La resa di una notte: Harmony Destiny
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Anteprima del libro
La resa di una notte - Sarah M. Anderson
successivo.
Prologo
È tutto vero, pensò Violet.
Ben premette il corpo contro il suo, facendola indietreggiare verso le porte dell'ascensore. Avvertì il suo membro sfiorarle la coscia e sorrise.
Non era un sogno. Stava succedendo davvero.
«Baciami» mormorò lui. Non sapeva da dove provenisse, però aveva un accento fantastico. La sua voce le faceva pensare all'estate e al sole perché la scaldava dalla testa ai piedi.
Ben le baciò il collo e lei gli passò le dita tra i capelli scuri.
A quel punto gli sollevò il volto e lui accostò la fronte alla sua. «Baciami, mia bellissima V.» La guardò negli occhi e lei capì che stava aspettando una sua decisione.
Una sensazione di potere la pervase. Era proprio per quel motivo che stava per andare a letto con uno sconosciuto. Ben non sapeva che lei era Violet McCallum, sorella minore di Mac McCallum.
Dopo la morte dei genitori, tutti si erano sentiti in dovere di proteggerla dai pericoli del mondo. Viveva ancora con il fratello, che sorvegliava ogni sua mossa per evitare che qualcuno la ferisse.
Be', quella sera lei non sarebbe stata la piccola Violet. Era V, una donna misteriosa e seducente. E un uomo splendido come Ben era attratto da lei.
Lo baciò con passione e le loro lingue s'intrecciarono. Lo strinse a sé, facendogli capire che lo desiderava con tutta l'anima.
Non si era recata nel bar di quell'hotel lontano da Royal con l'intento di andare a letto con uno sconosciuto. Aveva deciso di indossare un vestito elegante per sentirsi carina e magari flirtare con qualcuno. Aveva bisogno di essere un'altra persona, soltanto per una sera.
E poi aveva incontrato Ben.
«Hai degli occhi stupendi» sussurrò lui. Le sue mani scesero lungo la schiena e le afferrò le natiche. «E tante altre cose meravigliose, mia cara V» aggiunse, sollevandola. Lei gli avvinghiò le gambe attorno alla vita e sentì l'eccitazione di Ben contro la sua intimità.
Fu avvolta da un calore intenso e lui prese a baciarle il solco tra i seni mentre con una mano superò l'ostacolo delle mutandine e l'accarezzò, togliendole il respiro.
«Quando usciremo dall'ascensore tu sarai mia, capito? Ti farò stendere sul letto e urlare di piacere. Ti avviso, questa è l'ultima occasione per ritornare al bar.»
Il suo corpo fu percorso dai brividi. Nella vita di tutti i giorni non avrebbe mai permesso a un uomo di parlarle in quel modo.
«È una promessa?» gli chiese.
«Sì» rispose lui con decisione. «Il tuo piacere è il mio piacere.»
Quella era la cosa più dolce che le avessero mai detto. Di solito non era libera di fare ciò che voleva perché, secondo il fratello, c'era sempre qualche pericolo in agguato. Inventava un mucchio di scuse per tenerla al sicuro.
Se Mac avesse saputo che si trovava in un hotel con un uomo pronto a regalarle una notte di pura passione, sarebbe impazzito. Aveva cercato di proteggerla da qualunque minaccia per dodici anni.
E lei era stufa. Voleva qualcosa di rischioso. Voleva Ben.
Finse un'aria innocente. «Allora perché siamo ancora qui?»
«Sei sicura di volerlo?»
«Certo. E non smettere di parlare.» Ben si era avviato lungo il corridoio prima che lei finisse la frase.
«Sei sempre così avventurosa?» le domandò.
La stava trasportando con noncuranza, come se non pesasse nulla. Era una piuma tra quelle braccia forti. Si sentiva al settimo cielo e niente poteva riportarla sulla terra.
Non aveva alcuna intenzione di confessargli che non aveva molta esperienza a letto. Ogni volta che le cose con un ragazzo si facevano serie, il fratello si comportava in modo iperprotettivo e lo allontanava da lei.
A differenza di Violet, V era una donna adulta ed esperta. Si trovava sullo stesso piano di Ben. E non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via. «C'è solo un modo per scoprirlo» replicò.
In quel momento una porta si aprì sul pianerottolo e un uomo di mezza età comparve sulla soglia. «Che succede qui?» brontolò.
Ben non disse nulla e non fece alcun gesto intimidatorio. Si limitò a fissarlo.
«Oh. Capisco» farfugliò l'uomo, richiudendo la porta.
«Accipicchia!» esclamò lei. «Sei davvero un tipo tosto!» Ben trasudava mascolinità da tutti i pori.
«Un tipo tosto, eh?» ripeté lui ridacchiando. Riprese a camminare e a ogni passo la sua virilità le premeva contro, lasciandola senza fiato. «Sei una donna bellissima, eppure a volte parli come un uomo.»
«In effetti non indosso quasi mai dei vestiti come questo.»
Ben si fermò davanti a una porta e la posò per terra senza toglierle gli occhi di dosso. «Sei sicura di non volermi dire il tuo nome?»
«Sì.» Non voleva che quella fantasia perfetta venisse rovinata dalla realtà. «Niente nomi.»
Ben le appoggiò le mani sui fianchi e la condusse dentro la stanza. «Ti stai nascondendo dalla tua famiglia?» le domandò, abbassandole la lampo del vestito. «O da un altro amante?»
«Non mi nascondo da nessuno» mentì. Non voleva che Mac venisse a sapere che si era comportata in modo avventato. Era per questo che si era recata a Holloway.
«Tutti ci nascondiamo da qualcosa, no?» mormorò Ben. Le sfilò il vestito, rivelando il reggiseno nero con inserti di pizzo bianco che indossava solo quando si sentiva un po' ribelle. Ormai quel particolare stato d'animo non la abbandonava da mesi.
Indietreggiò di qualche passo. «Senti» gli disse in tono frustrato. «Io non chiedo informazioni a te e tu non ne chiedi a me. E usiamo il preservativo. Il patto è questo. Se non ti sta bene...» Lasciò la frase in sospeso e afferrò il vestito.
Ben le sorrise. Sperava che non l'avrebbe messa alla prova. Non desiderava altro che spogliarlo e uscire da quell'hotel la mattina seguente appagata.
«Ho bisogno di passare la notte insieme a te.» Era la prima volta che lo ammetteva con se stessa. Quando aveva messo piede nel bar quella sera, intendeva solo divertirsi un po'. Eppure tutto era cambiato non appena aveva visto Ben. I suoi occhi scuri l'avevano osservata a lungo, soffermandosi sui capelli ramati, il vestito nero e le calze di impalpabile seta. E in quell'istante aveva deciso che doveva averlo. A qualunque costo. «È tutto ciò che ti chiedo. Un'unica notte. Nessun obbligo. Soltanto piacere.»
Ben le prese il viso tra le mani.
«Davvero? Questo è tutto ciò che vuoi da me?»
Colse una punta di tristezza nella sua voce ed ebbe un tuffo al cuore. Non sapeva chi fosse e perché si trovasse a Holloway, tuttavia ebbe la sensazione che nella sua vita, in un modo o nell'altro, ci fossero degli obblighi.
Lo capiva. Be', almeno per quella sera desiderava dimenticare tutte le aspettative che le persone avevano su di lei. Sarebbe andata a letto con Ben, che fosse o meno una buona idea. Non voleva avere alcun rimpianto. «Esatto. Il tuo piacere è il mio piacere» mormorò, ripetendo le sue parole.
«Baciami.»
Lei obbedì, attirandolo verso di sé. Gli indumenti caddero uno dopo l'altro sul pavimento e si stesero sul letto. La notte passò in un vortice di passione.
Ben era l'amante migliore che avesse mai avuto. Superava tutte le sue fantasie ed era allo stesso tempo dolce ed eccitante.
Si addormentò tra le sue braccia, mentre lui le sussurrava qualcosa in una lingua che non conosceva. Non aveva importanza. Si era recata a Holloway per fare qualcosa solo per stessa, e ora si sentiva felice e soddisfatta.
Non sapeva quale fosse il cognome di Ben oppure da dove provenisse, tuttavia lui era stato la risposta alle sue preghiere.
1
Quattro mesi dopo
Non poteva essere vero.
Violet fissò lo stick. Era incinta.
Impossibile. Forse aveva sbagliato qualcosa. In fin dei conti era la prima volta che effettuava un test di gravidanza.
Per fortuna ne aveva comprati tre. Voleva assicurarsi che l'avventura con Ben non stesse per trasformarsi in qualcosa di più serio.
Si sedette sul pavimento del bagno e rilesse le istruzioni. Rimuovere il cappuccio viola e tenere la punta assorbente verso il basso. Attendere due minuti.
Accidenti! Aveva eseguito tutti i passaggi in modo corretto.
Decise comunque di riprovarci.
Furono i due minuti più angoscianti della sua vita. Era nel panico totale.
Di certo il primo test era stato un falso positivo.
Poteva succedere. Aveva un semplice virus intestinale, tutto qui. Ecco perché provava una forte nausea in diversi momenti della giornata. Mai di mattina, però. Perciò non era incinta.
Era sicura che fosse stato il virus intestinale ad alterare il risultato del test.
Guardò lo stick. Incinta.
Non poteva essere un altro falso positivo. Dopotutto aveva trascorso una notte di fuoco con uno sconosciuto. Era più che probabile che fosse davvero incinta.
E adesso cos'avrebbe fatto?
Non conosceva il cognome di Ben e non si erano scambiati i numeri di telefono. Era comparso proprio quando aveva avuto più bisogno di lui e se n'era andato alle prime luci dell'alba. Si era svegliata da sola e aveva trovato il suo vestito lavato e stirato. La colazione le era stata portata in camera da un cameriere, insieme a una rosa rossa e un biglietto.
L'aveva conservato nel cassetto dei calzini, dove Mac non l'avrebbe mai trovato.
Il tuo piacere è stato il mio piacere. Grazie per la serata.
Non era nemmeno firmato. Non poteva contattarlo in alcun modo.
Era decisamente nei guai.
Forse più avanti avrebbe potuto assumere un investigatore privato che lo rintracciasse tramite il registro degli ospiti dell'hotel. Per il momento non poteva fare granché.
«Violet?» la chiamò Mac dal piano inferiore. «Puoi scendere?»
Un'ondata di nausea la travolse. E questa volta non c'entrava nulla con la gravidanza.
Come avrebbe fatto a dirgli che era andata a letto con uno sconosciuto ed era rimasta incinta? Dopo la morte dei genitori suo fratello aveva sempre cercato di tenerla al sicuro.
Non l'avrebbe presa bene, ne era certa.
«Violet?» ripeté lui.
Lo sentì salire le scale e gridò: «Un minuto, sto arrivando!». Rimise i test nelle scatole e sistemò tutto nel mobiletto sotto il lavabo, dietro gli assorbenti. Mac non avrebbe mai frugato lì dentro.
Doveva affrontare questa cosa da sola. E aveva bisogno di un piano.
Si lavò il viso con l'acqua fredda. Non si truccava quasi mai. Lavorava tutto il giorno al ranch di famiglia, il Double M, e non le serviva a nulla mettersi in ghingheri. A causa del fratello, i mandriani sapevano bene che dovevano tenersi alla larga da lei.
Lo trovava irritante. Prima di tutto, non assumeva ragazzi giovani con lo scopo di flirtare con loro e poi era lei il capo. Mac dirigeva la McCallum Enterprises, l'azienda energetica fondata dal padre, e lei gestiva il Double M. Preferiva che quei due mondi rimanessero separati.
Era riuscita a chiudere il bilancio in attivo nonostante il problema della siccità e l'uragano dell'anno precedente, eppure il fratello non la considerava un'intrepida donna d'affari.
La vedeva ancora come la ragazzina fragile che aveva perso i genitori a sedici anni. Poteva raggiungere tutti i traguardi che voleva, per Mac sarebbe rimasta sempre la sorellina.
Aveva desiderato essere una persona diversa almeno per una sera... ed ecco come si era ritrovata in quel pasticcio.
Si stava pettinando, quando Mac bussò alla porta. «Violet?»
Sussultò. Credeva che si fosse fermato sulle scale. «Che succede?»
«Un mio vecchio amico, Rafe, è di sotto.»
«D'accordo» rispose. Era perplessa. Quel nome le era familiare e in più il fratello le sembrava strano. «Va tutto bene?»
Lei di certo non stava bene, finché, però, non fosse riuscita ad assumere il controllo della situazione avrebbe finto di non avere pensieri per la testa.
«Sì. È solo che... ti ricordi di Rafe? È lo sceicco che veniva all'università con me.»
«Aspetta» mormorò, aprendo la porta. Sebbene avesse nascosto i test, si sistemò davanti al fratello per impedirgli di vedere il lavabo. «Rafe non aveva una sorella che ha cercato di fregarti?»
«Esatto, è lui. Rafiq Bin Saleed» confermò. Appariva emozionato e confuso al tempo stesso.
«Che ci fa qui? Correggimi se sbaglio, ma non ti aveva accusato di aver...?»
«Compromesso l'innocenza della sorella?» concluse Mac. «Sì,