In vacanza con il milionario: Harmony Jolly
Di Kate Hardy
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Per il milionario Roland Devereux partecipare a un matrimonio significa riaprire dolorose ferite, ma è stato scelto come testimone dal suo migliore amico, e non può rifiutare. Il momento delle danze è arrivato, e spetta a lui aprirle con la damigella della sposa, Grace Faraday. Quando le sfiora le mani, ha la sensazione di svegliarsi da un brutto sogno, e il suo cuore riprende a battere dopo tanto, troppo tempo. Non può lasciarsi sfuggire una simile occasione! Grace deve essere sua. Ecco perché le propone un viaggio di due settimane all'insegna dell'avventura e del divertimento. Presto, però, Roland realizza che due settimane non sono abbastanza...
Kate Hardy
Autrice inglese, consulta spesso riviste scientifiche per verificare i dettagli tecnici dei suoi romanzi.
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Anteprima del libro
In vacanza con il milionario - Kate Hardy
Prologo
Roland sorrise per tutta la durata della celebrazione. Il suo migliore amico si stava sposando, ed era felice per lui. Non voleva che il proprio dolore per la perdita della sua giovane moglie rovinasse quel momento di magia, e sotto gli sguardi apprensivi della maggior parte degli invitati che era a conoscenza dell'incidente subito da Lynette due anni prima, si comportò con disinvoltura, senza lasciarsi sopraffare dai sentimenti. Il giorno del suo matrimonio era rimasto impresso nella sua mente come uno dei più belli della sua vita e tale doveva rimanere, nonostante tutto.
In veste di testimone di nozze avrebbe fatto la sua parte. Tarquin, l'altro testimone di Hugh, stava già danzando con Bella, la sposa, e lui avrebbe dovuto danzare con la damigella d'onere più importante, Grace, la sorella della sposa. E avrebbe ballato, dannazione. Non voleva che gli ospiti pensassero che il ricordo di Lynette gli impedisse di partecipare alla festa. Non ne poteva più degli sguardi colmi di pietà e di compatimento.
Un ballo con Grace bastava e avanzava, si disse. Quella ragazza gli aveva fatto una pessima impressione. Ubriaca, aveva vomitato addosso a Hugh che aveva offerto un passaggio in taxi a lei e a sua sorella. Inoltre aveva disdetto le proprie nozze all'ultimo minuto. Avrebbe potuto pensarci prima!
Per Roland, Grace era soltanto una ragazza viziata a cui piaceva alzare il gomito. Era stata proprio una donna ubriaca, alla guida di una vettura sportiva, ad aver spezzato la vita di sua moglie. L'idea di dover essere gentile e galante con un tipo di donna come lei gli stringeva lo stomaco, ma si sarebbe comportato da gentiluomo. Lo doveva al suo amico Hugh che in quel momento stava volteggiando in mezzo alla sala con la sua sposa tra le braccia e un'espressione beata sul viso. La felicità di quella giovane coppia era palpabile, e tutti sembravano esserne contagiati.
Roland raddrizzò le spalle e tirò un respiro profondo. Avrebbe fatto ciò che ci si aspettava da lui. Prima di invitare Grace a ballare, la scrutò senza farsi notare. Fasciata in un abito rosso dallo scollo a cuore, lo stesso modello che indossavano le altre damigelle, e con ai piedi un paio di scarpette a tacco basso, sembrava timida e impacciata. Dall'acconciatura ricercata sfuggivano alcuni boccoli che le incorniciavano il viso dai bei lineamenti. Sebbene fosse una ragazza attraente, le mancavano la dolcezza e la vivacità della sorella.
Un solo ballo, ricordò a se stesso, avvicinandosi a lei e a Tarquin. «Come testimone di nozze, credo di essere io il suo prossimo cavaliere» li interruppe, sforzandosi di sorridere.
«Prego, amico mio. È il tuo turno» confermò Tarquin, picchiettandolo su una spalla. «A più tardi, Grace.»
«A più tardi, Tarquin» fece eco lei, voltandosi verso Roland. «Nessuno ci ha presentato in modo ufficiale. Io sono la sorella di Bella, Grace. E lei deve essere Roland, giusto?»
«Esatto.»
«È un piacere conoscerla» mormorò lei, porgendogli la mano.
Roland la strinse tra le sue e, inaspettatamente, avvertì un brivido dietro la nuca, come se qualcuno gli avesse infilato due dita fredde nel colletto della camicia. Affondò gli occhi nei suoi e notò che erano di un azzurro incredibile, luminoso e intenso come quello dei fiordalisi. La sua bocca era morbida e ben disegnata e l'incarnato chiaro e luminoso. Turbato da un'emozione che non seppe identificare, avvertì l'urgenza di proteggerla, come se Grace fosse una ragazza fragile e indifesa.
Continuò a fissarla, senza riuscire a trovare un argomento di conversazione.
«È stata una bella cerimonia, non crede?» domandò lei, togliendolo d'impaccio. «E la canzone che Hugh ha scritto per Bella è commovente.»
Roland annuì, limitandosi a sorridere, troppo confuso per mettere insieme qualche parola. Nonostante i pregiudizi che aveva nei confronti di quella sconosciuta, scoprì di trovarla attraente.
Incredibile quanto i due testimoni di Hugh fossero diversi, pensò Grace. Con Tarquin, gentile e spiritoso, si era sentita a proprio agio, mentre con Roland, un tipo attraente ma taciturno e dai modi sbrigativi, aveva provato una certa soggezione.
Il tait nero, abbinato a un gilet rosso cupo e a una cravatta dello stesso colore, sembrava cucito su misura. Per quello che ne sapeva, Roland poteva essere un modello professionista. Niente di più probabile con quei capelli scuri pettinati all'indietro, la pelle olivastra e il volto sbarbato. Aveva fascino da vendere.
Grace avrebbe voluto possedere la capacità di fingere di essere al lavoro e assumere così l'atteggiamento garbato e professionale che riservava ai suoi clienti, immaginando che Roland fosse uno qualunque di loro. Forse, allora, sarebbe riuscita ad arrivare indenne alla fine di quel ballo.
Cercando di dissimulare il proprio disagio, si affidò a Roland e seguì i suoi passi a ritmo della musica. Fortunatamente calzava delle scarpe a tacco basso, altrimenti avrebbe corso il rischio d'inciampare o, peggio, di pestare i piedi del suo cavaliere. Le sembrava strano ballare con un uomo più alto di lei di una quindicina di centimetri. Howard, il suo ex fidanzato, la superava in altezza di pochi centimetri e per non farlo sfigurare, Grace aveva sempre indossato delle scarpe basse. Adesso, tra le braccia di quell'uomo dalle spalle larghe e dal torace ampio, si sentiva piccola e indifesa. Una sensazione del tutto nuova per lei.
Stampandosi un sorriso di circostanza sulle labbra, lo guardò negli occhi in cerca di un segno di amicizia ma lo sguardo di Roland, vigile e diffidente, le ricordò quello di sua suocera. Era chiaro che lei non era il suo tipo. Pazienza! Gli avrebbe concesso quel ballo, come richiesto dalla circostanza, poi avrebbe mantenuto le distanze da lui per il resto della serata.
Sforzandosi d'ignorare quello strano formicolio che aveva avvertito nelle braccia e nelle gambe e che per un attimo le aveva tolto il respiro, si concentrò sui passi, convincendosi che probabilmente la sua eccessiva suscettibilità dipendeva dall'atmosfera che si respirava durante i matrimoni.
L'ambientazione splendida faceva da corollario a una famiglia unita e calorosa, che aveva accolto Bella come una figlia. Anche Roland, notò Grace, aveva dimostrato di apprezzare sua sorella, comportandosi con lei in modo amabile e caloroso.
Perché invece con lei era freddo e distante? Doveva avergli fatto una cattiva impressione, perché non riusciva a spiegarsi il suo comportamento.
Sapeva che Roland era uno dei migliori amici di Hugh, che era socio inattivo della casa discografica del suo amico e che era single, sebbene fosse uno degli uomini più affascinanti che avesse mai incontrato. Tuttavia non si sarebbe mai potuta invaghire di uno come lui. Aveva bisogno di un uomo che le facesse battere forte il cuore, che la facesse sentire desiderabile e amata, che fosse sensibile e premuroso, e Roland non possedeva nessuno di quei requisiti.
1
Due giorni dopo
Grace provava un senso di solitudine e di vuoto senza Bella. Le mancavano la sua risata e il suo disordine, la spavalderia e il calore che emanava. Avrebbe voluto chiamarla, raccontarle del colloquio di lavoro che aveva sostenuto, ma la sua sorellina era in viaggio di nozze a San Francisco e non voleva disturbarla, considerando anche le otto ore di fuso orario. Avrebbe aspettato con pazienza di ricevere sue notizie tramite un messaggio.
Da due mesi a quella parte, da quando cioè aveva annullato il matrimonio, perso il lavoro e la casa, la sua vita, fino a quel momento pianificata in ogni dettaglio, era diventata caotica. Abituata a programmare ogni minuto della giornata, stava imparando a fare a meno delle certezze. Il suo piccolo, solido mondo era crollato per sua scelta e adesso doveva fare i conti con se stessa. Sebbene quella di rinunciare a sposarsi fosse stata una decisione precipitosa, estranea al suo modo di essere, sapeva di aver fatto la scelta giusta.
Grace doveva rimettersi in discussione, riconsiderare le sue priorità e imparare da Bella a gestire i cambiamenti e ad accettare le sfide.
Per fortuna non aveva perso del tutto il suo sangue freddo e ricordandosi che Bella aveva dimenticato di disdire l'affitto, era subentrata lei nell'appartamento della sorella. Lentamente, mattoncino dopo mattoncino, destreggiandosi tra nuove e molteplici difficoltà, stava riprendendo in mano la sua esistenza.
Aprendo il portone dell'edificio in cui abitava, suddiviso in tre appartamenti, si sentì lambire i piedi dall'acqua. Abbassò lo sguardo e con orrore si accorse che l'ingresso era allagato. Evitando di farsi sopraffare dal panico, pensò a come correre ai ripari: avrebbe chiuso il rubinetto centrale di erogazione dell'acqua e spento l'interruttore della corrente elettrica, poi avrebbe avvertito il padrone di casa e chiamato immediatamente un idraulico. Rassicurata dal suo piano, aprì la porta del proprio appartamento e con sgomento notò che l'acqua aveva invaso ogni locale. Soffocando un grido, si sfilò le scarpe, che posò sul tavolo insieme alla valigetta e alla borsa.
Doveva chiudere immediatamente tutti i rubinetti, spegnere il contatore generale e cercare l'origine della perdita. Entrando nel bagno si accorse subito che il guasto dipendeva da una tubatura rotta del lavandino. Corse a prendere un secchio per raccogliere l'acqua che defluiva a fiotti, quindi prese tutti gli stracci che aveva e li gettò sul pavimento perché assorbissero un po' di acqua. Doveva telefonare al padrone di casa, nella speranza che intervenisse al più presto con un idraulico. In ogni caso, però, quella notte Grace non avrebbe potuto dormire lì. Soffocando un gemito, corse in cucina dove aveva visto, attaccato al frigorifero con un magnete, un foglio con un numero di telefono da contattare in caso di necessità. Probabilmente apparteneva al padrone di casa. Rincuorata, afferrò il cellulare e digitò il numero, grata che sua sorella lo avesse lasciato a portata di mano.
Roland osservò il display senza rispondere. Non conosceva quel numero perciò lasciò che la voce metallica della segreteria facesse le sue veci, invitando chiunque fosse a lasciare un messaggio.
«Pronto? Sono Grace Faraday, la sorella di Bella» mormorò la donna con voce incerta.
Roland corrugò la fronte, sorpreso di sentire la cognata di Hugh. Si erano visti solo al matrimonio del suo amico e non si erano nemmeno piaciuti.
«La prego, mi richiami appena sente questo messaggio. È urgente» dichiarò lei, lasciandogli il suo numero. «Se non mi richiamerà entro trenta minuti, sarò costretta a contattare il primo idraulico che trovo, e visto che sarà lei a pagare l'intervento, preferirei che si affidasse a un uomo di sua fiducia.»
Sempre più confuso, Roland afferrò il ricevitore. Probabilmente aveva scambiato il suo numero con quello del proprietario dell'appartamento, però come ne fosse entrata in possesso restava un mistero. «Pronto?» si affrettò a rispondere. «Sono Roland Devereux.»
Seguì un lungo silenzio. «Roland? Il testimone di nozze di Hugh?» domandò lei incredula.
«Sì, sono io.»
«Per fortuna ha risposto! Stavo per riattaccare. Sono Grace, la sorella di Bella. Mi dispiace disturbarla, ma si tratta di