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Scontro d'amore: Harmony Jolly
Scontro d'amore: Harmony Jolly
Scontro d'amore: Harmony Jolly
E-book151 pagine1 ora

Scontro d'amore: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Può il vero amore appianare le diversità?

Jessalyn Raffi e Jordan Paydan non potrebbero essere più diversi: lei è un'artista bohemienne che ama i paesini di campagna e la tranquillità, mentre lui è uno scapolo milionario il cui habitat perfetto è la metropoli newyorkese.
Dopo una partenza con il piede sbagliato, nessuno dei due può negare l'attrazione che li unisce, ma le condizioni per una relazione continuano a mancare. Jess infatti ha avuto un'infanzia difficile e ora cerca una stabilità che Jordan non può darle.
Ma il destino e la sorellina del misterioso milionario la pensano in modo differente. E chissà, forse è vero che gli opposti si attraggono...

LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2020
ISBN9788830512283
Scontro d'amore: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Scontro d'amore - Nina Singh

    successivo.

    Prologo

    Si era sempre vantato di essere pronto a tutto. Più che pronto. Ma questo proprio non se l'era aspettato.

    In piedi davanti alla vetrata del suo attico nell'Upper East Side di Manhattan, Jordan Paydan fissava il documento che uno speciale fattorino gli aveva appena consegnato. Nessun dettaglio era stato trascurato. Un intero stuolo di avvocati esperti nel diritto di famiglia lo avevano esaminato da cima a fondo.

    E adesso la sua vita non sarebbe più stata la stessa.

    La sua matrigna non aveva fatto alcuna opposizione. Attendeva soltanto che il denaro fosse trasferito sul suo conto. Scoppiò in un'amara risata nell'usare quel termine. Matrigna. Quella donna aveva poco più dei suoi trentun anni. E di sicuro non si comportava come un adulto responsabile. Non la conosceva bene, ma quello che sapeva di lei era chiaro come il cielo di quello splendido pomeriggio di New York. Considerando gli avvenimenti degli ultimi mesi e il documento che teneva in mano, la sua matrigna non aveva avuto alcuna remora a rifarsi una vita tagliando tutti i ponti dopo la morte di suo padre.

    Imprecando sottovoce, Jordan lanciò il documento e la busta che lo conteneva sulla scrivania di mogano. Non gli restava altro da fare che prepararsi per gli enormi cambiamenti che avrebbero sconvolto la sua esistenza. Doveva solo capire da dove cominciare.

    1

    Sei mesi dopo

    Jessalyn Raffi era completamente assorbita dal murale che stava dipingendo sulla parete. Stava venendo bene. Molto bene, secondo lei. Aveva trascorso gran parte della giornata a disegnare con estrema cura l'immagine di un antico e maestoso castello situato in cima a una grande montagna. Nuvole vaporose fluttuavano fra le torri. E alla base ci aveva persino messo dei cavalieri.

    Jess era sicura che alla bambina che avrebbe occupato quella stanza sarebbe piaciuto moltissimo il murale. Sarebbe piaciuto a qualunque bambino. Poter entrare nella propria cameretta ed essere trasportato attraverso il tempo e lo spazio in una diversa realtà sarebbe sembrato magico ai piccoli. Ne era certa.

    Assorbita com'era da quello che stava facendo, non sentì la porta aprirsi e chiudersi al piano terra e non udì nemmeno il suono dei passi di qualcuno che saliva le scale. Perciò non c'era da meravigliarsi se, all'improvviso si rese conto che c'era qualcuno in piedi sulla soglia della cameretta, e cacciò un urlo. L'uomo la stava fissando e lei, obbedendo senza riflettere all'istinto di autoconservazione, gli scagliò contro il pennello che aveva appena intinto nella vernice, colpendolo in pieno petto.

    «Che diavolo!» tuonò una profonda voce maschile.

    Jess si rese conto quasi subito dello sbaglio che aveva commesso. Ma era troppo tardi. Un'enorme macchia di tinta rossa si era già sparsa sulla camicia dell'uomo.

    Una camicia di seta, di ottima fattura e chiaramente molto costosa.

    Ma il peggio era che quell'uomo non era affatto un intruso. A giudicare dal suo aspetto, doveva essere il nuovo proprietario della casa. E lei lo aveva aggredito con un pennello!

    «Oh, mio Dio!» esclamò. «Mi dispiace tanto! È solo che mi ha spaventata.»

    Con lo straccio umido che usava per pulire i pennelli, provò a togliergli la macchia dalla camicia, ma riuscì solo a peggiorare le cose.

    «La smetta, la prego» le intimò lui a denti stretti. Dal modo in cui stringeva le mani a pugno, si capiva che moriva dalla voglia di allontanarla con uno spintone, ma riuscì a trattenersi.

    «Mi dispiace» ripeté Jess con un filo di voce. «Ma che cosa ci fa qui?»

    «Questa è casa mia» le ricordò lui in tono tagliente. «Dovrei essere io a farle questa domanda.»

    Nonostante l'imbarazzo che provava, Jess osò guardarlo in faccia e per poco non le prese un colpo. Non c'erano dubbi: era bellissimo. Capelli biondo cenere, penetranti occhi verdi, lineamenti regolari che un velo di barba rendeva molto, molto maschili. E aveva anche il fisico di un atleta, alto e muscoloso.

    «Ma... ma io non mi aspettavo che arrivasse oggi» balbettò. «Marie mi aveva detto che sarebbe arrivato domattina. È la proprietaria della ditta di imbianchini che ha assunto, ma è anche una mia amica e ogni tanto mi commissiona qualche lavoretto. Io... ecco... lo stavo giusto finendo» concluse, indicando l'enorme murale alle sue spalle.

    Lui non lo degnò nemmeno di uno sguardo e replicò: «Niente di tutto ciò spiega perché lei sia qui a quest'ora e perché la porta di casa mia fosse aperta».

    «Temo di avere perso la nozione del tempo» mormorò Jess scrollando le spalle e tentando senza successo di sorridere. «Come le ho detto, stavo finendo il murale.»

    Per tutta risposta, lui si limitò a fissarla in silenzio e Jess, quando non riuscì più a sopportare il suo sguardo, chinò la testa e lo informò, anche se non ce n'era alcun bisogno: «È un castello».

    «Lo vedo, ma mi spieghi perché.»

    «Perché che cosa?» gli domandò Jess interdetta.

    «Innanzitutto perché ha dipinto un murale. Ho chiesto alla mia segretaria di assumere degli imbianchini solo per dipingere le pareti. E avevo anche precisato quale colore avrebbero dovuto utilizzare.»

    «Sì, lo so» ammise Jess. «Bianco guscio d'uovo. Ovunque.»

    Il colore più banale e noioso del mondo, ma era evidente che lui non la pensava così.

    «Esatto. Quindi, come vede, un castello medievale con torri e cavalieri non era previsto.»

    «Me ne rendo conto» convenne Jess. «Ma Marie mi ha detto che questa sarebbe stata la cameretta di una bambina e ho pensato che qualunque bimbo avrebbe apprezzato...»

    «A prescindere da quello che pensava, ha fatto di sua iniziativa qualcosa che si è tradotto in un ritardo nella mia tabella di marcia» la interruppe brusco lui.

    «Le chiedo scusa» ribatté Jess rendendosi conto che lui non aveva tutti i torti. «Ma mi ci vorranno solo pochi minuti per finirlo.»

    «La bambina che deve occupare questa stanza sarà qui fra pochi minuti e per colpa sua non potrà passare la prima notte nella sua nuova casa e nella sua nuova cameretta» le fece notare lui con asprezza.

    D'accordo, convenne Jess. Anche su quello aveva ragione. Ma c'erano tante altre stanze in quella casa! Comunque, ritenne più saggio non fare obiezioni e ripeté: «Le rinnovo le mie scuse e le assicuro che finirò in men che non si dica».

    Ma lui non la stava ascoltando. Si era spostato di lato per permetterle di passare e indicando le scale le disse: «Se ne vada, per piacere».

    Jess inghiottì il groppo che le si era formato in gola raggiungendo le dimensioni di un mattone. Maledizione. Non intendeva scoppiare in lacrime. Non davanti a quell'insensibile e sgarbato estraneo. Aveva solo cercato di fare qualcosa di carino per una bambina, accidenti! Senza proferire parola, cominciò a raccogliere in fretta le proprie cose.

    Jordan osservò la ragazza scendere di corsa le scale e uscire come un razzo dalla porta. Era certo che se la sarebbe sbattuta alle spalle, ma, con suo grande stupore, lei non lo fece e chiuse con delicatezza. Ma non c'erano dubbi che non vedesse l'ora di andarsene. Del resto, nessuno avrebbe potuto biasimarla dopo il modo in cui lui l'aveva trattata. Era stato quasi sul punto di richiamarla per chiederle scusa mentre scendeva le scale. Forse avrebbe dovuto. Ma era stata una giornataccia. Aveva guidato per quattro ore di fila, gran parte delle quali sotto la pioggia battente e quasi sempre parlando d'affari al telefono dell'auto con uno dei suoi clienti più importanti. Tutto quello che voleva fare al suo arrivo era dare una controllata alla sua nuova casa e poi farsi la doccia. Era sicuro che non ci fosse nessuno e nemmeno lui poteva essere biasimato se era stato un po' brusco con quella ragazza. Senza contare che aveva rovinato una delle sue migliori camicie. No, non doveva proprio sentirsi in colpa per il modo in cui si era comportato.

    O forse sì.

    Jordan scosse la testa. Quel che è fatto è fatto. Non poteva rimediare in alcun modo. Per farlo, avrebbe dovuto scoprire come si chiamava attraverso la ditta di imbianchini e poi cercare di mettersi in contatto con lei per chiederle scusa. Non ne aveva proprio il tempo. E tentare di raggiungerla adesso era una stupidità. E allora perché stava pensando di farlo? Doveva scacciare subito quell'idea dalla mente!

    E comunque, Elise sarebbe arrivata di lì a poco con la piccola Sonya e lui sarebbe stato fin troppo occupato a sistemare tutti quanti per la notte nella nuova casa. A quel punto, aveva giusto il tempo per fare la doccia e nient'altro.

    Prima di avviarsi verso il bagno, però, si voltò verso il murale. Ora che lo guardava meglio, dovette ammettere che era un autentico capolavoro. Passando oltre, studiò ulteriormente il dipinto, era pieno di dettagli e colori, fino ai minuscoli cavalieri in sella ai loro destrieri che salivano lungo i fianchi della montagna. Era incredibile che avesse fatto tutto quanto a mano libera. Era una pittrice eccezionale, non un'imbrattatele. E lui l'aveva rimproverata.

    Forse cercare di rintracciarla per chiederle scusa non era una cattiva idea.

    Nonostante l'odore della tinta, aveva avvertito il suo delicato profumo di lillà quando gli era passata accanto per uscire dalla stanza. Non ricordava quanto tempo fosse trascorso dall'ultima volta che aveva notato il profumo di una donna. Rammentò l'imbarazzato silenzio e la tensione che c'era nell'aria mentre lei raccoglieva le proprie cose mordendosi il labbro inferiore nell'evidente tentativo di trattenere le lacrime. E quel ricordo aumentò il suo senso di colpa.

    Non c'erano dubbi che si fosse comportato come un bastardo. Non aveva nessuna giustificazione. Semmai, era una prova in più del fatto che non aveva né il carattere adatto né la pazienza per occuparsi da solo di una bambina. Ma non aveva avuto scelta.

    Gli tornarono alla mente le parole di suo padre. Devi occupartene tu, Jordan. So quanto ti sto chiedendo, ma sua madre non la vuole.

    Martha's Vineyard era una piccola isola, il che era il motivo principale per cui aveva deciso di trasferirsi lì. Il tipo di luogo in cui tutti frequentano gli stessi posti. Le probabilità che incontrasse di nuovo per caso la pittrice erano molto alte. E, quando sarebbe accaduto, le avrebbe porto le sue più sentite scuse.

    Adesso aveva altro di cui preoccuparsi.

    Quando uscì dalla doccia, Jordan era sempre più convinto che prima o poi avrebbe incontrato la pittrice. E allora non le avrebbe soltanto chiesto scusa, ma le avrebbe fatto anche i complimenti per il murale e il suo grande talento artistico. Forse avrebbe anche potuto spiegarle che per lavoro era abituato a trattare tutti i giorni con uomini d'affari spietati e che a volte si comportava allo stesso modo nella vita privata, specie quando aveva giornate difficili come questa.

    L'idea di potersi giustificare gli migliorò notevolmente l'umore. Un miglioramento che ovviamente non aveva nulla a che fare con la prospettiva di rivedere

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