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Fidanzati a Natale: Harmony Bianca
Fidanzati a Natale: Harmony Bianca
Fidanzati a Natale: Harmony Bianca
E-book161 pagine2 ore

Fidanzati a Natale: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

La dottoressa Ellen Cox è volata in Honduras per liberarsi dalle catene di una vita noiosa e troppo prevedibile, ma non avrebbe mai immaginato di sostituirle con quelle ben più pericolose del desiderio per il suo nuovo, misterioso capo, il dottor Chance Freeman.



Nonostante sia molto attratto da lei, Chance cerca di tenere Ellen a distanza e di non rivelarle quello che prova. E quando il pericolo fa irruzione in quel mondo che loro credevano protetto, lui non esita a rispedirla a casa pur di tenerla al sicuro. In realtà, più che la donna di cui ormai è innamorato, ciò che al dottor Freeman interessa proteggere è soprattutto il proprio cuore, anche a scapito della felicità. Ma, una volta resosi conto di aver commesso un madornale errore, Chance raggiunge una New York innevata per riconquistare Ellen con una proposta davvero speciale.
LinguaItaliano
Data di uscita19 gen 2018
ISBN9788858976159
Fidanzati a Natale: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Fidanzati a Natale - Susan Carlisle

    successivo.

    1

    Uno stridore di freni attirò l'attenzione del dottor Chance Freeman. Dovevano essere i tre nuovi colleghi. Ne aveva un disperato bisogno. La squadra precedente era già partita ed era a corto di personale.

    Allontanò lo sguardo dal bambino honduregno che stava visitando e lo puntò verso l'entrata della tenda che fungeva da ambulatorio. Al di là della lunga fila di pazienti, vide una donna alta, al di sotto dei trent'anni, saltare giù dal camion militare. Indossava una maglietta verde attillata, una bandana di un giallo vivo intorno al collo e pantaloni marrone chiaro, che mettevano in evidenza le sue curve.

    Alta moda nella giungla. Gli era già capitato di vederlo. Chance strinse le labbra. Anni prima aveva aiutato Alissa a scendere da una Jeep. Si erano appena sposati, ma il matrimonio era durato solo pochi mesi. Anche lei era molto curata nel vestire.

    Il portamento quasi regale della nuova arrivata lasciava pensare che non avrebbe resistito a lungo nella foresta pluviale dell'America Centrale. In quegli anni Chance aveva imparato a riconoscere chi era in grado di sopportare le dure condizioni di vita e i turni massacranti. Si vedeva che lei proveniva dalla classe agiata ed era abituata alla vita di città.

    Non l'aveva ancora conosciuta e già la stava giudicando. Da quando in qua era diventato così cinico?

    Lei si guardò intorno da sotto il cappello a larga tesa e incrociò il suo sguardo. Poi uno dei colleghi le disse qualcosa e si voltò dall'altra parte.

    Chance tentò di concentrarsi di nuovo sul bambino, ma venne distratto dal rumore di gente che gridava e correva. Che cosa diamine stava succedendo?

    Due uomini ne portavano un altro, che sanguinava abbondantemente dal viso e dal collo. Chance porse il bambino alla madre e liberò il lettino. «Appoggiatelo qui. Che cos'è successo?»

    Gli sconosciuti parlavano in fretta e fece fatica a capirli, nonostante sapesse bene lo spagnolo. Sembrava che l'uomo fosse stato attaccato da un giaguaro.

    «Posso dare una mano?» domandò all'improvviso una voce femminile, mentre per l'aria si diffondeva la fragranza leggera di un profumo.

    La giovane donna appena scesa dal camion era in piedi accanto a lui. Si era tolta il cappello e la treccia bionda le ricadeva sulla spalla. Con quella carnagione così chiara si sarebbe presto scottata sotto il sole bollente dell'Honduras.

    «Cominci a tagliargli i vestiti.»

    Lei si avvicinò al lettino imbrattato di sangue e impallidì, osservando la ferita profonda che avrebbe deturpato per sempre il paziente.

    «Cerchi di non svenire...» borbottò Chance tra i denti. «Michael, vieni qui!» gridò poi rivolto al collega. «È meglio se lei dà una mano di là. Qui faremo io e Michael.»

    La ferita richiese parecchi punti e la ripresa sarebbe stata lenta. «Abbiamo bisogno di un aiuto» affermò Michael a voce alta, mentre terminava la sutura.

    La nuova arrivata si riavvicinò e Chance la osservò attentamente. «Pensavo di averle detto...»

    Lei lo fissò seria. «Non deve preoccuparsi.» Poi si rivolse a Michael. «Di che cosa ha bisogno?»

    «Fasci questa mano.»

    «Certamente» affermò lei decisa, mentre con le dita, che avevano le unghie pitturate di un bel rosa acceso, afferrava soluzione fisiologica e garze e iniziava a ripulire la zona da fasciare.

    Quelle unghie non potevano durare a lungo in un posto come quello... Chance continuò a tenere d'occhio la nuova arrivata, che aveva applicato la medicazione con un'efficienza che non gli era capitato spesso di vedere. Pareva essersi ripresa dallo smarrimento. Il lavoro in un ambiente così primitivo richiedeva abilità, buon senso e capacità di affrontare gli imprevisti.

    Lui lavorava lì da molto tempo e aveva visto andare e venire ogni tipo di persona. Era abituato alla gente che lo abbandonava. Sua madre aveva lasciato la famiglia, quando lui aveva soltanto sette anni. Il padre era un famoso chirurgo, che non era quasi mai a casa, e lui da ragazzino aveva cercato di attirare la sua attenzione in tutti i modi, perfino rubando. Per questo era finito in collegio. In quell'ambiente severo si era ritirato in se stesso. Ma il preside si era concesso il tempo di ascoltarlo e Chance aveva fatto di tutto per cambiare, perché quell'uomo fosse orgoglioso di lui.

    Si era concentrato sugli studi e aveva deciso di dedicare la sua vita ad aiutare gli altri. Anche se bisognava ammettere che, per quanto riguardava le relazioni personali, aveva fallito miseramente più di una volta.

    Sua moglie Alissa lo aveva abbandonato esattamente come sua madre. Ma rimuginare sul passato non sarebbe servito. Osservò ancora la nuova collega. Sembrava aver recuperato il controllo.

    In quel momento Marco, un abitante del posto che li aiutava in qualità d'impiegato, traduttore e fattorino, entrò nella tenda con espressione preoccupata. Si avvicinò alla nuova dottoressa, parlando con il suo forte accento straniero. «Non deve andarsene senza avvertire. Qui molti pericoli. Non può allontanarsi.»

    Lei lo fissò seria. «Mi spiace. Ho visto l'emergenza e ho pensato che avrei potuto dare una mano.»

    «Non c'è problema, Marco. Glielo spiegherò io. Occupati degli altri due» affermò Chance con decisione.

    «Sì, dottor Chance» annuì l'uomo, uscendo dalla tenda.

    Lui lanciò un'occhiata penetrante alla collega. «Non deve mai lasciare l'area senza dirlo.»

    Lei abbassò il mento e annuì. «Sì, capisco. A proposito, sono la dottoressa Cox. Ellen Cox. Come Bond. James Bond» replicò con un sorriso divertito.

    Era una giovane donna un po' troppo sicura di sé e Chance non era sicuro di apprezzare il suo atteggiamento. Finì di medicare il ferito e lo inviò con un camion all'ospedale di La Ceiba. Mise in ordine e passò al paziente successivo, una donna anziana con una puntura d'insetto infetta, che andava pulita e medicata.

    In quel momento fu raggiunto di nuovo da Ellen. Chance lasciò che si occupasse della donna, mentre lui rimaneva a osservarla. «Avremo bisogno di un kit di sutura, una scatola di garze e bende. Le scorte sono nel furgone» le spiegò, indicando il veicolo parcheggiato in modo che il retro sporgesse nella tenda e fungesse da magazzino.

    Lei andò a recuperare il necessario e appoggiò tutto sul letto, insieme a un flacone di soluzione fisiologica. Diede un colpetto sulla spalla alla donna, per confortarla, e aprì il kit di sutura, appoggiandolo in modo che fosse a portata di mano. Infine sistemò i teli sterili sulla gamba, lasciando scoperta solo la zona da medicare. Chance le porse il bisturi e lei lo prese senza fare domande.

    «Scusa, Chance, puoi dare un'occhiata un secondo?» lo chiamò Michael in quel momento.

    «Vada pure, se vuole. Ce la faccio da sola» lo sollecitò Ellen con sicurezza.

    Chance esitò un momento. Preferiva supervisionare i nuovi arrivati, ma pensò che Ellen doveva essere in grado di occuparsi di un caso così semplice.

    Quando si allontanò, la paziente apparve spaventata, ma Ellen cominciò a parlarle in un misto tra inglese e spagnolo, riuscendo a distrarla e a farla rilassare.

    Chance di tanto in tanto le lanciava un'occhiata, per controllare se andasse tutto bene. Quando ritornò, la donna era stata bendata ed era già pronta per andarsene. Ellen aveva fatto un ottimo lavoro.

    Lui si dedicò al paziente successivo e lei continuò ad aiutarlo. Stavano terminando, quando Marco arrivò con i due nuovi colleghi. Presentò l'uomo come Peter Ortiz e la donna come Karen Johnson. Erano entrambi infermieri.

    Ellen passò ad aiutare Michael e visto che Pete parlava correntemente lo spagnolo Chance gli chiese di cominciare a stabilire le priorità tra i pazienti con l'aiuto di Karen.

    Lavorava in Honduras ormai da otto anni e aveva visto crescere le necessità della popolazione. Ci sarebbe stato bisogno di veri ospedali con personale dedicato. Adorava quel Paese. Durante il tempo libero si dedicava alle immersioni. Gli piaceva anche camminare nella foresta e lasciarsi sorprendere da particolari inaspettati. Ma soprattutto adorava i sorrisi aperti e generosi della gente. In Honduras aveva trovato la sua casa.

    Michael e la nuova collega sembravano andare d'accordo. Era quello che Chance aveva pensato quando aveva visto sua moglie trascorrere tanto tempo con Jim, il collega che collaborava con loro a quel tempo. Erano così affiatati che alla fine erano tornati insieme negli Stati Uniti.

    Quando visitò l'ultimo paziente, il sole toccava già le cime degli alberi. Dovevano ancora smontare le attrezzature, caricare i camion e farsi una bella doccia. Si appoggiò a un lettino, per appuntare qualcosa su una cartella clinica.

    «Mi scusi, dottore, dovrei piegare questo lettino» dichiarò Ellen, lasciandogli capire che doveva sbrigarsi. Aveva l'aspetto di una ragazzina, anche se doveva avere almeno ventott'anni. Ma smontare le attrezzature era compito di Marco.

    «Se ne occuperanno Marco e i suoi uomini.»

    «Posso farlo io...»

    Lui abbassò il tono di voce. «Ne sono convinto, ma prendono il loro ruolo molto seriamente. Non voglio che si offendano.»

    «Oh. Non me n'ero resa conto» mormorò lei, interrompendo subito quello che stava facendo.

    «Deve muoversi con cautela, dottoressa Cox. Ci sono aspetti culturali e regole di sicurezza delle quali dev'essere consapevole, prima di compiere qualche sciocchezza. Non sia imprudente. Qui non siamo a Los Angeles, New York o qualsiasi altra città da cui lei provenga.»

    Lo sguardo di Ellen fu attraversato da un lampo. Ma fu questione di un attimo. «New York» precisò molto seria.

    Lui la fissò un secondo. «Non solo ci sono animali nella giungla che potrebbero aggredirla, ma anche grossi problemi con i narcotrafficanti. Non si allontani mai da sola. Nei villaggi o all'interno del nostro ambulatorio si assicuri di restare sempre con qualcuno.»

    «Sta cercando di spaventarmi?»

    Pensava che quello fosse un luogo di vacanza? «No. Sto cercando di tenerla lontano dai pericoli» affermò Chance, guardandola negli occhi. «Se non segue le regole, non resterà qui a lungo.»

    Serrando le labbra, lei guardò gli uomini intenti a smontare le attrezzature. «Mi dispiace di aver fatto preoccupare Marco. Avevo visto quante persone c'erano in fila ad aspettare e volevo collaborare.»

    «Non sarà in grado di aiutarli, se finisce per mettersi nei guai.»

    «Sì, ho capito.»

    Una mezz'ora più tardi la tenda era stata smontata e le attrezzature caricate sui veicoli. Stavano viaggiando lungo una stretta strada sterrata in direzione della costa. Chance viaggiava sul furgone con le scorte, insieme a uno degli uomini locali, mentre Michael era alla guida del camion. Gli altri erano stati sistemati nel retro. Il percorso di un'ora fino al resort dov'erano alloggiati poteva rivelarsi la parte più pesante di tutta la giornata. In linea d'aria la distanza non era molta, ma le strade erano così mal messe e piene di curve che il viaggio rischiava di sembrare eterno. Di solito Chance cercava di dormire.

    I suoi pensieri andarono alla giovane dottoressa, che viaggiava nel camion dietro a loro. Aveva lavorato con impegno, facendo la sua parte e qualcosa di più. Se si fosse lamentata del viaggio, le avrebbe detto che faceva parte del lavoro e che avrebbe dovuto accettare i disagi.

    Ellen sbatté la testa contro una delle sbarre che correvano lungo il perimetro del camion. Sonnecchiare era impossibile. Tirò fuori una giacca dalla borsa, la ripiegò e la infilò tra la testa e il supporto di metallo.

    Attraverso le stecche del camion, cominciò ad ammirare il paesaggio circostante. La vegetazione cresceva rigogliosa. Alcune foglie avevano la dimensione di un ombrello aperto. Ed erano così verdi... Anche

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