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Una famiglia per l'infermiera: Harmony Bianca
Una famiglia per l'infermiera: Harmony Bianca
Una famiglia per l'infermiera: Harmony Bianca
E-book152 pagine1 ora

Una famiglia per l'infermiera: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

The Larches Practice 2/2

La speranza del dottor Elliot Grey di ricominciare una nuova e più tranquilla vita nelle Dales svanisce quando incontra l'esuberante infermiera Polly Davies. Elliot non ha più provato attrazione per nessuna donna da quando la sua ex moglie lo ha lasciato, abbandonando anche il loro bambino, ma l'iniziale ostilità nei confronti dell'attraente infermiera si trasforma presto in una passione che stenta a controllare.



L'allegria di Polly e la complicità che la lega a suo figlio fanno presto breccia nel cuore di Elliot, che fa fatica però a lasciarsi andare. Nessuno può garantirgli che Polly rimarrà al loro fianco e anzi, con un matrimonio annullato all'ultimo nel suo curriculum, questa possibilità sembra lontana anni luce. Ma giorno dopo giorno, notte dopo notte, i suoi caldi baci lo convinceranno che lei è lì per restare.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2018
ISBN9788858982563
Una famiglia per l'infermiera: Harmony Bianca
Autore

Jennifer Taylor

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una famiglia per l'infermiera - Jennifer Taylor

    1

    Perché proprio quel giorno, con tutto quello che le era già successo?

    Polly Davies cercò di contenere il senso di frustrazione mentre frenava lentamente. Aprì la portiera dell'auto e corse verso i due veicoli che si erano tamponati al centro della carreggiata. Erano le sei del mattino e per fortuna non c'era ancora traffico, perché se l'incidente fosse avvenuto anche solo poco più tardi sarebbe stata tutta un'altra storia e ci sarebbero potuti essere numerosi feriti. Forse allora era vero che non tutti i mali venivano per nuocere. Chissà se quel detto si poteva applicare anche alla sua situazione?

    Polly trattenne un singhiozzo, consapevole che non era quello il momento di rimuginare sugli eventi della sua vita. Doveva verificare se c'erano feriti. Le auto coinvolte erano due e una era molto lussuosa, il marchio sul cofano gridava il suo pedigree affinché tutto il mondo l'ammirasse. Mentre guardava, un uomo alto e dai capelli scuri scese da dietro il volante e imprecò sotto voce quando notò l'ammaccatura sul paraurti anteriore. Era ovvio che non fosse ferito gravemente, perciò Polly andò versò l'altro veicolo e affrettò il passo quando vide che era un furgone della famiglia Applethwaite. Lo usavano per distribuire il loro famoso agnello delle Dales nei negozi e nei ristoranti della zona. Tuttavia, solo quando si avvicinò vide che alla guida c'era Lauren Applethwaite. Polly si sentì scoppiare il cuore. Al terzo mese di gravidanza, con numerosi aborti alle spalle, era l'ultima cosa che sarebbe dovuta capitare alla povera Lauren.

    «Lauren, stai bene?» le chiese, aprendole la portiera.

    «Non lo so. Ho avuto un dolore terribile...» Lauren scoppiò a piangere e gemette. «Eccolo di nuovo!»

    «Cerca di restare calma» le raccomandò Polly, udendo il panico nella sua voce e si allungò all'interno dell'abitacolo, certa comunque di non poter spostare Lauren prima di aver verificato che non ci fosse una lesione spinale.

    «Ferma! Per l'amor di Dio, cosa sta facendo?»

    Polly si bloccò di scatto quando udì la voce profonda alle sue spalle. Si voltò e vide l'autista dell'altro veicolo avanzare verso di lei. L'uomo la fissò dall'alto al basso e lei rabbrividì quando scorse l'ostilità nei suoi occhi verdi. Era l'ostetrica di quella zona ed era abituata a trattare con le persone, ma non aveva mai scorto astio tanto feroce sul volto di nessuno.

    «Non si deve mai, dico mai, spostare la vittima di un incidente senza essersi prima accertati che non abbia riportato lesioni alla colonna» sbottò rapidamente.

    Polly arrossì, indispettita sia dal tono sia dalla sua presunzione che lei non sapesse come comportarsi in quei casi. Tuttavia, prima ancora che potesse spiegargli che stava effettivamente verificando che Lauren si potesse spostare, lui la raggiunse, infilò la mano tra la schiena di Lauren e il sedile e le fece scorrere le dita lungo la spina dorsale. Polly aggrottò la fronte. Si muoveva in modo sicuro e questo la indusse a pensare che sapeva quello che faceva. Fu sul punto di chiedergli se lavorava in campo medico quando l'uomo si voltò verso di lei e le gelò di nuovo le parole sulle labbra fissandola con palese inimicizia. Polly non poté evitare di chiedersi se non avesse un problema con lei o con le donne in generale, ma decise di lasciar perdere. Aveva già abbastanza problemi da sbrogliare per andarsene a cercare di nuovi.

    Il pensiero di ciò che era accaduto nelle ultime ore riemerse prepotentemente e la sommerse ancor prima che potesse scansarlo. Avrebbe dovuto capire che c'era qualcosa che non andava quando Martin non l'aveva chiamata la sera prima, pensò, avvertendo lacrime amare bruciarle gli occhi. Aveva provato a telefonargli, ma subito era subentrata la segreteria telefonica. Doveva avergli lasciato una decina di messaggi in cui lo supplicava di richiamarla, ma quando a mezzanotte non aveva ancora avuto sue notizie era salita in auto e si era recata al cottage che avevano deciso di comprare. I genitori di Martin come regalo di nozze avevano dato loro il denaro da versare come acconto, e Polly era stata contenta al pensiero di iniziare la loro vita insieme in una casa tutta loro.

    Si era sentita sollevata vedendo le luci accese. Evidentemente Martin non aveva avuto un incidente, anche se non rispondeva alle telefonate, aveva pensato Polly entrando in casa. L'ansia però era di nuovo riaffiorata quando, girando per la casa, non aveva trovato traccia di Martin. Poi in salotto aveva scorto la busta sulla mensola del camino...

    «La colonna sembra a posto, ma è meglio aspettare l'ambulanza per spostarla.»

    Polly trascinò di nuovo i pensieri al presente quando sentì la voce dell'uomo. «No, dobbiamo tirarla fuori subito» replicò, cercando di non pensare allo scalpore che ci sarebbe stato non appena si fosse saputo cos'era accaduto. Cercò di calmarsi, consapevole che non vi fosse molto che poteva fare.

    «Non ho intenzione di correre questo rischio» ribatté lui, aggrottando le sopracciglia. Era ovvio che non era disposto a discuterne con lei, ma Polly non aveva intenzione di cedere. Si allontanò dal furgone e gli fece cenno di raggiungerla. «Lauren è al terzo mese di gravidanza» gli spiattellò. «Ha già avuto diversi aborti e mi ha appena detto di aver avvertito forti dolori. Se vogliamo salvare il bambino, deve assolutamente sdraiarsi.»

    «Così lei sarebbe un'esperta in materia?»

    «Proprio così» replicò Polly, cercando di tenersi a freno quando avvertì la nota di sarcasmo della sua voce. Normalmente avrebbe lasciato perdere, ma non quel giorno in cui era già così fragile. Lo guardò con freddezza. «Sono l'ostetrica di questa zona e Lauren è una mia paziente. Perciò posso affermare in tutta tranquillità di essere un'esperta in materia.»

    Elliot Grey sentì il sangue ribollirgli nelle vene, cosa del tutto insolita per lui, ma con tutto quello che gli era capitato recentemente, quella proprio non gli ci voleva. Aveva passato l'ultima settimana a cercare di risolvere la situazione in cui si era trovato invischiato, e aveva fallito. Miseramente. Non era riuscito a rintracciare nessuno di affidabile che si occupasse di suo figlio Joseph, esattamente come non ci era riuscito la settimana precedente. Per l'ennesima volta si ritrovò a chiedersi se non avesse commesso un terribile errore a trasferirsi nelle Yorkshire Dales. Se fosse rimasto a Londra si sarebbe rivolto a una delle numerose agenzie che nel giro di un paio d'ore gli avrebbero mandato una tata qualificata. Gli sarebbe costata un occhio della testa, ma il denaro non era un problema. La sicurezza e la serenità di Joseph erano l'unica priorità...

    Joseph era sereno?, rifletté Elliot tutt'a un tratto. Lui detestava i continui cambiamenti, l'alternanza di tate che andavano e venivano, perciò aveva deciso di lasciare la città e trasferirsi in campagna. Aveva pensato che sarebbe stato più facile trovare qualcuno di affidabile per Joseph in una cittadina dove probabilmente il lavoro scarseggiava. Ma non era andata così. La persona che aveva contattato si era tirata indietro all'ultimo momento e a quel punto aveva capito che trovare una persona qualificata in grado di occuparsi di un bambino di otto anni con gravi problemi di salute sarebbe stato un'impresa improba...

    «Pronto? Non mi piace metterle fretta, ma vorrei risolvere questa cosa prima di Natale, se non le dispiace.»

    Il sarcasmo nella voce della donna lo riportò al presente. Elliot la scrutò torvo dalla testa ai piedi. Era alta, dai capelli rossi, e lo stava fissando con espressione di disprezzo. Era un'esperienza nuova per lui essere guardato in quel modo. Nessuno dei suoi colleghi si sarebbe mai permesso di osservarlo così e, in caso contrario, lui non avrebbe esitato a rimetterlo al suo posto. Tuttavia aveva la netta sensazione che a quella donna non importasse affatto di indispettirlo e constatare che la sua disapprovazione non la toccava minimamente lo fece sentire stranamente vulnerabile.

    Elliot allontanò quel pensiero, dicendosi che non era altro che una stupidaggine passeggera. Tornò verso il furgone e quando vide la donna dietro al volante contorcersi per il dolore le sue riserve riguardo l'opportunità di spostarla scomparvero. Dovevano tirarla fuori il più in fretta possibile.

    «Ho una coperta in auto. Vado a prenderla.»

    Lui si voltò quando la donna dai capelli rossi parlò e provò una strana sensazione quando il profumo dello shampoo con cui doveva essersi lavata i capelli gli solleticò i sensi.

    Erano anni che non faceva caso a qualcosa di simile e quella consapevolezza lo scosse al punto che non sentì ciò che gli disse subito dopo. «Mi scusi... Diceva?»

    «Può chiamare l'ambulanza mentre prendo la coperta?» gli ripeté. «Lauren sta molto male e dobbiamo portarla in ospedale.»

    Elliot annuì e non replicò per non correre il rischio di dire qualcosa di sbagliato dopo quella settimana faticosa. Prese il cellulare dalla tasca e compose il numero di emergenza. Sospirò quando l'operatore gli spiegò che l'ambulanza avrebbe impiegato qualche minuto ad arrivare. Non appena quella storia si fosse conclusa sarebbe potuto tornare a casa da Joseph. Era stato costretto a chiedere alla signora Danton, la nuova governante, di fermarsi per la notte con suo figlio quando lo avevano chiamato al lavoro. Ma non poteva aspettarsi che la signora Danton continuasse a coprirlo, perciò doveva assolutamente trovare una persona adatta per Joseph...

    Fu un sollievo quando la rossa tornò indietro perché così poté occupare la mente con altri pensieri e si fece da parte per lasciare che parlasse con la donna al volante.

    «Adesso ti tireremo fuori, Lauren. Faremo molto piano e con attenzione, perciò non devi preoccuparti di nulla. L'ambulanza sarà qui a minuti.»

    Elliot avvertì qualcosa di molto simile alla vergogna, e aggrottò la fronte. Perché si sentiva in quel modo?, si domandò. Forse perché percepiva tanta sincera preoccupazione nella voce dell'ostetrica? O perché lo preoccupavano di più i propri problemi che quelli di quella povera donna? Quando era stata l'ultima volta che si era interessato sinceramente a qualcuno? Certo, si dava da fare tutti i giorni per Joseph. Suo figlio era la sua ragione di vita, ciò che lo faceva andare avanti. E metteva a disposizione le proprie competenze per aiutare i suoi piccoli pazienti. Ma lo faceva con distacco, con freddezza. Non era motivato da un desiderio interiore di fare del bene. A parte l'amore per Joseph, il suo cuore era arido, vuoto, e tutt'a un tratto si ritrovò a desiderare che fosse diverso, che lui fosse diverso. Vedere quella donna così coinvolta per la sua paziente e sentire la sua voce carica di sincero affetto lo indusse a capire che in lui c'era qualcosa che mancava.

    «Riesci a tirare fuori le gambe, Lauren? So che ti fa male, tesoro, ma devi assolutamente sdraiarti.»

    Lei pronunciò quelle parole in tono gentile, rassicurante, ed Elliot avverti il senso di colpa placarsi. Si avvicinò al furgone e aspettò che la ragazza ferita avesse allungato le gambe fuori dall'abitacolo. «Ci penso io a portarla fuori» intervenne con voce brusca, perché le brutte abitudini erano dure a morire.

    «È sicuro di farcela?»

    La rossa lo soppesò con un'occhiata, evidentemente per capire se il suo fisico ce l'avrebbe fatta, ed Elliot si sentì arrossire. Il rossore gli risalì il volto così in fretta che non ebbe neanche il tempo di evitarlo.

    Si chinò e prese Lauren tra le braccia. Non ricordava di essere mai arrossito in quel modo, neanche da ragazzino, e quella scoperta lo privò improvvisamente della parola. Infatti si limitò ad annuire mentre sollevava la ragazza e la coricava dolcemente sulla coperta distesa per

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