon sarà pronto.»

    Lui si alzò, confuso. «Va bene.»

    «Mi serve solo scaldarlo.»

    Harper portò la borsa dei pannolini in cucina e tirò fuori la bottiglietta. Mentre apriva lo sportello dell'armadietto

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