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Tentazioni irresistibili: Harmony Destiny
Tentazioni irresistibili: Harmony Destiny
Tentazioni irresistibili: Harmony Destiny
E-book148 pagine2 ore

Tentazioni irresistibili: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

A quanto pare, niente è impossibile.
Morgan Wakefield avrebbe riso di gusto se qualcuno gli avesse detto che un giorno avrebbe aiutato una donna a partorire. Da solo. E invece è proprio ciò che gli accade in una sera di tempesta, passando davanti al casolare abbandonato che confina con la sua proprietà. Inutile sottolineare che si lascia intenerire dalla dolcezza del neonato e... trasportare dalla bellezza della madre, Samantha Peterson. Quando poi viene a conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa la donna, non ci pensa due volte e la ospita a casa propria. L'attrazione che prova per lei non significa nulla. In fondo ha giurato a se stesso che non si sarebbe mai sposato e non avrebbe mai avuto una famiglia!
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2020
ISBN9788830520875
Tentazioni irresistibili: Harmony Destiny
Autore

Kathie DeNosky

Inizia la sua giornata lavorativa alle due di mattina, in modo da poter scrivere in tutta tranquillità prima che il resto della famiglia si alzi.

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    Anteprima del libro

    Tentazioni irresistibili - Kathie DeNosky

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Lonetree Ranchers: Morgan

    Silhouette Desire

    © 2003 Kathie DeNosky

    Traduzione di Olimpia Medici

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-087-5

    1

    «E tu che diavolo ci fai qui?»

    Samantha Peterson sobbalzò al suono di quella voce maschile, decisamente seccata, e della porta di legno aperta con violenza. Si girò di scatto, abbandonando ogni tentativo di accendere il fuoco nel grande camino di pietra. Di fronte a lei, sulla soglia, si stagliava il cowboy più imponente e minaccioso che avesse mai visto. Il cielo alle sue spalle era illuminato da lampi paurosi, che le fecero tornare alla mente le fiabe sull’orco cattivo.

    La tesa del cappello, calcata sulla fronte, gli nascondeva gli occhi, ma la smorfia sul suo volto suggeriva che non soltanto era il cowboy più imponente che avesse mai visto, ma anche il più arrabbiato. L’uomo fece un passo avanti, mentre una folata di vento gli faceva svolazzare il lungo impermeabile nero. Solo allora Samantha si accorse che stringeva un fucile tra le mani. Indossava guanti neri.

    «Io... io sono... Oh!» Samantha si chinò in avanti con un gemito di dolore e si portò le mani al ventre.

    «Santo cielo, ma sei incinta!» L’uomo sembrava sconvolto.

    «Grazie per l’informazione» rispose lei, seccata che, dopo averla spaventata a morte, non trovasse di meglio da dire. «Se... se non me lo avessi detto, non me ne sarei mai accorta.»

    «Ti senti bene?»

    Samantha non rispose subito. Quella contrazione era molto diversa da tutto quello che aveva provato fino ad allora e assomigliava pericolosamente alla descrizione delle doglie che aveva letto sui vari manuali. No, non poteva essere. Il parto era previsto non prima di tre settimane.

    «No, non mi sento molto bene» sussurrò. «Ed è anche merito tuo. Mi hai terrorizzata quando sei entrato.»

    Sollevò lo sguardo verso di lui e si sentì di nuovo assalire dal panico. Gli bastava guardarlo per provare un brivido di apprensione e l’impulso irresistibile di fuggire. In piedi, Samantha gli arrivava a malapena al mento, eppure era alta quasi un metro e settanta. Quindi quell’uomo doveva superare il metro e novanta e sembrava decisamente robusto.

    «Scusa se ho urlato» riprese lui con una profonda voce baritonale, che la fece tremare di nuovo, ma non più di paura. «Pensavo di trovare i soliti ragazzini che entrano qui a bere birra e fare baldoria.»

    «Come vedi, io non sono una ragazzina.» Samantha fece un passo indietro, decisa a mantenere la distanza di sicurezza. «E ti assicuro che non ho la minima intenzione di passare la notte a bere.»

    Il cowboy sorrise e sollevò la tesa del cappello, rivelando un paio d’incredibili occhi blu. «Ricominciamo da capo» le propose, tendendole la mano. «Io mi chiamo Morgan Wakefield.»

    Samantha gli porse cauta la mano e subito lui la strinse, trasmettendole un’immediata sensazione di calore. «Sono Samantha Peterson» si presentò, imbarazzata dallo sguardo diretto di quegli occhi blu.

    «Lieto di conoscerti, signora Peterson.»

    «Signorina» lo corresse lei. «Non sono sposata.»

    Morgan annuì senza fare commenti. Per un attimo le parve di cogliere un lampo di disapprovazione nei suoi occhi. Peggio per lui. In fondo non aveva nessun diritto di intromettersi nella sua vita privata.

    Continuarono a fissarsi in silenzio, ma presto la loro attenzione fu attratta dal suono della pioggia. Un suono troppo forte e vicino per venire da fuori.

    Samantha si precipitò in cucina e frugò in tutti gli scaffali finché non trovò una grande pentola.

    Tornò in salotto e la piazzò sotto la cascata d’acqua che cadeva dal soffitto. «Fantastico. In questa casa non c’è niente che funzioni.»

    Gli occhi di Morgan Wakefield si restrinsero, subito guardinghi. «E a te che cosa interessa se il tetto perde o meno?»

    «Speravo che mi tenesse al riparo, stanotte» ribatté lei, guardando l’acqua che si accumulava nella pentola.

    «Vuole passare la notte qui?»

    «Certo» rispose lei, sorridendo al suo sguardo incredulo. «È casa mia, l’ho ereditata da mio nonno.»

    «Vuoi dire che sei la nipote di Tug Shackley?»

    Samantha annuì e si chinò sul focolare di pietra. Sentiva che stava per arrivare un’altra contrazione. Cercò di rilassare i muscoli, concentrandosi sul respiro. Quando il dolore passò, sollevò lo sguardo e si accorse che Morgan aveva appoggiato il fucile alla poltrona e la osservava con le mani sui fianchi. Sembrava più perplesso che mai.

    «Sei proprio sicura di sentirti bene?»

    «Starò meglio quando avrò partorito» gemette lei, tentando di mantenere la calma. Ormai era sicura che il bambino sarebbe arrivato prima del previsto. «Per caso sai dove si trova l’ospedale più vicino?»

    «Santo cielo! Non...» Morgan spalancò gli occhi e la fissò con aria assolutamente terrorizzata.

    «E invece sì.» Malgrado la situazione, Samantha era sul punto di scoppiare a ridere di fronte al suo sguardo incredulo. «Adesso, se mi fai il favore di rispondere alla mia domanda, mi metterò in macchina e andrò in ospedale.»

    Lui si tolse il cappello e si passò nervosamente una mano tra i capelli corvini. «Non puoi guidare, non se ne parla nemmeno.»

    «E perché no, signor Wakefield?» ribatté lei in tono di sfida.

    Non solo era uno degli uomini più alti che avesse mai visto, ma anche uno dei più belli. Aveva una cicatrice sopra il sopracciglio destro e le guance erano velate da un’ombra di barba, che non faceva che accrescere il suo fascino.

    «Niente signor Wakefield, mi chiamo Morgan» contestò lui, calcandosi di nuovo il cappello in testa. «Non mi sembra prudente guidare nelle tue condizioni. E se partorissi per strada?»

    Samantha si alzò a fatica. «È un rischio che devo correre. Adesso scusami, ma credo che sia meglio approfondire la nostra conoscenza in un’altra occasione. Come ti ho detto, devo partorire.»

    Lui scosse la testa ostinatamente. «Dove hai posteggiato la macchina?»

    «Nel garage... nella baracca, insomma in quel capanno mezzo distrutto che c’è dietro la casa.» Raccolse la borsetta e si avviò alla porta. «Perché?»

    «L’ospedale più vicino è a quasi cento chilometri da qui.» Morgan le tese la mano. «Dammi le chiavi della macchina, ti accompagno io.»

    «Non è necessario.» Samantha scosse la testa. «Sono perfettamente in grado di...»

    Nella foga della discussione non si accorse della contrazione che stava arrivando. Restò senza fiato e si piegò in due, lasciando cadere la borsa a terra. Restò in piedi soltanto perché Morgan l’afferrò per il braccio e la sostenne finché cessò il dolore.

    «Non riesci neanche a reggerti in piedi» commentò lui, raccogliendo la borsa. «Adesso dammi le chiavi e vado subito a prendere la macchina.»

    Per quanto odiasse ammetterlo, aveva ragione lui. Samantha frugò nella borsetta e gli tese le chiavi della Ford malandata. «Forse avrai qualche problema con l’accensione, a volte gioca dei brutti scherzi. Dovrei portarla dal meccanico.»

    «Tranquilla, me ne intendo di macchine» ribatté seccamente Morgan. Prese le chiavi e si avviò verso la porta ma, quando si accorse che lei lo stava seguendo, si fermò. «È assurdo che ci bagniamo tutti e due. Resta dentro e aspetta che porti la macchina qui davanti, poi ti darò una mano a scendere gli scalini.»

    «Sono capace di camminare da sola, grazie.»

    «Sì, ma gli scalini non sono in ottime condizioni e non mi sembra il caso che tu ti rompa una gamba proprio il giorno del parto.»

    Morgan uscì senza lasciarle il tempo di protestare e attraversò il cortile di corsa. Aspettava quel giorno da diciotto mesi. Finalmente l’erede di Tug era stata trovata. Peccato che sembrasse decisa a stabilirsi nella casa del nonno. Comunque, non era il momento più adatto per spiegarle che era un’idea assurda e proporle di vendere a lui la proprietà.

    Si infilò a fatica nel piccolo abitacolo della Ford, ridacchiando tra sé e sé. Ah, le donne! Perché si dimostravano sempre così poco pratiche? Doveva essere cieca per non accorgersi che la ristrutturazione di quella topaia le sarebbe costata molto più del suo valore.

    Girò la chiave e subito realizzò con orrore che la macchina non dava segni di vita. Guardò il cruscotto, ma tutte le luci erano spente. Chiuse gli occhi per un attimo, in preda alla frustrazione. La batteria era completamente andata, non c’era niente da fare.

    Uscì e aprì il cofano, prorompendo in una serie di imprecazioni che avrebbero fatto rabbrividire un lupo di mare. Era come immaginava: le connessioni della batteria erano usurate, coperte da uno strato di sporco e di ruggine, che probabilmente non veniva tolto da anni. Ricaricarla era impossibile.

    Richiuse il cofano con violenza, sempre più preoccupato. L’unico modo di chiedere aiuto era recarsi al suo ranch a cavallo, ma ci voleva almeno mezz’ora, tagliando per i pascoli. Per tornare a prendere Samantha col furgone ci avrebbe messo altri quaranta minuti, perché la strada asfaltata faceva un giro più lungo.

    Morgan scosse la testa, fissando la pioggia battente. Cavalcare durante un temporale non era un problema per lui, gli era successo già molte volte. Tuttavia, il ruscello che divideva il suo ranch da quello degli Shackley si ingrossava sempre quando pioveva forte e probabilmente lui non sarebbe riuscito a guadarlo. Quindi sarebbe dovuto passare per la strada, il che significava perdere almeno due ore. No, non se la sentiva di lasciare da sola una donna che poteva partorire da un momento all’altro.

    Per la prima volta da quando l’aveva incontrata, si chiese che impressione gli avesse fatto Samantha Peterson. I suoi lunghi capelli biondi incorniciavano un volto che sarebbe potuto tranquillamente apparire sulla copertina di una rivista di moda. Ma quello che lo aveva colpito di più erano i suoi occhi castani con quegli incredibili riflessi dorati. Occhi che subito lo avevano fatto pensare a lunghe notti di passione...

    Morgan tirò un profondo sospiro. Da dove diavolo saltavano fuori quelle idee?

    Certo, era da tanto che non andava a letto con una donna e l’astinenza iniziava a farsi sentire. Forse aveva soltanto bisogno di fare un giro al Buffalo Saloon di Bear Creek e di passare una serata come ai vecchi tempi. Senz’altro avrebbe trovato una ragazza disponibile, pronta a fargli dimenticare la solitudine dei lunghi inverni del Wyoming.

    Scosse la testa e tornò a concentrarsi sui problemi più urgenti. Non era il momento migliore per rimpiangere la propria scarsa attività sessuale. Adesso lui e Samantha Peterson dovevano affrontare

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