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Profumo di casa: Harmony Collezione
Profumo di casa: Harmony Collezione
Profumo di casa: Harmony Collezione
E-book162 pagine2 ore

Profumo di casa: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

PJohnny Ellis ha dimenticato che cosa significhi "sentirsi a casa". Rockstar di successo sempre in giro per il mondo, abituato a vivere sotto le luci della ribalta, non esita un attimo quando il destino gli offre un'occasione imperdibile: trasferirsi in un luogo splendido, immerso nella natura incontaminata. Peccato che, in mezzo a tanta pace e tanta bellezza, si ritrovi accanto a un vero tornado: Megan Maguire, rossa dal fisico mozzafiato e dal temperamento a dir poco esplosivo. Johnny si chiede cosa si nasconda sotto quella corazza da dura, e servendosi del proprio fascino da "ragazzaccio" decide di...

LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2015
ISBN9788858941973
Profumo di casa: Harmony Collezione
Autore

Emma Darcy

La vita di Emma Darcy è stata caratterizzata da tanti colpi di scena, esattamente come succede ai protagonisti dei suoi romanzi. Nata in Australia, al momento abita in una bella fattoria nel Galles.

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    Anteprima del libro

    Profumo di casa - Emma Darcy

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Outback Bridal Rescue

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2004 Emma Darcy

    Traduzione di Lucia Maria Rebuscini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-197-3

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Prologo

    Primo giorno a Gundamurra.

    L’aereo si stava rapidamente avvicinando alla pista d’atterraggio di terra rossa. Oltre al complesso di edifici che costituivano l’allevamento di pecore di Gundamurra, non c’erano altre abitazioni in vista all’orizzonte... il paesaggio era un’infinita distesa deserta, punteggiata da alberi spogli.

    Johnny ripensò alle vecchie ballate contadine che narravano di quei luoghi, dove lui ora si trovava per la prima volta e capì perché la musica era sempre lenta, quasi lamentosa. Si trattava di un’altra dimensione, come sospesa nel tempo, dove sembrava non potesse accadere mai nulla di nuovo.

    «Peccato non avere una macchina fotografica» mormorò Ric Donato.

    Il suo commento incuriosì Johnny. Sembrava che Ric non fosse rimasto intimorito alla vista di quel luogo spettrale, nonostante anche lui, come Johnny, avesse sempre vissuto in città. Poteva apparire strano che un ladruncolo di strada s’interessasse di fotografia. Ma il suo commento sarebbe anche potuto essere semplicemente un modo per alleggerire la tensione, per non mostrare paura per ciò che li attendeva.

    Ric aveva l’aria del tipico figlioccio di una famiglia mafiosa italiana: capelli neri e ricci, pelle olivastra e occhi scuri dallo sguardo intenso e penetrante, ma se Ric Donato avesse davvero fatto parte della famiglia, un avvocato in gamba sarebbe riuscito a farlo assolvere dall’accusa di furto d’auto e ora lui non si sarebbe ritrovato su quell’aereo insieme a Johnny e a Mitch.

    «Siamo arrivati in capo al mondo» mormorò Mitch Tyler sconfortato, lo sguardo fisso sul paesaggio. «Inizio a pensare di aver fatto la scelta sbagliata.»

    Il commento di Mitch era più realistico e comprensibile di quello di Ric, pensò Johnny, ma lui, a differenza di loro due, aveva una famiglia, una madre e una sorella, che non avrebbero potuto fargli visita in quel luogo isolato. Del resto, avevano dovuto scegliere se trascorrere un anno in un riformatorio o lavorare per sei mesi in un allevamento ovino e nessuno di loro aveva avuto dubbi.

    «Scherzi? Qualsiasi cosa è meglio della prigione» replicò Johnny convinto. «Almeno quaggiù possiamo respirare.»

    «Che cosa? La polvere?» chiese Mitch, sarcastico.

    L’aereo atterrò sollevando infatti un’enorme nuvola di polvere.

    Meglio la polvere che la prigione, pensò Johnny, augurandosi che Mitch Tyler non continuasse a lamentarsi per i successivi sei mesi e che non commettesse qualche sciocchezza, meritandosi così un’estensione della pena. Mitch era stato condannato per aggressione. Lo si poteva capire dal momento che aveva picchiato selvaggiamente il tizio che aveva tentato di violentare sua sorella, ma Johnny sospettava che Mitch fosse piuttosto irascibile per natura.

    Aveva occhi azzurri, freddi come il ghiaccio, capelli scuri e uno sguardo severo e determinato che suscitava immediatamente rispetto. Era magro, ma molto forte e muscoloso. Se il suo umore non fosse migliorato, trascorrere quei sei mesi a stretto contatto con lui avrebbe potuto presentare qualche problema.

    «Benvenuti nel grande deserto australiano» annunciò in tono di scherno l’agente di polizia che li aveva scortati sin lì. «E ricordatevi... che non vi conviene fuggire, se volete sopravvivere.»

    I ragazzi lo ignorarono. Avevano sedici anni e sarebbero sopravvissuti, incuranti di ciò che la vita aveva in serbo per loro. Fuggire sarebbe stato stupido. Molto meglio lavorare lì per sei mesi, pagando così il debito verso la società e poi essere liberi di riprendere la loro vita.

    In realtà Johnny sapeva di non aver commesso alcun crimine. Lui non era uno spacciatore. Aveva semplicemente fatto un favore ai ragazzi del gruppo, andando a ritirare della marijuana per conto loro. Gli agenti lo avevano sorpreso proprio mentre stava pagando il vero spacciatore.

    Impossibile spiegare che aveva ricevuto il denaro dai suoi amici. Se li avesse traditi, nell’ambiente della pop music si sarebbe sparsa la voce che di lui non ci si poteva fidare. Molto meglio tenere la bocca chiusa e subire la punizione. Una volta tornato a casa, forse il suo sacrificio sarebbe stato premiato e gli avrebbero offerto un posto di chitarrista nella band, magari anche solo per sostituire qualcuno.

    Johnny aveva imparato presto che il modo più facile per affrontare la vita era rendersi piacevoli agli altri, che era più saggio schierarsi dalla parte giusta. Aveva ancora incubi ricorrenti del periodo in cui veniva rinchiuso in un ripostiglio buio per aver disobbedito ai genitori adottivi. Quando era stato affidato a un’altra famiglia, aveva imparato come comportarsi. E da allora aveva sempre seguito quella linea, aveva fatto il possibile per conquistare la simpatia degli altri e per evitare guai.

    Sperava tanto che il proprietario dell’allevamento fosse un tipo ragionevole e non un bastardo che sfruttava il sistema giudiziario per avere forza lavoro gratuita, come quelle coppie che facevano domanda per avere in affido un orfano solo per ricevere del denaro dal governo e che poi si disinteressavano completamente dei ragazzi di cui avrebbero dovuto prendersi cura, quando non arrivavano addirittura a maltrattarli.

    Il giudice del tribunale dei minori aveva spiegato che si trattava di un programma di recupero per riportare i ragazzi che avevano sbagliato sulla retta via, per insegnare loro quali erano i valori davvero importanti e com’era la vita.

    Come se loro già non lo sapessero!

    Johnny sapeva di potercela fare, avrebbe affrontato anche quella prova con il sorriso sulle labbra, comportandosi al meglio delle sue possibilità.

    L’aereo atterrò a cinquanta metri da una Land Rover, accanto a cui li attendeva un uomo, forse il proprietario dell’allevamento. L’uomo era alto e muscoloso, con il viso abbronzato e segnato dal sole e i capelli grigio acciaio. Doveva aver superato la cinquantina, ma era in perfetta forma fisica.

    Meglio non scherzare con un tipo così, pensò Johnny, anche se ormai una stazza imponente non gli faceva più paura. Ora era cresciuto anche lui ed era più alto e robusto della maggior parte dei ragazzi della sua età. Di solito ci pensavano due volte prima di sfidarlo. Ma lui non era un attaccabrighe, tutt’altro, convinto appunto che fosse meglio adottare un atteggiamento amichevole.

    «Non sapevo che John Wayne fosse ancora vivo» mormorò Mitch Tyler in tono ironico, vedendo l’uomo che li attendeva, ma la sua voce tradiva la tensione.

    «Un John Wayne senza cavallo» replicò Johnny sorridendo.

    Desiderava che Mitch si rilassasse, sarebbe stato tutto più facile. Se fossero stati trattati in modo decente, forse avrebbe abbassato la guardia.

    Ric Donato lo stava osservando incuriosito e Johnny si chiese che cosa stesse pensando. Lo considerava innocuo? Pensava che potessero diventare amici? Che cosa vedeva in lui?

    Johnny cercò di dare una descrizione obiettiva di se stesso. Capelli castani, che gli ricadevano ostinatamente sulla fronte a causa di una rosa che aveva vicino alla tempia destra, occhi verde-nocciola sorridenti e ammiccanti, una bella bocca con denti bianchi e dritti, che rendevano il suo sorriso contagioso e accattivante e una struttura fisica che non l’avrebbe fatto sfigurare in una squadra di football.

    Ma in quanto a bellezza non poteva competere con Ric Donato. Le ragazze probabilmente perdevano la testa per lui. Ed era stato proprio questo a cacciarlo nei guai, poiché aveva rubato una Porsche per uscire con una ragazza ricca. Per il momento Johnny non aveva tempo di pensare alle ragazze. Lui desiderava solo suonare e riuscire a far parte di un gruppo musicale.

    L’agente disse loro di prendere i bagagli e di scendere dall’aereo.

    La presentazione fu piuttosto inquietante.

    «Ecco i tuoi ragazzi, Maguire, freschi freschi dalla città; vedi di raddrizzarli a suon di frustate.»

    L’uomo lanciò all’agente uno sguardo gelido.

    «Qui le cose vanno diversamente» replicò in tono pacato.

    La sicurezza e l’autorevolezza dei suoi modi lasciavano intendere che non avesse bisogno di ricorrere alla violenza per farsi obbedire.

    «Io sono Patrick Maguire» aggiunse, rivolto ai ragazzi. «Benvenuti a Gundamurra. Nella lingua aborigena significa buon giorno e io mi auguro che questo sia davvero un buon giorno per voi» concluse.

    A quelle parole Johnny si rilassò. Patrick Maguire sembrava un tipo a posto.

    «E tu sei...?» chiese Patrick, tendendo la mano a Mitch.

    «Mitch Tyler» rispose lui con aria di sfida, stringendogliela.

    «Molto lieto di conoscerti, Mitch.»

    Una stretta di mano amichevole.

    Johnny subito gli tese la destra sorridendo.

    «Il mio nome è Johnny Ellis, è un piacere conoscerla, signor Maguire.»

    Gli occhi grigio acciaio dell’uomo lo fissarono per qualche istante con attenzione, tanto da indurlo ad abbassare imbarazzato lo sguardo. Poi Patrick Maguire gli sorrise e passò a stringere la mano a Ric.

    Johnny desiderava che quei sei mesi trascorressero tranquilli. Lui sapeva come fare per sopravvivere, si sarebbe adeguato alla situazione senza fare colpi di testa e tutto sarebbe andato liscio.

    Patrick Maguire li osservò, annuendo compiaciuto, come se approvasse ognuno di loro. Johnny sorrise sollevato, aveva superato il test. Era stato accettato.

    Alla fine quei sei mesi a Gundamurra non sarebbero stati così spiacevoli. Patrick aveva detto che significava buon giorno. Forse li attendevano davvero dei buoni giorni, senza preoccupazioni, senza stress.

    Sperava solo di riuscire a stabilire e a mantenere un buon rapporto di amicizia con Ric e Mitch per il periodo che avrebbero trascorso insieme.

    Johnny Ellis non riusciva a immaginare che un’amicizia potesse durare per tutta la vita, che delle persone avrebbero potuto supportarsi a vicenda nei momenti difficili, offrendosi reciprocamente comprensione e affetto.

    Era certo che il periodo che avrebbero trascorso a Gundamurra presto sarebbe stato dimenticato.

    Né poteva prevedere che Patrick Maguire sarebbe diventato per tutti loro il padre che non avevano mai conosciuto, un uomo pronto ad ascoltarli e ad accettarli per quello che erano, a riconoscere i loro punti di forza e a guidarli verso un futuro di successo, incoraggiandoli a dispiegare le ali e pronto ad accoglierli

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