Un erede per il milionario: Harmony Collezione
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Il matrimonio, Abigail! Che ti piaccia o meno.
Quella scoperta non lascia al milionario altra scelta. Deciso a riconoscere il proprio erede, Leandro ha intenzione di sedurre Abigail in tutti i modi che conosce, per poi metterle l'anello al dito.
Cathy Williams
Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.
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Anteprima del libro
Un erede per il milionario - Cathy Williams
successivo.
1
Attraverso le finestre dello studio, nascosto nell'ala ovest della sua lussuosa residenza di campagna, Leandro Sanchez ebbe una panoramica di quella che sarebbe potuta essere definita come l'inevitabile fine della relazione che ormai portava avanti da sei mesi con Rosalind Duval.
Era giusto, pensò, che quella donna viziata ed esigente uscisse di scena in un modo degno del suo dramma esagerato.
Erano appena passate le sei di sera, e l'ultimo dei furgoni che solo quella mattina avevano consegnato il cibo e le decorazioni, inclusa una ridicola scultura di ghiaccio da esporsi nell'atrio, stava lasciando la villa insieme a diverse decine di altri lavoranti.
Le lanterne in stile cinese, allineate lungo il vialetto che portava alla tenuta, scintillavano nella neve che cadeva lieve e illuminavano le ombre scure dei veicoli che lenti si dileguavano oltre il cancello.
La sensuale bocca di Leandro si strinse in una linea di disgusto mentre, con gli occhi della mente, rivedeva gli eventi delle ultime tre ore.
Appena rientrato dal viaggio d'affari a New York aveva ricevuto una raffica di messaggi da parte di Rosalind, che gli intimava di tornare subito nella casa di campagna dove avrebbe trovato una sorpresa ad aspettarlo.
Ma Leandro detestava le sorprese. Ed era particolarmente spento perché, durante il tempo trascorso a New York, aveva già deciso che la relazione con Rosalind Duval fosse giunta al capolinea.
Sulla carta lei rispondeva a tutti i requisiti. Era splendida, beneducata e indipendente dal lato economico. I genitori, seppur non finanziariamente al suo stesso livello, costituivano il caposaldo di quella stirpe in estinzione che era l'aristocrazia britannica. Come bonus, inoltre, lei era amica di sua sorella Cecilia, che aveva organizzato il loro primo incontro.
Al tempo Leandro non era in cerca di una fidanzata ma sembrava piuttosto inquieto, e Rosalind era entrata a colmare quell'insolito vuoto con la promessa di qualcosa di diverso che poi invece non era arrivato.
Il background da cui proveniva l'aveva indotta a credere che qualsiasi richiesta avesse avanzato sarebbe stata accolta con totale sottomissione. Con il privilegio di essere figlia unica, poi, era abituata a ottenere sempre ciò che voleva e nonostante avesse quasi trent'anni, non si vergognava di battere i piedi per terra se le cose non andavano come previsto. Era sempre stata al centro dell'attenzione e non aveva visto motivo per cui Leandro non dovesse adeguarsi e continuare la tradizione.
Aveva preteso la sua costante disponibilità, e avendo pieno possesso della sua carta di credito, deciso che non ci fosse nulla di male nell'acquistare qualsiasi cosa potesse soddisfare un suo capriccio, dai gioielli ai vestiti a un'auto sportiva costosa, per poi finire con un anello di fidanzamento che, con orrore, Leandro aveva scoperto fosse proprio la sorpresa che lo attendeva al ritorno da New York.
«Consegna speciale!» aveva sorriso lei mentre orde di persone andavano e venivano, caricando, scaricando e mettendo tutto in ordine per la festa di fidanzamento a sorpresa. «Dovrebbe arrivare giusto in tempo per il brindisi. È tempo di rendere la cosa ufficiale, Leandro. Mamma e papà smaniano dalla voglia di avere un nipotino e io non vedo perché rimandare. Abbiamo entrambi trent'anni, ed è giunto il momento di fare il passo successivo. So che sei un tradizionalista, per cui ho pensato di fare ogni cosa per bene.»
Leandro osservò l'ultimo furgone svanire alla vista; poi, flettendo i muscoli agili, uscì dallo studio.
Nell'atrio, la ridicola scultura di ghiaccio di una coppia abbracciata era ancora perfettamente intatta e non sarebbe stata rimossa fino al giorno successivo. Avrebbe dovuto assoldare una squadra di addetti alle pulizie per riportare la sua dimora alle condizioni precedenti.
In quel momento, però, non desiderava altro che qualcosa di forte da bere. Quel maledetto anello di fidanzamento stava arrivando. Presto ci sarebbe stata un'altra veloce partenza, nonostante fosse in dubbio se tenere l'anello oppure no. Gli era costato una fortuna. Un diamante praticamente perfetto, stando alla ricevuta che gli era stata inviata da Rosalind.
Forse avrebbe potuto lasciarglielo. Dopotutto era stata lei a scovare quella gemma dal valore inestimabile nonostante fosse stata pagata con la sua carta di credito.
Trovò Julie, la domestica, in cucina, intenta a sistemare la stanza e la congedò prima di versarsi qualcosa da bere.
«Un'ultima consegna» affermò distrattamente facendo ruotare il liquido color ambra nel bicchiere, quindi spostò lo sguardo sulla donna di mezza età che badava alla tenuta da ormai cinque anni. «Ma devo occuparmene di persona. Sarò nel mio ufficio. Quando arriva il corriere fammelo sapere, Julie. Non dovrebbe trattenersi più di dieci minuti, poi potrai andare. Domani mattina troverai qualcuno che ti aiuterà a riordinare la casa.»
Lo infastidiva scoprirsi incapace di tenere a freno la propria mente confusa, perché era un uomo che non perdeva tempo a rivangare inutilmente il passato. Tuttavia Leandro tornò verso il suo ufficio, chiudendo le tende alla vista di una neve che cadeva sempre più fitta e non poté evitare di soffermarsi a pensare.
A pensare a Rosalind e agli eventi che l'avevano portata nella sua vita fino a costringerlo a tenerla con sé, nonostante avesse visto comparire fin dall'inizio le prime crepe della relazione.
Era stata sua sorella Cecilia a farli incontrare, ed era stato per non contrariare Cecilia se Leandro aveva aspettato tanto prima di decidersi a mettere fine a quella storia.
Sospirò, immaginando già la reazione della sorella quando avesse ricevuto l'inevitabile telefonata di Rosalind.
Deglutì l'ultimo sorso di whisky e si sedette, allontanando la poltrona dalla massiccia scrivania di mogano. E ripensò agli eventi di diciotto mesi prima, a un'altra donna che aveva attraversato la sua vita per una manciata di settimane e poi scatenato il caos.
Una cacciatrice di dote... una bugiarda... una ladra.
Si era salvato per un pelo, allontanandosi da lei senza mai voltarsi indietro, e lo mandava su tutte le furie sapere che, per quanto si fosse spinto lontano, lei restava ancora una spina nel fianco. Non era riuscito a liberarsene perché, pur non avendola più rivista, quella donna era responsabile dell'inquietudine che così spesso lo induceva a mettere in discussione le proprie scelte di vita. Pian piano aveva visto le proprie difese abbassarsi, specialmente quando si trattava di contemplare qualcosa di più permanente con una donna.
Serrò la mascella e si concentrò sul lavoro, cancellando il ricordo di quella strega dai capelli ramati e gli occhi verdi che gli aveva fatto perdere di vista l'obiettivo. Non c'era motivo di rivangare il passato. Ormai aveva voltato pagina. Una volta rispedito a Londra il corriere il capitolo con Rosalind sarebbe giunto al termine e la sua vita, come sempre, sarebbe continuata.
A tal proposito fece ciò che gli riusciva meglio, seppellì se stesso nel lavoro, e nel giro di dieci minuti tutti i pensieri riguardanti il passato fecero la fine che meritavano: chiusi a chiave in fondo al cuore e incapaci di sopraffarlo, almeno per il momento.
Abigail Christie era in ritardo. L'autista, un impiegato fidato di Vanessa, la sua datrice di lavoro, la donna che l'aveva in qualche modo salvata e che possedeva l'esclusiva gioielleria in cui Lady Rosalind Duval aveva acquistato il diamante, aveva ricevuto istruzioni da quest'ultima di arrivare a Greyling Manor entro le cinque, o ne avrebbe risposto con la vita. Sfortunatamente quelle istruzioni non avevano previsto il doppio attacco del tempo avverso e del relativo traffico.
Erano partiti da Londra in orario ma si erano presto imbattuti in una serie di problemi già da quando avevano raggiunto Oxford, e da quel momento in poi era stata una frustrante corsa contro il tempo.
Abigail non era riuscita a contattare Lady Rosalind per avvisarla del ritardo perché quest'ultima non aveva risposto.
L'unico risvolto positivo era il fatto che, nonostante fossero in ritardo di almeno un paio d'ore rispetto alla tabella di marcia, i due si fossero finalmente lasciati il traffico alle spalle e sebbene le strade che conducevano a Greyling Manor fossero buie e pericolose, a causa delle avverse condizioni del tempo, la destinazione era veramente a un passo di distanza.
Avrebbe consegnato l'anello a Lady Rosalind per poi rientrare senza ulteriori indugi.
Non si sarebbe trattenuta. Nessuna cortese conversazione con il padrone di casa. Non quando era così in ritardo. Il che era un bene, perché concedeva ad Abigail il grande privilegio di non ritrovarsi nelle acque di quel rarefatto mondo di ricchezza e arroganza che in qualche modo le dava la nausea.
Aveva constatato lei stessa quanto le persone che lo frequentavano potessero essere crudeli, intravisto come viveva l'altra metà del mondo e sperato di non doverla vedere mai più.
Avrebbe tanto voluto non dover essere lei a consegnare quell'anello, e non solo perché non ne aveva gestito personalmente la vendita, ma per Vanessa quello era davvero un brutto momento e Rosalind, la tipica giovane donna abituata a schioccare le dita e a vedere tutti i propri desideri soddisfatti, si era rifiutata di scendere a compromessi.
Tuttavia c'erano altre ragioni per cui Abigail avrebbe voluto dire a Hal, l'autista, di tenere acceso il motore mentre lei correva in casa e sbrigava l'affare alla svelta.
Per la quarta volta in un'ora aveva controllato il telefono per verificare che Claire non l'avesse cercata, ma nelle campagne di Cotswolds sembrava non esserci alcuna copertura di rete.
Con un sospiro carico di frustrazione, Abigail si appoggiò al sedile e osservò il cupo scenario che le passava davanti. C'era qualcosa d'inquietante nel velo di neve che copriva il paesaggio. Era abituata all'inquinamento e ai rumori costanti della città. Lì fuori, invece, si sentiva come su un altro pianeta, e la cosa non le piaceva affatto. Perché la induceva a pensare a Sam, il figlio di nove mesi che l'aspettava a Londra, e che di certo si sarebbe addormentato prima che lei rientrasse a casa.
E poi, sulla scia di questo, Abigail iniziò a pensare al tempo, a domandarsi se fosse la sua immaginazione o se la neve si stesse davvero facendo più fitta. Sarebbe stato difficile dirlo con quel buio. E se le strade si fossero rese impraticabili? In quel momento la neve cadeva leggera, ma cosa sarebbe successo se non fosse riuscita a tornare a Londra? Avrebbe dovuto pernottare da qualche parte, e questo avrebbe implicato una notte lontano da Sam. Non riusciva a immaginare di svegliarsi la mattina successiva senza i pianti del suo piccolo che reclamava il biberon.
Tornò alla realtà solo quando il veicolo rallentò, oltrepassando un imponente cancello in ferro battuto per poi dirigersi lungo il viale illuminato da una serie di lanterne. Era incredibilmente romantico, ma quando arrivarono alla tenuta Abigail non poté soffocare un'avvisaglia di disagio.
Il luogo appariva deserto, a parte un paio di automobili nel cortile circolare. La maggior parte della