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Scandalo nell'alta società: Harmony Destiny
Scandalo nell'alta società: Harmony Destiny
Scandalo nell'alta società: Harmony Destiny
E-book155 pagine2 ore

Scandalo nell'alta società: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Per Tate Chandler nulla è più importante dell'onore. Quando scopre che Gemma Watkins, la donna che ama più di ogni altra, lo ha tradito non esita a escluderla dalla sua vita. Ma Gemma gli ha nascosto più di una scottante verità, così lui, per salvare le apparenze e il buon nome della famiglia la costringe a un matrimonio di convenienza ripromettendosi di non perdonarla. Anche se l'antica passione ritorna in tutta la sua potenza, il cuore di Tate non cederà una seconda volta alle lusinghe di quella sirena tentatrice. Ma Gemma è innocente, ed è disposta a tutto pur di dimostrare la sua onestà.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2018
ISBN9788858976852
Scandalo nell'alta società: Harmony Destiny
Autore

Maxine Sullivan

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Scandalo nell'alta società - Maxine Sullivan

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Secret Son, Convenient Wife

    Harlequin Desire

    © 2011 Maxine Sullivan

    Traduzione di Federica Jean

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-685-2

    1

    Gemma Watkins stava uscendo dalla sala d’attesa dell’ospedale quando la sua attenzione fu attirata da un uomo che si dirigeva verso di lei lungo il corridoio. Quelle spalle larghe, quell’andatura decisa...

    Oh, no.

    Ti prego, fa’ che non sia Tate Chandler!

    In quel momento lui la vide e si fermò per una frazione di secondo prima di dirigersi verso di lei. «Ciao, Gemma.»

    Le note virili della voce di lui le scivolarono sotto la pelle, provocandole un brivido d’apprensione. Quello era l’uomo di cui si era innamorata due anni prima, l’uomo che le aveva spezzato il cuore.

    Non si sarebbe mai aspettata di incontrarlo in un luogo simile. Tate Chandler aveva preso in mano le redini dell’azienda di famiglia, un famoso marchio australiano di orologi di lusso, e aveva lanciato l’attività a livello internazionale. Era abituato a frequentare ambienti esclusivi, dal suo quartier generale situato nella più prestigiosa strada di Melbourne al suo lussuoso attico nel più elegante quartiere residenziale della città. Era un uomo d’affari carismatico e dalla forte personalità, oltre che decisamente affascinante.

    Gemma deglutì, in preda al panico. «Ciao, Tate» disse, con un filo di voce.

    Gli occhi azzurri di lui le scivolarono sui capelli biondi prima di posarsi sul suo viso. Erano freddi e attenti, ma c’era qualcosa di difficile da definire, in fondo al suo sguardo. «Spero che tu sia qui solo per una coincidenza.»

    Lei sbatté le palpebre. «Cosa intendi dire?»

    Lui inarcò un sopracciglio. «Oggi la mia famiglia ha inaugurato il nuovo reparto pediatrico che porta il nome di mio nonno. Era su tutti i giornali.»

    «Non ne sapevo nulla» rispose lei, con sincerità. Negli ultimi mesi era stata totalmente assorbita dalla lotta per far quadrare i conti. «Tuo nonno è... morto?»

    Lui annuì. «Tre mesi fa.»

    «Mi spiace» disse lei, sapendo che Tate gli era molto affezionato. Poi, però, aggrottò la fronte. «Ma non penserai davvero che sia venuta qui per vederti?»

    «Ah no?» Le labbra di Tate si incresparono in una smorfia sprezzante, e lei avvertì una fitta al cuore.

    Non l’aveva mai perdonata per quello che gli era sembrato un tradimento, questo era evidente.

    Naturalmente, quel pensiero la riportò subito al motivo della sua presenza in quell’ospedale. Accidenti, perché aveva scelto proprio quel momento per uscire in cerca dell’infermiera? Per fortuna, non c’era anche il resto della famiglia di Tate. Deglutì. «Bene, adesso devo proprio...»

    «Cosa ci fai qui?» incalzò lui, senza nemmeno un’ombra di gentilezza nel tono o nello sguardo.

    «Io... Be’, sono con una persona.»

    «Di sesso maschile, immagino.»

    Lei aggrottò la fronte. «Sì, in effetti.»

    «Ma certo che sei con un uomo» proseguì lui, con sarcasmo. «Il lupo perde il pelo ma non il vizio.»

    Lei esitò un istante, anche se sapeva che quella breve pausa la faceva sembrare colpevole agli occhi di Tate. Ma perché doveva importarle ciò che lui pensava di lei? «Veramente non sono affari tuoi, Tate. Buona giornata» disse, facendo per oltrepassarlo. Tuttavia, lui le sbarrò la strada con un braccio teso.

    «E dimmi, quel poveretto lo sa di essere solo uno tra tanti, o hai illuso anche lui?»

    «Tate, io...»

    «Tu cosa? Non ti importa? Come se non lo sapessi.»

    Lei provò un nodo alla gola. Aveva perso la testa per Tate il giorno stesso in cui l’aveva conosciuto, a un ricevimento del suo datore di lavoro, un architetto. Aveva rimpianto di aver perso la verginità con il suo fidanzato del liceo, e aveva capito perché sua nonna le diceva sempre di conservarsi per l’uomo che amava.

    Tuttavia, era una fortuna non avergli confessato il suo amore. Solo così era riuscita a mantenere un briciolo di orgoglio quando, dopo un mese, lui l’aveva scaricata senza tante cerimonie. In quelle poche settimane insieme avevano a malapena messo il naso fuori dall’appartamento di Tate. L’unico a conoscenza della loro relazione era il miglior amico di Tate.

    Quei ricordi la fecero rabbrividire. Sperava solo che Tate non scoprisse quanto la loro breve storia avesse cambiato la sua vita. Santo cielo, avrebbe potuto...

    «Oh, eccoti qui, Gemma» esordì una voce alle sue spalle, facendola sobbalzare. Voltandosi, vide l’infermiera che stava cercando pochi minuti prima.

    «Sta bene, tesoro» continuò l’altra donna, prima che Gemma avesse tempo di chiedere alcunché. «Il medico ha deciso di dimetterlo. Potete andare a casa.»

    «Grazie al cielo!» Gemma era talmente sollevata che per un attimo si dimenticò di Tate. Le avevano spiegato che si trattava solo di un intervento di routine, ma in chirurgia c’è sempre qualche rischio.

    Lo sguardo dell’infermiera scivolò sulla mano di Tate, che tratteneva ancora Gemma per un braccio. Gemma sfoderò un sorriso rassicurante, sperando con tutto il cuore che Tate si allontanasse quanto prima. «Arrivo subito, Deirdre. Grazie.»

    L’infermiera esitò per un istante, ma poi ricambiò il sorriso. «Dirò a Nathan che la mamma arriva subito, allora» commentò, tornando verso il reparto.

    Gemma sentì che le dita di Tate le stringevano di più l’avambraccio. Il cuore prese a batterle furiosamente mentre cercava il coraggio per guardarlo in viso.

    «Hai un figlio?»

    Gemma prese un profondo respiro. «Sì.»

    Tate sembrò intontito per un attimo. Poi, il sospetto si fece strada nei suoi occhi. «E si chiama Nathan? Nathaniel, come mio nonno?»

    «È un nome diffuso» obiettò lei, rimpiangendo di essersi concessa quella debolezza.

    Tate imprecò sottovoce. Poi la lasciò andare e la oltrepassò, dirigendosi verso il reparto.

    Gemma lo superò e gli sbarrò la strada, come una tigre che difende il suo piccolo. «Lascia stare mio figlio, Tate. Ha solo dieci mesi» mentì.

    Lui si fermò. «È figlio di Drake?»

    «Certo che no!» gridò lei. Tate le aveva attribuito una relazione con il suo migliore amico, e non aveva mai creduto alla sua innocenza. Drake Fulton aveva sempre avuto un atteggiamento equivoco con lei, comportandosi in modo troppo amichevole ogni volta che Tate li lasciava da soli, facendole capire che la desiderava. Non era riuscito a sedurla, ma aveva fatto in modo che Tate lo credesse, inducendolo a lasciarla.

    «Dunque l’hai avuto con un altro uomo.»

    «Sì.»

    È tuo.

    Serrò le labbra, sperando che Tate se ne andasse. Invece, con sua sorpresa, lui proseguì verso il reparto. «Tate! Cosa vuoi fare?»

    Lui non si voltò. «Mi hai già mentito in passato.»

    «No, non è vero!» Lo raggiunse di corsa.

    Come se non l’avesse udita, lui premette il pulsante di apertura delle porte del reparto degenze ed entrò. Gemma lo seguì, il cuore in gola, e lo vide osservare rapidamente tutti i letti fino a fermarsi su un lettino in fondo alla fila.

    Per un istante, le sembrò che il tempo si fermasse.

    Poi, come in un balletto da incubo, avanzarono entrambi fino al lettino, dove un bimbo biondo stava giocando con il suo orsacchiotto. Nathan alzò lo sguardo e Gemma trattenne il respiro.

    L’uomo accanto a lei si irrigidì di colpo, e quando la guardò i suoi occhi erano carichi d’ira.

    Gemma si costrinse a prendere un profondo respiro, preparandosi mentalmente alla tempesta che si sarebbe scatenata su di lei.

    Tate sentiva un boato nelle orecchie.

    Quando il bimbo aveva alzato gli occhi su di lui, aveva capito immediatamente.

    Per un istante, sperò quasi di essersi sbagliato. Se Nathan non fosse stato suo figlio, sarebbe stato libero di girare sui tacchi e andarsene il più lontano possibile da Gemma. Non la rivoleva nella sua vita.

    Ma la seconda occhiata non fece che confermare la prima. Nathan era suo figlio, non aveva dubbi a riguardo. E lui non sarebbe andato da nessuna parte.

    Proprio allora, il bambino vide la mamma. Lasciò cadere l’orsacchiotto e tese le braccia verso di lei, con un sorriso. Gemma si slanciò in avanti e lo prese in braccio, stringendolo a sé. «Sono qui, amore mio» gli sussurrò, cullandolo piano. «Va tutto bene. La mamma è qui con te.»

    Mamma.

    Papà.

    Ho un figlio.

    Un figlio in ospedale, si rese conto in quel momento.

    Il bambino stava male.

    «Cos’ha che non va?» chiese a Gemma, sorpreso dal suono incerto della sua stessa voce.

    Gemma alzò il viso di scatto. «Cosa intendi dire? È perfetto.»

    Tate scosse il capo. «Perché è stato ricoverato?» chiarì, scrutando attentamente Nathan. Il bambino non mostrava segni di malessere.

    Lei sbatté le palpebre. «Ah. Certo.» Prese un profondo respiro. «Soffre di otiti ricorrenti, e gli antibiotici non avevano più effetto. Gli hanno drenato le orecchie chirurgicamente, con dei sottili tubicini. Senza l’intervento avrebbe potuto perdere parzialmente l’udito, ritardando l’apprendimento del linguaggio.»

    Anche se non sembrava un intervento da nulla, non era nemmeno gravissimo, e Tate sentì che la sua tensione si allentava.

    Poi, però, ricordò che Gemma gli aveva mentito. «Non intendevi parlarmi di lui, vero?» sibilò, tenendo la voce bassa per non farsi udire dalle altre persone presenti nel reparto.

    «Perché avrei dovuto?»

    «Perché è mio figlio, maledizione.»

    Lei strinse più forte il bambino. «No.»

    «Non insistere, Gemma. Ha i miei stessi occhi.»

    Lei lo fissò con sfida, ma un’ombra di terrore nello sguardo la tradì. «No, ha i capelli biondi come i miei. E mi assomiglia. A te, invece, non somiglia affatto. E comunque ha solo dieci mesi.»

    Effettivamente Nathan le assomigliava molto, ma quegli occhi azzurri non mentivano. «È mio figlio, e ha un anno. Lo sappiamo entrambi.»

    «Tate, ti prego» mormorò lei. «Non è né il momento né il luogo adatto per discuterne.»

    Lui scosse il capo. «No. Devo saperlo, adesso.»

    Gemma esitò ancora un istante, ma poi sospirò. «E va bene. Sì, è tuo figlio.»

    Nonostante avesse parlato a bassa voce, quelle parole ebbero l’effetto di un’onda violenta. Per qualche istante non riuscì nemmeno a respirare. Poi guardò Nathan. Avrebbe voluto stringerlo a sé, assaporare ogni istante, ma si rendeva conto che l’avrebbe spaventato.

    Gemma sembrava smarrita. «Cosa vuoi fare, ora?»

    Tate sbatté le palpebre. Aveva bisogno di raccogliere le idee, ma non ci riusciva. E uno dei motivi era che era furibondo con lei.

    «Per prima cosa faremo un test di

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