La nostra fattoria: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
La rabbia di Sam Bradley per essere rimasto bloccato con la macchina dura pochi minuti, il tempo di rendersi conto che si è fermato proprio davanti alla fattoria della sua più cara amica d’infanzia, Jemima. Lei gli offre ospitalità, ma le sorprese non sono finite.
La mattina dopo...
Caroline Anderson
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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La nostra fattoria - Caroline Anderson
successivo.
1
«Lo sapevo! Dove vado, adesso?»
Sam aprì il finestrino e una folata di vento e neve degna del Polo Nord lo investì in pieno viso. Cercò di ripararsi gli occhi con una mano, ignorando il freddo intenso, nel tentativo di vedere l'indicazione, ma fu inutile. Il cartello era coperto dalla neve. Eppure lui era certo di conoscere bene quella strada.
Pigiò un tasto e il vetro tornò senza rumore al suo posto, lasciando fuori il vento. Si scosse la neve dal maglione e sospirò. Sarebbe potuto uscire dall'auto per cercare di orientarsi, ma non era una prospettiva allettante, in mezzo a quella tempesta.
Guardò sconsolato il finestrino, già completamente imbiancato. «Dovrebbe nevicare a Natale, non in febbraio!» mormorò. «Magnifico! Veramente magnifico!»
Sam si mise comodo ad ascoltare un CD di musica classica, nell'attesa che la tempesta si calmasse. Ci volle mezz'ora buona, e ormai si era fatto quasi buio. Il vento fischiava ancora e portava con sé la neve.
«Tanto vale provare» disse fra sé e sé. Fece avanzare lentamente l'auto. Era la prima volta che usava la trazione integrale elettronica, che controllava la velocità delle ruote in modo da farle muovere, ma non abbastanza da farle slittare. Con sollievo, l'auto si mosse sulla neve fresca.
Sorrise. Aveva comprato quell'auto perché era stanco di rimanere impantanato nei cantieri, tuttavia là c'erano sempre dei robusti operai disposti a dargli una spinta, se ce ne fosse stata la necessità.
In quel posto sperduto, invece, l'unica risorsa di Sam era l'automobile, sempre che questa continuasse a funzionare. Per la prima volta dubitava seriamente di arrivare integro dai nonni entro quella sera.
Si muoveva molto lentamente perché il bordo della carreggiata, data la neve, era invisibile e si confondeva con il campo alla sua destra. Quando finalmente vide il muretto che delimitava la strada, si azzardò ad accelerare.
«Finalmente!» esclamò. Oltrepassò una fattoria sulla sinistra. Per quanto il suo aspetto fosse cadente, la costruzione gli parve invitante. Dall'interno, le luci accese sembravano dare il benvenuto ai rarissimi passanti in quella landa desolata.
Oltre la fattoria, c'era il buio assoluto. Sam fu percorso da un brivido, provando all'improvviso il peso della solitudine.
Era una sensazione strana, perché in realtà lui era stanco di vedere gente, di avere a che fare con adulatori e idioti. Un breve periodo di lontananza da Londra gli avrebbe permesso di riacquistare la serenità che era impossibile trovare nella grande metropoli.
Guardò ancora una volta la fattoria che spariva nello specchietto retrovisore, poi affrontò una curva. Non fu una manovra fortunata. Urtò a quaranta chilometri all'ora un mucchio di neve fresca e si fermò di colpo, con il naso a pochi centimetri dal volante e la cintura di sicurezza stretta intorno al torace.
«Be', almeno l'airbag non si è aperto» commentò, di malumore.
Per fortuna aveva la trazione integrale. Innestò la retromarcia, e con grande disappunto sentì il rumore acuto delle ruote che giravano a vuoto.
«Accidenti!» imprecò, colpendo il volante con la mano aperta. La neve arrivava al cofano, e già cominciava a ricoprirlo. Era impossibile aprire la portiera, bloccata contro il mucchio ghiacciato.
Tentò di nuovo la retromarcia inutilmente. Dopo diversi tentativi falliti Sam dovette arrendersi. Trazione integrale o no, era bloccato nella neve.
Magari il fattore avrebbe potuto dargli una spinta con il trattore o, alla peggio, avrebbe potuto ospitarlo per la notte. Era davvero incredibile. Mancavano pochi chilometri alla casa dei nonni, e Sam non poteva raggiungerla.
«Oh, al diavolo!» sbottò, spegnendo il motore e scivolando sul sedile del passeggero. Non era un movimento facile, per lui che era piuttosto alto, ma alla fine scese dall'altro lato della vettura, soltanto per ritrovarsi nella neve fino alle caviglie. Si sarebbe congelato, prima di arrivare a piedi fino alla fattoria, ma ormai era troppo tardi per i ripensamenti. Prese il cappotto dal sedile posteriore e se lo infilò.
Il vento era gelido.
Sollevò più che poté il bavero e si avviò verso la fattoria. Se prima gli era parsa accogliente, ora rappresentava la salvezza. Ma proprio quando arrivò nell'aia, tutte le luci si spensero all'improvviso.
Jemima era stremata. Faceva un gran freddo, le mani screpolate cominciavano a sanguinarle, e come se non bastasse, Daisy III aveva di nuovo la mastite.
Qualcuno amante del rischio passò a velocità troppo elevata sulla strada coperta di neve. Lei sentì il rumore dell'auto e si disse che presto l'incauto guidatore si sarebbe fermato sul mucchio di neve dopo la curva. Pochi secondi più tardi, infatti, Jemima udì il tonfo dell'auto che finiva in mezzo alla neve.
Sospirò. Adesso sarebbero venuti a chiederle aiuto, e lei glielo avrebbe offerto volentieri, se il trattore non fosse stato rotto. Ascoltò distrattamente il rumore del motorino di avviamento che girava a vuoto, mentre guardava la mammella infiammata.
«Povera ragazza!» mormorò, massaggiando con la crema la parte arrossata. Era costretta a mungerla a mano, in modo da alleviare la sofferenza al povero animale. Era un compito difficile per entrambe, perché Daisy non apprezzava quelle attenzioni, e scalciava in continuazione.
«Sei piuttosto ingrata, eh, Daisy? Buona, sta' buona, tesoro. Ecco, brava. Così.»
Le diede una pacca sulla groppa e la sciolse dalla pastoia.
Intanto il motorino di avviamento si era zittito. Da un momento all'altro un cittadino azzimato avrebbe fatto capolino alla sua porta e le avrebbe educatamente chiesto aiuto.
All'improvviso piombò nell'oscurità più assoluta.
«Accidenti, ci mancava solo questo!»
Rimase immobile, cercando di abituarsi all'oscurità. Poi si avvicinò a Margherita e le staccò la mungitrice elettrica, ormai inutile. Era impossibile sapere quando sarebbe stata ripristinata la linea elettrica.
La mancanza di corrente era una vera seccatura, soprattutto se capitava proprio mentre stava mungendo le vacche.
Erano anni che protestava con la società che le forniva l'energia, lamentando i continui blackout, ma ancora non si decidevano a provvedere.
Le avevano detto che il problema non dipendeva da loro, bensì da un albero, un'enorme quercia ormai morta, i cui rami si erano strettamente intrecciati con i fili della corrente. Dunque il responsabile dei black-out era il proprietario dell'albero, cioè la stessa Jemima.
Lei si era informata sulla spesa per fare abbattere la quercia, e alla fine aveva deciso che non aveva soldi da buttare via per una cosa così stupida.
Adesso però, con la prospettiva di dovere mungere a mano trenta mucche, la faccenda non le sembrava più tanto stupida.
Udì un rumore, un colpo sordo seguito da una sequela di imprecazioni che avrebbero dovuto farla arrossire, ma che non produssero alcun effetto, perché anche lei stessa usava, all'occorrenza.
Ovviamente si trattava dell'automobilista. Jemima tolse il secchio sotto Daisy, lo mise accanto al muro e aprì uno spiraglio nella porta della stalla. Immediatamente udì il sibilo furioso del vento, e alcuni fiocchi di neve le si posarono sul viso e sulle mani. Si calò ancora di più il berretto sugli occhi e uscì nel cortile, finendo subito contro lo sconosciuto.
«Mi scusi!»
Quello fece un passo indietro, si massaggiò il torace dove lei lo aveva colpito involontariamente con la testa e imprecò sottovoce. Jemima alzò la testa per vederlo in viso, e il freddo intenso le fece lacrimare gli occhi.
«Le serve aiuto?» gridò, per sovrastare il forte rumore del vento.
Lui la guardò a sua volta, ma era difficile distinguere qualcosa, nella luce incerta del tramonto.
«Voglio parlare con il fattore. È tuo padre?»
Il suo tono era autoritario, tipico di chi è abituato a dare ordini e a vederli rispettare. Jemima sorrise. Le piaceva quel tipo di persone.
«Sono io, il fattore.»
«Non dire sciocchezze, avrai sì e no sedici anni.»
Lei decise che c'era abbastanza buio per lasciargli credere quello che preferiva. «Non direi. È rimasto impantanato?»
«Sì, mi serve qualcuno che mi traini fuori dal mucchio di neve. Spero che tuo padre vorrà farmi questa gentilezza, magari usando il trattore.»
«Oh, lui gliela farebbe volentieri, la gentilezza, ma in questo momento si trova a casa sua, nel Berkshire, e comunque il trattore è guasto.»
«Come sarebbe a dire, è guasto?»
«È rotto.»
«E non si può aggiustare?»
«Di certo non lo posso riparare in dieci minuti!» rispose Jemima, irritata.
Lui si passò una mano fra i capelli, facendo cadere la neve che vi si era accumulata. «Non potremmo metterci al riparo?»
«Sì, entri pure» rispose lei, invitandolo nella stalla. Lui sobbalzò quando udì il muggito delle vacche.
«Sono legate?» domandò, senza riuscire a dissimulare l'ansia.
«Non si spaventi. Hanno più paura loro, in questo momento.»
«Non credo proprio.»
Una mucca avvicinò il muso, e l'uomo indietreggiò di scatto. Si udì un tonfo, poi delle imprecazioni.
«Guardi dove mette i piedi» lo ammonì lei.
«Se non te ne fossi accorta, qui dentro è buio pesto. Non riesco a vedere a un palmo dal naso.»
Nemmeno Jemima ci vedeva, e si rese conto soltanto in quel momento che la luce era tramontata del tutto.
«Mi spiace tanto, vorrei aiutarla, ma il trattore è inutilizzabile, in questo momento, e io non ho un'auto a trazione integrale. Vuole che proviamo a spingere?»
«Non servirebbe a niente. La mia macchina è quasi completamente sepolta sotto un mucchio di neve.»
«Santo cielo! Be', andiamo a cercare un paio di lampade, e poi chiamiamo il carro attrezzi.»
«Io non ho mai avuto bisogno dei loro servizi, finora.»
«Non ne dubitavo» replicò lei, con un sorriso.
«Voglio dire che la mia auto non ha mai avuto problemi» si spiegò meglio l'uomo.
«Ma certo. Ovviamente, la tempesta di neve era imprevedibile.»
Jemima ebbe l'impressione che lo sconosciuto fosse decisamente irritato per quei contrattempi.
L'auto di Jemima era rotta, e lei non aveva il denaro necessario per farla riparare.
«Andiamo a telefonare. Venga con me» gli disse.
«Non riesco a vederti, come faccio a seguirti?»
Lei allungò una mano per prendere la sua e guidarlo, ma sbagliò direzione.
«Ehi, cosa diavolo credi di fare?» borbottò lui, facendo un balzo all'indietro.
Jemima non riuscì a trattenere una risata. La situazione si stava trasformando in una farsa. «Mi scusi, volevo solamente prenderle la mano per guidarla fuori dalla stalla» si giustificò.
Allungò di nuovo la mano e, dopo una breve esitazione, gliela afferrò. Era liscia e fredda, ma non tanto quanto la sua.
«Tu stai gelando, ragazzina!» osservò lui.
«Lo so, e non sono una ragazzina. Andiamo, mi stia vicino» gli raccomandò, mentre usciva