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Antiche amicizie: Indagine sotto il sole di Diano
Antiche amicizie: Indagine sotto il sole di Diano
Antiche amicizie: Indagine sotto il sole di Diano
E-book278 pagine3 ore

Antiche amicizie: Indagine sotto il sole di Diano

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Info su questo ebook

Indifferente alle pene umane, il caldo sole di due torride estati distanti oltre trent’anni l’una dall’altra, illumina dall’alto le scene del crimine. Un rancore che nasce da lontano spinge un efferato assassino a pianificare con cura e poi a mettere in atto i suoi propositi. Le vittime, ignare, non hanno via di scampo e, una volta portati a compimento i suoi propositi, lui camuffa con abilità gli omicidi trasformandoli in semplici incidenti. Agli inizi degli anni Ottanta alcuni ragazzini, durante le vacanze estive, spinti dalla curiosità e anche un po’ dall’incoscienza tipica dell’età, si trasformeranno in intrepidi investigatori offrendo un contributo decisivo alla risoluzione di un drammatico caso di sequestro di persona. Ancora una volta Noemi, Angelo ed Elena saranno impegnati nella risoluzione di un caso intricato in cui antiche amicizie riemergeranno dai ricordi del passato.
LinguaItaliano
Data di uscita4 giu 2015
ISBN9788869430664
Antiche amicizie: Indagine sotto il sole di Diano

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    Anteprima del libro

    Antiche amicizie - Ugo Moriano

    Capitolo 1

    26 luglio 1978

    – Hannelore, tua! – preannunciò con un discreto anticipo Roberto.

    Hannelore, dopo essersi scostata dal viso i capelli bagnati, si preparò a ricevere la palla.

    Roberto si piazzò con le gambe leggermente divaricate e, mentre un’onda arrivava a lambirgli i fianchi, con movimenti quasi plateali, lanciò la sfera di gomma bianca e rossa verso l’alto per poi colpirla con il palmo della mano.

    La traiettoria, ben calcolata, non portò la palla esattamente verso il suo obiettivo, ma la fece discendere a circa un metro dalla ragazza che, per non farla cadere in acqua, dovette tuffarsi per l’ennesima volta riuscendo comunque a colpirla e rilanciarla verso Silvia, la sua amica di sempre.

    – Lo hai di nuovo fatto apposta! – urlò Hannelore rimettendosi prontamente in piedi.

    – Non è vero! E poi sei tu che non sai piazzarti bene! – Ribatté Roberto ridendo.

    – Io, per prendere la palla, devo continuamente tuffarmi e invece tu sei quasi asciutto.

    – Perché so giocare, mentre tu no. Che cosa v’insegnano in Germania?

    Mentre i due discutevano, i loro amici continuavano a giocare. Claudio colpì con forza il pallone e questo, nonostante il disperato tentativo di intercettarlo messo in atto da Simona, finì lontano dalla riva scatenando un coro di proteste da parte di tutti gli altri giocatori.

    Hannelore approfittò della momentanea pausa per schizzare acqua su Roberto. Lui accennò a una breve fuga verso la spiaggia per poi, non appena lei iniziò a inseguirlo, ritornare subito indietro, abbracciarla e trascinarla con sé tra le basse onde.

    – La finite di fare gli scemi e ritornate a giocare? – domandò Silvia avvicinandosi all’amica occupata a lottare con il suo assalitore.

    – Invece di parlare, mi puoi aiutare? – protestò Hannelore mentre era impegnata a cercare di spingere la testa di Roberto sott’acqua.

    – Io ti aiuto, ma poi vieni a giocare.

    – In due non vale! – gridò Roberto cercando di risollevarsi in piedi.

    Silvia, prima che il ragazzo riuscisse a sfuggire alla presa dell’amica, gli si tuffò addosso e tra tutte e due, complice anche l’arrivo di un’onda, riuscirono a spingergli momentaneamente la testa sotto il filo dell’acqua, poi si allontanarono ridendo soddisfatte.

    Dopo un’interminabile partita a pallavolo a cui avevano preso parte più di venti giocatori, la gran maggioranza dei ragazzi era ritornata a prendere il sole sulla spiaggia.

    Hannelore e Silvia, come sempre, erano piazzate una vicina all’altra. Silvia era appoggiata con la schiena contro il torace di Paolo, il suo ragazzo del momento, e stava osservando un paio di loro amici impegnati, tra urla e lazzi di incitamento di molti dei presenti, a fare i buffoni prima di tuffarsi dalla parte più alta dello scoglio della Galeazza.

    Hannelore era sdraiata sul suo asciugamano e accarezzava distrattamente i lunghi capelli castani di Roberto che in quel momento si stava riposando con la testa appoggiata subito sotto il suo seno sinistro.

    Quella che stava vivendo sembrava una lunga estate incantata dove tutto poteva accadere. Aveva compiuto diciotto anni solo sette giorni prima e aveva davanti a sé ancora più di un mese di vacanza in quello splendido scorcio della Riviera Ligure di Ponente.

    Come tutti gli anni precedenti, il primo sabato di luglio era scesa nella stazione di Diano Marina dal treno proveniente da Dortmund. Insieme ai suoi nonni paterni aveva raggiunto la loro casa nella frazione Varcavello del comune di Diano Castello.

    Nonno Balduin l’aveva acquistata nel 1961 e da allora la famiglia Lange trascorreva tutte le estati in provincia di Imperia.

    Durante la guerra il nonno di Hannelore aveva combattuto sul fronte orientale fino quasi alla fine dell’inverno del 1944, poi a causa di una ferita riportata durante la battaglia della sacca di Cˇerkasy, era stato inviato in convalescenza a Bernières, sulla costa della Normandia. A seguito dello sbarco alleato del 6 giugno era stato incorporato, in tutta fretta, nelle forze che contrastavano i canadesi e due giorni dopo era stato fatto da loro prigioniero durante i furiosi scontri per la conquista di Bernières.

    Nei primi mesi del 1946 era stato liberato dal campo di detenzione di Gravenhurst in Ontario ed era ritornato a casa per scoprire che due dei suoi tre figli erano morti durante i bombardamenti sulla città.

    Nonostante le difficoltà del primo dopoguerra aveva riavviato la sua attività di tipografo ed editore e nel giro di pochi anni era riuscito a trasformarsi in un punto di riferimento per le pubblicazioni tecniche e scientifiche di tutta la Germania.

    Quando nel 1960 si era concesso una villeggiatura in Liguria insieme alla moglie, si era invaghito delle terre del Golfo di Diano Marina e aveva deciso di acquistarvi una casa dove trascorrere le vacanze.

    Hannelore aveva vissuto tutte le sue estati insieme ai nonni in quella casa a due piani contornata da un appezzamento di terra che su un lato confinava con un’altra costruzione in cui viveva Silvia, una bambina appena più piccola di lei.

    Nel giro di poco tempo, nella recinzione che separava i poderi delle due abitazioni, venne aperto un cancello attraverso il quale le due amiche potevano incontrarsi senza neppur dover uscire in strada.

    Estate dopo estate erano cresciute insieme e le gente del posto si era abituata a vederle sempre in coppia.

    Ora erano due belle ragazze che attiravano gli sguardi dei loro coetanei. Fisicamente erano molto diverse e chiunque non le conoscesse confondeva la loro nazionalità.

    Hannelore aveva profondi occhi castani e capelli scuri che portava sciolti sulle spalle; le labbra carnose rendevano il suo viso molto mediterraneo, come pure la sua corporatura morbida, esaltata da due seni prosperosi.

    Silvia era bionda e i suoi occhi azzurri sembravano osservare il mondo sempre con una luce divertita, come se nulla potesse scalfirla. Più alta dell’amica, il suo punto di forza erano le lunghe gambe che metteva sempre in evidenza indossando corte minigonne o addirittura solo semplici magliette di una taglia o due più grandi del necessario.

    – Venite? Proviamo a fare tre piani di piramide? – domandò Carlo protendendo una mano per aiutarle ad alzarsi.

    – No. Non ne ho voglia, – rispose Silvia senza accennare a muoversi.

    – E tu Hannelore, vieni? Potresti salire sulle mie spalle.

    – No, anch’io resto qui.

    Senza insistere oltre Carlo si allontanò verso la riva dove una mezza dozzina di ragazzi, tenendosi tra loro, stava formando il primo anello di base della futura piramide umana. Altri si stavano predisponendo per salire sulle loro spalle, mentre quattro ragazze attendevano il loro turno per tentare di formare la parte più alta della struttura.

    In quella parte di arenile di fronte allo scoglio della Galeazza, quel giorno si erano radunati oltre trenta ragazzi tra i sedici e i vent’anni. Formavano una compagnia eterogenea che di giorno in giorno perdeva e cooptava nuovi soggetti. Nessuno dei componenti conosceva tutti gli altri, ma questo non era importante e a tutti bastava esserne parte per continuare a godersi quella splendida estate.

    Negli anni passati le due amiche erano andate in diversi stabilimenti balneari a Diano Marina, ma da quando Silvia si era messa insieme a Paolo, un ragazzo che abitava vicino alla chiesa di San Giovanni a Oneglia, avevano iniziato a frequentare con una certa assiduità anche quella spiaggia dell’estremo levante di Imperia.

    Hannelore era un po’ disturbata dal ragazzo della sua amica. Fino all’anno precedente loro due erano state veramente in simbiosi, ma da quando era arrivato lui l’attenzione di Silvia si era divisa tra fidanzato e amica e lentamente Paolo stava guadagnando posizioni a suo discapito.

    I ragazzi passano, ma noi saremo sempre unite, pensò guardandolo correre insieme a Roberto verso gli amici per aiutarli a ricomporre la piramide umana che si era appena disgregata.

    – Pensi a Roberto? – domandò Silvia notando il suo sguardo.

    – No.

    – E fai male. Lo sai!

    – Ne abbiamo già parlato. – Hannelore, con un gesto svogliato, scacciò una mosca che si ostinava a volersi posare sul suo braccio.

    – Lui vuole uscire con te. è un bel ragazzo e se continuerai a tenerlo sulla corda va a finire che lo perderai. Perché non gli dici di sì?

    – Mi piace ed è molto simpatico, ma non sono sicura di volermi legare a lui per tutta l’estate. Una volta che fai coppia non hai più la possibilità di divertirti con gli amici come facevi prima.

    – Io mi diverto ugualmente e non mi pare di avervi abbandonato. – Lo sguardo di Silvia si posò per qualche istante sul suo ragazzo impegnato, insieme a quattro amici, a sorreggere il secondo livello della piramide.

    – Però, anche se state nel gruppo, formate una specie di isola a parte. Nessun ragazzo ti gira più intorno. – La mosca, dopo aver schivato l’ennesima manata, decise finalmente di spostarsi altrove.

    – Vedi il lato positivo, pure nessuna ragazza fa più la stupida con Paolo, anche perché io la sbranerei. Mi dai un po’ di crema sulla schiena?

    – Non te la puoi fare spalmare dal tuo fidanzato, sono sicura che non si lamenterebbe.

    – Dai, non fare la scema e dammi la crema se no va a finire che spello come una biscia.

    Hannelore prese dalla propria borsa da spiaggia il barattolo della pomata protettiva e iniziò a spalmarla sulla schiena dell’amica che nel frattempo si era girata a pancia sotto. Nella sua opera non incontrò ostacoli perché nessuna di loro due portava il reggiseno e pertanto non dovette prestare attenzione a lacci o fettucce.

    Fino a qualche anno prima una donna a seno nudo avrebbe dato scandalo, ma ora erano molte a non portare più il pezzo di sopra del costume e pure i maschi erano arrivati a indossare dei minislip che ben poco spazio lasciavano alla fantasia femminile.

    Profumo di crema protettiva e odore di salsedine, questo era l’aroma inconfondibile delle giornate estive in riva al mare.

    – Pizza! Focaccia! Coca Cola! Aranciata fresca! – il richiamo della signora appena scesa dalla scala che univa la spiaggia alla strada soprastante risvegliò l’appetito di tutti i bagnanti.

    In quelle lunghe giornate assolate generalmente si pranzava tra mezzogiorno e le tredici, poi si correva al mare, ma quasi tutti osservavano un periodo minimo di un paio d’ore di attesa dopo il pasto prima di immergersi. Nonostante fossero più che adolescenti, anni di raccomandazioni materne li trattenevano dal precipitarsi nelle acque sempre un po’ troppo fredde.

    Verso le quindici i più spavaldi si tuffavano e, uno a uno, tutti gli altri finivano col seguirli cosicché, verso le diciassette, erano ormai abbastanza stanchi, ma soprattutto affamati.

    – Pizza o focaccia? – Domandò Hannelore alzandosi in piedi.

    – Oggi pizza, – rispose Silvia continuando a restare sdraiata al sole.

    – Ok.

    Hannelore prese il borsellino e si avvicinò al capannello che si era formato intorno alla signora delle pizze. La donna, dall’accento meridionale, era robusta e sembrava portare senza fatica oltre a una cassetta colma di tranci di pizza e focaccia un gosso secchio pieno di bibite annegate nel ghiaccio semisciolto.

    Sulle spiagge dove vi erano intere famiglie, la donna si spostava da un nucleo all’altro lanciando a brevi intervalli il suo poderoso richiamo, ma qui, dove la maggioranza erano ragazzi, si limitava a scendere sulla riva e poi attendeva l’arrivo dell’orda degli affamati. Quando dopo pochi minuti se ne andava, aveva sempre la cassetta vuota e non portava mai indietro una sola bibita.

    – Ecco la tua pizza, – annunciò Hannelore inginocchiandosi accanto all’amica.

    – Che hai preso da bere?

    – Quando è stato il mio turno era rimasta solo più della gazzosa.

    – Bleah! – Silvia fece una smorfia simulando uno smisurato disgusto, ma, terminata la pizza, non disdegnò la trasparente bevanda gassata.

    – Allora vengo da te alle nove e mezza?

    – Sì, mettiti la minigonna verde.

    – è veramente troppo corta, se la vedesse mio padre gli verrebbe un infarto!

    – E tua madre cosa ne pensa?

    – Lei è più favorevole. – Sulle labbra di Hannelore comparve un sorriso. – Dice che sono giovane e quindi certi vestiti devo metterli ora che posso, ma a me sembra davvero troppo corta.

    – Meglio! L’altra sera Roberto non riusciva a staccarti gli occhi di dosso e s’inventava tutte le scuse di questo mondo per toccarti.

    – Ancora Roberto!

    – Senti, non volevo dirtelo, – Silvia ritornò a sdraiarsi, – ma l’altro ieri sera quella scema di Dietlind ha tentato in tutti i modi di portartelo via.

    – Non è il mio ragazzo e quindi se lo vuole se lo prenda!

    Hannelore, per chiudere il discorso, si sdraiò sul suo asciugamano e chiuse gli occhi.

    Silvia, però, non aveva tutti i torti. Roberto era bello e simpatico e a lei piaceva molto.

    In quegli anni, d’estate, tutto il golfo dianese pullulava di ragazze straniere; a farla da padrone erano le tedesche, ma vi erano anche forti nuclei di danesi, olandesi, inglesi e belghe. Tutte, dai quattordici anni in su, aspiravano ad avere almeno un’avventura con un ragazzo italiano del posto per poterla poi raccontare, riveduta e corretta, alle amiche rimaste a casa. Anche se al calar della sera arrivavano giovani da tutti i paesi limitrofi, la concorrenza tra le fanciulle era spietata. Peggio stavano i loro fratelli e cugini perché le ragazze del luogo erano meno numerose e ben guardate dai loro fidanzati. Spesso questi giovani maschi nord europei si ritrovavano a fare gruppo tra loro per bere birra e fare un po’ di cagnara perché nessuna delle loro conterranee avrebbe preso in considerazione l’idea di passare le vacanze in Riviera per poi dover ammettere di essere uscita con uno che poteva benissimo trovare all’angolo di casa propria.

    Forse dovrei dirgli di sì. Ieri sera mi ha baciata e ora non posso più fare finta che non sia successo nulla. Devo anche parlare un attimo a quattr’occhi con Dietlind perché in fondo non mi va che faccia la stronza con Roberto.

    – Dormi?

    La voce di Roberto interruppe il flusso dei suoi pensieri.

    – No, – rispose lei senza aprire gli occhi.

    – Allora forza ragazzi!

    Quando Hannelore comprese il pericolo era ormai troppo tardi per cercare di fuggire. Intorno a lei si erano piazzati quattro ragazzi e, prima che accennasse a una reazione, la afferrarono per braccia e gambe sollevandola sopra l’asciugamano.

    Nonostante le sue disperate proteste, tra le risate e gli incitamenti di tutta la compagnia presente in spiaggia, i quattro la trasportarono fino alla battigia e poi, dopo averla fatta ondeggiare in modo adeguato, la gettarono in acqua.

    – Siete quattro stronzi e tu, Roberto, sei il peggiore di tutti! – Protestò ritornando, grondante, verso il suo asciugamano.

    – E dai! Faceva caldo, così ti sei rinfrescata, – rispose lui cercando di addolcirla.

    Hannelore raggiunse il suo posto, poi con un guizzo afferrò i blue-jeans di Roberto e corse verso la riva inseguita vanamente dal ragazzo che, inutilmente, la implorava di non gettargli in mare i pantaloni.

    – Ecco fatto, così quando andrai a casa starai fresco pure tu!

    – Il salino rovina la stoffa! Mia madre mi farà una testa così, anche l’altro ieri sono ritornato a casa con i pantaloni bagnati.

    – Ah sì? E con chi avevi fatto lo scemo?

    – Ma con nessuna! – rispose Roberto immediatamente sulla difensiva. – Sono stati due miei amici a gettarli in mare.

    – Sarà, ma io non ci credo.

    Una volta ritornata sul proprio asciugamano allungò un pugno sulla spalla dell’amica che in quel momento era impegnata a baciare Paolo.

    – Ahia, ma perché lo hai fatto? – domandò Silvia.

    – Potevi avvisarmi! Tu sicuramente hai visto che volevano buttarmi in acqua.

    – Tenevi gli occhi chiusi e così ho pensato che non fosse il caso di disturbarti, – rispose ridendo Silvia.

    Poco dopo le diciannove, quando ormai il disco solare stava scomparendo oltre le colline a ponente di Imperia e l’ombra prodotta dal muro di sostegno della strada si era estesa fino a coprire una porzione abbondante della spiaggia sottostante, Hannelore e Silvia risalirono svogliatamente la ripida scala e raggiunsero i propri motorini parcheggiati negli spazi riservati ai due ruote.

    – Allora ci si vede in discoteca? – domandò Roberto raggiungendole mentre, pigiando sugli appositi pedali, erano impegnate a mettere in moto i propri mezzi.

    – Arriveremo poco prima delle dieci, aspettaci fuori insieme a Paolo, così entriamo tutti insieme, – rispose Silvia riuscendo ad avviare il motore e accelerando poi leggermente per non correre il rischio che si spegnesse.

    Hannelore era al quinto tentativo, ma il suo Garelli 50 non voleva saperne di mettersi in moto. Quando la sua amica, quattro anni prima, aveva ricevuto in regalo un motorino Garelli Vip 3v anche suo nonno Balduin si era affrettato ad acquistarne uno identico in modo che le due ragazzine potessero continuare ad andare in giro insieme.

    Alla fine dell’estate il mezzo di Hannelore veniva parcheggiato nel garage e l’anno successivo, dopo una sommaria revisione, riprendeva sempre senza troppi problemi il suo servizio. Ogni tanto, però, faceva qualche bizza movimentando i brevi viaggi estivi.

    – Lascia, faccio io, – propose Roberto scendendo dal suo KTM GS 175.

    – Riesco a metterlo in moto da sola.

    – E lascialo fare, se no qui viene notte! – le intimò Silvia.

    Al terzo tentativo, con uno sbuffo di fumo dal corto tubo di scappamento, il motorino si avviò permettendo così alle due amiche di avviarsi verso casa.

    ***

    Stayin’alive, Wuthering Heights, Grease, Queen of Chinatown, le canzoni si susseguivano a ritmo serrato e i due disc jockey piazzati sulla pedana rialzata facevano a gara nel mixarle l’una dietro l’altra.

    La pista della discoteca all’aperto era piena di ragazzi impegnati a ballare mentre tutti i posti a sedere erano occupati da gruppi di amici intenti a scambiare quattro parole nel fragore assordante della musica sparata a oltre cento decibel tra gli ulivi e i pini marittimi.

    Quando dopo Night fever iniziarono le note di I’m Gonna Dance di Asha Puthli, Hannelore e Silvia lasciarono la pista e, accompagnate da Roberto e Paolo, raggiunsero gli amici seduti su una panchina sotto le fronde grigio verdi di un ulivo.

    – Hannie! – strillò Silvia con quanto fiato aveva in gola. – io e Paolo ce ne andiamo. Tu che fai?

    – Me ne vado anch’io.

    – Fatti accompagnare da Roberto.

    – No, vado da sola. – Hannelore si alzò dalla panchina.

    – E dai! – L’amica, con fare protettivo, le posò una mano sul braccio. – Non fare la scema! Se vai da sola allora vengo con te.

    – No! Voi andate pure, io non ho problemi a rientrare a casa per conto mio.

    Quella sera lei e Roberto, anche se non avevano proprio litigato, sicuramente non erano andati d’amore e d’accordo.

    Tutto era successo durante il terzo ballo. Dopo due frenetici ritmi dance il disc jockey aveva lanciato Tu di Umberto Tozzi e lui ne aveva approfittato per allungare un po’ le mani, ma era immediatamente incappato in una reazione seccata.

    Da quel momento Roberto si era mostrato molto freddo e non aveva più ballato con lei. Pur ritenendo di essere dalla parte della ragione, con il passare del tempo Hannelore iniziò a rimpiangere di non essersi mostrata un po’ più permissiva, ma era stata colta di sorpresa e aveva reagito d’istinto.

    Ormai la frittata era fatta e non poteva certo andare a chiedergli di accompagnarla. In fondo poteva benissimo percorrere da sola i pochi chilometri che la separavano da casa, ormai aveva diciotto anni e non doveva temere nulla e nessuno.

    – Guarda che se glielo chiedi ti accompagna sicuramente, – insistette Silvia che non si sentiva tranquilla a lasciare da sola la sua amica.

    – Non glielo chiedo neanche morta!

    – Certo che sei un bel tipo! Ti ha appoggiato un attimo le mani sul culo e tu ne hai fatto una tragedia! Morivi se lo lasciavi fare due minuti?

    – No, ma sulla pista non doveva farlo! – ribatté Hannelore.

    – Sei peggio di una suora! Allora io vado con Paolo. Ok?

    – Sì, vai!

    – Comunque se cambi idea, chiamalo.

    Senza aspettare la risposta dell’amica s’avviò verso l’uscita subito seguita da Paolo che già da qualche minuto dava chiari segni di impazienza.

    Hannelore li imitò e, una volta fuori, salì

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