Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Milionario senza passato: Harmony Destiny
Milionario senza passato: Harmony Destiny
Milionario senza passato: Harmony Destiny
E-book162 pagine2 ore

Milionario senza passato: Harmony Destiny

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Quando il milionario Wade Mitchell si trova faccia a faccia con Victoria Sullivan, comprende che le tattiche d'affari che tanto ama sono del tutto inutili. Lei ha acquistato una parte dei terreni della sua famiglia, e lui intende riprenderseli. Solo così riuscirà a preservare il segreto che da troppo tempo opprime lui e i suoi fratelli, un segreto che lo ha costretto a cancellare parte del proprio passato e a mentire anche a coloro che aveva imparato ad amare. Victoria, però, non è disposta a cedere. Lui vuole la proprietà? E allora deve confessare tutta la verità.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2020
ISBN9788830522459
Milionario senza passato: Harmony Destiny

Leggi altro di Andrea Laurence

Autori correlati

Correlato a Milionario senza passato

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Milionario senza passato

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Milionario senza passato - Andrea Laurence

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Undeniable Demands

    Harlequin Desire

    © 2013 Andrea Laurence

    Traduzione di Eleonora Motta

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-245-9

    1

    Wade detestava la neve. L’aveva sempre detestata.

    Da un uomo nato e cresciuto nel New England ci si sarebbe aspettato il contrario. Altrimenti, perché rimanere? Lui, invece, aveva continuato a restarci e a brontolare.

    Ogni novembre, quando i primi fiocchi iniziavano a cadere, una parte della sua anima avvizziva, in attesa della primavera. Per questo motivo aveva acquistato un biglietto per la Giamaica per la settimana che precedeva il Natale. Per le feste sarebbe comunque tornato dagli Eden, ma l’angosciata telefonata della sorella Julianne aveva mandato all’aria i suoi programmi.

    Era stato costretto a cancellare il viaggio con la speranza, una volta risolta la faccenda, di poter sfruttare la prenotazione dopo Natale. Magari avrebbe festeggiato il nuovo anno sulla spiaggia, lasciandosi alle spalle le preoccupazioni e sorseggiando una bevanda rinfrescante.

    Il SUV imboccò la strada che conduceva al Giardino dell’Eden, la piantagione di alberi di Natale dei genitori. Wade preferiva guidare la spider, ma gli inverni nelle campagne del Connecticut non erano adatti a un’auto scoperta, perciò l’aveva lasciata a Manhattan. Il veicolo che stava guidando montava pneumatici da neve, era fornito di catene ed era sufficientemente alto per proteggerlo da eventuali graffi, provocati dai blocchi di ghiaccio sulle strade non asfaltate.

    Gettò lo sguardo sull’insegna rossa a forma di mela che segnalava l’entrata della tenuta e gli sfuggì un sospiro di sollievo. Tornare a casa gli infondeva sempre un senso di benessere. La fattoria era l’unica dimora che avesse mai avuto. Nessuna delle altre famiglie a cui era stato affidato gli aveva mai fatto provare quel senso d’appartenenza e aveva pochi ricordi confusi della madre e della prozia. Ma il Giardino dell’Eden era un paradiso, specialmente per un bambino abbandonato che avrebbe potuto diventare un criminale, invece di un ricco agente immobiliare.

    Gli Eden avevano stravolto in modo positivo la sua vita e quella degli altri ragazzi che avevano vissuto lì. E di questo sarebbe stato loro grato per il resto dei suoi giorni. Wade non aveva conosciuto il padre e aveva visto sua madre solo una volta da quando l’aveva abbandonato alla prozia. Perciò, le parole casa e famiglia erano sinonimo della fattoria e degli Eden.

    La coppia aveva avuto solo una figlia naturale, Julianne, e questo aveva infranto il sogno di riempire la loro vasta dimora di bambini che un giorno avrebbero portato avanti l’attività di famiglia. Alla fine, avevano deciso di ristrutturare il vecchio granaio e trasformarlo in una dépendance, perfetta per accogliere orfani o ragazzi abbandonati.

    Wade era stato il primo, quando Julianne portava ancora le treccine e trascinava la sua bambola preferita dietro di sé. Appena era arrivato lì, aveva compreso che quella casa era diversa dalle precedenti. Lì, non era un fastidioso fardello, utile solo per intascare i soldi dallo stato. Lì, era un figlio.

    Per questo motivo avrebbe desiderato andare a trovare la coppia per una ragione diversa. Non desiderava deluderli più di quanto non avesse fatto quindici anni prima, cacciandosi in guai seri.

    Svoltò nel viale d’accesso per poi imboccare la stradina dietro l’imponente costruzione che conduceva al parcheggio. Era il pomeriggio di venerdì 21 dicembre. Immaginò che, a quell’ora, sua madre Molly fosse nel negozio di articoli da regalo affaccendata a invitare i clienti ad acquistare biscotti e cioccolatini, in attesa che Ken o uno degli impiegati consegnasse un albero di Natale da portare a casa.

    Wade avvertì il desiderio di precipitarsi fuori dall’auto e correre ad aiutare il personale con gli abeti per gli acquirenti. Lo aveva fatto per tutta la sua adolescenza e anche durante gli anni a Yale. Tuttavia, prima doveva affrontare la faccenda che l’aveva portato lì, costringendolo ad accantonare il favoloso viaggio verso le calde spiagge giamaicane.

    L’inatteso arrivo di Julianne alla fattoria, il Giorno del Ringraziamento, aveva sorpreso tutti. Il padre Ken si stava riprendendo da un attacco cardiaco di cui nessuno dei ragazzi – Wade, Heath, Xander e Brody – era stato messo al corrente, soprattutto perché non venissero a sapere delle ingenti spese ospedaliere sostenute evitando, così, che insistessero per coprirle loro stessi. I genitori avevano provveduto vendendo dei lotti di terreno inutilizzato. La coppia non comprendeva il motivo per cui i figli fossero rimasti tanto turbati da questa notizia e i ragazzi non potevano certo rivelare la verità. Così Wade si trovava lì per assicurarsi che il loro segreto non venisse scoperto.

    Era convinto che, con un po’ di fortuna, sarebbe riuscito a ricomprare il terreno dal nuovo proprietario e a rientrare prima che Molly si domandasse che cosa stesse combinando.

    Wade trovò la casa deserta, come supponeva. Lasciò un biglietto sul vecchio e logoro tavolo da cucina, indossò degli abiti più pesanti, un paio di stivali e andò a prendere un vecchio fuoristrada, più adatto al terreno accidentato e meno appariscente del SUV.

    Heath e Brody avevano già fatto visita alla fattoria, dopo che Julianne aveva diffuso la notizia, e avevano scoperto che il nuovo proprietario della piccola porzione di terreno viveva là, in una specie di camper. Il che per Wade era un fatto positivo che avrebbe facilitato le trattative: era evidente che quella persona aveva più bisogno di denaro che della terra.

    Percorse il sentiero sconnesso che attraversava la tenuta che, dopo la vendita di ottantacinque acri, ne constava adesso di duecento, quasi tutti ricoperti da abeti odorosi. L’area a nordovest era rocciosa, poco adatta all’interramento di alberi e questo spiegava perché Ken avesse optato per venderla, benché lui avrebbe preferito che il padre non l’avesse fatto.

    Erano da poco passate le quattordici e trenta, il cielo era limpido e il sole scintillava talmente sulla neve, da rendere quasi inutili gli occhiali dalle lenti scure. Estrasse la mappa che Brody aveva scaricato da internet e osservò la ripartizione degli ottantacinque acri: due aree più vaste e una più piccola. Quest’ultima, di dieci acri, venne segnalata dal GPS del suo cellulare come prossima, dopo la collina... quella era la sua meta. Ripiegò la cartina e si guardò attorno, alla ricerca di qualche punto di riferimento familiare come una roccia che rammentasse la forma di una tartaruga e un acero ricurvo. Esplorò il panorama, ma tutti gli alberi gli parvero piegati, mentre ogni masso era sepolto dalla neve, rendendo impossibile riconoscere quella parte della tenuta.

    Dannazione. Avrebbe giurato che sarebbe stato in grado di identificare il posto, una volta che ci si fosse trovato. Quella notte di quindici anni prima sarebbe rimasta impressa nella sua memoria per sempre. Eppure, non distingueva quell’area dal resto dell’ampio territorio; e poi era troppo distante. Non aveva abbastanza tempo per perlustrare la zona.

    Un acero più ricurvo degli altri attrasse la sua attenzione. Forse era quello giusto. Proseguì sulla coltre bianca, inerpicandosi su per la collina, per poi scendere verso una radura in cui era parcheggiato un vecchio camper d’alluminio, rimesso a nuovo.

    Si fermò e spense il motore. All’interno del veicolo non c’era segno di vita. V.A. Sullivan, che – secondo le indagini di Brody – era il nuovo proprietario, non c’era. Cornwall era una cittadina piuttosto piccola e non rammentava nessuno con quel cognome. Quindi, doveva trattarsi di un forestiero. Eccellente notizia che gli avrebbe evitato di perdere tempo a conversare del passato. Il suo turbolento passato.

    Il manto nevoso scricchiolò sotto i suoi stivali fino a che non raggiunse la porta del camper sul quale si apriva una finestrella. Sbirciò dentro, ma non vide nulla. Bussò ma non rispose nessuno.

    Fantastico. Aveva percorso tutta quella strada per niente. Scosse la testa e si girò per andarsene quando udì il clic della sicura di un’arma. Si voltò di scatto e si ritrovò nel mirino di un fucile imbracciato da una donna.

    Era a qualche metro di distanza, infagottata in pesanti abiti invernali e con il viso seminascosto da un paio di occhiali da sole e un berretto di lana da cui sbucavano alcune ciocche di fiammeggianti capelli rossi mossi dal vento gelido. Wade aggrottò la fronte. Molto tempo addietro, aveva conosciuto una donna con quel colore di capelli che rammentavano ardenti lingue di fuoco. Proprio come quello che la sconosciuta era pronta a fare su di lui in quell’istante.

    Alzò le mani di riflesso. Essere impallinato da una pazza che credeva di militare nella guardia forestale non era sulla sua agenda del giorno.

    «Salve» azzardò, tentando di suonare cordiale.

    La donna esitò e abbassò appena l’arma. «Posso esserle d’aiuto?»

    «Lei è la signora Sullivan?»

    «Signorina Sullivan» lo corresse. «Perché lo vuole sapere?»

    Femmina. Single. Sempre meglio. Wade era consapevole di esercitare un certo fascino sul gentil sesso e ne approfittò, offrendole uno dei suoi irresistibili sorrisi. «Mi chiamo Wade Mitchell. Desideravo parlarle a proposito di...»

    «L’arrogante e testardo agente immobiliare? Quel Wade Mitchell?» sbraitò compiendo qualche passo in avanti, minacciosa.

    Wade sbarrò gli occhi, infastidito di non poter distinguere i lineamenti della furia umana che aveva davanti e che, a quanto pareva, lo conosceva. «Sì, signora, benché non avrei usato tali aggettivi per descrivermi. Ero venuto per vedere se lei fosse interessata a...» Fu zittito dal fucile puntato di nuovo su di sé.

    «Accidenti» si lamentò la donna, «ero certa di averla riconosciuta, ma poi mi ero chiesta perché diavolo Wade Mitchell avrebbe dovuto spingersi fino a Cornwall per rovinarmi la vita un’altra volta.»

    Lui rimase esterrefatto. «Non era mia intenzione arrecarle alcun danno, signorina Sullivan.»

    «Se ne vada dalla mia terra.»

    «Mi perdoni, ma le ho forse fatto qualcosa?» Erano usciti insieme? Aveva fatto a botte con suo fratello?

    La vide avvicinarsi rapida e aggressiva, l’arma sempre spianata contro di lui. Si sfilò gli occhiali da sole per esaminarlo con maggior attenzione, mostrando un delizioso viso ovale e degli incantevoli occhi celesti. La carnagione chiara contrastava in maniera perfetta con la capigliatura rossa. I loro sguardi si incrociarono. Lo stava sfidando a rammentarsi di lei.

    Per sua fortuna, Wade possedeva un’eccellente memoria e, comunque, sarebbe stato arduo dimenticarla. Per quanto avesse tentato, lei s’insinuava di tanto in tanto nei suoi sogni, perseguitandolo con quel tagliente sguardo color zaffiro che lo accusava di un’ingiustizia che non comprendeva.

    V.A. Sullivan... Come aveva fatto a non pensarci? La nuova proprietaria del terreno era Victoria Sullivan, bio-architetto, fanatica ecologista che lui aveva licenziato dalla propria compagnia sette anni prima. Lo stomaco gli si strinse in una morsa dolorosa. Di tutte le persone che avrebbero potuto acquistare la proprietà, doveva proprio essere lei? Al momento della risoluzione del contratto, Wade era stato tormentato dal senso di colpa ma non aveva avuto scelta: lui rispettava una severa politica in fatto di violazione dell’etica. Victoria non aveva preso bene la notizia e, a giudicare dalla decisione con cui impugnava l’arma, era evidente che ne fosse ancora turbata.

    Molto turbata.

    «Victoria!» esclamò, sfoggiando un altro sorriso, tra l’amichevole e il seducente, nel tentativo di evidenziare la propria sorpresa. «Non avevo idea che vivesse qui adesso.»

    «Signorina Sullivan» lo corresse.

    Wade annuì. «Come vuole. Le dispiacerebbe abbassare il fucile? Io sono disarmato.»

    Dopo un attimo di esitazione, puntò l’arma a terra. Quindi raggiunse il camper e salì i gradini.

    «Che cosa vuole, signor Mitchell?»

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1