Un piccolo grande segreto
Di Kathryn Ross
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Info su questo ebook
Alison Trevelyan ha tenuta nascosta la verità per due anni, a tutti i concittadini ma soprattutto al diretto interessato:prima di troncare la loro appassionata relazione, che nel suo cuore non è mai finita, il milionario Luke Davenport le ha regalato piccolo Nathan. Ora Luke è tornato a Penray e sa tutto. Alison è così orgogliosa che vorrebbe rifiutare qualsiasi contatto, sicura che intanto si sia sposato, ma si trova con le spalle al muro perché gli hanno riferito anche che lei sta...
Kathryn Ross
Americana, viene giustamente considerata uno dei nuovi "talenti" della narrativa rosa targata Harlequin.
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Anteprima del libro
Un piccolo grande segreto - Kathryn Ross
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Secret Child
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2002 Kathryn Ross
Traduzione di Silvia Artoni
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3053-722-4
Frontespizio. «Un piccolo grande segreto» di Ross Kathryn1
Alison aprì la finestra e inspirò profondamente.
L’aria, pur essendo mattino, era calda e afosa e non servì granché ad alleviare la soffocante sensazione che avvertiva crescerle dentro.
Era in arrivo una tempesta, rifletté osservando la foschia biancastra sospesa sull’oceano lungo il tratto di scogliera che s’intravedeva dal suo cottage.
Era come se tutto il mondo trattenesse il respiro perché Luke Davenport era arrivato a casa.
Nathan fece cadere in terra un cucchiaio, richiamando la sua attenzione in cucina.
«Vuoi che la mamma ti aiuti a finire la colazione?» gli domandò lei con un sorriso, fissando gli occhi grandi e birichini di suo figlio.Il bambino scosse la testa prendendole di mano la posata pulita che gli porgeva.
«D’accordo, Signor Facciotuttoio!»
Finì di sorseggiare il suo tè, cercando di togliersi dalla mente l’uomo che due anni e mezzo prima era stato il suo amante e che l’aveva abbandonata senza nessuna spiegazione.Ma, mentre osservava il bimbo sul seggiolone, si rese conto che non era facile.
Gli occhi azzurri e i capelli scuri del piccolo le ricordarono così intensamente il suo amante di un tempo che le si strinse il cuore. Entro poche settimane Nathan avrebbe compiuto due anni. Considerando come volava il tempo, presto avrebbe iniziato a chiederle del suo papà... E lei che cosa gli avrebbe raccontato? Che lui non lo aveva voluto? Sarebbe stata una bugia. Non aveva voluto lei... del suo bimbo non sapeva nulla. Per il bene del figlio, desiderò che le cose fossero andate diversamente.
Ma le cose non sarebbero mai potute andare diversamente, cercò di convincersi. Ora Luke era sposato ed era tornato solo per partecipare al funerale di suo padre e occuparsi dell’eredità, dopodiché avrebbe raggiunto di nuovo New York scomparendo per sempre.
Erano trascorsi due anni e mezzo da quando si erano visti l’ultima volta e il loro incontro non era stato certo dei più piacevoli.
Emettendo un lungo sospiro, Alison lanciò un’occhiata all’orologio. Le sette e trenta. Tra poco sarebbe arrivata Jane, la babysitter, e lei sarebbe uscita per andare al lavoro. L’attendeva una giornata faticosa. Erano previsti diversi arrivi e partenze in albergo e anche un’importante riunione con il direttore della banca. Poteva solo sperare di rientrare in tempo per augurare al figlio la buonanotte.
«Non ho voglia di andare a lavorare oggi, piccolo!» gemette in tono sconsolato. «Vorrei poter stare qui con te.»
Il bambino ridacchiò, come se si trattasse di una cosa divertente.
Ma non lo era affatto. Era un periodo denso di problemi sul lavoro e le sembrava di trascorrere sempre più tempo lontano da casa. Il guaio dell’impresa a conduzione familiare, infatti, era che non riusciva mai a capire se aveva fatto un numero sufficiente di ore. L’albergo, a volte, le sembrava addirittura un altro figlio per quanta responsabilità richiedeva... Non era in gioco solo il suo benessere economico, ma anche quello dei suoi fratelli. Erano tutti proprietari di una quota del Cliff Hotel e, poi se qualcosa fosse andato storto, tutti quanti ne avrebbero pagato le conseguenze.
Lo squillo improvviso del telefono la distolse da questi pensieri.
«Ciao, sorellina, come stai oggi?»
Le occorse qualche istante per riconoscere suo fratello maggiore. In quel periodo era talmente abituata a sentire la voce di Garth seria e cupa a causa delle difficoltà dell’impresa che quel tono allegro fu una vera sorpresa. «Ciao. Sei di buonumore, oggi!»
«Puoi dirlo forte, sorellina. Credo di aver trovato una soluzione ai nostri problemi!»
Alison corrugò la fronte. La sera prima aveva controllato i conti e sapeva perfettamente che la situazione era anche più grave di quanto avessero temuto all’inizio.
«Deve essere una specie di miracolo, Garth...»
«È un miracolo! Ho trovato un investitore. Non posso spiegarti i dettagli adesso, ma sta’ tranquilla. Ci sono ancora alcuni punti da definire... Appena avremo raggiunto un accordo, ti prometto che convocherò una riunione familiare. Mi serve solo un po’ di tempo ed è fatta! Potresti chiamare la banca e vedere se si può rimandare la riunione con il direttore verso la fine della settimana?»
«Sì, ci proverò... E si può sapere chi sarebbe questo misterioso investitore? Dobbiamo essere prudenti a fare entrare un nuovo socio...»
«Ne parleremo più avanti. Grazie, Alison» tagliò corto l’altro, prima di abbassare la cornetta.
Lei rimase a fissare l’apparecchio con aria perplessa. L’hotel era in una situazione talmente precaria che nessun acquirente dotato di un briciolo di senno si sarebbe offerto di tirarli fuori dai guai. Si augurava solo che il fratello non stesse andando incontro a una sonora delusione.
Ma non c’era tempo per fermarsi a pensare. Jane era arrivata e Alison si affrettò ad afferrare la ventiquattrore e a salutare suo figlio prima di uscire.
L’albergo non era molto distante dal cottage in cui abitava. Non appena entrò nel parcheggio, la prima cosa che notò fu una Mercedes rosso fiammante. Solo dopo aver richiuso l’auto, dirigendosi verso l’ingresso, si accorse anche della targa personalizzata: LUKE 1.
Un moto d’inquietudine la scosse. Non poteva essere la macchina di Luke Davenport... O sì? Che motivo poteva avere per essere lì? Non era certo il posto più adatto in cui prendere un caffè con la moglie!, cercò di convincersi, entrando dalla porta girevole.
E se avesse scoperto l’esistenza di suo figlio? Quest’ultima ipotesi la mise a disagio, ma proseguì a passo spedito verso la lussuosa reception del Cliff Hotel.
Non poteva sapere di Nathan, cercò di razionalizzare. Le uniche persone che conoscevano la verità erano i suoi fratelli e il suo amico più caro, Todd. Però nessuno di loro avrebbe mai tradito il suo segreto. E comunque, anche se Luke avesse appreso la notizia, non le sarebbe importato nulla, esattamente come due anni e mezzo prima a lui non era importato nulla di abbandonarla...
Un anno prima, quando era venuto a fare visita a suo padre, aveva vissuto la stessa angoscia. Allora non si era nemmeno disturbato a mettersi in contatto con lei. Era tornato negli Stati Uniti e aveva sposato Bianca.
«Buongiorno, Alison» la accolse la receptionist con un largo sorriso.
«Buongiorno, Clare. Come va oggi?»
«Tutto bene. C’è una visita per te.»
All’improvviso, il cuore di Alison iniziò a martellarle nel petto. «Ah, davvero? E di chi?»
«Non lo so. Non ha voluto lasciarmi il suo nome.»
Per un breve istante, tirò un sospiro di sollievo, pensando di essersi sbagliata. Non poteva essere lui. Tutti in paese conoscevano Luke Davenport.
Clare abbassò la voce. «Ma chiunque sia, non passa certo inosservato!» sussurrò in tono di complicità. «Ti sta aspettando in biblioteca.»
Non passa certo inosservato... una descrizione calzante di Luke Davenport!, rifletté, ricordando con delusione che Clare era arrivata in paese da poco e non poteva certo riconoscerlo. «D’accordo...» si arrese, cercando di ricomporre le idee. «Lasciami cinque minuti, poi entra e dimmi che c’è una chiamata importante per me.»
«Okay!» replicò l’altra semplicemente.
Cerca solo di mantenere la calma e vedrai che andrà tutto bene, si ripeté mentre si dirigeva verso la biblioteca. Hai venticinque anni e Luke Davenport non ha più alcun ascendente su di te!
Ma questi propositi svanirono appena aprì la porta e riconobbe Luke: era girato di spalle, lo sguardo rivolto fuori dalla finestra, verso il mare.
Si fermò un istante a contemplare la sua figura alta e aggraziata. Il modo stesso in cui teneva le gambe leggermente divaricate, i jeans neri e la maglietta scura... Le era tutto talmente familiare che sentì un nodo alla gola.
Avrebbe desiderato che ci fosse anche qualcun altro, ma, come poté constatare, con i suoi divani di velluto blu e i ripiani alle pareti traboccanti di libri, la stanza era desolatamente vuota.
Si schiarì la voce e subito lui si voltò.
«Ciao, Ali!»
Lo fissò attentamente, incredula nel trovarsi davvero di fronte l’uomo che, negli ultimi due anni e mezzo, aveva popolato non solo i suoi pensieri, ma anche i suoi sogni.
Era bellissimo come l’ultima volta in cui si erano visti. I folti capelli neri erano rischiarati solo da qualche filo d’argento alle tempie. I lineamenti erano perfetti, dai penetranti occhi azzurri alla mascella squadrata, fino alle labbra sensuali. A un tratto, le venne in mente come, in passato, quella bocca avesse catturato la sua, torturandola dolcemente per alimentare il desiderio e...
Ma ora era tutto cambiato, cercò di ricordare a se stessa, e lui era sposato.
«Luke... che sorpresa!» esclamò in tono rigidamente controllato.
«Davvero?» domandò lui sorridendo. «Credevo che mi aspettassi, per lo meno...»
Alison strinse le spalle. «Ho saputo di tuo padre. Mi dispiace. A dire il vero, però, non mi aspettavo certo di vederti qui!»
Luke rimase a fissarla in silenzio, studiando i suoi occhi verdi e i capelli biondi raccolti in una treccia. «In nome dei vecchi tempi...»
A un tratto, lei avrebbe voluto aver almeno qualcosa dietro cui nascondersi. Non si era mai sentita tanto esposta... tanto impotente e vulnerabile.
«Onestamente, l’ultimo posto in cui immaginavo di trovarti è qui al Cliff Hotel, in territorio nemico...»
Lui accennò un sorriso. «Erano i nostri padri che erano nemici, non noi... Se ricordo bene, avevamo superato quest’ostacolo parecchio tempo fa.» Luke notò compiaciuto che le guance della donna si stavano tingendo di rosso e lei si sentì ancora più in imbarazzo.
«Allora, quanto rimarrai?» Non avrebbe voluto fargli quella domanda, ma fu tradita dalla curiosità.
«Abbastanza a lungo.»
Abbastanza a lungo per cosa?, si chiese. Abbastanza a lungo per far stimare la proprietà di tuo padre e rivenderla? Oppure per distruggere di nuovo la mia vita?
«Ho parecchie cose da sistemare, Luke» tagliò corto lanciando un’occhiata all’orologio. «Cosa posso fare per te? Immagino che tu non sia venuto solo per ricordare i vecchi tempi» aggiunse con sarcasmo.
Lui scosse la testa. «Che illuso sono stato! Dopo due anni e mezzo, pensavo che avresti potuto dedicarmi almeno cinque minuti del tuo prezioso tempo, prima che qualcuno venisse a richiamarti con qualche scusa.»
Se la reception non fosse stata piuttosto lontana dalla biblioteca, sarebbe stata pronta a giurare che aveva origliato la sua conversazione con Clare. «Cosa vuoi, Luke?» ripeté cercando di non lasciarsi scoraggiare dalla sua proverbiale capacità di anticipare le sue mosse.
«Credevo che fosse ovvio... volevo vederti, naturalmente» sussurrò asciutto.
Aveva una voce straordinariamente sexy. Le sue parole erano sempre riuscite a trasmetterle brividi di desiderio e il fatto che per lei nulla fosse cambiato, la sconcertò.
«Ho saputo che sei diventata mamma, da quando ci siamo visti l’ultima volta...»
Quest’ultima frase risuonò nella sua coscienza come se fosse stata amplificata milioni di volte.
«Sì... e io, invece, ho saputo che ti sei sposato» ribatté prontamente. «Congratulazioni!»
In quel momento entrò Clare, e Alison sentì che non era mai stata tanto contenta di vedere qualcuno.
«Mi dispiace disturbarti, ma ti vogliono urgentemente al telefono» annunciò, quindi analizzò entrambi con curiosità e lanciò un ammaliante sorriso a Luke, il quale ricambiò cordiale.
«D’accordo, Clare. Ti ringrazio.»
Ma la receptionist non si mosse di un centimetro. Anzi restò immobile