Uniti dal piacere: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Ora, passati cinque anni, Rufus e Gabriella si trovano obbligati a un matrimonio che consenta loro di salvare il proprio patrimonio, e nonostante le reciproche resistenze scopriranno che quella costrizione può essere più gratificante di quanto immaginino. Molto più gratificante.
Carole Mortimer
Carole Mortimer was born in England, the youngest of three children. She began writing in 1978, and has now written over one hundred and seventy books for Harlequin Mills and Boon®. Carole has six sons, Matthew, Joshua, Timothy, Michael, David and Peter. She says, ‘I’m happily married to Peter senior; we’re best friends as well as lovers, which is probably the best recipe for a successful relationship. We live in a lovely part of England.’
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Anteprima del libro
Uniti dal piacere - Carole Mortimer
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Wife By Contract, Mistress By Demand
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2007 Carole Mortimer
Traduzione di Edy Tassi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-006-7
Prologo
«Cosa diavolo pensi di fare?»
Gabriella sollevò le lunghe ciglia e osservò con gli occhi così blu da sembrare viola la terrazza dove era comparso Rufus, l’uomo di cui si era innamorata l’anno prima, quando i loro genitori si erano sposati. L’uomo che il suo cuore di diciottenne sperava disperatamente potesse ricambiare il suo amore.
Aveva udito il motore della macchina a noleggio che percorreva il viale ghiaioso davanti alla villa che la famiglia Gresham possedeva a Maiorca. Ora si sforzò di tenere sotto controllo il nervosismo e rimase distesa al sole, invece di correre a salutarlo come avrebbe voluto fare.
Rufus era in piedi sulla porta che conduceva alla terrazza e, dato il caldo intenso, si era già sfilato la giacca del completo da lavoro. I suoi capelli tagliati corti avevano il colore delle castagne e scintillavano con riflessi più chiari sotto il sole. I suoi occhi, che Gabriella sapeva essere di un pungente verde chiaro, erano nascosti dagli occhiali scuri.
Ma la domanda che le aveva rivolto e la piega contrariata delle belle labbra erano sufficienti a farle capire che non era contento di averla trovata da sola a prendere il sole sulla terrazza, in un bikini ridotto.
Di proposito.
Rufus aveva l’abitudine di trattarla come una bambina irritante, oppure di ignorarla completamente. Quando invece lei voleva tanto che la considerasse una donna desiderabile.
«Cosa ti sembra che stia facendo, Rufus?» Gli sorrise e, allo stesso tempo, si stirò languida, inarcando la schiena flessuosa e spingendo in avanti il seno pieno, i cui capezzoli eccitati si intravedevano sotto il tessuto arancione.
«Lo vedo, maledizione» scattò lui. «Per l’amor del cielo, mettiti addosso qualcosa» le ordinò poi, muovendo qualche passo sulla terrazza.
«Perché dovrei prendermi il disturbo di vestirmi, quando non c’è nessuno in giro a vedermi, tranne te?»
La solitaria villa dei Gresham, la Buganvillea, era abbarbicata su un lato della montagna da dove dominava il paesino sottostante, e godeva di una vista a centottanta gradi del Mediterraneo.
Perché preoccuparsi, infatti?, riconobbe Rufus con impazienza, grato agli occhiali da sole che nascondevano le sue emozioni, mentre con lo sguardo scivolava lentamente sul corpo perfetto di Gabriella.
Era il tipo di corpo sottile e senza imperfezioni che solo le donne più giovani possedevano e al quale qualsiasi uomo avrebbe faticato a resistere.
E lui era stato costretto a fare pratica proprio in quello da quando, l’anno precedente, Gabriella era comparsa all’improvviso nella sua vita, e non aveva cercato di mascherare in nessun modo l’infatuazione che provava per lui.
Un’infatuazione che, a trent’anni, Rufus non aveva alcuna intenzione di assecondare.
O, quanto meno, questo era stato il suo proposito fino al momento in cui, pochi minuti prima, era uscito in terrazza e l’aveva trovata sdraiata lì.
«Chiunque sarebbe potuto uscire e...»
«Non chiunque. Tu...» lo interruppe lei. «Inoltre, le donne in spiaggia non indossano molto di più.»
«Dove sono James e Heather?» le domandò Rufus brusco. Disperato, dovette riconoscere poi con impazienza. Almeno, la presenza di suo padre e della madre di Gabriella avrebbe alleggerito la situazione. Anche se riteneva tanto irritante avere Heather come matrigna, quanto avere quella meravigliosa creatura come sorellastra.
Si trovava lì solo perché aveva deciso di fermarsi un paio di giorni a fare visita a suo padre mentre tornava da un viaggio di lavoro in Spagna.
«James voleva andare a Palma per comprare a mia madre qualcosa di speciale per il loro anniversario, ma credo che saranno di ritorno fra un paio d’ore.» Gabriella si sedette e i suoi occhi viola brillarono invitanti mentre li sollevava su di lui. «Ti aspettavano questa mattina, ma quando non ti hanno visto arrivare hanno telefonato in aeroporto, così hanno saputo che il tuo volo aveva tre ore di ritardo. E Margarita ha il pomeriggio libero.» Scrollò le spalle nude. «Perciò mi sono offerta di rimanere qui io ad aspettarti.»
Maledizione, maledizione, maledizione. Nemmeno il cuoco e la domestica erano lì a fare da chaperon!
«Non avere quell’aria contrariata, Rufus.» Gabriella appariva perplessa. «O forse ti senti accaldato e impolverato a causa del viaggio? Perché non ti fai una nuotata?» gli suggerì alla fine, con quella sua voce roca che da sola era capace di provocare un brivido lungo la schiena di Rufus.
Gabriella Maria Lucia Benito.
Figlia di Heather e del defunto Antonio Benito.
Gabriella era una miracolosa miscellanea di colori e lineamenti perfetti. Gli occhi color ametista rilucevano come pietre preziose, i capelli erano una gloriosa cascata di riccioli biondi che le ricadevano femminili lungo la schiena, la pelle era di un caldo color miele che ora, dopo le settimane già trascorse alla villa, si era trasformato in bronzo.
Rufus era convinto che Heather, che aveva vissuto in un piccolo appartamento in affitto con la figlia e che aveva lavorato come segretaria di James per mantenere entrambe, avesse sposato suo padre solo perché era il ricco proprietario del prestigioso Gresham’s, il grande magazzino di Londra famoso in tutto il mondo per la sua eleganza ed esclusività.
E la figlia di Heather, la bella, sensuale Gabriella, aveva altrettanto astutamente deciso che lui, l’unico figlio di James, avrebbe rappresentato un marito ugualmente vantaggioso per lei.
Ma c’era un problema: Rufus aveva ben poca voglia di sposarsi di nuovo. Ci aveva già provato una volta, solo per scoprire che Angela era interessata esclusivamente al denaro dei Gresham, al punto da abbandonarlo dopo appena un anno di matrimonio, lasciandosi alle spalle perfino la loro bambina di due mesi.
Il divorzio era stato un momento sgradevole e pubblico, e Rufus, per ottenere la custodia della figlia, che Angela aveva usato come merce di scambio, senza provare un reale attaccamento, era stato costretto a cederle metà del suo cospicuo patrimonio.
Subito dopo suo padre, che evidentemente non aveva imparato nulla dalla disastrosa esperienza di Rufus, aveva annunciato di voler sposare l’attraente vedova cinquantenne che da un anno era la sua segretaria - la sua segretaria, per l’amor del cielo, poteva esistere un cliché peggiore? - la quale avrebbe portato con sé la figlia diciassettenne avuta dal precedente matrimonio.
Così era comparsa Gabriella Maria Lucia Benito.
Alta, con una grazia naturale nei movimenti, aveva rivolto un’occhiata a Rufus e da quel momento aveva fatto tutto ciò che era nel suo giovane potere per costringerlo a considerarla una donna ogni volta che lui aveva fatto visita al padre a Gresham House, la villa di famiglia nel Surrey.
Ma dopo l’esperienza che aveva vissuto con Angela, se mai l’improbabile idea di risposarsi per dare una madre alla figlia avesse sfiorato di nuovo la mente di Rufus, Gabriella Maria Lucia Benito, per quanto affascinante, sarebbe stata l’ultima donna che lui avrebbe scelto. Una cacciatrice di patrimoni in famiglia, sua madre Heather, era più che sufficiente. Anche se, riconobbe in quel momento con un lungo sguardo, Gabriella era senza dubbio una bellissima ragazza.
«Credo proprio che farò un tuffo in piscina» mormorò con voce roca, iniziando a slacciarsi la camicia. «Hai detto che mio padre e tua madre non arriveranno prima di un altro paio d’ore...?»
«Sì» confermò Gabriella turbata, mentre lo osservava sfilarsi la camicia e scoprire i muscoli abbronzati del torace, prima di slacciare la cintura e lasciare cadere i pantaloni sul pavimento della terrazza.
Gli attillati boxer neri che indossava rappresentavano un’alternativa adeguata al costume da bagno. Nonostante ciò, Gabriella arrossì alla vista della peluria che gli ricopriva il petto e che scendeva verso il basso, dove il tessuto di cotone non riusciva a nascondere l’evidente eccitazione di Rufus.
La voleva!
Gabriella faticava a respirare, mentre il suo sguardo tornava a osservare il volto duro e imperscrutabile di Rufus, i cui occhi verdi erano ancora nascosti dagli occhiali scuri.
Lui si lasciò cadere di fianco a lei sulla sdraio e le sfiorò la coscia con la propria. «Vorresti spalmarmi un po’ di olio sulla schiena?»
La mano di Gabriella tremava appena quando si versò qualche goccia di olio sul palmo, per sfiorare le sue ampie spalle, godendo di quel contatto.
Mai, nelle sue più folli fantasie su quell’uomo - e quante ce n’erano state! - aveva immaginato che lui le avrebbe permesso di toccarlo così. Mentre gli massaggiava la schiena, un intenso calore si accese fra le sue gambe e le si diffuse in tutto il corpo.
«Adesso davanti.» Rufus si voltò, si reclinò all’indietro sulla sdraio, sfilando finalmente gli occhiali da sole, e la guardò.
Gabriella gli massaggiò un po’ di olio anche sul petto, il respiro bloccato e completamente soggiogata da quello sguardo che seguiva ogni suo movimento.
«Più in basso» la invitò lui con voce morbida e seducente, prima di sfiorarle una coscia con la mano.
Gabriella avvertì il calore che le scaldava le guance e si costrinse a distogliere lo sguardo da quello di Rufus, per concentrarsi sulla propria mano che gli sfiorava i muscoli tesi dello stomaco.
«Più giù, Gabriella» la esortò lui rauco.
Invece di versare altro olio sul palmo della mano tremante, Gabriella gli lasciò cadere qualche goccia sulle gambe.
«Sì, lì...» mormorò Rufus.
Il tocco di lei lo stava facendo impazzire, riconobbe Rufus, che emise un breve sospiro di sollievo quando finalmente la sentì spostarsi lungo le cosce muscolose. Nonostante ciò, però, il tocco lieve delle sue dita non riuscì a smorzare il desiderio che si era impadronito di lui. Mancavano ancora un paio d’ore al ritorno dei loro genitori, aveva detto Gabriella, e Rufus intendeva toccarla nello stesso modo in cui aveva fatto lei. Toccarla ma non farla sua.
«Adesso tu» mormorò con voce roca. Si mosse per alzarsi e spinse Gabriella contro la sdraio.
Catturò il suo sguardo, mentre si prendeva tutto il tempo necessario per scaldare un po’ di olio fra le mani, prima di abbassarle su di lei e ungerla. Il gemito di piacere di Gabriella fu sufficiente a provocare una reazione simile in lui.
Oh sì, si sarebbe goduto la sensazione di toccare quella donna provocante!
Gabriella non riusciva a distogliere lo sguardo da lui, totalmente rapita dalle sensazioni che le stava regalando. Ma quando cominciava a credere di non poter resistere più, Rufus si staccò da lei e sollevò la testa per guardarla con gli occhi densi di soddisfazione.
«Più in basso?» le propose.
Gabriella riusciva a stento a respirare, figurarsi parlare, e il battito fremente delle lunghe ciglia sulle guance fu una risposta più che sufficiente per Rufus, che versò ancora qualche goccia di olio sulla mano, per scivolare ad accarezzarle la linea sottile dei fianchi, scorrendo verso l’interno, e scivolando a sorpresa dentro il triangolo del suo bikini.
Le cosce di Gabriella si mossero sensuali contro di lui e Rufus aumentò il ritmo delle carezze, conscio dell’eccitazione che la stava