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Maggiordomo in gonnella: eLit
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E-book138 pagine2 ore

Maggiordomo in gonnella: eLit

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Info su questo ebook

Efficiente, organizzata e bellissima. Erin Jones è un maggiordomo quasi perfetto, con tanto di diploma conseguito nella scuola più rinomata della zona. L'ultima cosa di cui Tyler Morris ha bisogno per il suo ranch, però, è un maggiordomo, e il fatto che sia donna, poi, non fa che peggiorare la situazione. Ma Erin è decisa a svolgere il lavoro per cui è stata assunta dalla zia di Tyler, bisognoso di cure a causa di un incidente. E nel giro di poche ore riesce a sconvolgere, nel vero senso della parola, lui e il suo tranquillo ranch.

LinguaItaliano
Data di uscita30 mar 2015
ISBN9788858936542
Maggiordomo in gonnella: eLit

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    Anteprima del libro

    Maggiordomo in gonnella - Patricia Knoll

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Delightful Jones

    Harlequin Love And Laughter

    © 1998 Patricia Knoll

    Traduzione di Alessandra De Angelis

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 1999 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-654-2

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    La prima cosa che sentì fu un urlo.

    Erin Jones era appena scesa dall’auto quando udì un grido acuto nelle vicinanze. Si guardò intorno velocemente, ma non vide nessuno. Il vialetto di ghiaia che portava alla casa padronale di mattoni rossi, i campi intorno, gli altri edifici del ranch, erano tutti deserti. Eppure le urla non accennavano a smettere, anzi aumentavano d’intensità. Erano strilla infantili e si stavano avvicinando.

    Erin si piegò all’interno della macchina per prendere la borsetta e le chiavi ma, prima che potesse farlo, sentì dei passi e si voltò. Due bambinetti apparvero da dietro la casa, correndo e inciampando. Li fissò sbigottita mentre si precipitavano verso di lei. Gridavano e si spintonavano con le mani strette a pugno. Ogni tanto uno dei due tentava di picchiare l’altro, poi si giravano per urlare contro qualcuno dietro di loro. Barcollavano sbandando da un lato all’altro come ubriachi.

    Erin controllò in fretta il proprio aspetto, lisciandosi la gonna gessata, aggiustandosi la giacca nera con i bottoni lucidi e passandosi le mani sui capelli biondi stretti alla nuca in un severo chignon. Quando tornò a posare lo sguardo sui bambini, si accorse che avanzavano come se tentassero di correre, ma fossero trattenuti. Dopo qualche istante, esterrefatta, si rese conto che erano legati insieme con una corda e che dietro di loro qualcuno ne teneva un capo. Più i due bimbi tentavano di correre e più la fune si stringeva, facendoli sgambettare invano. Alla fine inciamparono uno nei piedi dell’altro e caddero a terra rotolando senza smettere di gridare e di dimenarsi. Erin accorse ad aiutarli, lasciando aperta la portiera della macchina.

    «Ehi, cosa succede?» chiese loro piegandosi per afferrare la corda e liberarli.

    Quando i bambini la videro, le loro grida si fecero ancora più stridule. Cercarono di ritrarsi, ma erano impossibilitati a muoversi perché avevano la corda avvolta in un groviglio inestricabile tra le gambette.

    «Smettetela di agitarvi» ordinò Erin in tono perentorio.

    I due non le prestarono ascolto, ma Erin era stata allevata con tre fratelli e sapeva come trattare dei ragazzini scalmanati.

    Afferrò l’estremità della corda che era ancora tesa dietro l’angolo della casa, poi la tirò forte e rimase sorpresa nel vederla venir via con estrema facilità e piombare a terra con un rumore sordo. Sollevata per averla sganciata da qualsiasi cosa la tenesse tesa, cercò di districare i due piccoli prigionieri e trovò il punto in cui era annodata strettamente. Cominciò ad allentarlo sotto lo sguardo attento dei due bimbi. Appena lei aveva tirato la fune, si erano zittiti, ma continuavano a contorcersi e a spingersi rendendole più difficile l’impresa.

    «Come avete fatto a finire legati così?» chiese guardandoli meglio.

    Il più alto dei due aveva sì e no sette anni. L’altro sembrava più piccolo di uno o due anni. Portavano jeans stazzonati e magliette; tra i capelli biondi scompigliati c’erano dei fili di paglia. Avevano gli occhi rossi e gonfi per le lacrime e i visetti sporchi di terra.

    «Ci ha legati con la corda» disse il più grandicello tirando su con il naso.

    «Chi?» domandò Erin aggrottando la fronte.

    Il bambino fece il broncio e due lacrimoni gli rigarono il viso sporco. «Siamo andati nel fienile. Volevamo solo giocare con i gattini, ma lui è uscito dalla casa gridando e roteando la corda. Ci ha legati come vitelli.»

    «Ci ha fatto male!» disse il più piccolo in tono lamentoso.

    Erin era sconvolta, incapace d’immaginare chi potesse aver fatto una cosa simile. Diede ai bambini dei buffetti rassicuranti sulle spalle, sorridendo per tranquillizzarli. «Su, su, non piangete. Vedrete che chiunque sia stato, avrà quel che si merita.»

    Il più piccolo la guardò con occhioni dall’espressione innocente. «Lo prometti, signora?» chiese con voce tremula, incerta.

    «Certo» replicò Erin con fermezza, riuscendo finalmente ad allentare la corda liberandoli. «E ora ditemi chi è stato.»

    «Lui!» Uno dei bimbi puntò il dito oltre le spalle di Erin prima di darsela a gambe insieme all’altro, strillando con quanto fiato aveva in gola.

    I due corsero via, entrarono nella sua macchina, sbatterono la portiera, poi si affrettarono a mettere la sicura. Erin rimase qualche secondo immobile, a bocca aperta, poi si voltò lentamente e vide un uomo che avanzava verso di lei.

    Era alto e aveva i capelli scuri, uno sguardo truce e una gamba ingessata. Camminava con le stampelle e avanzava con il piglio combattivo di un generale ferito in battaglia. Quando si accorse che i due bambini si erano liberati, fece una smorfia di disapprovazione e scosse la testa.

    «Chi diavolo è lei?» l’apostrofò sgarbatamente squadrandola senza alcuna cordialità. «È stata lei a slegare quei piccoli piromani?»

    Erin raddrizzò le spalle con fierezza, reagendo automaticamente al suo tono. «Sì, sono stata io.»

    «Perché non pensa agli affari suoi? Dove sono ora quelle due pesti?» L’uomo si guardò intorno corrugando la fronte. «Ah, eccoli là. Perfetto, ora sono in trappola.» Si avvicinò alla macchina di Erin e la indicò. «È la sua?»

    Erin lo raggiunse e lo fissò con aria di sfida. «Sì.»

    «Apra la portiera» le ordinò lui. «Devo parlare con loro.»

    «Aspetti un attimo.» Erin sollevò le mani. «I bambini erano legati con una corda. Hanno detto che è stato lei e che ha fatto loro male.»

    «Ne sono contento» replicò lui per tutta risposta, con la furia che gli rendeva lo sguardo fiammeggiante.

    «È stato lei a legarli?»

    «Certo!» L’uomo sollevò il mento in un atteggiamento combattivo. «Stavano cercando di dare fuoco al fienile.»

    Erin gli lanciò un’occhiata scettica. «Non credo che due bambini così piccoli possano...»

    «Oh, sì che possono!» esclamò lui interrompendola. «Lei non immagina neppure quali danni riescano a fare ogni volta che sono convinti di non essere visti. Comunque, non sono cose che la riguardano, signora.» Afferrò la maniglia e la tirò più volte senza risultato. «E adesso apra questa dannata portiera!»

    «La prego, si calmi» protestò Erin. Istintivamente si tastò la tasca per sentire il portachiavi, ma rimase impietrita quando la sentì vuota. Nello stesso istante udì il rumore del motore che si metteva in moto. Il maggiore dei bambini aveva trovato la chiave infilata nell’accensione e l’aveva girata.

    «Sappia che, se Earl junior riesce a raggiungere il pedale dell’acceleratore, può salutare per sempre la sua macchina» borbottò lui. «Quel teppistello non ha alcun problema a innestare la prima e a portarsela via.»

    Erin cominciò a bussare furiosamente sul finestrino. «Aprite subito!» gridò.

    I bambini la ignorarono. Il più piccolo aveva scoperto la sua borsetta sul sedile e la stava aprendo. Ficcò una mano dentro, prese il borsellino, ne estrasse una manciata di monetine che si mise in tasca, poi con gioia individuò un pacchetto di gomme da masticare. Abbandonò immediatamente la borsa, che rotolò sul tappetino. Tutto il contenuto si sparse a terra, mentre il bimbo scartava una gomma e la metteva in bocca tutto contento. Il più grande se ne accorse, gli strappò il pacchetto di mano dopo una strenua lotta e si mise a masticare anche lui con aria soddisfatta. Apparentemente dimentico della possibilità di far partire l’auto, si sedette sul volante con i piedi sul sedile, rimbalzando e facendo suonare il clacson ogni volta che ricadeva.

    Strillando di rabbia e di frustrazione, il piccolo si gettò contro di lui tempestandolo di pugni e calci, poi si sporse per afferrare la maniglia dal lato opposto. Cercando di cogliere l’occasione al volo, Erin fece di corsa il giro della macchina e tirò la portiera appena il bambino la aprì. Lui la urtò e scappò via come un fulmine lungo il vialetto.

    «Bucky, torna subito qui!» gridò l’uomo.

    Il bambino continuò a correre a perdifiato. Erin stava per sporgersi all’interno dell’auto per cercare di afferrare l’altro, quando colse un movimento con la coda dell’occhio. Rialzò la testa e vide una donna che era apparsa sulla veranda della casa.

    Già provata dalla serie movimentata di eventi con cui era stata accolta, Erin non ebbe la prontezza di nascondere il proprio stupore e rimase imbambolata a fissare la nuova arrivata con gli occhi spalancati e la bocca aperta.

    La donna aveva il busto procace strizzato in una maglietta attillata e scollatissima, lunghe gambe flessuose scoperte generosamente da una minigonna mozzafiato ed enfatizzate ancora maggiormente da sandali dai tacchi a spillo. La gonna che indossava era così aderente da sembrare dipinta addosso. I capelli erano una vistosa massa fiammante di riccioli che le scendevano lungo le spalle. Teneva una mano su un fianco in un atteggiamento provocante.

    «Tyler, non devi rimanere troppo in piedi con quella gamba!» esclamò in tono affettuoso. «Vieni a sdraiarti» aggiunse allusivamente sporgendo il seno in avanti in un gesto invitante.

    Lui arrossì violentemente. «Sdraiarmi? Ma sei matta? Ho appena sorpreso i tuoi figli mentre tentavano di bruciarmi il fienile!» gridò per sovrastare il suono assordante del clacson. Si frugò in tasca e ne estrasse una

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