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Favola greca: Harmony Collezione
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E-book159 pagine2 ore

Favola greca: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Il milionario greco Andreas non ha mai avuto relazioni più lunghe di tre mesi finché la bella Hope Evans non è entrata nella sua vita e... nel suo letto. Ora Hope vuole qualcosa di più, ma Andreas non ha nessuna intenzione di assecondarla. Lei può fare solo una cosa: lasciarlo per sempre.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2020
ISBN9788830522244
Favola greca: Harmony Collezione
Autore

Lynne Graham

Lynne Graham vive in una bellissima villa nelle campagne dell'Irlanda del Nord.Lynne ama occuparsi della casa e del giardino, soprattutto nel periodo che lei considera il più magico dell'anno, il Natale.

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    Anteprima del libro

    Favola greca - Lynne Graham

    Copertina. «Favola greca» di Graham Lynne

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Greek Tycoon’s Convenient Mistress

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2004 Lynne Graham

    Traduzione di Lucia Maria Rebuscini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-224-4

    Frontespizio. «Favola greca» di Graham Lynne

    Prologo

    Andreas Nicolaidis strinse con forza il volante della Ferrari Maranello, che minacciava di sbandare sulla superficie ghiacciata e sdrucciolevole della strada di campagna.

    Il paesaggio rurale, in cui gli alberi si alternavano ai campi coltivati, era ricoperto da uno spesso manto di neve immacolata.

    La strada era deserta.

    In una giornata in cui le autorità avevano raccomandato di rimanere in casa, a causa delle pessime condizioni meteorologiche, Andreas aveva invece sfidato le intemperie mettendo alla prova le sue doti di guidatore. Nonostante possedesse una leggendaria collezione di auto lussuose, raramente gli si presentava l’occasione di usarne una. Non aveva la minima idea di dove si trovasse, ma questo non lo preoccupava affatto. Era certo, infatti, che da un momento all’altro avrebbe incrociato un’indicazione per l’autostrada, che gli avrebbe permesso di far ritorno a Londra e alla civiltà.

    Del resto, Andreas era un ottimista, e dalla vita si aspettava sempre qualcosa di positivo. Conduceva un’esistenza agiata e ben organizzata; anche la più piccola seccatura veniva rapidamente eliminata grazie a un’adeguata somma di denaro. Quello, per lui, non rappresentava di certo un problema.

    La ricchezza della famiglia Nicolaidis, nata grazie al commercio marittimo, aveva subito un tracollo quando Andreas era solo un adolescente. Ciò nonostante, i suoi parenti, assai tradizionalisti, non avevano accettato di buon grado il suo proposito di non seguire le orme paterne e di dedicarsi invece alla finanza. Ma negli anni successivi, i loro borbottii contrariati si erano presto trasformati in esclamazioni ammirate, quando Andreas aveva rapidamente raggiunto l’apice del successo. Ora, a soli trentaquattro anni, oltre a essere considerato una specie di dio dalla sua famiglia, Andreas era diventato straordinariamente ricco.

    Per quel che riguardava la sua vita privata, nessuna donna era mai riuscita a conservare il suo interesse per più di tre mesi, e molte non erano state in grado di raggiungere nemmeno quel livello. Grazie a una vivace intelligenza e a una spiccata razionalità, Andreas era in grado di controllare istinti ed emozioni. Suo padre, al contrario, era stato sul punto di sposarsi per la quarta volta. L’infelice abitudine del padre di innamorarsi delle donne meno adatte a lui, aveva portato il figlio all’esasperazione. Lui, in quel campo, non aveva certo la sua stessa propensione. Più di una volta i media lo avevano definito senza cuore a causa dell’atteggiamento freddo e brutale con cui trattava il gentil sesso. Orgoglioso della propria razionalità e del proprio autocontrollo, Andreas aveva stilato una lista, elencando i dieci requisiti essenziali che avrebbe dovuto possedere una donna per essere presa in considerazione come sua ipotetica futura moglie. Nessuna donna al mondo sembrava avvicinarsi al suo ideale.

    Hope ritirò le mani ghiacciate nelle maniche dell’impermeabile grigio e batté ripetutamente a terra i piedi, ormai intorpiditi dal freddo.

    Si era irrimediabilmente persa e non c’era in giro nessuno a cui poter chiedere indicazioni per raggiungere la strada principale. Lei però era un’ottimista di natura: l’esperienza le aveva insegnato che un atteggiamento pessimista non faceva che peggiorare le situazioni. In quel momento, ad esempio, nonostante si fosse persa, Hope era convinta che presto sarebbe apparsa un’auto, guidata da una persona gentile, che si sarebbe sicuramente fermata per darle un passaggio. Non aveva importanza il fatto che quella giornata fosse iniziata in modo disastroso. Un’altra persona al suo posto avrebbe pianto per la frustrazione e lo sconforto, ma Hope sapeva che non sarebbe servito a nulla disperarsi per ciò che non poteva essere cambiato, sebbene fosse difficile anche per lei dimenticare con quali aspettative fosse uscita di casa, quella mattina, per recarsi al colloquio di lavoro.

    Ora si dava dell’ingenua per aver dato tanta importanza a quell’incontro. Cercava lavoro da mesi ed era consapevole di quanto fosse difficile trovare un posto stabile. In un mondo che sembrava ossessionato dai risultati conseguiti agli esami, Hope sembrava non possedere i requisiti richiesti. Inoltre, non avendo alle spalle alcuna esperienza lavorativa, per lei diventava un problema persino produrre una qualsiasi referenza.

    Aveva ventotto anni, e per più di dieci di questi si era presa cura a tempo pieno della madre malata.

    Il matrimonio dei suoi genitori era naufragato proprio a causa di questa malattia, e suo padre se n’era andato. Per un paio d’anni avevano mantenuto i contatti, ma alla fine era svanito nel nulla. Suo fratello Jonathan, più vecchio di lei di una decina d’anni, era ingegnere. Essendosi da tempo trasferito all’estero per lavoro, era tornato a casa solo occasionalmente per far visita alla madre malata. Era sposato e viveva in Nuova Zelanda. Hope lo aveva rivisto pochi mesi prima, quando era tornato a Londra per il funerale della madre, e lei, purtroppo, aveva avuto l’impressione di trovarsi di fronte a un estraneo.

    Quando Jonathan aveva appreso di essere l’unico beneficiario del testamento, le aveva parlato apertamente dei suoi problemi finanziari. Le aveva detto che la somma ricavabile dalla vendita del piccolo cottage della madre avrebbe rappresentato per lui una vera e propria ancora di salvezza, un salvagente gettato a un uomo in procinto di annegare. Sapendo che Jonathan aveva tre figli piccoli da mantenere, Hope aveva compreso e accettato di buon grado le ultime volontà di sua madre. In quel momento non immaginava quanto le sarebbe stato difficile trovare un lavoro o un appartamento in affitto che non costasse un capitale.

    Il silenzio del paesaggio avvolto nella neve fu interrotto da un lontano rombo di motore. Hope esultò quando lo udì avvicinarsi sempre più. La sua bocca, dalle labbra generose, s’incurvò in un sorriso e gli occhi azzurri luccicarono di gioia, mentre si avvicinava al bordo della strada per attirare l’attenzione del conducente.

    Andreas vide la donna sulla strada solo dopo aver imboccato la curva e fece il possibile per evitarla. La potente auto sportiva sbandò pericolosamente sulla sottile lastra di ghiaccio, si girò più volte su se stessa e andò a sbattere infine contro un albero con un raccapricciante rumore di lamiere. Hope rimase come paralizzata a pochi metri dall’incidente. Pallida e spaventata, vide la portiera aprirsi e un uomo alto e con i capelli scuri abbandonare l’auto in tutta fretta.

    «Si allontani!» stava gridando, messo in allarme dall’odore pungente di carburante che proveniva dai rottami.

    Mentre Hope cercava di dare un senso a quelle parole l’auto prese fuoco. Solo allora lei trovò la forza di muoversi, ma non abbastanza in fretta da soddisfare l’uomo, il quale, infatti, l’afferrò per un braccio e la costrinse a gettarsi a terra insieme a lui. Alle loro spalle, intanto, un’assordante esplosione infranse quella pace irreale. Istintivamente, lo sconosciuto la coprì con il proprio corpo per proteggerla.

    Hope si rese conto con sgomento che probabilmente quell’uomo le aveva salvato la vita. Lo guardò e si ritrovò a fissare un viso abbronzato e due occhi di un caldo castano dorato.

    Solo in quel momento si accorse di avere gli abiti bagnati, a causa del contatto con la neve, ma non riusciva a muoversi e continuava a fissare ammaliata quegli occhi dal colore incredibile. Da bambina era solita andare allo zoo e fermarsi incuriosita davanti alla gabbia dei leoni. L’animale sfidava con il suo sguardo altero tutti coloro che osavano fissarlo e, pur nell’umiliazione di ritrovarsi in gabbia, riusciva a mantenere inalterata tutta la sua dignità. Gli occhi dorati del leone le ricordavano quelli del suo salvatore.

    «È ferita?» le chiese lui con una voce dal forte accento straniero.

    Lentamente lei scosse la testa. Il fatto che fosse lunga distesa in una pozza d’acqua gelata non sembrava rivestire molta importanza. L’uomo aveva lunghe ciglia scure e uno sguardo profondo e intenso. Il suo viso era magro, con gli zigomi pronunciati e i lineamenti decisi, ed era bello da togliere il respiro.

    Andreas, dal canto suo, si trovava a tu per tu con gli occhi più azzurri che avesse mai visto. Quel turchese acceso non poteva essere un colore naturale, e lo stesso pensò dei capelli biondissimi che incorniciavano quel viso a forma di cuore.

    «Che cosa faceva in mezzo alla strada?»

    «Le dispiace se mi alzo?» mormorò Hope in tono di scusa.

    Solo allora l’uomo si rese conto con imbarazzo che la stava ancora tenendo inchiodata sul ciglio della strada, sotto il peso del proprio corpo. Arrossendo lievemente per aver indugiato in quella posizione più del necessario, Andreas si rimise frettolosamente in piedi e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi. La pelle della ragazza era morbida e vellutata come seta.

    «Non ero in mezzo alla strada... Temevo solo che lei potesse passarmi davanti senza vedermi...» gli spiegò Hope, rabbrividendo per il freddo.

    L’uomo era molto alto: lei doveva sollevare completamente lo sguardo per poterlo guardare negli occhi.

    «Si trovava in mezzo alla strada, invece... in mezzo a una strada di campagna molto stretta» la corresse Andreas senza esitare. «Ho dovuto sterzare bruscamente per non investirla.»

    Lo sguardo di Hope si spostò sulla vettura che continuava a bruciare. Una volta estinte le fiamme, di quell’auto sarebbe rimasta solo una carcassa inutilizzabile. Doveva trattarsi di un’auto sportiva, probabilmente molto costosa, pensò, sentendosi terribilmente in colpa.

    «Mi dispiace davvero molto per la sua auto» sussurrò a disagio, sperando che lui non la ritenesse responsabile dell’accaduto.

    Hope era una persona pacifica e faceva sempre il possibile per evitare discussioni.

    Andreas osservò i miseri resti della sua bella Ferrari, che aveva avuto l’opportunità di guidare solo due volte. Poi si voltò di nuovo verso la ragazza e la scrutò da capo a piedi, valutandola rapidamente. Era di altezza media. Le donne che frequentava abitualmente, sempre ossessionate dalle diete dimagranti, probabilmente l’avrebbero definita sovrappeso. Ma Andreas non poteva ignorare quanto gli fossero apparse sexy e femminili le sue morbide curve, quando l’aveva tenuta bloccata sotto di sé, e non poté fare a meno di provare per lei un improvviso e inspiegabile desiderio.

    «Mi dispiace che non sia riuscito a evitare l’albero» aggiunse Hope, per dimostrargli tutto il suo rammarico per l’accaduto.

    «La mia priorità era di evitare lei. Avrei potuto ammazzarmi» le fece notare in tono gelido, pensando che avesse voluto mettere in dubbio le sue doti di guidatore.

    In realtà era turbato e infastidito da quell’improvviso picco di desiderio. L’incidente doveva averlo sconvolto più di quanto fosse disposto ad ammettere, e l’emozione doveva aver giocato qualche strano scherzo alla sua libido, non c’era altra spiegazione, soprattutto perché quella donna non era particolarmente attraente.

    «Per fortuna siamo entrambi incolumi.» Hope insistette nel suo tentativo di evidenziare il lato positivo dell’accaduto. «Dobbiamo essere grati al fatto che...»

    «Grati?» sibilò Andreas indispettito. «Non capisco proprio di che cosa dovremmo essere grati» aggiunse con una risata sarcastica, mentre larghi fiocchi di neve si posavano sui suoi capelli corvini. «Mi trovo nel mezzo di una bufera di neve e ho freddo. Si sta facendo buio. La mia auto preferita è andata distrutta insieme al mio telefono cellulare...»

    «Ma siamo vivi, nessuno è rimasto ferito» gli fece notare Hope, battendo i

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