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Sinfonia d'amore
Sinfonia d'amore
Sinfonia d'amore
E-book171 pagine2 ore

Sinfonia d'amore

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Info su questo ebook

Invitation to a Cornish Christmas 2
Cornovaglia/Inghilterra, 1822
Sono passati molti anni da quando il compositore e pianista Cador Kitto ha lasciato il suo paese natale in Cornovaglia e non sarebbe mai tornato se non fosse stato per l'invito di un caro amico. Il suo animo d'artista non sopporta quel luogo, le persone sempre uguali a se stesse nella loro mediocrità. Così come trova odiosa fin dal primo sguardo Rosenwyn Treleven. La giovane rappresenta infatti tutto ciò che lui non può avere: ricchezza, agio... e noia. Eppure quando è al suo fianco, Cador sente rinascere il desiderio di comporre nuove arie al pianoforte. Ha trovato la sua musa, solo quello. Nella sua vita non c'è posto per l'amore, neppure se le labbra di Rosenwyn sembrano create apposta per cantare per lui la più dolce delle melodie.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2020
ISBN9788830522008
Sinfonia d'amore
Autore

Bronwyn Scott

Bronwyn Scott is the author of over 50 books. Her 2018 novella, "Dancing with the Duke's Heir" was a RITA finalist. She loves history and is always looking forward to the next story. She also enjoys talking with other writers and readers about books they like and the writing process. Readers can visit her at her Facebook page at Bronwynwrites and at her blog at http://www.bronwynswriting.blogspot.com

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    Sinfonia d'amore - Bronwyn Scott

    successivo.

    1

    Porth Karrek, Cornovaglia

    1 dicembre 1822, prima domenica d'Avvento

    Le festività natalizie si aprivano tradizionalmente nella chiesa di St. Piran, che splendeva in tutta la sua gloria di addobbi verdeggianti e nastri rossi, come il primo dicembre di ogni anno, da quanto Cador Kitto poteva ricordare.

    Tutti gli arredi e gli attori erano al loro posto, dai festoni sempreverdi che decoravano i banchi alle candele sull'altare, dagli abitanti di Porth Karrek vestiti a festa al reverendo Maddern, che si preparava a salire sul pulpito.

    Nadelik. Quello era il Natale della Cornovaglia al suo massimo splendore.

    Cade trattenne l'istinto di agitarsi come un bambino sulla dura panca di legno, combattendo contro gli sgradevoli ricordi evocati da una semplice parola.

    Porth Karrek era il luogo in cui era nato, ma Cade non voleva trovarsi di nuovo lì. Non aveva mai pensato di tornare. Non voleva far parte di Nadelik. A quanto pareva, però, i suoi desideri non contavano niente, se c'era di mezzo il destino.

    Il reverendo Maddern, suo amico e mentore, salì sul pulpito e intonò le parole familiari della liturgia dell'Avvento.

    Oggi accendiamo la candela della speranza.

    Non si dovevano dire bugie, in chiesa, ma quella era la menzogna più grande di tutte. Non c'era alcuna speranza, in quel posto, anche se nessun altro sembrava accorgersene.

    Un chierichetto con una tonaca bianca immacolata si fece avanti con riverenza, portando un lungo accenditoio di legno, la fiamma sacra che danzava all'estremità.

    Un pensiero poco caritatevole si affacciò alla mente di Cade: forse la fiamma si sarebbe spenta prima che il ragazzo potesse portare a termine il suo compito. Dove sarebbe finita, allora, la candela della speranza? Nel buio, insieme a tutti loro.

    Il ragazzo inclinò l'accenditoio verso lo stoppino della candela, e il pensiero di Cade divenne un ordine silenzioso e perentorio: Non accenderla. È un trucco per far credere alle persone che il mondo sia buono.

    La candela, invece, venne accesa, e al primo guizzo della fiamma ebbe ufficialmente inizio Nadelik, una celebrazione che a Porth Karrek durava tutto il mese di dicembre.

    Con grande angoscia di Cade.

    Lo sguardo gentile del reverendo Maddern si posò su di lui dall'alto del pulpito drappeggiato di viola, il colore dell'Avvento.

    Sembrava rimproverarlo per la sua mancanza di fede e per aver portato il suo pessimismo nella casa di Dio in quella bellissima domenica imbiancata dalla neve, quando c'era così tanto da festeggiare e di cui essere riconoscenti, dopo la tempesta della notte precedente e il rischioso salvataggio in mare. Cade, però, non avrebbe chiesto scusa. Tollerava appena il Natale. Non avrebbe mai perdonato.

    Lo sguardo del reverendo abbracciò tutta la congregazione, mentre parlava, con voce ancora potente, dopo trent'anni che declamava dal pulpito di St. Piran.

    «La sacra lettura di oggi è tratta dal Libro di Isaia, capitolo nove. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce...»

    Era un messaggio fin troppo facile da diffondere, quel mattino, dopo una notte di tempesta e disperazione, che aveva visto una barca schiantarsi sugli scogli chiamati le Bestie e la vita di sei marinai del posto in serio pericolo. Tutti e sei gli uomini erano vivi, grazie all'audacia del capitano Penhaligon. Il reverendo Maddern ricordò ai fedeli che una simile grazia era un buon presagio con cui iniziare l'Avvento, una stagione di attesa e di speranza.

    Poi, rivolgendosi direttamente a Cade, gli fece cenno di alzarsi. «Oggi abbiamo molte cose da celebrare e, fra queste, il ritorno di un figlio nativo di Porth Karrek, Mr. Cador Kitto, che è qui su invito del nostro coraggioso capitano Penhaligon, per scrivere una composizione da cantare la vigilia di Natale.»

    Era un invito a voltarsi verso la congregazione e fare un piccolo inchino, in modo che tutti smettessero di chiedersi chi fosse il nuovo arrivato e si concentrassero sulle parole del reverendo, riflettendo su quel primo messaggio natalizio.

    Cade si alzò e fece scorrere lo sguardo sui presenti. Il suo volto tradiva la delusione. Non era cambiato niente. Erano passati vent'anni e tutto era rimasto uguale, perfino le decorazioni natalizie: rami di sempreverde tagliati di fresco e fiocchi rossi che venivano conservati anno dopo anno nell'armadio accanto al battistero. La Cornovaglia era ancora una terra dura, aspra e desolata, e la sua gente era altrettanto dura, aspra e desolata.

    Anche se non ricordava il nome di tutte quelle persone, perché era molto giovane quando se n'era andato, conosceva le loro storie, le loro tragedie, perché erano le stesse da tempi immemorabili.

    Quelli che lo guardavano erano occhi di madri stanche, i volti segnati dal vento e dalla fatica, così simili a quello di sua madre. Invecchiate prima del tempo, logorate dai parti e dal dolore, piangevano i figli morti e stavano in pena per quelli che erano sopravvissuti. Accanto a loro, uomini dai volti pallidi e grigi, fisicamente spezzati dal mare o sfiniti dal lavoro nelle avare miniere di stagno, come suo padre, che non venivano ripagati mai abbastanza per i rischi che correvano.

    Non c'era speranza, lì, se non quella che il buon reverendo inventava per loro ogni domenica mattina.

    C'erano anche i proprietari terrieri e la piccola nobiltà, seduti nelle prime file. Il banco dei Penhaligon era vuoto. Il capitano si stava riprendendo dalla fatica del salvataggio in mare, avvenuto la sera prima. Sull'altro lato della navata, però, il banco dei Treleven era affollato: erano presenti Sir Jock Treleven, sua moglie e le sei figlie, tutte bionde e graziose, alcune leggermente più audaci delle altre, a giudicare dagli sguardi insistenti che lanciavano nella sua direzione.

    Dietro di loro sedevano quattro giovani gentiluomini ben vestiti che trasudavano alta società londinese, ricchezza e buona salute, un forte richiamo all'abisso che li separava dalla povera gente oppressa di Porth Karrek.

    Cade tornò a sedere, lasciando che la sua mente elaborasse quel dato. Era anche un forte segnale che non poteva esserci niente, per lui, in quel posto, al di là della commissione per la quale era venuto. Prima avesse finito, prima si sarebbe potuto dedicare ad altre cose, quali che fossero – ovunque fossero – purché lontano da lì.

    Cosa si era aspettato, quando aveva accettato l'invito del reverendo Maddern? Che per qualche miracolo le cose fossero cambiate e che, durante la sua lunga assenza, Porth Karrek si fosse trasformato un paese civile? Tanto valeva non essersene mai andato.

    Quell'ultimo pensiero lo fece rabbrividire. Non riusciva a immaginare come sarebbe stata la sua vita, se fosse rimasto lì; più precisamente, che cosa sarebbe diventato.

    Aveva fatto bene ad andarsene, non c'erano dubbi, al riguardo. Aveva scambiato Porth Karrek con il conservatorio di Londra, quando era soltanto un bambino di otto anni, spaventato, con una sola valigia in mano e una grande passione per la musica. Il reverendo Maddern aveva organizzato tutto tramite un cugino. Era stato grazie alla sua gentilezza che Cade era riuscito a partire.

    Vent'anni prima aveva lasciato Porth Karrek su una carrozza affollata, stretto tra una donna anziana che puzzava d'aglio e un uomo grasso che aveva russato per tutto il viaggio.

    E adesso era tornato lì come un celebre musicista. Aveva conosciuto i grandi capi di Stato e i nobili di tutta Europa, aveva composto musica per le cattedrali più famose e per i sovrani del Continente. Era stato invitato ad alloggiare in casa del capitano Penhaligon, il tipo di uomo che non avrebbe mai degnato di una seconda occhiata il ragazzino sudicio che era stato un tempo. Era arrivato con la carrozza del capitano, un lusso che la famiglia Kitto non avrebbe mai immaginato. Aveva trovato ad attenderlo una casa tutta per lui, due pasti al giorno e due domestici pronti a soddisfare ogni sua esigenza. Tutto gratuitamente. Non doveva far altro che scrivere una composizione per il suo nuovo mecenate.

    Quanto poteva essere difficile? Abbastanza, considerando che non scriveva più niente di valido da tre anni. Ancor più difficile, considerando che doveva essere una ballata natalizia. Bastavano quei due elementi per farne la tredicesima fatica di Ercole. Se poi si aggiungeva il fatto che per affrontarla era dovuto tornare in Cornovaglia, diventava un compito che trascendeva perfino la forza di Ercole.

    Poco più di tre settimane. Tre settimane per compiere un miracolo.

    Senza farsi vedere, si strofinò i palmi umidi di sudore sui pantaloni, mentre il panico minacciava di sopraffarlo. Non avrebbe mai dovuto fare quel patto con il diavolo. Ma era talmente disperato!

    Poteva raccontarsi che si sarebbe dedicato ad altro, una volta portato a termine il suo compito lì, ma la verità era che non aveva altre commissioni ad aspettarlo. Non poteva più permettersi di pagare l'affitto delle sue stanze a Londra, e si rifiutava di trasferirsi e vivere nello squallore solo per adeguarsi allo stato delle sue finanze.

    I suoi critici avrebbero gongolato se l'avessero visto cadere così in basso. Avrebbero detto che era la dimostrazione di quello che ripetevano da tempo: Cador Kitto era finito, buono solo a comporre musiche dozzinali per le masse. Non era mai stato un compositore serio, in fin dei conti, e di certo non si era dimostrato all'altezza di quello che ci si aspettava da un bambino prodigio.

    Cade giurò che non avrebbe dato loro una simile soddisfazione.

    Accorgendosi che qualcuno lo stava osservando, si costrinse a far tacere la mente e fece scorrere lo sguardo alla fila di banchi sull'altro lato della navata. Trovò la persona che lo stava guardando nel banco affollato della famiglia Treleven: la giovane donna sul lato esterno, che si fingeva assorta nel libro di preghiere, lo stava studiando con la coda dell'occhio.

    Era più giovane delle donne che preferiva abitualmente, e per di più doveva essere nubile. Gli sorrise, e Cade ricambiò. Perché no? Non c'era niente di male in un sorriso, e lo aiutava a tenere a bada i suoi demoni personali. Non le avrebbe fatto la corte. Non era venuto a Porth Karrek per avere un'avventura sentimentale. Era lì per fare un lavoro.

    Il sorriso della giovane donna si allargò, mentre inclinava il capo con un gesto aggraziato ed esperto. La sorella che le sedeva accanto, una versione più matura e severa, con una sfumatura di rosso nei capelli biondi, la rimproverò con una gomitata nel fianco. L'altra abbassò lo sguardo, in apparenza contrita, ma non prima che la sorella lanciasse un'occhiata accusatoria a Cade, come se fosse colpa sua.

    Colpa sua? Non aveva fatto altro che ricambiare un sorriso. Oh, la sfacciataggine di quei penetranti occhi verdi e l'inclinazione altezzosa del mento! Se non fossero stati in una chiesa, Cade le avrebbe chiesto ragione di quello sguardo accusatore. A quanto pareva, l'audacia era un tratto di famiglia.

    Non potendo fare altro, si accontentò di inarcare un sopracciglio con aria incuriosita e le rivolse un cenno educato del capo, quel tanto che bastava per comunicarle che aveva intercettato il suo sguardo e che non era affatto infastidito dalla sua opinione.

    La vide distogliere in fretta lo sguardo, ma non prima che una vampata di colore le salisse alle guance, assicurandogli di aver colpito il bersaglio.

    Quel gesto, però, poteva costargli caro. Rosso di mattina, maltempo si avvicina. Il rossore della giovane donna gli fece tornare alla mente il vecchio proverbio dei marinai. Meglio stare in guardia, nel caso si stesse preparando una tempesta di altro tipo.

    Così Cador Kitto, il compositore più famoso della Cornovaglia, era finalmente arrivato, portato dal vento della sera prima, insieme alla bufera.

    Rosenwyn Treleven abbassò lo sguardo, ferita nell'orgoglio per essere stata colta e rimproverata per l'occhiata severa che gli aveva rivolto. La gomitata non aveva fatto altro che rimettere in riga l'impertinenza di Marianne. Non aveva importanza che fosse stato Mr. Kitto o meno a cominciare. Un uomo della sua età non avrebbe dovuto incoraggiare un comportamento simile da parte di una donna così giovane.

    Che avesse risposto al sorriso diceva molto sul suo carattere. Corrispondeva perfettamente alla figura del libertino che dipingevano, e purtroppo anche l'aspetto fisico era degno della sua reputazione.

    I leggendari capelli ondulati, biondi come l'oro, gli sfioravano le spalle, il volto da artista tormentato era messo in risalto in tutti i suoi spigoli drammatici dalla luce invernale che filtrava dalle preziose vetrate del reverendo Maddern. E quegli occhi azzurri, dello stesso colore del mare della Cornovaglia in estate, brillavano maliziosi al di là del corridoio che li separava.

    Era decisamente attraente, e non faceva assolutamente per lei. Rosenwyn aveva imparato la lezione a Londra: mai fidarsi degli uomini troppo belli. Avrebbe tenuto le distanze da Cador Kitto e avrebbe fatto in

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