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Dolce vacanza italiana (eLit): eLit
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E-book152 pagine1 ora

Dolce vacanza italiana (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Angelo Casali lo deve ammettere, l'idea di tornare a Monte Correnti per rivedere suo padre proprio non lo alletta. Ma adesso ha un motivo in più per sopportare questo soggiorno forzato, Atlanta Jackson, famosa attrice, con tutte le curve al posto giusto che pare non disdegnare la sua compagnia.
LinguaItaliano
Data di uscita30 ott 2017
ISBN9788858978078
Dolce vacanza italiana (eLit): eLit
Autore

Jackie Braun

Giornalista affermata, vive nel Michigan con il marito e il figlio. Adora l'Italia e i maccheroni.

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    Anteprima del libro

    Dolce vacanza italiana (eLit) - Jackie Braun

    successivo.

    1

    Atlanta Jackson emise uno sconfortato sospiro, guardandosi nel grande specchio della suite dell'hotel.

    Era davvero lei la donna pallida e magra che aveva di fronte?

    Aveva perso quasi dieci chili negli ultimi due mesi, e non era certo merito della nuova dieta che andava così di moda tra le stelle di Hollywood. Piuttosto era colpa dello stress.

    Se non altro il tubino blu che aveva addosso faceva risaltare le poche curve che le erano rimaste, mascherando un po' la sua magrezza.

    Sorrise.

    Zeke avrebbe sicuramente detestato quel vestito. Proprio per questo lo aveva comprato, il giorno prima, in una costosa boutique sulla Fifth Avenue.

    Zeke Compton, il suo manager, le aveva sempre vietato di indossare il blu navy. Era troppo simile al nero. Ed entrambi i colori erano inadatti a una star come lei, dal suo punto di vista.

    «Per quale ragione l'attrice più amata di Hollywood dovrebbe indossare dei colori così cupi? Non ha nessuna ragione per essere triste, no?» aveva affermato quando la sua stilista le aveva consigliato un abito vintage color onice per sfilare sul red-carpet.

    Già, si era risposta all'epoca Atlanta. Adesso, però, aveva capito che al pubblico non importava sapere se lei era triste o meno. I suoi fan volevano storie romantiche o scabrosi scandali. Tutto il resto non faceva notizia, per cui non era interessante. A nessuno importava se era stanca di vivere una vita che non le apparteneva o se non ne poteva più di essere trattata come una marionetta da un uomo che la faceva sentire una nullità.

    Infilò un paio di ballerine. Altro capo che Zeke le aveva sempre vietato.

    «Sei troppo bassa per indossare scarpe senza tacco, mia adorata» le aveva fatto notare circa un anno dopo che si erano conosciuti.

    All'epoca lei si era già trasferita da Hollywood a New York, per vivere con il suo pigmalione, che nel frattempo era diventato anche il suo fidanzato.

    In realtà Atlanta non era affatto bassa. Ma aveva ascoltato ugualmente il suo consiglio. Come aveva fatto per tutti i consigli che Zeke le aveva dato riguardo a qualsiasi argomento.

    E come purtroppo aveva fatto ancora prima per gli pseudo consigli che le aveva dato qualcun altro, quando era una bambina.

    Succedono brutte cose alle ragazzine che non obbediscono, sai?

    Per l'ennesima volta le risuonarono nella mente le parole del suo patrigno. E per l'ennesima volta si sforzò disperatamente di dimenticarle.

    Guardò l'orologio. Doveva andare. Grazie al cielo!, si disse uscendo dalla suite. Non vedeva l'ora di partire. Da quando Zeke le aveva messo tutti contro, desiderava solo sparire dalla circolazione e non sentire più parlare di quegli assurdi pettegolezzi.

    Mentre era sull'ascensore controllò di avere i biglietti e i documenti in borsa. I bagagli erano già nella reception. E una limousine la stava aspettando fuori dall'hotel. Ancora poco e finalmente avrebbe potuto godersi un po' di pace.

    Tra circa dodici ore, infatti, sarebbe arrivata a Monte Correnti. Un paesino nel cuore dell'Italia che, secondo quello che le aveva raccontato la sua stilista e grande amica, era il luogo ideale per rilassarsi un po'.

    Appena le porte dell'ascensore si aprirono, infilò i grossi occhiali da sole scuri, prendendo un profondo respiro. «Bene. Ci siamo finalmente».

    Con gli occhi coperti da un paio di Oakleys, Angelo entrò nella sala d'aspetto dei VIP, nell'aeroporto JFK, con aria tranquilla.

    Era fondamentale per lui mantenere intatta la propria immagine pubblica, considerando le voci che giravano.

    La versione ufficiale divulgata dal portavoce della squadra era che Angelo si era procurato uno strappo, complicato da una forte tendinite alla spalla destra, ma che sarebbe tornato a giocare in primavera, dopo un periodo di riposo.

    La verità, però, era un'altra.

    «Devi essere operato» gli aveva spiegato senza mezzi termini il medico sportivo. «Una ferita come questa di sicuro non guarisce da sola. Inoltre, vista la tua età, dubito che riuscirai a recuperare completamente e a ricominciare a giocare a livello agonistico.»

    Per Angelo era stato un brutto colpo e, non riuscendo ad accettare la realtà, invece di fissare la data dell'intervento, aveva deciso di partire per l'Italia. Ovviamente non si sarebbe rappacificato con suo padre, ma almeno avrebbe fatto qualcosa di buono accontentando Alex. Inoltre, in quel paesino sperduto avrebbe potuto rimanere un po' tranquillo, lontano dai giornalisti e dai curiosi, a decidere che cosa fare del proprio futuro.

    Guardandosi intorno, notò che c'erano diversi personaggi famosi nel salone, ma uno in particolare colpì la sua attenzione. La splendida ragazza bionda seduta accanto al finestrone che dava sulla pista di decollo.

    Nonostante indossasse dei grossi occhiali scuri che le coprivano il viso, sarebbe stato impossibile non riconoscere Atlanta Jackson. La famosa attrice, protagonista di numerosi film che avevano sbancato il botteghino.

    L'aveva già incontrata una volta, qualche anno prima, in un locale di New York e, dopo avere scambiato qualche parola, quando lui le aveva chiesto di ballare, lei aveva rifiutato.

    Ancora adesso alcuni suoi compagni di squadra lo prendevano in giro per quell'episodio. «Angelo Casali ha ricevuto un bel due di picche!»

    La guardò accavallare le gambe. Era dotata di una classe incredibile. Aveva un fisico snello, ma tutte le curve al punto giusto. In effetti era notevolmente dimagrita rispetto alla volta precedente, però non aveva certamente perso il suo fascino.

    Probabilmente la perdita di peso dipendeva dalla fine della sofferta relazione con il suo manager, il quale l'aveva screditata pubblicamente accusandola di averlo tradito più volte, con svariati uomini, tra i quali anche suo figlio ventenne.

    Era vero?

    Sinceramente Angelo faceva fatica a crederci. La donna che lo aveva respinto qualche anno prima, infatti, non gli era parsa affatto una mangia uomini.

    Attraversò la sala d'aspetto e si fermò davanti a lei.

    «Le offrirei qualcosa da bere, ma so già che rifiuterebbe. Per cui che ne dice se chiacchieriamo un po' mentre aspettiamo di imbarcarci?»

    Lei gli rispose con un sorriso. «Molto originale, signor Casali.»

    «Grazie.» Senza aspettare che lo invitasse ad accomodarsi, Angelo si sedette accanto a lei. «Quindi si ricorda di me. Ne sono davvero lusingato. Sono passati diversi anni da quando ci siamo incontrati l'altra volta.»

    «Le sue fotografie sono su tutti i giornali ultimamente.»

    «Anche le sue a dire il vero.»

    «Sì, in effetti ha ragione.»

    «È per questo motivo che porta gli occhiali da sole anche qui dentro?»

    «Già.» Indicò i suoi Oakleys. «E lei?»

    «Esattamente per la stessa ragione. Evito il contatto visivo con le persone, così le tengo a distanza.» La vide alzare le sopracciglia. «Lo trova strano?»

    «Un po'.»

    «Le faccio una proposta. Dato che lei e io siamo gli unici due a portare gli occhiali da sole, che ne dice se ci alleiamo? Come se giocassimo per la stessa squadra. Che ne pensa?»

    «Considerando tutto quello che si dice in giro su di me, è sicuro di volermi nella sua squadra, signor Casali?»

    «Mi chiami pure Angelo e, se è d'accordo, direi che possiamo tranquillamente darci del tu.»

    «Ve bene.»

    «Tornando al nostro gioco di squadra, consideralo come un provino.»

    Atlanta si mise a ridere. Erano passati secoli dall'ultima volta in cui aveva fatto un vero e proprio provino. Ormai interpretava solo ruoli che venivano creati apposta per lei. Tutti a Hollywood, infatti, sapevano che nessuno era in grado di recitare la parte della ragazza dolce e vulnerabile meglio di Atlanta Jackson. Quella era la sua specialità. Il personaggio in cui si era ritrovata intrappolata.

    «E se io non volessi fare parte della tua squadra?» gli domandò seria.

    «Certo che lo vuoi.»

    Lì per lì, Atlanta avrebbe voluto rispondergli di non darsi troppe arie, ma non lo fece perché in realtà rimase affascinata dalla sua sfacciataggine. Anche lei, in effetti, avrebbe voluto essere così sfrontata. Era brava a recitare la parte della diva davanti alle telecamere, ma nella vita reale, purtroppo, molto raramente si sentiva davvero sicura di sé.

    «Come fai a esserne certo?»

    «Tutti vogliono stare nella squadra del vincitore.»

    «Che sarebbe la tua?»

    «Ovvio. Io possiedo il tocco magico. I Rogues sono in finale grazie a me. Vinceremo il campionato quest'anno.»

    «Non ti sembra di correre un po' troppo? C'è ancora una partita da giocare, no?»

    «Sì, ma ce la faremo.»

    «Ce la farete? Quindi le notizie che hanno divulgato i giornali sono false?»

    Lui fece spallucce.

    «Sai come sono i giornalisti.»

    Se Angelo non avesse fatto una smorfia, muovendo la spalla, Atlanta avrebbe creduto che i media avessero ingigantito il suo infortunio. Vista la sua reazione, però, le venne qualche dubbio al riguardo.

    «Sono spietati, quando sentono l'odore del sangue» aggiunse Angelo.

    «Già. Lo sono bene» confermò lei, pensando a Zeke.

    Come ti ho resa una star, posso tranquillamente distruggerti.

    Queste erano state le ultime parole che Zeke le aveva rivolto. E Atlanta sapeva che quel verme avrebbe fatto davvero di tutto per rovinarla.

    «Il mondo è pieno di persone che sono pronte a pugnalarti appena ne hanno l'occasione. Bisogna sempre tenere gli occhi aperti.»

    «Lo so. Io ormai non mi fido più di nessuno» affermò Atlanta. «E tu? Hai qualcuno di cui sai di poterti fidare?»

    «Mio fratello gemello. Alex non mi ha mai voltato le spalle.»

    «Hai un gemello?» E così esistevano due uomini tanto attraenti? «E siete uguali

    «Non esattamente. Io sono il più bello.»

    «E anche il più modesto, suppongo.»

    «Già.» Non contento, Angelo abbassò gli occhiali e le fece l'occhiolino. «E sono anche quello che ha più successo con le donne.»

    Atlanta non poté fare a meno di sorridere. Angelo era rimasto l'uomo sexy che aveva conosciuto al nightclub qualche anno prima. Ma ciò che più di tutto la colpì, adesso come allora, fu il suo senso dell'umorismo. Gli uomini che era abituata a

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