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Gioco senza regole
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E-book223 pagine3 ore

Gioco senza regole

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Info su questo ebook

Holly Evans è educata, intelligente, va matta per lo sport e sogna di diventare reporter. Non sempre però le cose vanno per il verso giusto e così, indossati tacchi vertiginosi e minigonne mozzafiato, si rassegna a recitare la parte della bella e stupida per un sito satirico da lei stessa creato e che ha avuto un successo strepitoso. La sua missione è intervistare gli atletici giocatori della squadra di hockey di Portland. In primis il bellissimo, sexy e fin troppo serio capitano, Luke Maguire.



Luke intuisce cosa si nasconde dietro la maschera di Holly e non vede l'ora di strappargliela di dosso, insieme a tutti i vestiti. L'attrazione che li unisce è da subito fuori controllo e, tra bugie, scommesse clandestine, sospetti e sesso bollente, la loro storia diventa come una partita giocata sino all'ultimo secondo. Per vincere.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2017
ISBN9788858974216
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    Anteprima del libro

    Gioco senza regole - Taryn leigh Taylor

    successivo.

    1

    «Hol, smettila di dimenarti. Sembri proprio una stellina del porno.»

    Holly Evans lanciò un'occhiataccia all'amico nonché cameraman. «Grazie di cuore, Jay. Ora sì che mi sento molto meglio. Dopotutto non è quello a cui noi giornalisti sportivi aspiriamo, Corey?»

    Immediatamente si pentì di aver rivolto la domanda al reporter piazzato strategicamente a mezzo metro o quasi di distanza dallo spogliatoio dei giocatori. Corey Baniuk, un'autorità a Portland in fatto di eventi sportivi e il beniamino degli ascoltatori... almeno per il momento.

    Voci sempre più insistenti suggerivano che Jim Purcell, conduttore e responsabile sportivo di Portland News Now, stesse considerando la possibilità di ritirarsi dalla scena e con ogni probabilità Corey avrebbe preso il suo posto nello studio televisivo. Il che significava che il lavoro che Holly sognava da sempre sarebbe stato a portata di mano. E lei non se lo sarebbe certo fatto scappare.

    Sempre che tutta la propria credibilità come giornalista sportiva non venisse disastrosamente rovinata dal ruolo di Barbie reporter che sarebbe stata costretta a interpretare nei tre mesi seguenti.

    «Sicuro.» Il collega le rivolse il sorrisetto amabile che era diventato l'elemento base nei notiziari delle sei e delle undici. «Nel frattempo però vieni qui a massaggiarmi il torace con un po' d'olio profumato.»

    Il suo cameraman ridacchiò divertito e Holly sentì le guance andare a fuoco. Probabilmente rivaleggiando con il rosso della mise che aveva scelto per l'occasione. Comunque abbozzò un debole sorriso. Non riuscì a fare di meglio. Come gli invidiava l'abito gessato grigio! Indossava persino una camicia sotto la giacca. Lei avrebbe rinunciato volentieri a tutto per una camicia.

    «Come è potuto succedere?» si lamentò in tono frustrato in direzione di Jay Buchanan. «Sono una donna intelligente, colta, appassionata di tutti gli sport.» Chinò lo sguardo verso il basso ma riuscì a malapena a scorgere qualcosa del vestito cortissimo per colpa del reggiseno push up che le sollevava il seno quasi sino al mento.

    Accidenti a Victoria Secrets e a tutti i suoi segreti!

    «Quando sono diventata la ragazza Hooters di televisione e radio? Sai, le cameriere sexy di quella catena di ristorazione...»

    Jay alzò gli occhi al cielo. «Ehi, sapevi benissimo quello che stavi firmando. Diavolo, scommetto che Lougheed aveva il disegno del dollaro che gli circondava la testa come un'aureola, quando ha visto il nastro dell'audizione.»

    Holly si sentì morire alla scelta delle parole dell'amico. «Ehi! Non si trattava certo di un vero provino» protestò con voce debole. «Era un favore che facevo a te e un modo di lottare contro la discriminazione.» Quando aveva accettato di girare il video burla con la compagnia di produzione appena nata di Jay, aspirava a un prodotto satirico. Aveva in mente di denunciare le discriminazioni che subivano le giornaliste sportive in un ambiente dominato dagli uomini. Era un tentativo di mostrare alla gente gli stereotipi contro cui lei si trovava a combattere ogni giorno per raggiungere il suo sogno. Invece, diventata la star di un video virale, era stata costretta a esibire una pettinatura assurda con i capelli biondi pettinati a mo' di casco, a gelarsi le chiappe con abiti troppo corti e a fingere di non sapere niente di hockey su ghiaccio.

    Il video girato in rete aveva attirato l'attenzione di Ron Lougheed, il general manager della squadra di hockey di Portland, e adesso purtroppo le toccava continuare quella stupida farsa. Del resto doveva ammettere che si trattava della migliore occasione per apparire in una trasmissione che le era stata offerta da quando si era laureata in giornalismo.

    «A nessuno importa cos'era. È stato un colpo sensazionale portare il Women's Hockey Network su YouTube! La gente lo divora e ci torna dopo qualche secondo. Per i patiti tu sei lo strumento vivente dai tacchi a spillo che possono usare per spiare nel vagheggiato universo femminile.»

    «E in qualche modo immaginano che le gonne ridotte mi aiutino a realizzare chissà quale nobile traguardo?» chiese in tono velenoso tirandosi giù l'orlo del vestito.

    «Cavolo, no! Quelle servono per tenerli interessati mentre tu parli delle cose che piacciono alle ragazze, come la pettinatura di un giocatore.»

    Con un respiro profondo, che le riempì i polmoni dell'odore di gomma, calcestruzzo, sudore e ghiaccio, Holly fece appello al corso di yoga che aveva seguito per due anni insieme alla sua migliore amica Paige. Qualcosa sulla connessione mente e corpo, pace interiore e... Oh, al diavolo anche lo yoga!

    È tempo che tu ti dia da fare, principessa!

    Jay aveva ragione. Aveva accettato l'incarico di inviata speciale del Portland Storm per l'intera durata dei play off, le eliminatorie finali da cui sarebbe uscita la squadra campione dell'anno, e se vestirsi come una specie di sgualdrina era il prezzo da pagare per sfondare e iniziare la sua carriera da sogno, allora non si sarebbe tirata indietro. L'importante era raggiungere la meta prefissa. Fece un deciso cenno di assenso col capo e sbatté una porta virtuale sugli ultimi dubbi.

    Il tipico segnale di fine partita risuonò acuto e l'appena ritrovato coraggio di Holly crollò in picchiata.

    Ci siamo. Il mio debutto. Fatti forza, vecchia mia.

    Con un senso di nervosismo crescente guardò una ventina di energumeni con pattini ed equipaggiamento completo marciare verso di lei.

    A proposito di stelle porno...

    Eccolo lì. Luke Maguire, il capitano della squadra, il numero diciotto, un'eccezionale ala sinistra con una carriera strepitosa e un'infinità di goal all'attivo. Per non parlare di quanto fosse bello e sexy e... ancora in possesso di tutti i denti. Una rarità dopo sei anni di hockey professionista. L'uomo aveva un aspetto incredibile. Alto, sudato e chiaramente arrabbiato per aver perso la prima partita di play off contro la Colorado Avalanche.

    Quando i loro occhi s'incontrarono, lei si trovò combattuta tra il dovere e un attacco di lussuria. Poi lo sguardo del giocatore si posò sul top aderente del suo vestito e Holly provò un senso di mortificazione. Lui rallentò il passo e sollevò gli splendidi occhi blu dalla scollatura al viso. A quel punto si staccò dalla fila degli imponenti compagni di squadra e rimase in attesa di una domanda.

    Da parte tua, ragazza!

    Ecco, era arrivato il suo momento. Trenta secondi con uno dei giocatori più bravi dell'hockey su ghiaccio. Ma anziché essere capace di chiedere qualcosa di pertinente come un parere sulla deludente performance dello Storm o le sue riflessioni sui venti minuti di penalità che si erano insolitamente guadagnati fu costretta per contratto a dire: «È con voi stasera Holly Evans del Women's Hockey Network. E vicino a me ho addirittura il capitano del Portland Storm, Luke Maguire! Luke, siamo all'inizio della stagione play off. Un momento in cui la superstizione corre rampante e tutti i giocatori di hockey della Lega smettono di radersi, anche se uno studio recente ha dimostrato che le donne preferiscono un aspetto liscio e pulito a una barba anche curata. Siamo a una percentuale di quattro a uno, lo sa? Comunque crede che stasera abbiate perso la partita perché avete deciso di radervi e avete intenzione di riconsiderare la questione nelle successive prove che vi attendono?».

    Un sopracciglio castano scuro, arcuato come l'ala di un falco si sollevò, l'unica indicazione che l'individuo avesse udito perfettamente la domanda.

    Holly doveva riconoscere che il termine domanda fosse alquanto improprio ma non aveva avuto altra scelta. Poi Maguire afferrò l'asciugamano con il logo Sports Nation che qualcuno gli aveva messo sulla spalla, si asciugò il sudore dal volto e le girò le spalle allontanandosi verso gli spogliatoi.

    «Su con la vita, capitano. Perché è così giù di morale?»

    Luke tirò un respiro profondo e incominciò a srotolare la fasciatura di protezione intorno alle calze e a togliere le imbottiture frontali. «Nel senso che non dovrei tener conto che siamo stati sconfitti tragicamente in casa, abbiamo accumulato un record di minuti di penalità e che devo affrontare una conferenza stampa penosa durante la quale dovrò giocoforza rassicurare i giornalisti che siamo perfettamente consapevoli di aver fatto schifo?»

    Per quanto lo riguardava, l'unico fatto positivo di aver perso con un punteggio di cinque a zero contro la squadra della Colorado Avalanche era che l'allenatore Taggert era così incavolato da aver impedito ai media l'accesso agli spogliatoi dopo la partita. Almeno potevano farsi la doccia e leccarsi le ferite in santa pace.

    Brett Sillinger, il nuovo, ottimo e giovanissimo acquisto dello Storm, si passò una mano tra i capelli bagnati di sudore. «Be', certo. Se la metti in questo modo. Ma non tutto è nero come la notte. C'è anche un po' di luce! Siamo pieni di soldi, le donne si gettano ai nostri piedi. Abbiamo il lavoro più bello al mondo e siamo nei play off

    Lo stomaco di Luke si contorse dolorosamente. «Credimi, ragazzo, so fin troppo bene che siamo nei play off

    Non se lo scordava mai. E come poteva essere altrimenti? Era una faccenda parecchio grossa per alcune persone estremamente ricche che occupavano posti importanti, persone che erano ansiose, molto ansiose, di vedere la squadra comportarsi bene in quella prima corsa per la conquista della coppa da quando cinque anni prima era entrata nella Lega. Il fatto gli era stato abbondantemente e ripetutamente messo in chiaro dal mese in cui si erano aggiudicati di diritto un posto nelle eliminatorie di campionato.

    Era anche la prima volta che lui si trovava a disputare un play off dalla notte peggiore della sua vita. Erano passati tre anni ma la ferita era ancora aperta e fresca come non mai.

    S'impose di ricacciare il ricordo di quell'incubo dalla mente, a malapena consapevole di avere già in mano il casco sino a che non si accorse di strofinare con un dito lo sticker col numero dieci che aveva attaccato all'interno. Un talismano per mantenersi sempre concentrato. Con un sospiro allungò il braccio e mise il casco sulla mensola sopra la sua testa.

    Adesso era il capitano della squadra, rammentò a se stesso. Aveva un compito serio da assolvere e non poteva permettersi il lusso di lasciarsi ingolfare da problemi personali. Non sarebbe stato in grado di portare la squadra alla vittoria se i compagni non avessero creduto fermamente che fosse capace di guidarli. Tuttavia, al momento non sembrava in grado di portarli da nessuna parte se non a una eliminazione prematura. Dovevano tutti tenere la testa sulle spalle e non distrarsi.

    «Non ci resteremo a lungo comunque se continueremo a giocare come abbiamo fatto oggi. Mi rendo conto che non è facile. Questo tipo di franchigia non c'è mai stata prima nei play off e nessuno qui ha mai vinto un campionato. Però niente di tutto questo conta. Noi dobbiamo fare il nostro gioco, essere aggressivi e determinati.»

    «E non possiamo nemmeno farci distrarre dall'attenzione eccessiva dei media. Specialmente ora che anche quelli non prettamente sportivi sono a caccia di storie e di interviste. La bionda là fuori mi ha chiesto se pensavo avessimo perso perché non mi sono lasciato crescere la barba.»

    Sull'intero spogliatoio cadde un silenzio di tomba mentre Luke si sganciava i pattini. Allora alzò lo sguardo incuriosito verso i compagni di squadra stranamente taciturni.

    «Be', che c'è?»

    «In effetti...»

    Lui storse la bocca in una smorfia di disgusto. «Mi stai prendendo in giro? È stata la prima partita! Nessuno di voi ha ancora la barba. A te poi sta appena crescendo, ragazzo. Ma davvero vi bevete una stronzata simile?»

    Brett si strofinò la mascella. Era molto giovane e di barba in effetti ne aveva pochina. «Tutto quello che so, capitano, è che sono qui per vincere e se trasformarmi in un orso grizzly mi avvicinerà alla coppa, allora non mi tirerò indietro.»

    «Ti rendi conto che tre donne su quattro odiano la barba?» Luke mosse le dita contratte del piede, irritato con se stesso perché si era ridotto a ripetere le affermazioni di quella reporter.

    Sillinger si dipinse un'espressione filosofica sul viso. «Raditi e datti alla pazza gioia per una notte. Poi fa' tutto il necessario per vincere il campionato. Dopo potrai passare il resto della tua vita abbarbicato a un corpicino appetitoso. Parlo sul serio, Mags. Non la fare esagerata. Una donna sexy come quella giornalista potrebbe anche definirmi il suo ghiacciolo bollente del mese e io risponderei a qualsiasi stupida domanda volesse rivolgermi.»

    Lui si bloccò nell'atto di togliersi l'altro pattino. «Di che diavolo stai parlando?»

    «Non è possibile!» si meravigliò Brett al massimo della sorpresa. «Non sai chi è Holly Evans?»

    Luke scrollò le spalle.

    «Mai sentito parlare del Women's Hockey Network

    Altra scrollatina di spalle.

    «Amico, è dappertutto su YouTube! Tiene una specie di analisi al femminile del nostro sport ed è seguitissima. Tra l'altro ti ha definito il giocatore più sexy della Lega. Il nostro capo l'ha praticamente supplicata di essere la nostra inviata per l'intera durata dei play off! Ragazzi, vi rendete conto? Il nostro super macho qui non sa nemmeno chi sia Holly Evans!»

    L'annuncio provocò uno scroscio di fischi di disapprovazione e di prese in giro. Lui si volse verso il suo vicino, la sua linea difensiva di punta nonché ottimo attaccante. Eric Jacobs, lo stoico, timido ma ottimo difensore di centrocampo si limitò a scuotere la testa. Il che gli provocò un senso di sollievo nel non sentirsi l'unico ignorante in materia.

    «Okay, okay.» Luke aspettò che nello spogliatoio tornasse la calma. «Dobbiamo concentrarci. Questa partita sarà pure finita male ma non è una catastrofe. Però abbiamo ancora tanto lavoro da fare.»

    Lavoro duro che avrebbe implicato anche riuscire a far dimenticare a pubblico e giornali quella partita, la peggiore che avevano giocato durante l'anno.

    Quei dannati giornalisti là fuori lo avrebbero mangiato vivo, pensò lugubre. Terminò di spogliarsi e si diresse verso le docce.

    C'era un prezzo da pagare per avere una C sulla maglia della divisa. Il prezzo di guadagnarsi da vivere facendo una professione che amava. Il che era un onore e un privilegio, considerando il fatto non da poco che la maggior parte delle persone al mondo non aveva quell'opportunità. Mentre altre se la vedevano soffiare senza poter far niente per impedirlo.

    Luke sospirò.

    Be', almeno quella riflessione non aveva niente a che vedere con stupide statistiche sulla barba e neanche con assurde superstizioni.

    Tuttavia intuiva che Holly Evans in qualche modo costituiva una minaccia più grande di tutti i giornalisti sportivi messi insieme.

    2

    Il Portland Storm ha essenzialmente giocato un intero tempo in inferiorità numerica, che, unita al gioco spento del vostro attaccante di punta, ha contribuito alla sconfitta. Può darci qualche spiegazione e illuminarci su cosa abbia causato una tale quantità di penalità per la sua squadra, considerando che la cosa non si era mai verificata prima d'ora?

    Holly spinse il pulsante di pausa sul telecomando, interrompendo l'ultimo notiziario sportivo della sera, e si girò sul divano per guardare l'amica Paige Hallett.

    «Hai sentito? Quella era la mia domanda! Corey Baniuk ha appena rivolto a Luke Maguire la mia domanda. E quello stupido atleta è andato via senza neanche una parola? No. È rimasto e ha pure risposto, il bastardo!»

    «Tu gli hai fatto quella domanda e lui ti ha ignorata?» Paige sembrava offesa come se lo sgarbo fosse stato fatto a lei.

    «Be', no. Io gli ho chiesto se pensava che potesse farsi crescere la barba durante i play off... a quel punto mi ha ignorato. Ma era quella la domanda che avrei voluto fargli. È una gran bella domanda!»

    Paige tornò a sfogliare la rivista che aveva sulle gambe. «Ti credo sulla parola. Comunque a un certo punto non sono riuscita più a seguirlo. Perché il Portland ha giocato un intero tempo sotto numero? Non mi sembra una tattica molto proficua.»

    Holly emise un profondo sospiro e posò il telecomando sul tavolino. «Non hanno giocato realmente un intero tempo sotto numero. Hanno accumulato venti minuti di penalità, così durante il corso della partita hanno dovuto fare a meno di un uomo. In sostanza per la durata di un tempo. E quando una squadra prende una penalità, mette in campo il suo miglior elemento o uomo di punta.»

    «Ah, capisco! Perché non l'ha detto chiaro e tondo?»

    «Ma l'ha detto! E Luke Maguire gli ha risposto perché era una domanda importante fatta da un giornalista sportivo serio e qualificato.»

    Paige le rivolse un'occhiata carica di simpatia. «Tu sei una seria e qualificata giornalista sportiva.»

    «Non è vero. Sono una traditrice

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