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San Valentino in corsia: Harmony Bianca
San Valentino in corsia: Harmony Bianca
San Valentino in corsia: Harmony Bianca
E-book158 pagine2 ore

San Valentino in corsia: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Un visita alla Tour Eiffel, una romantica passeggiata lungo la Senna e un'infuocata notte di passione in camera da letto. Jack e Avery sono due perfetti sconosciuti che hanno deciso di lasciarsi andare all'attrazione che provano l'uno per l'altra. La mattina dopo, però, una volta rivelata la reciproca identità, il dottor Dunbar e la dottoressa Girard scoprono di avere in comune molto più di quanto avessero immaginato. Per le settimane successive, infatti, Avery dovrà supervisionare il collaudo di una valvola cardiaca progettata da Jack, e per lavorare fianco a fianco dovranno trovare il modo di evitare che l'attrazione fra loro diventi un vero e proprio ostacolo.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2020
ISBN9788830522572
San Valentino in corsia: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    San Valentino in corsia - Robin Gianna

    978-88-3052-257-2

    1

    Jack Dunbar studiò la mappa che aveva in mano, cercando di capire in quale punto di quella benedetta città si trovasse. Non voleva sprecare le sue prime ore a Parigi, e non gli importava di aver dormito pochissimo sul sedile di un aeroplano e nemmeno di non saper spiccicare una sola parola di francese. Un po' di avventura non aveva mai fatto male a nessuno. E persino perdersi poteva essere un modo per distrarsi dal pensiero della presentazione che lo attendeva quella sera. Una presentazione che avrebbe dato inizio a una nuova fase della sua carriera, quella per cui aveva lavorato tanto duramente e che, sperava, avrebbe dato slancio a uno strumento medico di ultima generazione, salvando vite umane e cambiando per sempre l'approccio chirurgico alla sostituzione delle valvole cardiache.

    Prima di qualsiasi giro, però, aveva bisogno di un caffè. Entrò nel ristorante dell'albergo e scorse un ampio buffet, allestito con ogni genere di leccornia dolce e salata.

    «Mi scusi» disse, rivolgendosi al maître. «Dove posso trovare qualcosa per colazione?»

    «Voilà!» replicò l'uomo con un ampio sorriso, indicandogli i tavoli alle sue spalle. «Le petit déjeuner

    Jack per poco non scoppiò a ridere. Se quella era una colazione piccola, non osava immaginare una grande. «Grazie, ma mi bastano un caffè e qualcosa di veloce. Dove posso trovarli?»

    «Qualunque cosa possa desiderare è su quel tavolo, monsieur

    «Sì, lo vedo, ma...»

    «Conosco un posticino che fa per lei» intervenne una voce alle sue spalle. «Quando si è in Francia, bisogna mangiare come i francesi.»

    Jack si girò. La donna alle sue spalle, minuta, aveva gli occhi più verdi che avesse mai visto, e un sorriso divertito le increspava le labbra. Da come parlava sembrava anche lei americana.

    «È esattamente quello che vorrei» rispose, ricambiando il sorriso. «Immergermi per un po' nella cultura francese. E al più presto, perché al momento ho bisogno di una tazza di caffè più che dell'ossigeno per respirare.»

    I magnifici occhi smeraldo, incorniciati da lunghe ciglia, scintillarono divertiti. ««La caffeina è decisamente il più efficace salvavita del mondo. Venga.»

    E senza quasi lasciargli il tempo per ringraziare il maître, lo prese a braccetto e lo guidò verso la porta nelle fredde strade parigine di gennaio. «C'è una caffetteria deliziosa proprio in fondo a questa via. Possiamo prendere un caffè e una baguette e poi saremo pronti per andare.»

    Saremo? Il modo in cui quella donna aveva preso il controllo della situazione strappò a Jack un sorriso. Non che gli dispiacesse... anzi! Venire trascinato via da una donna bellissima che sembrava conoscere bene Parigi era un piacere del tutto inatteso, al quale era più che felice di abbandonarsi.

    «Io sono Avery, comunque.»

    «Jack, piacere.» La guardò. Il suo nome insolito ben si accoppiava al suo essere una donna decisamente particolare. Una che prendeva un perfetto estraneo a braccetto e lo portava al bar, come se lo conoscesse da giorni, invece che da pochi secondi... Dal cappello di lana rossa che le copriva la testa spuntavano fuori delle ciocche di capelli castani, e attorno al collo aveva una sciarpa arancione, rossa e gialla. Ai piedi, poi, portava degli stivali da pioggia di gomma gialla con disegnate sopra delle anatre rosse, e sotto il braccio aveva un ombrello violetto. Un look decisamente eccentrico.

    «Piacere, Jack.» Un altro sorriso irresistibile le incurvò le labbra. La mattinata che fino a pochi attimi prima a Jack era sembrata grigia e cupa si illuminò di colpo. «Come ti piace il caffè? All'americana? Se vuoi fare il vero francese, devi prendere un espresso. Ma stai tranquillo, qualunque sia la tua scelta, non ti giudicherò.»

    Gli occhi verdi erano così ipnotici che per un istante, guardandoli, Jack rischiò di inciampare. «Non so perché, ma qualcosa mi dice che è una bugia. Comunque, l'espresso mi piace.»

    «Lo sapevo che avevi i miei stessi gusti.»

    Nella piccola caffetteria c'era un profumo delizioso. Jack seguì Avery al bancone. Lei ordinò parlando in un francese fluido, quasi da madrelingua.

    «Visto che hai ordinato tu, pago io» disse Jack.

    «È proprio quello che speravo. Se no perché ti avrei portato fin qui?»

    «E io che credevo che fosse per il mio fascino!»

    «In effetti devo ammettere che, insieme al tuo aspetto da ragazzino smarrito, l'ho trovato irresistibile.»

    Jack sorrise. Era da parecchio tempo che non incontrava una donna così carina. Presero le baguette e le tazze di caffè e si spostarono su un tavolino. Jack trangugiò la bevanda calda quasi in un sorso. «Che buono! Ne avevo proprio bisogno. Peccato che sia già finito.»

    «Lo so. E pensa che ho anche ordinato la dose doppia. Noi americani siamo abituati a tazze di caffè infinite.»

    «Sei qui come turista? Con amici?» A Jack sembrava strano che viaggiasse da sola, ma lo sperava. Magari avrebbero potuto trascorrere un po' di tempo insieme, visto che lui sarebbe rimasto a Parigi tutto il mese.

    «Sono a Parigi per lavoro, e sono da sola. E tu?»

    «Anch'io. Per lavoro e da solo. Ma oggi ho ancora qualche ora libera. Ti andrebbe di portarmi un po' in giro, in cambio di un buon pranzo?»

    «Stiamo ancora facendo colazione e pensi già al pranzo?» Ancora quello sguardo magnetico, e Jack si sentì sempre più spinto verso di lei. «Comunque, la mia risposta è sì.»

    Jack sorrise. Quell'ottimo inizio della sua trasferta parigina sembrava di buon auspicio. «Dove andiamo? Non conosco altro che la Torre Eiffel, e so che è qui vicino, perché l'ho vista dalla finestra dell'albergo.»

    «Parigi è una città meravigliosa da girare a piedi, anche se oggi fa freddo e potrebbe piovere. O anche nevicare. Dirigiamoci verso la Senna e partiamo da lì. Se arriviamo alla Torre presto, magari riusciamo a evitare le code.»

    «Ci sono anche in questo periodo dell'anno? Non pensavo che ci fossero così tanti turisti.»

    «Qui ci sono sempre. Magari a gennaio e febbraio non tanti come in primavera e in estate, ma sempre parecchi. Molti vengono a Parigi per festeggiare San Valentino. Romantico, sai?»

    Jack non ne aveva idea, veramente. Certo, c'erano state delle donne nella sua vita, ma come per il padre e il fratello la sua vita era centrata sul lavoro. Lavorare per aiutare i pazienti, in ricordo del nonno tradito prematuramente dal suo stesso cuore.

    Avery finì il pane e prese la borsa e l'ombrello, pronta per mettersi in marcia.

    «Immagino che non ci siano tazzine di caffè espresso da asporto, vero?»

    «Immagini bene. Per i francesi gli americani che camminano in strada mangiando e bevendo sono pazzi.»

    «Vuol dire che a pranzo ne berrò tre insieme» concluse Jack, alzandosi in piedi.

    Uscirono dal locale e si diressero verso la Torre, imboccando stradine nascoste e ampi viali, la voce melodiosa di Avery che gli dava dettagli di quello che incontravano passeggiando. Jack si sentiva leggero come una piuma. Passare quelle ore con lei stava cancellando lo stress per la presentazione. Era stato proprio fortunato ad averla incontrata nel primo giorno della sua permanenza in Francia.

    «Quello è l'Hôtel des Invalides» esclamò Avery, indicando un edificio dorato. «Vi è sepolto Napoleone. Ho letto che in occasione dell'anniversario della Rivoluzione Francese hanno ricoperto la volta con qualcosa come venti libbre d'oro. E mi sorge spontanea una domanda. Non sarebbe stato meglio usare tutto quell'oro per ricoprire di gioielli le donne?»

    «Quindi ti piacerebbe essere coperta d'oro?» Jack guardò i cerchi che aveva alle orecchie e i bracciali al polso. Carini, ma d'argento.

    «Non proprio, ma se un uomo si sentisse obbligato a farlo chi sono io per impedirglielo?» Avery sorrise e lo prese a braccetto. «Andiamo alla Torre, prima che si formi la coda.»

    Si affrettarono e, quando arrivarono allo spazio erboso davanti al monumento, nonostante il freddo intenso, c'era già parecchia gente in fila. «Soffri di vertigini?»

    «Io? No! Non ho paura di niente.»

    «Tutti hanno paura di qualcosa.» L'espressione di Avery per un istante si fece seria, poi tornò sorridente. «La Torre Eiffel è molto alta, e gli ascensori possono dare un po' di claustrofobia, quindi ti darò la mano, in caso tu abbia bisogno di me.»

    «Sai, dopotutto potresti anche avere ragione.»

    Avery rise e gli fece scivolare una mano nella sua, con estrema naturalezza, come se il suo posto fosse proprio quello.

    «Davvero? Ti confesso che quegli ascensori fanno un po' impressione anche a me, quindi se ti stringo la mano troppo forte, scusami.»

    «Sono forte, non preoccuparti.»

    «Ci scommetto.» Avery gli sorrise. «E se, invece, prendessimo le scale?»

    Jack la guardò, incredulo. «Le scale?»

    «Sembri abbastanza in forma.» Un luccichio divertito attraversò gli occhi smeraldo. «Saliremo a piedi solo fino al secondo piano. Da lì andremo avanti in ascensore. Fidati, è il modo migliore di gustarsi il panorama, soprattutto in una giornata nuvolosa come questa.»

    «Okay, a patto di non passare tutta la giornata ad arrampicarsi, ci sto, signorina Touring Club. Fai strada.»

    Le scale erano sorprendentemente alte e la salita gli fece mancare il respiro. O forse era colpa della presenza di Avery... Per qualche strana ragione, aveva su di lui un effetto che Jack non aveva mai provato subito dopo aver conosciuto una donna. Ammirarono il panorama sia dal primo sia dal secondo livello, con Avery che gli indicava i principali punti di riferimento della città, poi entrarono nell'ascensore di vetro, stipato di passeggeri, ma a Jack non spiaceva affatto quella vicinanza forzata con Avery. Aspirare l'aroma dolce e fresco del suo profumo era una tortura deliziosa.

    La corsa avrebbe potuto facilmente spaventare chiunque. Passare vicino all'imponente struttura metallica della Torre era impressionante. Quando uscirono all'ultimo piano, il vento freddo scompigliò loro i capelli, insinuandosi sotto i cappotti, e Jack le strinse le braccia intorno alle spalle per cercare di riscaldarla.

    «Vuoi dare un'occhiata con il telescopio? Anche se temo che con questi nuvoloni non si riuscirà a vedere molto...» Avery si girò verso di lui, le guance arrossate, le labbra deliziose e da baciare. I capelli le svolazzavano intorno al viso, e, incapace di resistere, Jack ne prese una ciocca tra le dita e la sistemò sotto il cappello.

    «Veramente preferisco guardare te» ammise. «Ma potrebbe essere la prima e l'ultima volta che salgo quassù, e non vorrei pentirmi di non averne approfittato.»

    Alle sue parole, il viso di Avery divenne ancora più rosso. Senza dire niente, infilò una moneta nella fessura del telescopio e, a turno, vi guardarono dentro, i volti così vicini che per poco Jack non cedette all'impulso di baciarla, partendo dalla guancia per poi scendere, se lei glielo avesse permesso, fino alle labbra. A un tratto i loro occhi si incontrarono, e Avery si inumidì le labbra con la punta della lingua, come se stesse pensando esattamente la stessa cosa.

    Jack la vide dilatare le pupille, e gli occhi smeraldo scintillare. Lentamente abbassò la testa, le prese il viso tra le mani e...

    «Scusate, avete finito con il telescopio?» chiese un uomo alle loro spalle.

    Avery fece un passo indietro. «Certo.» L'impeto che a Jack era parso di vedere poco prima fu sostituito da un sorriso amichevole. «Andiamo, Jack? Mi sa che abbiamo già visto tutto quello c'è da vedere oggi.»

    E va bene... Baciarla in mezzo a tutta quella gente non sarebbe stata comunque una bella idea, ma Jack era sicuro che anche solo sfiorarle le labbra sarebbe stato dolcissimo. «Sono pronto.»

    Si infilarono di nuovo nell'ascensore, meno affollato rispetto all'andata.

    «Grazie per avermi portato quassù» le disse, sistemandole un'altra ciocca di capelli sotto al cappello. «È stato bellissimo.» Lei era bellissima. «E adesso, signorina Touring Club? È ora di pranzo?»

    «Ma, insomma, pensi sempre a mangiare!» Avery lo guardò, divertita. «Ma anche a me sta venendo fame, devo ammetterlo. Poco più in là, sulle rive del fiume, c'è un posticino delizioso. Ma, tranquillo, non ti svuoterò il portafogli.»

    A Jack non importava quanto gli sarebbe costato. Il piacere di stare con Avery non aveva

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