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Dolce intimità: Harmony Destiny
Dolce intimità: Harmony Destiny
Dolce intimità: Harmony Destiny
E-book148 pagine2 ore

Dolce intimità: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Quando il destino cambia strada, si è costretti a seguirlo.
Cort Lander sta facendo tirocinio per diventare un cardiochirurgo quando gli capita tra capo e collo un figlio che non sapeva di avere. Infatti l'ex moglie, che lo aveva lasciato per seguire la propria carriera, aveva tenuto nascosta la gravidanza per evitare ulteriori complicazioni. E ora che è scomparsa, Cort dovrà occuparsi del bambino. Per riorganizzare la propria vita e riflettere sul da farsi torna nella sua cittadina d'origine. Certo non si immaginava di complicare ulteriormente le cose. Tracy Sullivan, infatti, l'amica di sempre, che gli dà una mano con il piccolo, è cambiata un bel po' dai tempi della scuola. Ora non è solo dolce, ma anche incredibilmente sexy.
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2020
ISBN9788830520844
Dolce intimità: Harmony Destiny
Autore

Emilie Rose

Confessa che il suo amore per i romanzi rosa risale a quando aveva dodici anni e sorprendeva sua madre a nasconderli ogni volta che lei entrava nella stanza.

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    Anteprima del libro

    Dolce intimità - Emilie Rose

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Passionate Proposal

    Silhouette Desire

    © 2004 Emilie Rose Cunningham

    Traduzione di Maria Gaetana Ferrari

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-084-4

    Prologo

    Le telefonate a notte fonda non promettevano mai bene.

    Cort Lander si strofinò una guancia nel tentativo di svegliarsi mentre sollevava il telefono prima del secondo squillo. «Pronto?»

    Consultò l’orologio digitale. Il fatto che il suo ultimo turno di settantadue ore fosse terminato soltanto tre ore prima non significava che l’ospedale non lo avrebbe richiamato se uno dei suoi pazienti si fosse aggravato. Era lui per primo a preferire così.

    «Parlo con Cort Lander, l’ex... ehm, convivente di Kate Simms?»

    Di colpo un gusto amaro gli riempì la bocca. Non sentiva Kate da oltre un anno. Chi mai poteva cercarla lì? «Sì.»

    «Sono Helen McBride del Du Page County Social Services. Mi duole informarla che la signorina Simms è deceduta oggi.»

    Cort trasalì. Lottando con le lenzuola attorcigliate, si sollevò a sedere sul letto.

    «Kate è morta?» L’audace e aggressiva Kate. Aveva giurato che niente e nessuno le avrebbe impedito di diventare la miglior penalista di Chicago. Cort non si era reso conto all’epoca di come la ragazza considerasse lui un intralcio. «In che modo?»

    «Un cliente ha introdotto una pistola in tribunale e, quando il verdetto non l’ha favorito, be’, ecco... Ma non è per questo che ho telefonato, signor Lander.»

    «Dottor Lander» corresse lui soprappensiero.

    «L’ho chiamata per via del bambino.»

    «Quale bambino?»

    «Joshua, suo figlio.»

    Certo di aver capito male, Cort si allungò ad accendere l’abat-jour. «Guardi che io e Kate non avevamo figli.»

    «Prima di spirare, la signorina Simms ci ha spiegato dove trovarla e ci ha chiesto di fare in modo che lei venisse a prendere il bambino. È il suo unico parente.»

    Gli si rizzarono i capelli. Aveva un figlio? Impossibile, a meno che Kate non fosse stata incinta quando aveva lasciato Durham per accettare quel lavoro a Chicago. Lo aveva sorpreso con una stucchevole lettera d’addio quattro mesi dopo ma nemmeno allora aveva mai parlato di gravidanza. Che diavolo, non si era nemmeno curata di dirgli perché lo avesse piantato.

    «Non vedo Kate da...» Fece un rapido calcolo mentale. «... da almeno sedici mesi. Quanto ha il piccolo?»

    «Nove mesi. Senta, mi dispiace. So che dev’essere uno shock ma lei figura come il padre sul certificato di nascita e la signorina Simms l’ha nominata tutore di Joshua nel proprio testamento. Deve venire a prenderlo.»

    «Qual è il suo gruppo sanguigno?» Il sangue non era di per sé conclusivo ma Cort ricordava che Kate era stata zero negativo perché aveva funto da donatrice. Il suo gruppo era AB positivo.

    Sentì un fruscio di fogli dall’altro capo del filo. «Josh è AB positivo.»

    Un brivido gli corse giù per la schiena e gli scivolò quasi il ricevitore dalle dita. La proverbiale calma di cui si gloriava quando trattava i pazienti all’ospedale era scomparsa.

    «Non accetterò l’affidamento finché un test del DNA non avrà dimostrato che è figlio mio.»

    «Capisco senz’altro i suoi sentimenti, dottor Lander, ma lei rimane comunque tutore del bambino. Potrà decidere di darlo in adozione, beninteso, ma le consiglio di vedere prima Joshua.»

    «Mi dica dove trovarlo.» Armandosi di carta e penna, Cort annotò l’indirizzo, dopodiché riattaccò e si prese la testa tra le mani.

    Se Kate aveva avuto un figlio suo, perché non lo aveva avvertito? Si erano lasciati in buoni rapporti... o almeno così gli era sembrato finché non aveva ricevuto il benservito. Aveva pensato di andarla a trovare durante le vacanze ma poi lei lo aveva piantato e si era rifiutata di rispondere alle sue chiamate e alle sue e-mail. Perché? Si era trovata un nuovo compagno? O aveva finalmente concluso che un cowboy del Texas non sarebbe mai stato alla sua altezza? Kate aveva mirato al bel mondo mentre lui era un dottore spiantato.

    Alzandosi, misurò la stanza a grandi passi, grato che i suoi coinquilini stessero tutti facendo il turno di notte. Se non altro, non avrebbe dovuto spiegare la bomba che gli era appena caduta addosso.

    Camminò avanti e indietro inquieto per il minuscolo bilocale che condivideva con altri tre interni.

    Che cosa diavolo avrebbe fatto con un bambino? Mica poteva portarlo lì.

    Avrebbe dovuto chiedere un congedo anticipato dal programma di internato. Per fortuna mancavano pochi giorni soltanto alle vacanze estive.

    Se il piccolo fosse stato suo, lo avrebbe portato al ranch. I fratelli avrebbero saputo che cosa fare. Cort li avrebbe chiamati e avrebbe detto loro che...

    Oh, diavolo. Si passò una mano sul viso.

    Avrebbe detto loro che la maledizione dei Lander aveva colpito di nuovo.

    1

    Cort sorrise mentre il panorama gli faceva dimenticare come il fratello lo avesse né più né meno costretto a partecipare al raduno decennale dei suoi ex compagni di liceo.

    Uno strillo spostò il suo sguardo dalla sirena di cui stava ammirando lo splendido posteriore alla spiritata brunetta che balzò in piedi da dietro il banco del ricevimento per abbracciarlo. «Cort Lander! Oh, santo cielo. Non avevo idea che saresti venuto. Ti pensavo nella Carolina del Nord.»

    La sirena dall’incredibile sedere si irrigidì nel sobrio abito blu ma non si girò né smise di parlare con l’uomo che lui riconobbe come il suo vecchio insegnante di educazione fisica.

    L’urlatrice, invece, protese il viso verso quello di Cort. «Se mi darai un bel bacio» propose, «ti perdonerò per non avermi detto che saresti arrivato.»

    «Al posto tuo, non lo farei» intervenne la sirena, voltandosi.

    Tracy Sullivan. Cort avrebbe riconosciuto dappertutto quel suo tono da maestrina. Un sorriso gli increspò le labbra.

    I rossi capelli di Tracy, avvolti in un severo chignon, si erano scuriti con gli anni, assumendo la calda tonalità della cannella, ma i suoi profondi occhi color del caramello non erano cambiati di una virgola. E nemmeno quelle labbra. Aveva la bocca più sexy che mai gli fosse capitato di vedere ma, col fatto che era stata la sorella di uno dei suoi compagni di squadra, quella boccuccia da infarto era sempre stata off-limits.

    Gli andò incontro. Wow, e quelle curve, da dove diavolo erano saltate fuori? Non era stata un lampione al liceo? Lo sguardo di Cort indugiò su colline e vallate di cui non conservava ricordo, e il suo battito subì una rapida accelerazione.

    Tracy gli scoccò un’occhiataccia ma non riuscì del tutto a reprimere un sorrisetto divertito. «Libby si è sposata con l’allenatore di football» spiegò. «E se non la pianterà di abbordare tutti i presenti, suo marito finirà col fare a botte.»

    Ignorando l’avvertimento, Libby afferrò Cort per la camicia e gli stampò un bacio sulla bocca. Dopodiché lo lasciò andare e tirò Tracy per un braccio. «Forza, ragazza, sfogati anche tu!»

    Cort ebbe un tuffo al cuore. In circostanze normali non si sarebbe prestato a quel genere di sciocca schermaglia ma l’improvviso rossore di Tracy lo rimandò alla ragazza lentigginosa che gli aveva dato lezioni di inglese durante tutto il liceo. Senza il suo aiuto, non si sarebbe mai diplomato.

    E non era come se quella fosse la prima volta che meditava di baciarla. Le fissò le labbra e per un attimo la sua salivazione ebbe un rapido arresto.

    Lei diventò ancor più rossa. «Non credo che...»

    Ma premendole una mano contro la nuca, Cort smorzò la sua protesta con un bacio. Aveva inteso ritrarsi dopo il più fuggevole dei contatti, invece si sorprese a indugiare su quelle labbra favolose. La sensazione di essere di nuovo a casa lo travolse, il che era assurdo visto che lui e Josh si trovavano lì da giorni. La sola cosa a cui potesse pensare era che c’entrasse il profumo di lei. Tracy sapeva di casa... la sua, non quella di Cort. Torta di mele e dolcetti d’avena.

    Il desiderio lo assalì prepotente.

    Un fischio penetrante gli ricordò dove si trovasse e con chi era. Tracy. La sorella di David.

    Giù le mani.

    La lasciò andare e lottò per normalizzare il respiro. Non era più stato con nessuna dopo Kate e il suo corpo ne era chiaramente consapevole.

    Era la sola ragione per cui quel bacio lo aveva infiammato, no?

    Tracy sembrava sconvolta come il giorno in cui lo aveva sorpreso a fare il bagno nudo nel Nueces River. «Non era il caso» sibilò.

    Forse no, ma Cort avrebbe tanto voluto il bis. «Ti trovo in forma smagliante, Tracy.»

    «Ehm, grazie.»

    Rimasero a fissarsi finché Libby non li trascinò verso l’angolo della palestra riservato alle danze. Cort salutò i vecchi amici lungo il tragitto ma il passo cadenzato di Libby non gli consentì di fermarsi a chiacchierare.

    «Che bella serata, vero, Tracy? Specie ora che è arrivato Cort. Su, ballate adesso. Quando avrò finito il mio turno al banco del ricevimento, farò due salti anch’io.» Detto questo, l’intrigante fanciulla se ne andò.

    Cort tese la mano e Tracy la accettò. Ma la sua dolce boccuccia si aprì quasi subito in un rimprovero. «Non dovresti farti tiranneggiare così. Giuro, pensavo che le persone cambiassero in dieci anni ma a quanto pare...»

    «Sono contento anch’io di vederti» la interruppe lui con un sorriso.

    «Non sapevo che fossi a casa.»

    «Sono arrivato da poco» spiegò Cort, «e non mi tratterrò a lungo.» Non appena si fosse organizzato, sarebbe ripartito per Durham.

    «Sei sempre interno alla Duke

    «Sì, ma ho preso...» Esitò. «... ecco, un periodo di congedo.» Tracy si aspettava sempre il meglio da lui e per una qualche ragione Cort non voleva confessarle di essere stato colpito dalla maledizione dei Lander. Aveva messo incinta una donna proprio come suo padre e come uno dei suoi fratelli. Un laureato in medicina avrebbe dovuto saper fare di meglio.

    Dieci chili di tardivo rimpianto gli erano piombati addosso la settimana prima e ancora non aveva capito come gestire quel po’ po’ di fardello e continuare al contempo l’internato.

    In quel momento l’orchestra attaccò un lento e le luci si abbassarono. Cort fece per stringere

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