Prospettive diverse: Una nuova indagine della coppia Vassallo-Ardoino
Di Ugo Moriano
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Prospettive diverse - Ugo Moriano
Capitolo 1
– Lui l’ha presa proprio in giro e lei secondo me c’è rimasta davvero male.
– È vero, si è comportato come un bastardo, ma, visto il soggetto, Noemi avrebbe dovuto immaginarlo! Però non so con quanti uomini ha avuto a che fare in questi ultimi anni, forse si è dimenticata come sono.
– Secondo me ne ha frequentato pochi, forse nessuno. Spesso le belle e intelligenti restano da sole. A lei basta solo lavorare con Ardoino, per il resto credo che non faccia una gran vita mondana.
Nonostante le due donne non fossero vicine alla porta dell’ufficio di Angelo Ardoino, le loro voci, viaggiando incontrastate lungo il corridoio del primo piano della Questura di Imperia, gli giungevano nitide e chiare.
L’Ispettore decise di interrompere quella conversazione prima che si addentrasse ulteriormente nella vita privata di Noemi; si alzò dalla sedia e uscì dall’ufficio dirigendosi verso i bagni.
Le colleghe, ferme accanto alla finestra in fondo al corridoio, non appena lo videro tacquero imbarazzate.
Lui fece loro un cenno di saluto e quando ritornò sui propri passi vide che era rimasto da solo.
Una volta raggiunta nuovamente la scrivania, riprese tra le mani il fascicolo contenente alcune segnalazioni riguardanti una banda di rapinatori che svuotava le ville del Piemonte.
Era comparsa da circa sei mesi e stava facendo delle vere razzie. I ladri prediligevano il denaro e i gioielli, ma portavano via anche televisori, computer, argenteria, quadri e, se li trovavano, piccoli e grandi mobili di pregio. Non colpivano mai nei fine settimana o quando le abitazioni erano occupate.
Sembrerebbero quasi degli impiegati del crimine, ci mancherebbe solo che un giorno scoprissimo che timbravano pure il cartellino!
Le cose però erano cambiate drasticamente due settimane prima quando avevano commesso un errore. La casa presa di mira non era disabitata e il proprietario, appena li aveva visti entrare da una finestra, non aveva esitato ad afferrare la pistola regolarmente detenuta per esplodere alcuni colpi a cui i malviventi, prima di fuggire, avevano risposto ferendolo ad una gamba, fortunatamente in modo lieve.
Durante la fuga, prima di dileguarsi senza lasciare tracce, con il furgone speronarono pure una Panda con a bordo due vigili urbani di Mondovì che, vedendo il mezzo procedere a velocità sostenuta, avevano pensato di fare un controllo di routine. I due agenti non erano rimasti feriti, ma l’auto era da demolire.
La Scientifica aveva fatto i suoi rilievi prelevando, anche alcuni campioni di vernice rimasti sulla carrozzeria del mezzo della Polizia Municipale, però c’erano pochissime speranze di riuscire a trovare qualcosa di veramente utile.
L’ultima denuncia di rapina in villa risaliva a due giorni prima. I malviventi erano penetrati all’interno dell’abitazione di un facoltoso commercialista di Cantù e, oltre ai soliti oggetti di valore, si erano portati via anche una commode francese risalente al periodo di Luigi XV e una coppia di antichi candelabri in bronzo dorato alti oltre un metro.
Angelo posò le carte e si allungò un po’ all’indietro andando ad appoggiarsi allo schienale della poltroncina su cui era seduto. Con un sospiro valutò la possibilità di allargare la cintura dei pantaloni, ma poi la scartò.
Da alcune settimane Elena, la sua compagna, stava cercando di convincerlo ad andare da un nutrizionista, Noemi non lo stressava, ma qualche accenno alla circonferenza del suo punto vita lo aveva fatto. Pure sua madre gli aveva suggerito una certa moderazione durante i pasti.
Se si accorgono che ho dovuto allargare la cinghia, mi ritrovo in un mare di guai. È vero, ho messo su un paio di chili, però in fondo mangio solo quello che mi viene cucinato da loro.
Aveva quarantaquattro anni, ma ne dimostrava qualcuno di più. Completamente calvo, alto poco meno di un metro e ottanta, pesava intorno ai novanta chili, anche se ultimamente si era spesso avvicinato ai novantacinque. La sua mole spesso traeva in inganno coloro che se lo trovavano di fronte, ma quando si trattava di muoversi sfoderava un’inaspettata agilità.
Posò una mano sugli incartamenti e rimase a fissare pensieroso la porta che si affacciava sul lato opposto del corridoio. Era chiusa e questo accadeva di rado perché quando erano in servizio lui e Noemi si muovevano sempre in coppia al punto che i colleghi li avevano soprannominati gli inseparabili
, anche se si guardavano bene dal dirlo davanti a loro.
Negli ultimi giorni la Viceispettore era stata leggermente più taciturna del solito, ma lui non vi aveva dato particolarmente peso. Ora ripensò alle parole sentite poco prima.
Domenica scorsa Elena mi ha raccontato che Noemi e Riccardo Carlati si sono lasciati, ma fin da subito a me non era sembrata una grande storia d’amore. Cosa avranno avuto mai da cianciare quelle due in corridoio, cosa possono sapere di come si sente Noemi!
Si accorse che si stava innervosendo e allora scacciò quei pensieri dalla mente per ritornare a sfogliare le carte arrivate da diverse questure.
Secondo le poche informazioni che i colleghi piemontesi sono riusciti faticosamente a raccogliere sembra che i rapinatori arrivino dalla Liguria, svuotino le case, e poi se ne tornino indietro, però nessuno ha saputo trovare un indizio preciso o almeno un’indicazione di massima sulla loro base operativa. La Liguria è sì stretta, ma è lunga oltre duecentocinquanta chilometri!
In realtà i sospetti si concentravano sulla parte più a ponente della regione soprattutto perché la banda colpiva principalmente nelle province di Cuneo e Alessandria.
Abbiamo messo sotto pressione tutti i nostri informatori e, in collaborazione con i Carabinieri, aumentato i controlli sulla SS 28, nelle vicinanze degli svincoli autostradali e ai valichi con la Francia, ma fino ad oggi non è emerso nulla. O fanno parte di una rete molto chiusa che riesce a portare via e smerciare la refurtiva in altre parti d’Italia, o non è nelle nostre zone che hanno il loro rifugio.
Richiuse il fascicolo e lo appoggiò sopra ad altri che già stazionavano sul piano della scrivania, poi prese in mano la sua penna e aprì il taccuino.
Quasi tutti i suoi colleghi ormai usavano come notes gli smartphone o dei tablet sempre più tecnologici e all’avanguardia, ma per Angelo tenere la penna tra le dita e avere il piccolo blocco di carta davanti agli occhi era un modo irrinunciabile per potersi concentrare e trovare la giusta sintesi tra le mille ipotesi che gli si affacciavano alla mente.
Vuoi mettere la velocità di accesso a una pagina scritta rispetto a un’applicazione da lanciare per poi caricare un documento?
Questa era la risposta che immancabilmente offriva a coloro che commentavano le sue abitudini spesso ritenute ormai definitivamente sorpassate dal progresso incalzante.
Sulla scrivania faceva bella mostra di sé il computer che un paio d’anni prima gli aveva installato e configurato Roberto Calvini, il tecnico informatico della Questura; lui lo utilizzava nei modi dovuti, seppur non fosse mai riuscito a infatuarsi di quello che continuava a considerare alla stregua di un semplice strumento lavorativo e non un totem della tecnologia imperante.
– Dunque, se vi siete stabiliti nelle nostre zone, – mormorò concentrandosi sulla banda di rapinatori di ville, – dove vi siete nascosti?
La penna, tra le sue dita, rimase immobile alcuni secondi, poi scese verso la pagina bianca, ma non tracciò alcun segno perché dal corridoio gli giunse la voce del Vicequestore Raimondo Martini a cui fece eco quella di Noemi.
– Angelo, puoi venire nel mio ufficio? – Disse Martini passando senza rallentare il passo davanti alla sua porta.
Noemi si fermò ad aspettare il suo collega.
Alta quasi quanto Angelo, con un fisico da modella, ma non magra come quelle che si vedono sfilare sulle passerelle, capelli castani molto chiari portati lunghi poco oltre le spalle, grandi occhi azzurri e labbra rosse e sensuali.
Seppur in quei giorni il suo sorriso smagliante sembrava si fosse offuscato, quando lo sfoderava incatenava su di sé gli sguardi ammirati degli uomini presenti, mettendo in secondo piano ogni altra presenza femminile.
– Va tutto bene? – Domandò l’Ispettore ricordando le frasi pronunciate poco prima in corridoio dalle due colleghe indiscrete.
– Sì, vieni, andiamo dal Commissario.
Il capo della Squadra Mobile di Imperia, quando non era presente, veniva da tutti indicato come il Commissario
anche se lui pretendeva dai suoi sottoposti un rigido utilizzo delle corrette qualifiche.
Angelo gettò uno sguardo all’orologio appeso sulla parete sopra la porta e vide che mancava un quarto alle quattro del pomeriggio.
Fuori il sole ancora tiepido di novembre, facendosi largo tra nuvole bianche e sfilacciate, stava rapidamente calando verso il profilo frastagliato dalle fronde degli ulivi delle colline che, con i loro ripidi crinali, andavano a immergersi nelle acque color piombo del mare.
Percorsero in silenzio i pochi passi che separavano le loro stanze di lavoro da quella del superiore e, quando varcarono la porta, lo trovarono già seduto dietro alla sua scrivania intento a consultare la propria agenda.
Mentre si sedevano sulle due poltroncine degli ospiti, Noemi ancora una volta notò come il Vicequestore sembrasse un nobile rinascimentale che concedeva udienza ai suoi sudditi.
Il Commissario teneva le mani appoggiate sul piano della scrivania. Quel giorno indossava un completo grigio di pregiata fattura italiana e le scarpe inglesi, da sempre acquistate in un noto negozio di Milano, brillavano come se fossero state appena lucidate.
– Angelo, dovresti andare a sentire cos’ha da riferirci un’anziana signora che vive in via Monade a Diano Marina, – esordì Martini tralasciando, com’era sua consuetudine, qualsiasi convenevole, – se non sbaglio si trova nelle vicinanze di casa tua vero?
– Poco distante. Che cosa è successo?
– Per ora nulla, ma, anche se quella appena arrivata sembrerebbe una delle tante segnalazioni fatte da persone che si inventano trame e complotti, ho un presentimento e vorrei che voi due andaste a verificarlo.
Il Vicequestore era un ottimo investigatore, anche se da tempo operava più nelle retrovie che sul fronte delle indagini. Manteneva soprattutto i contatti con le varie istituzioni e faceva da filtro tra i suoi uomini e il Questore. Ultimamente questo suo ruolo sembrava aver un po’ affievolito in lui quella che Angelo chiamava intuizione
, ossia la capacità di assorbire la scena del crimine e coglierne i particolari veramente importanti, ma quando diceva di avere un presentimento, poi questo generalmente si rivelava giusto.
Vedendo che il suo superiore taceva e conoscendo il carattere del suo collega che non sempre apprezzava i discorsi criptici del Commissario, Noemi decise di intervenire raccontando ciò che già sapeva.
– Ha telefonato un’anziana signora e, con tono perentorio, ci ha praticamente ordinato di andare subito ad arrestare alcuni suoi vicini di casa. Secondo lei sono una banda di ladri.
– Ero in sala operativa e, visto che la donna stava creando un po’ di difficoltà, mi sono fatto passare la chiamata. – Sulle labbra di Martini comparve un leggero sorriso. – La signora mi ha detto che se ce li facciamo sfuggire ci denuncerà tutti quanti ai Carabinieri e s’impegnerà a farci cacciare a calci nelle terga dalla Polizia, ha usato proprio questo termine.
– Come si chiama la mia gentile concittadina? – Angelo temeva di sentir pronunciare il nome di qualche conoscente o, peggio, di una lontana parente. Sarebbe stato imbarazzante.
– Giovanna Lazzarli, vive con la sua badante, anzi donna di compagnia come ha tenuto a precisare, in una villa quasi in cima alla collina che domina il golfo. – Martini porse al suo Ispettore un foglio su cui erano annotati tutti gli estremi della telefonata comprese le generalità della donna.
– Il nome non mi dice nulla, ma vedendo la data di nascita, 4 agosto del 1920, il suo modo di proporsi non mi stupisce per niente. – Angelo si appoggiò allo schienale della poltroncina e fissò il Vicequestore. – Perché ha deciso di mandare noi due invece di Carlo, Giacomo o Roberta? Sono loro che di solito, quando si tratta di malavita locale, si interessano di furti e rapine. Non vorrei che si sentissero scavalcati.
Imperia, pur essendo una provincia di frontiera con tutte le implicazioni che questa sua posizione comportava, restava pur sempre una piccola realtà con una popolazione di residenti che stentava a superare i duecentoventimila abitanti. In estate, grazie alle attrazioni balneari della Riviera, la popolazione cresceva considerevolmente, ma tutto, a causa della crisi economica perdurante, si riduceva a un paio di mesi all’anno, poi si ritornava alla normalità.
Negli ultimi tempi le dotazioni della Questura avevano risentito dei vari tagli al bilancio e della riduzione di organici e pertanto, anche se formalmente le varie sezioni della Squadra Mobile erano tutte rappresentate, spesso il Vicequestore impiegava i propri uomini a seconda delle disponibilità.
– Perché credo che voi due siate i più indicati a trattare con la Lazzarli e poi, se non mi è sfuggito qualcosa, – il tono della voce iniziò a diventare spazientito come accadeva ogni volta che doveva dilungarsi in spiegazioni secondo lui non dovute, – in questi giorni non siete particolarmente impegnati sul fronte delle indagini, o nel frattempo c’è stato qualche omicidio e nessuno me lo ha riferito?
– No, stiamo riordinando un po’ le pratiche e Angelo sta seguendo il caso dei furti nelle ville del Piemonte, – intervenne Noemi vedendo cambiare lo sguardo del collega seduto accanto a lei. Quando i suoi occhi viravano al verde scuro era segno che si stava innervosendo. – Possiamo pensarci benissimo noi, mi sono già presa tutti i dati.
– Bene, allora potete andare e poi fatemi sapere se c’era un minimo di verità in quella telefonata.
Martini abbassò lo sguardo sulla sua agenda e iniziò a prendere appunti con una grafia minuta e precisa, segno che considerava chiusa quella conversazione.
I due ispettori lasciarono la stanza.
– Lo sai che è fatto così. Eppure tutte le volte il suo atteggiamento lo prendi come un affronto personale. – Noemi prese posto sulla sedia davanti alla scrivania di Angelo e accavallò le gambe.
– Lo so, ma certi giorni riesce davvero a innervosirmi con i suoi modi da monarca assoluto. Ci conosciamo da anni, lavoriamo insieme con ottimi risultati, eppure ogni tanto lui erige un piedestallo e poi ci sale sopra.
– Hai ragione, capitano giorni in cui si crede un re, ma poi sappiamo bene tutti e due che se occorresse si farebbe sparare per i suoi sottoposti, quindi non è il caso di innervosirsi. Dai, andiamo a trovare la signora e sentiamo cos’ha da raccontarci!
Angelo, quasi sbuffando, afferrò il suo giaccone appeso all’attaccapanni accanto alla porta. Noemi raggiunse il suo ufficio, afferrò un leggero piumino, prese la pistola e ritornò nel corridoio.
– Se pensi di stare a rimuginare per tutto il viaggio, – disse lei facendo balenare un accenno di sorriso, – ti avviso che allora prenderò l’Alfa 147 così arriveremo a destinazione in meno di un quarto d’ora.
– Per l’amor del cielo! Non voglio rischiare di morire per raccogliere una denuncia, usa la Stilo e ti prometto che al Commissario non ci penserò più.
Contento perché senza volere l’aveva fatta sorridere, si incamminò verso le scale che portavano nella sottostante autorimessa.
Capitolo 2
Elena prese da sopra il tavolino di cristallo il segnalibro raffigurante una coloratissima coda di pavone e lo appoggiò tra le pagine, poi chiuse il romanzo che aveva iniziato a leggere la sera precedente. Era l’ultimo best seller, appena giunto sugli scaffali delle librerie, di John Aratore o per meglio dire, visto che era nato in Italia, Giovanni Aratore, il suo scrittore preferito.
Come i libri che lo avevano preceduto, anche questo vedeva come protagonisti Ettore Gonzaga, stravagante medico investigatore, che con l’aiuto della bellissima infermiera di Elena Melzi e dell’ispettore della Questura Aleardo Albrini, risolveva intricati casi polizieschi nella Milano fascista degli anni Trenta.
Il sole pomeridiano, sprofondando in alcune nuvole grigie che contornavano le colline a occidente, l’aveva costretta ad accendere la lampada Tiffany piazzata opportunamente accanto alla poltrona. La calda luce dell’antica creazione in stile Art Nouveau, acquistata l’anno precedente da un suo amico antiquario in corso di Porta Ticinese vicino alla Basilica di Sant’Eustorgio, ben si adattava a quelle giornate d’autunno e la invogliava a godere ancora per qualche momento della comodità della poltrona in pelle su cui, poco più di un’ora prima, si era accomodata.
Fuori una frizzante brezza di mare faceva ondeggiare le fronde verdi del mandarino e dell’arancio, ma la vetrata della portafinestra, facendo da barriera al calar della temperatura, tratteneva all’interno un clima gradevole.
Minou socchiuse gli occhi, ruotò leggermente le orecchie e un leggero tremito le attraversò il folto pelo grigio e nero. Allungò le zampe anteriori facendo balenare le unghie sul morbido cuscino su cui si era raggomitolata, poi con un sospiro si alzò e arcuò la schiena sollevando la coda.
Elena sorrise alla sua compagna di stanza, poi gettò un’occhiata all’orologio Tothora della collezione Mediterrània appoggiato sul piano del tavolino e vi posò accanto il libro. Angelo, salvo contrattempi lavorativi inaspettati, tra circa un’ora sarebbe dovuto arrivare a casa e più tardi sarebbero scesi a cenare da Luigia, la madre del suo compagno.
Decise di farsi una doccia, ma c’era ancora tempo e nella stanza si era creata una calda atmosfera che invitava a rilassarsi.
– Restiamo ancora dieci minuti, ti va? – Propose alla gatta.
Minou le rispose con un basso gorgoglio soddisfatto, poi si acciambellò nuovamente e socchiuse gli occhi.
Attraverso i vetri le giunse attutito il breve fischio di un treno che annunciava il suo arrivo in stazione e, per una strana associazione di idee, le venne in mente un suo arrivo da Milano, pochi mesi prima, quando aveva trascorso le ferie estive a Diano Marina, poi si ricordò dell’unica volta che aveva incontrato di persona l’uomo che per un breve periodo aveva fatto coppia con Noemi.
Era una calda sera di luglio e l’orchestra sul palco nei giardini di Villa Scarsella aveva da poco terminato di suonare un’allegra Polka in cui il simpatico fisarmonicista, piazzato al centro del colorato gruppo musicale, si era esibito in un allegro repertorio di virtuosismi.
Mentre le coppie sulla liscia pista di cemento prendevano un attimo di fiato, il presidente dell’associazione Arcadia, organizzatrice delle tre serate gastronomiche dal titolo Cena, danze e simpatia
, salì con agilità accanto ai musicisti e prese brevemente la parola.
– Si avvisano tutti i gentili ospiti che le nostre cucine stanno chiudendo. A grandissima richiesta per un quarto d’ora continueremo ancora a friggere le frittelle di mele, poi spegneremo i fuochi e proseguiremo con le danze. La notte è giovane! Buon divertimento a tutti!
– Eccomi! – Aveva annunciato con tono trionfale Angelo, avvicinandosi con due piccoli vassoi in mano al tavolo a cui erano sedute sua madre e la sua compagna.
– Pensavamo che ti avessero rapito. Sei sparito da più di mezz’ora! – Rispose Luigia mentre spostava alcuni piatti di plastica ormai vuoti per fare posto alle frittelle ancora calde.
– Giusto, che fine hai fatto? – Elena, ridendo, scostò la bottiglia di Vermentino, poi ingaggiò una vera e propria battaglia con una vespa, invadente e priva di remore, che cercava in tutti i modi di annegarsi nel suo bicchiere.
– Perché non vi siete offerte voi di andare a fare la fila per prendere le frittelle? – Angelo assunse un’espressione offesa e si bloccò un attimo prima di appoggiarle sul tavolo. – Non potete immaginare che cosa ho dovuto patire!
– E che sarà stato mai per un valoroso ispettore della Polizia di Stato? – Elena si stava divertendo. – Mica ti abbiamo chiesto di farti largo tra una folla di dimostranti inferociti o inseguire una banda di truci rapinatori. Dovevi solo consegnare i biglietti e farti dare le frittelle.
– Tu la fai facile perché te ne sei rimasta seduta qui tranquilla. Per alcuni istanti ho temuto che una gentile anziana signora mi scannasse usando una forchetta di plastica solo perché ho provato a contestare il suo posto nella fila. Si era intrufolata davanti a me mormorando una scusa circa dei nipotini in attesa e poi non si è più schiodata!
– Va bene, ma ora non farla troppo lunga, – intervenne Luigia interrompendo così la discussione, – passaci quelle frittelle perché il profumo è davvero buono. Forza Elena, assaggiale