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L ultima tentazione del Dr Dalton
L ultima tentazione del Dr Dalton
L ultima tentazione del Dr Dalton
E-book159 pagine2 ore

L ultima tentazione del Dr Dalton

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Info su questo ebook

Quando la dottoressa Charlotte Edwards butta all'aria ogni inibizione per passare una notte di fuoco tra le braccia di Trent Dalton non sa che la mattina dopo dovrà mettere da parte il proprio orgoglio per chiedere all'uomo che le ha fatto perdere la testa di aiutarla.

Trent aveva giurato che non ci sarebbe mai più cascato. Mischiare lavoro e piacere può essere molto pericoloso, soprattutto per uno come lui, abituato a operare in una delle zone più povere dell'Africa Occidentale. Ma a Charlotte non ha saputo resistere e adesso dovrà pagarne le conseguenze.
LinguaItaliano
Data di uscita10 set 2020
ISBN9788830519572
L ultima tentazione del Dr Dalton

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    Anteprima del libro

    L ultima tentazione del Dr Dalton - Robin Gianna

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Last Temptation of Dr Dalton

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2014 Robin Gianakopoulos

    Traduzione di Rita Orrico

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-957-2

    1

    Le sarebbe piaciuto scaraventare quello stupido cellulare fuori dal finestrino.

    Perché non rispondeva? Charlotte Edwards sbuffò e tornò a concentrarsi sulla guida. Mantenere la macchina sulla strada sterrata e piena di buche a quella velocità non era un’impresa facile, ma lei aveva fretta.

    Per fortuna era soltanto maggio e in Liberia la stagione delle piogge non era ancora cominciata. Il suo vecchio fuoristrada se la cavava bene sullo sterrato, ma quando le piste venivano inondate dalla pioggia, percorrerle diventava un vero terno al lotto.

    Una nuova scarica di adrenalina la indusse a spingere sul pedale dell’acceleratore. Per quanto la cosa la mettesse a disagio, doveva a tutti i costi raggiungere Trent Dalton all’aeroporto prima che partisse, dopodiché gliene avrebbe cantate quattro per non aver risposto al cellulare. Se lui l’avesse fatto, gli avrebbe pagato un taxi per riportarlo al suo piccolo ospedale anziché sprecare tempo per andare a prelevarlo di persona.

    Quasi rispondendo a quei pensieri, il telefono prese a squillare. Si trattava di Thomas, il tecnico di laboratorio dell’ospedale.

    «Ci sono novità?»

    «Il ragazzo è ancora cosciente e spero che resista finché il dottor Dalton non sarà tornato. Però volevo dirle che il dottor Smith si è offerto di praticare l’appendicectomia.»

    «Che cosa? Digli che non se ne parla nemmeno. Non permetterò a un bugiardo dilettante di toccare uno dei miei pazienti. Spero soltanto che Trent non sia già partito. Ti farò sapere qualcosa quando arrivo all’aeroporto.»

    «Va bene, Ma...»

    Charlotte riagganciò e sorrise. Il titolo di Ma era usato in segno di rispetto in Liberia e malgrado lei avesse chiesto a Thomas di chiamarla Charlie dozzine di volte, lui non lo faceva mai.

    Il dottor Smith era stato mandato a lavorare per un anno all’Edwards Hospital dall’Associazione Medica Internazionale, ma quando il suo arrivo era stato ritardato, avevano chiesto a Trent di sostituirlo per cinque giorni. Benché quest’ultimo avesse appena terminato un periodo in India, aveva accettato di coprire l’assenza del collega.

    Purtroppo, non appena Trent era ripartito per godersi un periodo di vacanza, l’associazione l’aveva chiamata per informarla che Smith aveva falsificato le proprie credenziali. A quelle condizioni, non gli avrebbe mai permesso di lavorare per lei. E siccome i problemi hanno la tendenza ad accumularsi, avevano ricoverato un bambino con urgente bisogno di un intervento chirurgico. Poiché anche il suo braccio destro, John Adams, era assente quel giorno, non le era rimasta altra scelta che correre a fermare Trent Dalton prima per partisse per chissà dove.

    Quando finalmente raggiunse l’aeroporto e corse all’interno, fu davvero sollevata di vederlo ancora seduto nella sala d’aspetto. Il fatto che si sentisse le gambe molli non aveva nulla a che fare con il rivedere l’uomo bellissimo con cui aveva avuto un’avventura di una notte soltanto poche ore prima. Il ricordo di come avevano trascorso le ore notturne la riempì d’imbarazzo. Se solo quella mattina avesse saputo che il loro ultimo bacio non sarebbe stato un vero addio!

    Trent stava semisdraiato su una sedia dall’aspetto durissimo, le lunghe gambe distese davanti a sé e un Panama calato sugli occhi. Solo la sua bocca sensuale era visibile e Charlotte fu ben felice che lui non potesse vedere il rossore che le era salito al viso ripensando al tocco di quelle labbra. A braccia conserte, lui sembrava profondamente addormentato.

    Arrabbiata con se stessa per la propria debolezza, lei gli si fermò di fronte e diede un calcio al suo piede. «Svegliati! Dobbiamo parlare.»

    Lui s’irrigidì visibilmente, ma a parte questo non si mosse e finse di non averla sentita. Temeva forse che si fosse fatta tutti quei chilometri per dargli il bacio d’addio? Aveva già dato e ripensarci servì solo a infastidirla ancora di più.

    «So che non stai dormendo, Trent Dalton. Guardami» ripeté lei, sferrando un piccolo calcio alla caviglia, stavolta.

    «Oh, dannazione!» sbottò lui, spostando la gamba e sollevando la tesa del cappello abbastanza da mostrare un ciuffo di capelli neri. I suoi occhi azzurri la guardarono con sospetto. «Che cosa ci fai qui, Charlotte?»

    «Sono qui perché non rispondi a quello stupido cellulare!»

    «L’ho spento. Sono in ferie.»

    «Se l’avessi tenuto acceso, non mi sarei fatta un’ora di macchina a tutta velocità per arrivare qui prima della tua partenza. Dobbiamo parlare.»

    «Senti» replicò lui con una smorfia stanca, «stare con te è stato fantastico e capisco che andare avanti possa essere difficile, ma i lunghi addii non fanno che peggiorare la situazione.»

    «Non possiamo ancora dirci addio.»

    «Mi dispiace, Charlotte, ma devo partire. Ti assicuro che starai bene.»

    Di tutti i palloni gonfiati!... Pensava davvero che le donne trovassero impossibile dimenticarlo dopo una notte di passione, per quanto estremamente gradevole? «Mi dispiace, ma devi tornare indietro.»

    «Non posso» ribadì lui, guardandola con occhi carichi di rimpianto. «Entrambi sapevamo di avere solo una notte insieme. Domani andrà meglio. In poche settimane, ti dimenticherai di me.»

    «Sei così incredibilmente pieno di te!» Lei non riuscì a trattenere una risata. Quell’uomo era incredibile. «La nostra scappatella è finita nel momento in cui ci siamo salutati con un bacio. Cosa ti fa pensare che abbia un problema al riguardo? Non è per questo che sono qui.» Lo fissò con espressione noncurante, persino divertita. Non intendeva dargli il minimo indizio che avrebbe pensato a lui dopo che se n’era andato.

    «Allora perché sei qui?»

    «Sto per buttare fuori il nuovo chirurgo.»

    «Che cosa?» Trent si raddrizzò di scatto sulla sedia.

    «A quanto pare ha falsificato le sue credenziali. Gli hanno sospeso la licenza negli Stati Uniti per abuso di alcolici e prescrizione eccessiva di farmaci.»

    «Accidenti, quindi è una mina vagante.» Trent si accigliò. «Questo però non significa che non sia un buon chirurgo.»

    «Soltanto perché siamo nel bel mezzo dell’Africa occidentale non significa che le nostre prestazioni non debbano essere di altissimo livello. E mi rifiuto di lasciare che un medico immorale, e forse anche drogato, operi i nostri pazienti.»

    «Perciò, quando invieranno un nuovo chirurgo?»

    «Il più presto possibile. Pensano di disporre di un medico temporaneo fra un paio di giorni, una settimana al massimo. Poi gli concederanno un visto di un anno. Tutto quello che devi fare è tornare in ospedale per qualche giorno.»

    «Non posso. Ho appena trascorso un intero anno in India e ho bisogno di una pausa prima di iniziare il mio nuovo lavoro nelle Filippine. Ho un itinerario di viaggio che non posso cambiare.»

    Suo malgrado, Charlotte si chiese con quale donna avrebbe condiviso il viaggio. «Non credo che per te la tua vacanza sia più importante del tuo lavoro.»

    «Ehi, l’unico motivo per cui ho lavorato per dodici mesi di fila è stato per pagarmi questa vacanza.»

    Per tutta risposta, lei sbuffò. «Avresti potuto fare molti più soldi come chirurgo negli Stati Uniti. Nessuno sceglie di lavorare in un ospedale missionario per il denaro.»

    «Magari non sono riuscito a ottenere un posto negli Stati Uniti» le fece notare lui. Il suo sguardo di solito ridente era stranamente serio.

    «Ah-ha.» Lei piazzò le mani sui braccioli della sua sedia e si sporse in avanti finché i loro nasi non furono a pochi centimetri di distanza. Il profumo pulito e maschile di lui le solleticò le narici, facendo accelerare il suo stupido polso, ma Charlotte non intendeva tirarsi indietro. «Allora dimmi, perché mai ti spacchi la schiena soltanto in piccoli ospedali in zone del mondo disagiate? La maggior parte dei medici affiliati all’Associazione Medica Internazionale lavora part-time.»

    «Mi hai beccato! Sono in fuga dalla legge» mormorò lui. Le sue labbra erano così vicine che per un attimo lei desiderò soltanto accorciare quella breve distanza e baciarlo di nuovo. «Ho ucciso la mia ragazza dopo che era venuta a cercarmi all’aeroporto.»

    Charlotte non poté trattenere una risata. «Ho sempre saputo che eri un uomo pericoloso, Trent Dalton, ma non avevo capito quanto.» Fu quasi sul punto di cedere davvero all’impulso di baciarlo, ma all’ultimo momento tornò in sé e si raddrizzò.

    «Abbiamo un problema urgente, per cui non hai tempo di decidere se preferisci giocare a golf, correre dietro alle gonnelle o qualsiasi cosa tu faccia quando sei in vacanza.»

    «Quale problema?»

    «Un bambino di sette anni con l’appendice infiammata. Thomas teme una rottura e dice di non essere in grado di operare.»

    «Perché pensa si tratti dell’appendice? In ogni caso, Thomas è un tecnico molto capace. Mi ha colpito molto la sua abilità nel trattare le ernie.»

    «Un’ernia non è uguale a un’appendicite, come ben sai. Thomas è sicuro della diagnosi ed è altrettanto certo che possa pensarci soltanto tu. Inutile dire che l’ultima cosa di cui il bambino ha bisogno è una peritonite.»

    «Quali sono i suoi sintomi?»

    «Sua madre dice che non mangia da due giorni. Ha febbre e vomito.»

    «Magari è una semplice influenza.»

    «Il primo sintomo è stato il dolore addominale.»

    «Il dolore si è spostato?»

    «Sì, dalla zona ombelicale al basso quadrante destro» tagliò corto Charlotte. Aveva intenzione di farle domande per tutto il giorno? «Ascolta, Trent, sono passate trentasei ore e il rischio di rottura è alto ormai. Non c’è bisogno che ti ricordi qual è la percentuale di sopravvivenza in seguito a una peritonite, in questa parte del mondo.»

    Un sorriso lento si aprì sul volto di Trent. «Forse l’intervento dovresti farlo tu. Perché non sei diventata un dottore?»

    «Posso procurare medici per l’ospedale, ma non trovare qualcuno che lo diriga. Allora, vieni?»

    Senza più sorridere, lui la guardò in silenzio. Sul suo volto lei riconobbe una preoccupazione che la commosse. Temeva di ferirla, tornando.

    Spinta da un impulso, lei gli sfiorò una guancia con la mano. «Ti conosco da pochi giorni soltanto, ma sono sufficienti a capire che sei un uomo d’onore. Sono sicura che verrai a prenderti cura di quel bambino e resterai finché non arriverà il sostituto. L’avventura di una notte è tutto ciò che può esserci tra noi, qualsiasi altra cosa sarebbe inutile e creerebbe solo confusione. Da questo momento in poi il nostro rapporto sarà strettamente professionale, perciò non preoccuparti e andiamo, prima che le condizioni del paziente peggiorino.»

    Lui le coprì la mano con la propria per un momento, prima di spostarla con gentilezza. «Sei brava, te lo concedo» commentò, alzandosi. «Però, posso restare solo pochi giorni, quindi non cercare di farmi sentire in colpa, in futuro. Dico davvero.»

    «Affare fatto» si disse d’accordo lei, tendendo la mano per suggellare il patto. Fu un contatto breve e formale, ma la sensazione le restò impressa sulla pelle e nella mente a lungo.

    I giorni a venire si sarebbero rivelati molto, molto lunghi...

    Mentre percorrevano la pista accidentata in direzione dell’ospedale, Trent ne approfittò per osservare Charlotte, concentrata sulla guida. Rivedere il suo viso bellissimo all’aeroporto gli aveva quasi tolto il fiato. Non aveva smesso neanche un attimo di pensare a lei e per questo aveva desiderato più di ogni altra cosa allontanarsi da lì. Guardò le sue sopracciglia ben delineate che facevano da

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