Aristocratica tentazione: Harmony Collezione
Di Lynne Graham
5/5
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Info su questo ebook
Leandro Carrera Marquez, duca di Sandoval, è il classico aristocratico arrogante, ma è anche incredibilmente affascinante. Così la dolce Molly Chapman è del tutto indifesa di fronte alle sue armi, e la notte di passione che trascorrono insieme è per lei come un sogno. Dal quale si risveglia però bruscamente nel momento in cui lui le offre di diventare la sua amante: per quanto sexy sia Leandro, lei non è quel tipo di donna. Ben presto, però, Molly dovrà venire a patti con il proprio orgoglio.
Lynne Graham
Lynne Graham vive in una bellissima villa nelle campagne dell'Irlanda del Nord.Lynne ama occuparsi della casa e del giardino, soprattutto nel periodo che lei considera il più magico dell'anno, il Natale.
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Anteprima del libro
Aristocratica tentazione - Lynne Graham
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Spanish Billionaire’s Pregnant Wife
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2009 Lynne Graham
Traduzione di Anna Vassalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-240-1
1
Leandro Carrera Marquez, duca di Sandoval, si svegliò quando il valletto, dopo aver scostato le tende della camera da letto, gli rivolse un ossequioso Buona giornata. L’espressione cupa, Leandro dubitava che quella giornata sarebbe stata diversa da qualsiasi altra degli ultimi mesi. Asciugamani puliti erano posati accanto alla doccia. Un completo di sartoria, una camicia con monogramma e la cravatta coordinata erano pronti da indossare.
Qualche tempo dopo, elegante come sempre, l’aspetto immacolato, Leandro scese la maestosa scalinata del castello di famiglia con la fredda sicurezza e dignità degli antenati. Era annoiato, e questa sensazione lo infastidiva, conscio di essere stato baciato dalla fortuna per quanto riguardava la salute, la ricchezza e il successo. Sulle pareti erano esposti i ritratti degli antenati – il fior fiore dell’aristocrazia spagnola – a partire dal primo duca, un soldato famoso, contemporaneo di Cristoforo Colombo, fino al padre di Leandro, un brillante banchiere morto quando il figlio aveva solo cinque anni.
«Vostra Eccellenza...» Ossequiato da Basilio, il maggiordomo, e da due cameriere con lo stesso cerimoniale in uso nel quindicesimo secolo, Leandro fu introdotto in sala da pranzo dove lo aspettavano i quotidiani d’informazione e il più diffuso di quelli finanziari.
Non aveva mai bisogno di chiedere. Qualsiasi necessità o desiderio era anticipato dal personale devoto, e mentre faceva colazione regnava un silenzio perfetto, perché era ben nota questa sua preferenza.
Gli venne portato un apparecchio telefonico. Sua madre, Doña Maria, la duchessa madre, chiedeva che pranzasse con lei nella residenza di città a Siviglia. Leandro avrebbe dovuto modificare i programmi della giornata ma, pur con riluttanza, accettò, consapevole del poco tempo che dedicava alla famiglia.
Bevendo il caffè lasciò scorrere lo sguardo sul ritratto della moglie, Aloise, morta un anno prima. Si chiese se qualcuno della famiglia ricordasse che tra due giorni sarebbe stato il primo anniversario della dipartita di Aloise, che aveva lasciato un vuoto nella sua vita perfettamente organizzata. Sarebbe mai riuscito a soffocare il rimorso per la parte avuta nella sua scomparsa? Stabilì che sarebbe stato conveniente trascorrere l’anniversario lontano da casa, lavorando a Londra. Il sentimentalismo non era una delle sue doti.
Trascorse una mattinata produttiva alla Carrera Bank, un istituto bancario che gestiva da generazioni le fortune dei medesimi clienti e in cui i suoi suggerimenti – era uno dei banchieri più di successo del mondo finanziario – erano molto richiesti. Acuto, intelligente, Leandro era considerato un genio mondiale nelle analisi del mercato finanziario.
A pranzo si sorprese di trovare anche zia Isabella, sorella della madre, ed Estefania e Julieta, le sue sorelle.
«Ritengo che sia giunto il momento di parlarti seriamente» esordì Doña Maria con un’occhiata densa di significato.
Leandro arcuò un sopracciglio.
«A che proposito?»
«Sei vedovo da un anno, ormai.» Era stata Estefania a rispondere.
«C’è qualche ragione per questa considerazione?»
«Hai osservato il lutto il tempo sufficiente per soddisfare la convenzione. È il momento di pensare a risposarti» dichiarò sua madre.
L’espressione controllata, Leandro la fulminò con lo sguardo. «Non sono d’accordo.»
Julieta, la sorella più giovane, intervenne. «Nessuno potrà sostituire Aloise, Leandro. Non ci aspettiamo questo...»
«Ma devi anteporre la continuità della famiglia» sostenne Doña Maria con tono grave. «Al momento non c’è un erede per il titolo e per le proprietà. Hai ormai trentatré anni e l’anno scorso, quando è morta Aloise, ci siamo resi conto di quanto la vita sia aleatoria. Se ti succede qualcosa di simile? Devi risposarti e procreare un erede, figlio mio.»
Leandro ridusse le labbra a una fessura, atteggiamento che avrebbe scoraggiato chiunque a proseguire nell’argomento. Non aveva bisogno di questi avvertimenti quando aveva trascorso la vita intera nella consapevolezza delle proprie responsabilità.
Era stato allevato nella tradizione degli antenati a considerare il dovere e l’onore della famiglia al primo posto. Tuttavia un eccezionale guizzo di ribellione gli serpeggiava in corpo in quel momento.
«Ne sono consapevole, ma non sono pronto a risposarmi» ritorse aspro.
«Pensavo che fosse utile se stilassimo un elenco delle mogli potenziali adatte a te, per darti una mano» sorrise Doña Maria.
«Non credo proprio che sarebbe utile. Anzi mi sembra un’idea ridicola» replicò freddo Leandro. «Quando, e se mi risposerò, mi sceglierò da solo la moglie.»
Zia Isabella, tuttavia, non fu ridotta al silenzio. Caldeggiò una candidata, appartenente a una ricca famiglia, di classe elevata quanto la loro. Leandro le rivolse un’occhiata sdegnosa. Sua madre non si lasciò intimidire e propose velocemente una giovane vedova con un figlio, prova schiacciante della sua fertilità. Un’espressione di disgusto alterò i tratti perfetti del volto di Leandro. Sapeva esattamente perché fosse stato puntualizzato questo aspetto. Sfortunatamente l’argomento della fertilità gli faceva venire in mente l’allevamento del bestiame. La sorella maggiore, Estefania, volutamente ignara delle occhiate sdegnose dei familiari, propose la candidatura della figlia – poco più che adolescente – di amici. Leandro per poco non sbottò in una risata.
«Daremo un party e inviteremo alcune giovani a nostro parere adatte...» annunciò Doña Maria, proseguendo sull’argomento con l’insensibilità di chi vuole avere l’ultima parola, «ma non la ragazzina, Estefania. Non credo che una giovane di quell’età possa essere adatta. La moglie di un Marquez deve essere matura, educata, conoscere l’etichetta e provenire da un’ottima famiglia.»
«Non parteciperò a un party del genere» dichiarò Leandro senza esitazione. «Per il momento non ho nessuna intenzione di risposarmi» concluse.
Julieta gli rivolse un’occhiata di supplica. «Ma se vieni potresti innamorarti...»
«Leandro è il duca di Sandoval» la riprese Doña Maria con tono gelido. «Grazie a Dio, ne ha piena coscienza e non indulge in sciocchezze del genere.»
«Non ci sarà nessun party» decretò Leandro implacabile. Non riusciva a credere che la sua stessa famiglia potesse essere così indiscreta e interferire fino a quel punto. Ma subito ricordò che tra loro non c’erano legami di affetto. La riservatezza e la formalità su cui sua madre aveva sempre insistito, aveva fatto sì che i loro rapporti si mantenessero entro i limiti della buona educazione.
«Pensiamo solo a ciò che è meglio per te» mormorò con dolcezza Doña Maria.
Leandro studiò la donna che l’aveva spedito in collegio a sei anni, indifferente alle lettere bagnate di lacrime che le aveva scritto supplicandola di farlo tornare a casa. «So cos’è meglio per me, Mama. In una questione tanto personale, un uomo deve agire come meglio crede.»
«Buon compleanno, Molly! Che cosa ne pensi?» chiese Jez Andrews scostandosi con ostentazione dalla macchina.
A occhi sbarrati, Molly Chapman osservò la sua vecchia macchina. Jez l’aveva dipinta di un colore rosa acceso che lei adorò a prima vista. Girò intorno alla vettura, incredula: i vari graffi, le ammaccature e la ruggine erano scomparsi. «È incredibile! Hai operato un miracolo, Jez.»
«A questo servono gli amici. Adesso passerà la revisione senza problemi. Ho sostituito diversi pezzi. Sapevo che darti una mano per far funzionare la macchina sarebbe stato il miglior regalo che potessi farti» sorrise l’amico e padrone di casa.
Molly gli buttò le braccia al collo in un abbraccio esuberante. Biondo, tarchiato, di media altezza, Jez era comunque più alto di Molly, minuta e di costituzione esile, con una massa di capelli ricci, scuri e incredibili occhi verdi. I movimenti scattanti ma aggraziati rivelavano l’energia di una personalità vivace. «Non so come ringraziarti.»
Jez alzò le spalle e arretrò, imbarazzato dalla sua gratitudine.
«Non è niente» mormorò timido.
Ma Molly conosceva il valore di quella generosità, e le toccava il cuore che lui avesse sacrificato il suo tempo libero per sistemarle la macchina.
Era il suo più caro amico e sapeva che le serviva la vettura per visitare i negozi di artigianato e i mercatini in cui vendeva le sue ceramiche nei fine settimana. Lei e Jez erano cresciuti nello stesso orfanotrofio e il loro legame si perdeva nel tempo.
«Non dimenticare che questa notte sono da Ida» le ricordò Jez. «Ci vediamo domani.»
«Come va Ida?»
Al pensiero dell’anziana donna malata, Jez sospirò. «Come al solito. Voglio dire, non c’è da aspettarsi che migliori.»
«Qualche novità sul ricovero in un pensionato?»
«Non ancora, ma è la prima della lista.»
Era tipico di Jez prendersi cura della donna che, per un certo periodo, l’aveva avuto in affidamento da adolescente, rifletté Molly rientrando in casa. Ma adesso doveva recarsi al lavoro.
Jez aveva ereditato una villetta a schiera con giardino da uno zio scapolo. Questo colpo di fortuna gli aveva permesso di aprire un’autofficina che gli consentiva una vita decente. Aveva subito offerto a Molly una camera e la disponibilità del capanno in fondo al giardino per sistemarvi il forno per le sue ceramiche.
Il successo, tuttavia, si faceva desiderare. Molly aveva concluso la scuola d’arte con tante speranze per il futuro ma, benché dedicasse alla ceramica ogni momento libero dal lavoro nella ditta di catering, faticava a pagare le varie bollette.
Sperava di vendere le proprie ceramiche in modo da farne una attività a tempo pieno, ma per il momento restava un sogno. Come Jez, Molly aveva un passato con fortune alterne, costellato di cambiamenti e di rapporti affettivi spezzati che l’aveva resa insicura.
Sua madre era morta quando lei aveva nove anni e la nonna l’aveva affidata ai servizi sociali per l’adozione, scegliendo di tenere con sé Ophelia, la sorella maggiore di Molly.
Lei non si era mai data pace al pensiero che il sangue del suo stesso sangue l’avesse rifiutata per il semplice motivo che, a differenza di sua sorella, era illegittima e, cosa ancora peggiore, imbarazzante ed evidente prova della relazione di sua madre con uomo sposato.
La sofferenza per quel rifiuto l’aveva resa diffidente, e non aveva mai cercato di mettersi in contatto con la nonna e la sorella. Persino adesso, a ventidue anni, tendeva a seppellire i ricordi degli anni dell’infanzia, pur rimproverandosi per il senso di perdita che quelle memorie le suscitavano.
Era una sopravvissuta che, pur vantandosi di avere la scorza dura, aveva in realtà un cuore tenero.
Quella sera la ditta di catering era ingaggiata per un ricevimento di matrimonio in un’elegante residenza a St John Wood. Si trattava di una bella opportunità per la ditta e il capo, Brian, si era particolarmente