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Un capo in famiglia: Harmony Bianca
Un capo in famiglia: Harmony Bianca
Un capo in famiglia: Harmony Bianca
E-book168 pagine2 ore

Un capo in famiglia: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Quando la passione per la medicina incontra le ragioni del cuore, la famiglia diventa il posto in cui sentirsi a casa.

Quando la dottoressa Ellie Kendal arriva al lavoro e si vede rubare davanti agli occhi l'ultimo parcheggio riservato al personale medico, non ci pensa due volte: segue quell'uomo arrogante alla reception e lo aggredisce rinfacciandogli la sua maleducazione... solo per scoprire che si tratta del dottor Nick Cooper, il suo nuovo capo!

Dopo una vita passata a mettere gli altri al primo posto, è tempo per Nick di scoprire che cosa è meglio per lui. E il meglio ha le dolci sembianze della sua nuova collega, Ellie. Solo che lei è la mamma single di tre meravigliosi bambini, e se a quel punto la ragione suggerisce a Nick di mantenere le distanze, il suo cuore appartiene già a quella caotica ma irresistibile famiglia.
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2021
ISBN9788830524774
Un capo in famiglia: Harmony Bianca
Autore

Caroline Anderson

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un capo in famiglia - Caroline Anderson

    successivo.

    1

    Perché? Perché proprio quel giorno, quando era già in ritardo ancora prima di iniziare, il destino aveva deciso di peggiorare le cose?

    Guardò l'automobile infilarsi nell'unico posto riservato ai medici ancora libero. Una vettura che non riconosceva e della quale non aveva mai visto il conducente. Di certo non era uno dei loro dottori. Non aveva diritto di parcheggiare lì.

    Lo sconosciuto, però, sembrava non curarsene affatto. Che non lo sapesse o non gliene importasse, mentre scendeva dalla macchina, le indirizzò un sorriso, per poi dirigersi verso la clinica senza più degnarla di uno sguardo.

    Chi diamine credeva di essere? Spavaldo, arrogante... non c'erano aggettivi per descriverlo. L'auto costosa, il passo deciso, il fascino... per non parlare della sua incredibile bellezza. Un uomo al quale la vita era sempre andata come voleva lui. Be', non ora. Chiunque fosse, stava per ricevere quello che si meritava. Schiumante di rabbia, si infilò nell'ultimo posto disponibile del parcheggio, piuttosto stretto, ma abbordabile, se non fosse stata così agitata.

    Sentì lo stridio, chiuse gli occhi e inspirò, poi spostò leggermente la macchina dal muro contro cui aveva strusciato, sgusciò fuori dallo spazio ristretto in cui si era cacciata, sbatté la portiera e si allontanò dal parcheggio.

    Quella giornata poteva andare peggio? Be', quella dello sconosciuto sì. Se era ancora in accettazione...

    Era lì, intento a chiacchierare con la segretaria, leggermente sporto in avanti mentre parlava. E il suo fascino con Katie stava funzionando benissimo, cosa che la fece infuriare ancora di più. Aveva le mani infilate nelle tasche dei pantaloni dal taglio impeccabile, che gli cadevano a pennello sui fianchi scolpiti.

    Gli osservò le spalle, ampie, ma non massicce, le gambe forti e muscolose, le natiche sode. Probabilmente lavorava in una qualche palestra alla moda. Dei glutei così non erano un dono divino.

    «Ha parcheggiato in uno dei posti riservati ai medici» lo apostrofò severa, mantenendo a stento il controllo.

    Lo sconosciuto si voltò, quel sorriso irritante stampato sulle labbra. «Sì, io...»

    «So che non ci sono tanti posti, ma quello non era disponibile. Ce n'era un altro più avanti, quindi perché non è andato lì, o da qualsiasi altra parte? O forse quello era l'unico posto abbastanza grande per il suo ego? Grazie a lei ho rigato la macchina, sono in ritardo di dieci minuti e ho dei pazienti in attesa!»

    Un sopracciglio si sollevò impercettibilmente. Alle spalle dell'uomo Katie gesticolò, ma fu ignorata.

    «Forse dovrebbe svegliarsi prima» mormorò lui, senza scomporsi.

    «E forse lei farebbe bene a imparare a leggere i cartelli» replicò, trattenendosi dal tirargli un pugno sul muso.

    «Ellie! Dottoressa Kendal!» intervenne Katie, scattando in piedi.

    Il sopracciglio dell'uomo si incurvò ancora, all'unisono con le labbra sensuali.

    «Penso che sia meglio ricominciare da capo» le disse, porgendole una mano. «Piacere di conoscerla, dottoressa Kendal. Sono Nick Cooper. Il dottor Nick Cooper.»

    Il nuovo collega, il medico generale che attendevano disperatamente.

    Perfetto.

    Perché il pavimento non si apriva sotto di lei, inghiottendola?

    Nick si costrinse a trattenere una risata.

    La collega lo stava fissando a bocca aperta, senza parole. Poi scosse la testa, biascicò qualche parola di scuse e corse nello spogliatoio, il viso in fiamme.

    Nick si strinse nelle spalle e sorrise alla segretaria, inorridita e affascinata allo stesso tempo.

    «Quindi, quella è la dottoressa Kendal» mormorò, vagamente intrigato.

    «Sì, Ellie. Mi dispiace tanto, di solito è molto carina. Non so cosa le sia preso.»

    Nick la raggiunse nell'ufficio. «Io sì. Ho preso l'ultimo posto nello spazio riservato ai medici e lei ha rigato l'auto. Se avessi saputo chi era me ne sarei andato, ma non ne avevo la minima idea.»

    «Non poteva saperlo. Lavora qui part-time. Magari quando lei è venuto per il colloquio non c'era. Di solito, peraltro, viene al lavoro a piedi.»

    Nick annuì. «No, certo... va bene. Immagino che più tardi avremo modo di riprendere il discorso.»

    Katie indicò una porta alle sue spalle. «Venga, la presento agli altri amministrativi. La dottoressa Gallagher dovrebbe arrivare a minuti. L'ho già avvisata.»

    Gli fece strada, e Nick la seguì, guardandosi in giro. Ma della sua nuova e determinata collega non c'era traccia. Peccato. Va be', non aveva importanza. Sarebbe rimasto lì tutto il giorno, c'era tempo, e un'eventuale conversazione si prospettava decisamente interessante...

    Perché si era comportata così, facendolo a pezzi senza nemmeno dargli l'opportunità di ribattere? Se fosse stato un paziente, avrebbe avuto tutte le ragioni di lamentarsi. No, era molto peggio di così. Era un collega, il suo capo, e lei gli aveva inveito contro. Meraviglioso. Davvero meraviglioso.

    Non che lui fosse stato esattamente educato, quando le aveva detto che avrebbe potuto svegliarsi prima. Aveva aperto gli occhi prima delle cinque e mezza, e se Maisie non fosse stata una diva ed Evie non avesse avuto bisogno di un ennesimo cambio di pannolino, e Oscar non avesse fatto una sceneggiata biblica per aver perso una scarpa, non sarebbe stata affatto in ritardo, e non sarebbe successo niente.

    Sentì gli occhi bruciarle, e serrò la mascella, sbattendo le palpebre mentre si chiudeva la porta alle spalle e vi si appoggiava contro. Poteva andare peggio. Potevano esserci dei pazienti in sala di attesa... per lo meno, non si era resa ridicola davanti a un'audience.

    «Respira» ingiunse a se stessa, e chiuse gli occhi, inspirando profondamente dal naso ed espirando dalla bocca. Dentro... fuori... dentro... fuori...

    Un colpo leggero alla porta la fece sobbalzare. Si scostò e la aprì, trovandosi faccia a faccia con il suo peggiore incubo. Sicuramente era lì per ribaltarla ben bene in privato. Be', di certo aveva tutte le ragioni, e probabilmente la odiava già.

    «Katie pensava che volesse questa» le disse con calma, porgendole una tazza di tè, senza la minima traccia di un sorriso.

    Attenzione agli estranei che ti portano dei doni...

    «Perché mi sta portando un'offerta di pace? Sono io quella che dovrei scusarmi. Ci ha sciolto dentro qualcosa?»

    «Non mi tenti» mormorò lui, increspando le labbra. «Non si tratta di un'offerta di pace. Gliela stava portando Katie, e mi sono proposto di farlo al suo posto, giusto per alleggerire un po' l'atmosfera.»

    Le dita tremanti, Ellie gli prese la tazza dalle mani, e lo guardò negli occhi. Nick sostenne il suo sguardo. Il sorriso pensieroso di poco prima era svanito.

    Sentì le spalle abbassarsi. «Senta, mi dispiace, non sapevo chi fosse, anche se questa non è una scusa, lo so, ma...» Si interruppe, ancora mortificata. C'era un modo per salvare la situazione? «Non avevo realizzato che sarebbe arrivato oggi, ero convinta che avrebbe iniziato lunedì, quindi non l'aspettavo, non l'ho riconosciuta, e poi lei ha parcheggiato nell'ultimo spazio libero riservato, e come se non bastasse ho rovinato la fiancata della mia auto contro il muretto... la ciliegina sulla torta...»

    «Ellie, respiri! Non fa niente. Va tutto bene. Ha ragione, io comincerò lunedì, oggi sono qui solo per un assaggio del lavoro, per capire come muovermi. Immagino che nessuno l'abbia informata. E mi dispiace di aver occupato il suo posto nel parcheggio. È stata Lucy a dirmi di farlo, perché di solito lei viene al lavoro a piedi. A parte oggi, evidentemente.»

    «Avrei dovuto, lo faccio quasi sempre, ma... sono stata trattenuta» disse lei, senza entrare troppo nei dettagli.

    «Così pare. C'è carenza di parcheggi, eh? Lucy mi diceva che è normale da quando ci sono i lavori...»

    Ellie annuì. Era sollevata. Nick avrebbe avuto tutto il diritto di essere furioso. «È vero, ma presto dovrebbero finire, e a quel punto ci libereremo dai veicoli degli operai. Senta, le dispiace se rimandiamo questa conversazione a dopo? Non vorrei sembrarle maleducata, di nuovo, ma ho dei pazienti in attesa e sono già in super ritardo.»

    «Certo. Mi dispiace per il parcheggio... e per la sua automobile.»

    «Non si scusi. A quanto pare, aveva tutti i diritti di parcheggiare, e io ho reagito in modo davvero esagerato. Grazie per il tè. Oggi non ho avuto ancora il tempo di berne uno.»

    Lo sguardo di Nick si addolcì, e poi ci fu di nuovo quel sorriso, che chissà perché le dava i brividi lungo la schiena. «Piacere mio. Ci vediamo dopo.» Un altro sorriso. «Lei può insegnarmi a leggere, e io ad arrivare in orario.»

    Ellie alzò gli occhi al cielo. Poteva anche averla perdonata, ma era chiaro che non aveva la minima intenzione di lasciar perdere. «Oh, sono capace di farlo» rispose, secca. «Per quel che può valere, stamattina mi sono svegliata alle cinque e ventisette.»

    «Meglio che non la trattenga un secondo di più, allora» disse lui, dopo un istante di silenzio. «Ci vediamo più tardi.»

    Annuendo, Ellie gli chiuse la porta alle spalle con delicatezza. Scuotendo la testa e desiderando poter riportare indietro le lancette dell'orologio, appoggiò la tazza, si lavò le mani e accese il computer, la mente ancora concentrata su quel sorriso pigro e sexy.

    Sciocca. Aveva accumulato quasi venti minuti di ritardo, ora, con effetti disastrosi su tutto il resto della sua giornata. Non aveva tempo per sognare a occhi aperti, meno che mai su un uomo che probabilmente provava il suo sorriso davanti allo specchio.

    «Piantala, Ellie» si rimproverò. Poi sorseggiò un goccio di tè e premette il bottone per chiamare il primo paziente.

    Come previsto, terminò le visite in ritardo, controllò l'esito di alcuni esami, scrisse due referti e poi, giusto per completare il tutto, quando salì le scale per andare nella saletta riservata al personale a farsi un caffè e mangiare quel poco che era riuscita a prepararsi la sera prima, trovò lì Nick da solo.

    «Tutto ok?» le chiese, sollevando lo sguardo dai documenti sparsi sulla scrivania, e fissandola con i suoi magnetici occhi.

    Ellie cominciava a trovarli fastidiosi, con quel loro incredibile azzurro. Rise. «Sopravvivrò. La gente di solito non muore di imbarazzo. L'hanno abbandonata tutti?»

    «Sono occupati. Io sto bene così. Sto leggendo tutta questa roba che mi hanno affibbiato. In un certo senso speravo che lei arrivasse per ricominciare daccapo a discutere.»

    «Possiamo lasciar perdere? Di solito non sono così maleducata.»

    «Ne sono certo, ma era di fretta e io ho occupato il suo posto. Senza contare che per colpa mia ha rovinato la macchina.»

    Ellie si strinse nelle spalle. «È solo un graffio, quasi non si vede. E, comunque, non avrei dovuto essere così dura. Avrebbe potuto essere chiunque.»

    Anche se qualcuno peggiore del suo nuovo collega era difficile da immaginare...

    Nick si alzò in piedi e la raggiunse, i movimenti fluidi e aggraziati. «Ricominciamo da zero. Ciao, io sono Nick.»

    «Piacere, io sono Ellie.» Ellie gli prese la mano, e quando le sue dita le si strinsero attorno alla mano percepì calore, sicurezza, forza. E una scarica di circa un milione di volt. Lasciò cadere la mano come una patata bollente, mentre Nick accendeva il bollitore e si appoggiava al piano cottura, le gambe e le braccia incrociate. Trasudava sex appeal da tutti i pori.

    Perché doveva essere così tremendamente affascinante?

    «Ti preparo qualcosa da bere, tu intanto mangia» le disse, sulle labbra di nuovo quel sorriso provocante. «E nel frattempo, raccontami come mai eri già sveglia alle cinque e ventisette.»

    Ellie alzò gli occhi al cielo, gli porse la tazza vuota e aprì il contenitore ermetico del pranzo, rifugiandosi all'altra estremità del tavolo, per mettere tra loro un po' di distanza.

    «Del caffè, per favore, senza zucchero. E, visto che me lo chiedi, non è niente di strano, spesso mi sveglio presto. Ho fatto partire la lavatrice, ho steso il bucato, mi sono fatta la doccia, mi sono vestita, ho steso il secondo bucato, ho svegliato i bambini, ho cercato di vestirli tra una protesta e l'altra, abbiamo fatto colazione. Poi Maisie ha iniziato a fare i capricci perché il suo abito preferito era steso, Oscar ha perso una scarpa e si è messo a piangere, ed Evie si è fatta la cacca addosso, per cui ho dovuto cambiarle di nuovo il pannolino. Nel frattempo Oscar aveva trovato la scarpa, se l'era messa ma poi se le era tolte tutte e due, nascondendole chissà dove, e Maisie si stava cambiando per la terza volta. Per fortuna, che poi sono venuta al lavoro.»

    Nick le mise davanti la tazza piena, gli occhi spalancati e scintillanti. Si vedeva che stava lottando contro l'impulso di scoppiarle a ridere in faccia. «Come inizio di giornata non è un granché, devo ammetterlo» disse con dolcezza, sedendosi

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