Giochi di potere: Harmony Destiny
Di Anna DePalo
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Sera ha le sue buone ragioni: prima di tutto i loro legami familiari, poi la sua etica professionale e non meno importante quel bollente bacio che si sono scambiati e che lui non ricorda nemmeno.
Ma se il suo corpo dovesse tradirla e non riuscisse a resistere alla tentazione, saprà trasformare le tattiche di seduzione di Jordan - toccata e fuga - in uno schema completamente nuovo?
Anna DePalo
Dopo aver vissuto in Inghilterra e in Italia, si è stabilita a New York dove, quando non scrive, esercita la professione di avvocato.
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Giochi di potere - Anna DePalo
successivo.
1
A Serafina Perini non piacevano i seduttori incalliti, troppo sicuri del proprio fascino, né i parenti acquisiti a cui ti trovavi legata tuo malgrado, e neppure le visite a sorpresa.
Sfortunatamente, Jordan Serenghetti incarnava in quel frangente tutto ciò, e quando Sera se lo vide comparire davanti, entrando in una delle stanze dell'ambulatorio, in una soleggiata giornata di primavera, capì che di lì a poco sarebbe finita in un mix di rabbia e malumore.
«Tu!»
L'esclamazione le uscì di bocca prima che riuscisse a ingoiarla. Era stata una giornata come tante altre al Centro di Riabilitazione Motoria e Fisioterapica Astra, finché il fenomeno dell'hockey sul ghiaccio, nonché testimonial super sexy di una nota marca di biancheria intima maschile non aveva deciso di irrompere nella sua vita con la stessa violenza di un disco da hockey di gomma dura che, dopo una parabola, colpisce il ghiaccio.
Jordan Serenghetti esibì un sorrisetto indolente.
«Sì, io.»
Lo osservò mentre avanzava verso il lettino delle visite, muovendosi con una sensualità innata, anche con le stampelle. Indossava un paio di pantaloncini e una T-shirt verde oliva ed emanava carisma da tutti i pori. La maglietta aderente gli evidenziava i pettorali scolpiti, lasciando scoperti i muscolosi bicipiti.
Non che avrebbe permesso a quel fisico strepitoso di farle girare la testa, si disse Sera, senza troppa convinzione.
Era stufa di uomini troppo belli per essere veri, abituati a ottenere sempre tutto ciò che volevano con un semplice schiocco di dita. E Jordan Serenghetti sarebbe stato benissimo in cima alla sua lista di uomini da evitare, attualmente. Con quei capelli scuri e spettinati ad arte, gli occhi verde prato, il viso scolpito e la mascella quadrata, era obiettivamente un vero schianto.
Sera lo aveva visto, in biancheria intima, esibire i suoi ragguardevoli attributi maschili su enormi cartelloni pubblicitari in grado di alimentare le più torride fantasie femminili. Solo che lei aveva imparato sulla pelle che era meglio restare ancorata alla realtà, piuttosto che inseguire stupidi sogni che finivano con il farla finire puntualmente nei guai.
«Che ci fai, qui?» chiese stupita, benché ne avesse un vago sentore. Le era stato comunicato che il paziente successivo la stava aspettando nella stanza numero sette, però non immaginava si trattasse di Jordan.
Era al corrente del suo infortunio, tuttavia pensava fosse stato preso in cura dallo staff medico della squadra dei New England Razors. Nonostante il vincolo familiare che si era creato tra loro dopo che il fratello del famoso campione di hockey aveva sposato sua cugina Marisa, aveva sperato di non essere lei a doversi occupare di colui che considerava il secondo grande errore della sua vita. Negli annali delle sgradevoli vicende sentimentali, Jordan occupava infatti la posizione numero due, anche se il bellimbusto - come lei aveva avuto modo di appurare di recente - non ricordava un bel nulla di quel loro primo incontro bocca a bocca di otto anni prima. Che umiliazione.
Sera guardò la fasciatura attorno al ginocchio sinistro. Non era abituata a vedere il grande Jordan Serenghetti in versione vulnerabile.
«Che accoglienza. Di solito le fan mi salutano gridando il mio nome.» Un'alzata di spalle enfatizzò la sua delusione. «Sei un antidoto alla monotonia, angelo.»
Sera emise un sospiro. Sapeva bene di cosa stava parlando. Torme di donne esagitate che tentavano di saltargli addosso ogni volta che lo vedevano... «Non chiamarmi angelo» lo rimbeccò, stizzita.
«Ehi, non ti scaldare. Non sono stato certo io a darti il nome di uno spirito celeste.»
A lei non era mai capitato di doversi rammaricare del nome che portava. Al massimo, Serafina serviva come spunto per l'avvio di un'amena conversazione. Però, essere chiamata angelo in quel tono quasi beffardo, da Jordan, per giunta, non lo sopportava. E non era la prima volta.
«Il tuo angelo di riferimento è una creatura celeste dotata di grande fierezza» proseguì lui, imperturbato. «Qualcuno deve avere avuto un'illuminazione quando ti ha dato il nome che porti. Ti calza a pennello. Bella e impetuosa.»
Serafina strabuzzò gli occhi, rifiutandosi di lasciarsi lusingare dal primo dei due aggettivi. «Se vuoi fare colpo con le tue... cavolate bibliche o con questi complimenti da quattro soldi, ti avverto che con me non attacca.» Poi si zittì, rendendosi conto, suo malgrado, che la reazione che stava avendo era invece la prova che lui aveva colpito nel segno. Appoggiò la cartellina sulla scrivania. «Sei venuto per la fisioterapia, suppongo...»
«Per cos'altro, se no?»
Sera soffocò l'irritazione. «E vuoi farmi credere che è un caso che tu sia stato assegnato a me?»
Jordan alzò le mani, con un sorrisetto ironico. «Giuro, non mentirei mai su quest'aspetto. Io voglio sempre il meglio...»
Eh sì, Jordan Serenghetti era abituato ad avere il meglio dalle donne, Sera lo sapeva benissimo. Alla fine di ogni partita, c'era sempre un gran numero di ammiratrici ad aspettarlo fuori degli spogliatoi. E le giovani fanciulle a cui si accompagnava erano spesso modelle dalla bellezza stratosferica.
«...e tu godi di un'ottima reputazione, qui dentro. La direttrice del centro non faceva che tessere le tue lodi. So, quindi, di essere capitato in buone mani.»
Con un atleta di quel calibro, Sera era sicura che Bernice lo avesse affidato a un fisioterapista che riteneva in gamba. Di questo le era riconoscente. E probabilmente aveva pensato di farle un favore assegnandole un paziente come quello.
Sera rammentò la conversazione che aveva avuto con la direttrice a inizio settimana. Stiamo cercando di ottenere un contratto con i New England Razors. La direzione sportiva ha in mente di cercare un supporto all'équipe medica della squadra. Se riuscissimo a spuntarla, avremmo la strada spianata anche con altre società sportive della zona.
Il che sarebbe stato indubbiamente un bel colpo per il Centro Astra. Sulle prime, non le aveva sfiorato la mente di poter imbattersi in Jordan, benché lui giocasse nei Razors. Gli dei non potevano essere così crudeli. E, invece, a quanto pareva, ai numi dell'Olimpo piaceva prendersi gioco dei poveri umani. La squadra aveva inviato Jordan, o forse si era candidato lui stesso, per andare a testare la qualità dei servizi offerti dal centro. Con lei.
«Sei stato tu a chiedere di me?» chiese Sera lentamente.
Jordan annuì, poi esibì un sorriso. «Quando ho telefonato per prendere appuntamento per oggi, facendo il tuo nome, la vostra segretaria non la smetteva più di decantare, oltre alle tue doti professionali, anche quelle culinarie. Sei un mito da queste parti.»
«Davvero?» Sera era in imbarazzo.
«Ha detto che sei brava nei dolci, ma addirittura insuperabile nelle pizze rustiche, calzoni, focacce salate. Hai conquistato tutti, colleghi e superiori, con i tuoi manicaretti. Ho capito, quindi, che eri la persona giusta.»
«Voglio ricordarti una cosa... io e te non ci sopportiamo.»
«Puntualizziamo. Sei tu che non sopporti me. Per quanto mi riguarda, io adoro le donne attraenti e di grande temperamento. Di conseguenza, tu avresti dei problemi a...»
«Per l'appunto.» Sera socchiuse gli occhi.
«Dovresti sentirti al sicuro con me» disse Jordan. «Siamo, più o meno, parenti.»
«Affini» ci tenne a precisare. «In linea collaterale di secondo grado.» Il destino le aveva giocato un brutto scherzo, infatti, quando il fratello maggiore di Jordan aveva sposato sua cugina Marisa Danieli. A Jordan piaceva scherzare sulle traversie della coppia.
Era stato un cammino lungo e tortuoso quello che li aveva condotti all'altare. L'ex fidanzato di Marisa era stato con l'ex fidanzata di Cole, e Jordan prendeva spesso in giro il fratello e la cognata circa il loro essersi fidanzati per interposta persona.
Ciò non significava, ovviamente, che Sera e Jordan dovessero sentirsi in alcun modo vincolati ad avere un qualsivoglia tipo di rapporto.
Fino a quel momento...
Sera aveva fatto di tutto per ignorare che lei e Jordan erano tecnicamente cugini acquisiti. Marisa e Cole erano convolati a nozze con una cerimonia a sorpresa, per cui le era stato risparmiato di dover fare da damigella della sposa, accanto a Jordan, che sarebbe stato presumibilmente scelto come testimone dello sposo.
«Ti avviso, Serenghetti, che non sarò affatto morbida con te. Ti stenderò» ringhiò, scegliendo di cambiare tattica. «Ti farò sudare come non mai.»
Era solo una parziale minaccia. Sera si aspettava sempre il massimo dai pazienti. Era brava, tuttavia esigente e i suoi metodi erano piuttosto duri, lo riconosceva.
Il sorriso stampato sul volto di Jordan rimase imperturbato.
«Non chiedo di meglio.»
«Sei sempre così solare e ottimista?» borbottò. «Non arrivano mai le nuvole a oscurare la Terra dei Serenghetti?»
Lui rise. «Adoro stuzzicarti, Perini. Posso pur essere solare, però ti garantisco che sono capace di scatenare fulmini e saette, all'occorrenza.»
Il doppio senso era lampante e Sera rizzò le antenne. Come se non bastasse, una vocina traditrice le sussurrava: Lo so. Il fatto che lui non ricordasse nulla era piuttosto mortificante. «Non vorrai provarci con me, spero.» Di nuovo. «Non sono una donna della quale potresti facilmente sbarazzarti, poi.» Non questa volta. «Sono la cugina di tua cognata. Mi avrai tra i piedi in chissà quante riunioni di famiglia.»
Lui inarcò un sopracciglio. «A frenarti è solo questo?»
Sera levò le mani al cielo. Per nessuna ragione avrebbe riportato alla memoria di Jordan i loro trascorsi. Con la fortuna che si ritrovava, poteva essere che in futuro lei e lui sarebbero stati prescelti come madrina e padrino di battesimo del nuovo pargoletto di Marisa e Cole. Sembrava quella più che un'ipotesi, dal momento che l'altro fratello di Jordan, Rick, e sua moglie Chiara avevano aperto le danze. Cole era intenzionato ad affidare quel ruolo importante ai fratelli, seguendo l'ordine di nascita.
Jordan si strinse nelle spalle e si guardò intorno. «Quantomeno serberemo il ricordo di qualche sessione di fisioterapia intensa.»
«Oh, ti assicuro che ciò che ti rimarrà meglio impresso nella memoria sarà il ricordo del dolore» ribatté lei.
«Qual è il motivo di così tanto livore, Perini?» le domandò Jordan, con aria semiseria. «Ti faccio presente che sono uno bravo ad ascoltare, nel caso ti venisse voglia di... parlare, invece di continuare a polemizzare.»
Sera gli scoccò un'occhiata sospettosa. Non era sicura che lui stesse ancora scherzando. Meglio non indagare. «E tu dici che mi aprirei con un farfallone come te?» lo rimbeccò, rigida. «Te lo puoi scordare.»
«Neppure quando non sei in servizio?» insistette lui. «Potrebbe essere terapeutico.»
«Quando avrò