La vittoria più bella: Harmony Bianca
Di Karin Baine
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Info su questo ebook
Hunter Torrance, ex stella della squadra di hockey dei Demons, è tornato nel suo team in qualità di fisioterapista. Il medico sportivo ufficiale della squadra, Charlotte Michaels, sospetta che lui non abbia modificato le sue abitudini di incallito seduttore, ma nonostante tutto l'attrazione tra loro diventa sempre più palpabile.
Hunter ha lavorato sodo per diventare un buon padre per il piccolo Alfie, e con l'aiuto di Charlotte è sicuro di poter fare ancora di più, nonostante lei difenda il proprio cuore per non lasciare entrare nessuno. Ma Hunter sa, anzi sente!, che loro potrebbero diventare una bellissima famiglia... se solo accettassero di correre qualche rischio.
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La vittoria più bella - Karin Baine
successivo.
1
Charlotte Michaels avrebbe manifestato meno stupore se gli alieni fossero atterrati in quella cittadina rurale dell'Irlanda del Nord e l'avessero dichiarata loro leader suprema.
«Hunter Torrance? Il nuovo fisioterapista della squadra è quell'Hunter Torrance?»
Nonostante fosse lì davanti ai suoi occhi, Charlotte non ci voleva credere. I Ballydolan Demons erano la sua squadra, erano una sua responsabilità e avere a bordo il più famigerato cattivo ragazzo dell'hockey su ghiaccio non li avrebbe di certo aiutati.
«Fattene una ragione, Charlie. Ci serve.» L'allenatore Gray Sinclair le diede la notizia e si allontanò, lasciandola nel corridoio dell'arena con il nuovo ingaggio. Stava andando ad assistere all'allenamento quando si era imbattuta nei due uomini.
«Hunter Torrance, il nuovo fisioterapista. Per adesso. Immagino che la mia permanenza qui dipenderà dai risultati.» L'ultimo arrivato in squadra si presentò tendendole la mano, ma Charlotte non gliela strinse, convinta di essere vittima di uno scherzo di cattivo gusto.
«Come quella di chiunque qui» puntualizzò lei. Non era l'unico sotto esame. Era la sua prima stagione come medico della squadra e sarebbe potuta anche essere l'ultima, considerati la quantità di infortuni, gli scarsi risultati e l'abbandono improvviso del fisioterapista precedente.
Aveva lavorato duramente per essere presa sul serio in quell'ambiente maschile, ma ora che le avevano affiancato un partner che deteneva ancora il record di tempo trascorso in panca puniti nella UK Ice Hockey League temeva che la professionalità dello staff medico fosse compromessa. L'ex giocatore dei Demons aveva messo a rischio la posizione della squadra nella lega già in passato e lei non gli avrebbe permesso di farlo ancora.
Hunter le sorrise e sulle guance gli si formarono quelle fossette che lo avevano reso un mito per parecchie ragazze nei dintorni. Lei compresa. Se quando aveva diciotto anni qualcuno le avesse detto che un giorno avrebbe lavorato con quel campione di hockey, sarebbe morta di felicità. La sua presenza lì in quel momento rischiava di farle dimenticare di essere una donna in carriera, forte e indipendente e non più la ragazzina vulnerabile di nove anni prima.
Lui non era cambiato molto da allora, perlomeno non fisicamente. Era ancora bello, anche se i suoi lineamenti erano quelli di un uomo, adesso. Aveva gli occhi verdi e i capelli neri ondulati e, invece della classica divisa rossa e nera dei Demons, indossava un cappotto nero, camicia blu e jeans. Accidenti, era invecchiato bene! L'aspetto maturo gli donava.
«È bello essere tornato» esclamò, dirigendosi verso la pista, come se stesse facendo ritorno a casa e non sul luogo dei suoi passati misfatti.
Per un attimo Charlotte fu tentata di fare marcia indietro e andare a rinchiudersi in una stanza tranquilla finché lui non se ne fosse andato. Era saltato fuori dal nulla come un incubo. O come un sogno... a seconda che a vivere la fantasia fosse la giovane e infatuata Charlotte o la donna cinica che sapeva che i cattivi ragazzi non erano eccitanti o affascinanti, ma rovinavano solo la vita alle persone.
Ma non lo fece e anzi lo seguì fino alla pista. Hunter non sapeva certo della sua cotta adolescenziale, ma doveva essere comunque consapevole che era stato per il suo comportamento avventato che i suoi adorati Demons avevano perso il campionato. Per questo dubitava delle sue capacità nello svolgere l'incarico che gli era stato assegnato.
«Perché sei qui?» La sua schiettezza era qualcosa a cui lui evidentemente non era abituato, perché lo vide irrigidirsi e questo non le piacque. A parer suo, sottintendeva solo che avesse qualcosa da nascondere.
«Senza offesa, ma c'è un motivo se sei un ex giocatore. L'alcol, le risse, il comportamento scorretto in generale... non sono le qualità che cerco in un collega di lavoro.» All'epoca era stato un colpo di fortuna per i Demons poter ingaggiare un giocatore di tale fama a un prezzo stracciato, perché nessun'altra squadra l'aveva voluto. Sfortunatamente, nemmeno l'ambiente tranquillo di quel paesino era riuscito a tenere a bada la sua indole selvaggia. Aveva trascorso più tempo in panca puniti che sul campo e la gente aveva smesso di credere in lui, tanto che quando aveva deciso di tornare in Canada, avevano tirato tutti un sospiro di sollievo.
«Ah, quindi hai vissuto quella fase particolare della mia vita? Se è così, capisco che tu non sia entusiasta del mio ritorno, ma ti assicuro che sono qui per lavorare, non per creare scompiglio.» Charlotte voleva credere davvero che la sua presenza avrebbe fatto bene alla squadra, ma non si fidava della sua parola.
«Come mai hai deciso di tornare in una squadra che non farà che ricordarti un periodo buio della tua vita?» insistette Charlotte senza vergogna. Non aveva senso per lei e si era ripromessa di mettere sempre in dubbio qualsiasi cosa le destasse dei sospetti. Aveva imparato a seguire il proprio istinto piuttosto che a fidarsi ciecamente delle persone, evitando così inutili sofferenze e perdite di tempo.
«Nonostante tutto... mi piace questo posto. Vorrei sentirmi ancora a casa e avere l'occasione di riscattarmi, per dimostrare a te e a chiunque altro che non sono la stessa testa calda di nove anni fa.» Hunter ci aveva messo un po' per risponderle, ma quando lo aveva fatto aveva sostenuto il suo sguardo a riprova che stesse parlando onestamente, anche se Charlotte non era certa che fosse tutta la verità.
«Hai le qualifiche e l'esperienza necessarie?» gli domandò.
«Le mie credenziali sono in ordine, se vuoi controllare» le rispose con un sorriso provocante, per farle capire che non era per nulla intimidito dal suo interrogatorio.
«Non è necessario» replicò, incrociando le braccia al petto e cercando di ignorare le sue fossette.
«Ascolta, sono il primo ad ammettere di essere stato un casinista. Qualcuno non sarà felice di riavermi qui, ma siamo tutte persone diverse rispetto ad allora.» Hunter si appoggiò alla ringhiera alle sue spalle e il cappotto gli si aprì, mostrando un fisico perfetto e in ottima forma.
Charlotte si soffermò ad ammirare il nuovo e all'apparenza miglior Hunter con gli occhi della giovane e innamorata fan che era ancora in lei. Chi poteva assicurarle che il Mister Sofisticazione davanti a lei non sarebbe un giorno tornato a essere il suo ribelle alter ego?
Da ragazzina aveva apprezzato le sue manifestazioni di virilità nel suo ruolo difensivo in squadra o quando era stato coinvolto in una mischia. C'erano state delle occasioni in cui avrebbe voluto avere al suo fianco qualcuno che la difendesse come lui faceva con i suoi compagni di squadra. Ma nell'ultimo periodo, quando aveva cominciato a litigare con il suo allenatore e aveva assunto atteggiamenti oppositori, non era stato più un piacere assistere alle partite. E nessuno si era stupito quando i Demons e qualsiasi altra squadra si erano rifiutati di rinnovargli il contratto. Se n'era tornato in Canada e nessuno aveva più sentito parlare di lui. Fino a quel momento.
«Ovviamente Gray è convinto che tu sia cambiato visto che è stata una sua decisione ed è lui l'uomo in carica, non io. Cioè, se fossi io sarei la donna in carica, non l'uomo...»
«Chiaro» commentò Hunter, squadrandola da capo a piedi, con un sorriso che la fece arrossire.
No, no, no! Quello non era il posto giusto per sentirsi lusingata e lui non era certo l'uomo ideale da cui sentirsi lusingata. Qualsiasi uomo lì dentro era off-limits.
Hunter poteva anche non essere un giocatore, ma era comunque un collega. E dati i loro trascorsi, anche se la loro era stata una storia a senso unico, la sua presenza lì complicava le cose per lei. Con la squadra a metà classifica, la sua posizione era già precaria senza aggiungere anche Hunter nel quadretto. Specie se lui continuava a guardarla come se stesse cercando di rimorchiarla in uno squallido locale.
«Immagino tu voglia conoscere la squadra...» Charlotte arretrò, cercando di tenere a mente che al centro non c'erano lei, Hunter o una ridicola cotta. Erano entrambi lì per lavorare e una squadra di giocatori di hockey sudati e muscolosi doveva essere un'ottima distrazione da una passione adolescenziale.
«Magari più tardi. Non voglio interrompere l'allenamento. Nel frattempo potrei conoscerti meglio e cercare di convincerti che non sono qui come una sorta di punizione.»
«Non è necessario» replicò Charlotte, scrollando le spalle. Sapeva già tutto di Hunter Torrance. Probabilmente più del necessario, di certo abbastanza per voler mantenere le distanze.
«Ehi, siamo nella stessa squadra, giusto?»
«Non per scelta» borbottò fra sé e sé.
«Be', farò del mio meglio per evitarti. In realtà, non credevo nemmeno di trovarti qui oggi. Ero convinto che i medici facessero la loro comparsa soltanto nei giorni delle partite, considerati tutti gli impegni extra che avete per arrotondare il salario. O tu sei qui solo come comitato d'accoglienza?»
Era evidente che Hunter stesse facendo lo spiritoso solo per prendersi una rivincita per come lei lo aveva trattato fino a quel momento. Charlotte lo fulminò con lo sguardo, ma lui rimase impassibile. Cos'era in fondo un'occhiataccia, paragonata al clamore che avrebbe fatto sulla stampa nazionale il suo ritorno?
«Accidenti, mi dev'essere sfuggito l'avviso che un VIP si sarebbe unito a noi, altrimenti avrei rispolverato i miei pon-pon!»
Hunter fu sul punto di replicare, ma poi sembrò ripensarci e scrollò il capo. Meglio così, forse. Non era in vena di chiacchiere ambigue sul posto di lavoro, anche se era stata lei a dare il via.
«Per rispondere alla tua domanda, sono qui per le partite di play-off. Programmo le mie visite esterne in base ai miei impegni, in modo da non perdermi nulla.»
«Non sono in tanti a prendere un impegno così seriamente.» Hunter sembrava impressionato dalla sua partecipazione e questo non fece che farla infuriare di più. Se fosse stato altrettanto interessato al gioco, avrebbe compreso i suoi sacrifici. L'esperienza le aveva insegnato che Hunter non fosse il giocatore di cui i Demons avevano bisogno.
«Questa è la mia squadra. Voglio vederli vincere e farò del mio meglio per aiutarli a realizzare quel sogno, ma i tempi sono stretti. Carter ha una lesione al menisco, Jensen ha la borsite, Dempsey uno strappo all'inguine e Anderson, il nostro giocatore di punta, ha seri problemi di comportamento.» Charlotte gli elencò le situazioni che stavano già causando preoccupazione in vista delle partite successive. Hunter doveva capire che il carico di lavoro era notevole e che il suo ruolo non era semplicemente di facciata.
«Sono certo che ce la caveremo. In fondo sono qui per questo, non per renderti la vita più difficile o per creare scompiglio. È passato quel tempo. Che ne dici se ricominciamo da capo e collaboriamo per rimettere in piedi questa squadra?» le propose, tendendole la mano per farsi perdonare qualsiasi colpa potesse aver commesso ai suoi occhi.
Charlotte si rese