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Le famiglie nobili genovesi
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E-book252 pagine3 ore

Le famiglie nobili genovesi

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Nella società di antico regime famiglia, parentado e lignaggio erano punti di riferimento obbligati di comunità che, di fronte all’instabilità delle istituzioni, organizzavano intorno ad essi le proprie regole di vita.
Dall’età delle Crociate e del Comune prendono avvio le prime forme cognominali e tra quell’epoca e il Cinquecento incontriamo la decisiva ridefinizione dell’istituzione familiare come specchio dell’immagine del potere genovese.
È il cognome, dunque, il vero “blasone” della storia genovese che pur avendo fatto precocemente del denaro una chiave di volta della sua storia, ha serbato fede a una fiera arcaicità di modelli, mantenendo anche legata alla famiglia l’organizzazione istituzionale.
LinguaItaliano
Data di uscita16 mag 2014
ISBN9788875639747
Le famiglie nobili genovesi

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    Le famiglie nobili genovesi - Angelo M. G. Scorza

    Prefazione

    Quest’opera rappresenta la seconda parte del precedente mio lavoro, cioè del «Libro d’Oro della No­biltà di Genova».

    Ne è in certo qual modo la illustrazione ed il completamento, e contiene la descrizione araldica o blasonatura di tutti gli stemmi pubblicati, più un breve cenno storico-genealogico-araldico su ogni fa­­miglia.

    Genova, Giugno 1924

    Angelo M.G. Scorza

    La nobiltà dei Genovesi

    Diversamente da quanto accade nel mondo contemporaneo, nella società d’antico regime famiglia, parentado e lignaggio erano punti di riferimento obbligati di comunità che, di fronte all’instabilità delle istituzioni, organizzavano intorno ad essi le proprie regole di vita. Lungi dall’essere risultato di incontri sentimentali e di relazioni affettive, la grande famiglia e il lignaggio costituivano essenzialmente un dispositivo di trasmissione di proprietà e di posizioni; una chiave per accedere al potere e controllarlo; un modello esemplare di valenza generazionale indefinita, sul quale si ordinavano tanto la società esterna quanto le dure regole dei comportamenti interni. Per quanto le esigenze individuali abbiano ingaggiato una dura battaglia fin dall’età medievale, la rigidità e l’impermeabilità dei ruoli sociali ha resistito a lungo contro il sottile impulso rivoluzionario imposto dall’affermazione del denaro e del capitalismo, dall’anonimato e dalle alleanze trasversali proprie della crescente centralità della vita urbana con la sua cultura sempre più indirizzata verso il razionalismo e la secolarizzazione. Anzi, paradossalmente, nella costruzione dell’identità europea il principio lignager dell’ordinamento sociale ha giocato un ruolo importantissimo, rivelando con maggior forza la sua ostinazione soprattutto in quegli ambiti in cui più spiccata era la tendenza ad aprirsi al vento del cambiamento.

    In questo senso la storia genovese, in cui costantemente si oscilla tra pubblico e privato, e in cui la forza del consortile solidale e clientelare sancisce la durata delle fortune politiche ed economiche, costituisce davvero un esempio interessante. I Genovesi fanno cominciare la loro storia con la Compagna e il Comune. Sono parole e istituzioni, tuttavia, che assumono valore solo se si riempiono dei contenuti giusti; e cioè dell’azione condotta a livello politico, economico e sociale dai consorzi familiari di varia origine, che da allora in poi ne guidano le sorti. Il fenomeno è addirittura ovvio nella vita comunale di quei tempi; con la differenza però che a Genova la posta in gioco è molto più alta che altrove, orientata com’è non esclusivamente sul territorio, bensì sul piano internazionale. Ciò prevede alti costi, ma altrettanto alte remunerazioni. A Genova, dunque, il gioco è pesante e lo dimostra la storia della città, intessuta in tutti i tempi di sanguinose lotte per il potere. E lotte si combatteranno sempre: subito tra i consorzi familiari, che per primi hanno gestito la carica consolare e più tardi tra le vecchie famiglie e le nuove, poi genericamente definite nobili e popolari. Ma anche quando si passa al dogato cosiddetto popolare la questione non cambia. Anzi la forza di questa privatizzazione della politica è tale che dall’unione di famiglie prende vita l’artifizio dell’albergo. Ovvero: se la famiglia è grande (e cioè ha dato origine a molti ceppi), essa forma un albergo per conto suo; sennò sotto un cognome preminente si raggruppano famiglie diverse e cioè di altro sangue. La storia è interessante (e si intreccia, non casualmente, con le origini del Banco di San Giorgio); e trova un suo momento illuminante nel 1528, quando 28 casate con 600 cognomi identificano coloro a cui tocca gestire il potere. Ma chi sono costoro? Si tratta sempre e soltanto di quegli antichi nobili e popolari, ai quali la consuetudine nell’esercizio del potere – e cioè di fatto la forza e la capacità di durata del loro consortile – ha consentito di arrivare fino a quel punto. Difatti l’analisi onomastica propone una continuità interessante in cui le eclissi sono davvero minoritarie in virtù dei giochi di aggregazione proseguiti nel tempo. È il cognome dunque il vero blasone di una storia genovese, che, pur avendo fatto precocemente del denaro una chiave di volta della sua storia, ha serbato fede costante a una fiera arcaicità di modelli, mantenendo saldamente legata alla famiglia l’organizzazione istituzionale in tutti i tempi.

    Se lavorare sui fili di un’economia-mondo arricchisce, ma anche altera o snatura la fisionomia della grande famiglia, proprio la rigida verticalizzazione mantenuta nell’ambito socio-istituzionale genovese consente una reductio ad unum, che, allora, consente di controllare le fila della politica e degli affari; e, oggi, assieme al consueto bagaglio informativo prodotto della storiografia, propone interessanti indagini di natura socio- antropologica intese a verificare come il patriziato genovese abbia complessivamente vissuto la dimensione socio-familiare nel tempo. Non solo, quindi, in particolari momenti in cui sia stato spinto ad una riflessione sul tema; come è avvenuto, in pieno Cinquecento, quando, nel quadro complesso delle relazioni con la Spagna e in base ad esigenze dei tempi, si è molto puntato alla ricostruzione di preziose genealogie, che testimoniassero l’esistenza di radici ben piantate in un passato lontano. L’esempio più famoso è la graziosa leggenda sulle remote origini dei Doria. Infatti, nono­stante già Caffaro, nella sua lettura epica della storia genovese, intorbidì volontariamente le acque disegnando una storia collettiva della città, proprio il deciso profilo guerriero, che egli imprime a Guglielmo Embriaco, l’eroe intorno al quale costruisce l’identità cittadina, induce a riflettere. Soprattutto se si tiene conto che è solo a partire da quel momento – e cioè dall’età della Crociata e del Comune – che prendono avvio le prime forme cognominali: gli Embriaci ne sono una dimostrazione; mentre s’identifica nella documentazione coeva l’assoluta incidenza nell’operatività genovese del legame di sangue e delle alleanze artificialiche lo accompagnano. Tra quell’epoca e il Cinquecento, quando appunto incontriamo la decisiva ridefinizione dell’istituzione familiare come specchio dell’immagine del potere genovese, prima che lo Stato sabaudo, dopo l’annessione, riconosca al patriziato del Libro d’oro la sua patente di nobiltà, i Genovesi avevano comunque lavorato a consolidare, nobilitandola di fronte al mondo e forse anche di fronte a se stessi, la loro ferrea fedeltà ad un’istituzione familiare, che avevano posto e continuavano a porre al centro della loro comunità dentro e fuori le mura cittadine. Tra le tante cose che avevano fatto, e che sono bene evidenziate nella serie di statuti che ogni singolo albergo pone in essere per guidare dalla nascita fino alla morte la vita privata e pubblica dei suoi membri, c’era stata anche la creazione del blasone; l’emblema totemico che, in simbiosi con il cognome, sventolando sulle bandiere delle flotte private, decorando le facciate e gli interni ai palazzi, indicava l’appartenenza ad un’origine comune. Forse in omaggio al loro presunto understatement i Genovesi non ebbero mai uno stemmario ufficiale; ma non è difficile capire quanto scarso fosse il valore intrinseco dello stemma di un Comune per una società che faceva del privato il centro del potere. Tuttavia è proprio l’esistenza del blasone a segnalare con chiarezza il desiderio e la volontà di richiamarsi a quei valori cavallereschi e guerrieri, che sono fondamento dell’identità nobiliare europea. Ciò dimostra dunque, ancora una volta, che l’antropologia dei cosiddetti mercanti genovesi è un ibrido non facile da decifrare; che la storia genovese richiede ancora studi approfonditi, che, senza mai prescinderne, vadano oltre l’indagine erudita, di carattere araldico e prosopografico, che ha visto tra i suoi primi cultori quell’Angelo Scorza, autore del repêchage qui pubblicato, che è stata proseguita in tempi recenti e che va collocata, con sempre maggiore attenzione, all’interno di quella storia globale nella quale veramente si identifica la storia del cammino umano.

    Gabriella Airaldi

    Le famiglie nobili genovesi

    1. – Accursio

    Originari della Valle del Bisagno o da Sestri. Antonio nel 1528 fu ascritto alla Nobiltà di Genova ed aggregato nello Albergo Promontorio. Morì senza discendenti.

    Arma. – D’azzurro alla banda d’oro ad una armilla sul tutto di rosso.

    2. – ACQUARONE

    Originari da Porto Maurizio furono ascritti al Patriziato di Genova nel 1600.

    Arma. – D’argento all’aquila al volo abbassato e coronata di nero.

    3. – ADORNO

    Originari dalla Germania dal 1200, furono acerrimi nemici dei Fregoso.

    Gabriele nel 1363, Antoniotto nel 1378, Giorgio nel 1413, Raffaele nel 1443, Barnaba nel 1447, Prospero nel 1461, ed Antoniotto nel 1522 furono Dogi della Repubblica di Genova.

    Nel 1528, impediti a formare Albergo da soli per l’odio che Andrea Doria nutriva verso questa famiglia, entrarono in quello dei Pinelli.

    Antoniotto nel 1386 signore della Valle d’Arroscia e di Serravalle Scrivia nel 1391. Teramo 1417 signore di Capriata e di Castelletto d’Orba. Teramo ed Antoniotto 1437 signori di Breme. Prospero 1468 signore di Ovada e di Rossiglione. Agostino e Giovanni 1494 signori di Cantalupo Ligure e di Sale nel 1497. Gerolamo 1593 conte di Silvano d’Orba. Alessandro 1716 marchese del Sacro Romano Impero.

    Senatori della Repubblica di Genova: Gio-Batta 1552, Paolo di Baldassarre 1559, Michele di Geromino 1576, Filippo di Michele 1609, Gio-Batta di Gio-Batta 1685, Agostino di Gio-Batta 1703, Baldassarre di Michele 1707, Filippo di Filippo 1707, Luca di Agostino 1726, Antonio di Agostino 1743, Filippo di Filippo 1749, Agostino di Baldassarre 1756, ed Antonio di Filippo nel 1768.

    Al principio del secolo XIX si estinsero nei Cattaneo, dando origine al ramo di questi detto «Cattaneo-Adorno».

    Arma. – D’oro alla banda scaccata di tre file d’argento e di nero.

    Alias. – (Di fazione contro i Fregoso) Partito ondato di nero e d’argento.

    Alias. – D’oro al palo ondato di nero.

    4. – AICHERA od ARCHERA

    Antichi cittadini genovesi dal 1100, furono ascritti nei Calvi e sono al presente estinti.

    Arma. – D’azzurro al leone d’oro.

    5. – AIGUILLON

    Famiglia Ducale francese ascritta al patriziato di Genova nel 1748 in persona del Maresciallo di Francia Emanuele Armando de Wignerot du Plessis-Richelieu, Duca d’Aiguillon.

    Arma. – D’azzurro allo scaglione accostato da tre api poste due in capo ed una in punta: il tutto d’oro.

    6. – AIMARI od AYMARI

    Originari dal Piemonte vennero in Genova verso il 1394. Guirardo e Raimondo nel 1411 furono signori di Reano e di Villafranca Piemonte. Nel 1528 Agostino fu ascritto nei Di Negro. Estinti.

    Arma. – D’argento alla fascia ondata nebulosa di nero.

    7. – AIROLO

    Originari da Sesta Godano vennero in Genova verso il 1300, e furono ascritti nei Negrone. Giacomo Maria 1676 fu signore di Sala.

    Giacomo di Agostino 1599, Luca di Gio-Batta 1600, Gio-Batta di Agostino 1632, altro Gio-Batta di Agostino nel 1729, Agostino Maria di Gio-Batta 1757, suo figlio Gio-Batta nel 1744 furono senatori.

    Detto Gio-Batta di Agostino nel 1783 fu Doge della Repubblica.

    Arma. – D’azzurro alla quercia terrazzata sul terreno di verde, sinistrata da un leone d’oro.

    8. – ALBANI

    Famiglia di Pesaro ascritta al Patriziato di Genova nel 1701 nella persona del Sommo Pontefice Clemente XI.

    Arma. – D’azzurro alla fascia d’oro accostata in capo da una stella di otto raggi d’argento ed in punta da un monte di tre cime di rosso.

    9. – ALBARO

    Originari dalla località omonima nei dintorni di Genova. Furono ascritti nei Calvi e sono estinti.

    Arma. – D’azzurro all’albero nutrito sulla pianura erbosa al naturale, sinistrato da un leone coronato d’oro, al crescente figurato e rivoltato raggiante verso l’albero nel punto destro del capo d’argento.

    10. – ALBENGA od ALBINGANI

    Originari dalla città omonima dal 1300, furono ascritti nei De Fornari e sono estinti.

    Arma. – D’azzurro a due fasce ondate d’argento.

    11. – ALBERICI

    Dal Monferrato, antichissimi cittadini figurano in Genova prima del 1000, e si estinsero nel XIII secolo.

    Arma. – Inquartato d’oro e d’azzurro, al leone coronato d’argento sul tutto attraversante.

    12. – ALBERTI

    Originari da Rapallo, forse sono della stessa schiatta degli omonimi toscani. La discendenza nobile di questa famiglia si estinse verso il 1450 circa.

    Arma. – D’azzurro a quattro catene moventi dai quattro angoli dello scudo e riunite in cuore da un anello: il tutto d’argento.

    13. – ALBIZZI

    Originari dalla Riviera furono ascritti nei Lomellini nel 1528 in persona di Domenico Albizzi fu Diego, morto senza discendenti.

    Arma. – D’oro a due armille concentriche d’azzurro.

    Alias. – D’azzurro alla fascia cucita di nero.

    14. – ALBORA

    Originari da Gavi dal 1250, furono ascritti nei Lercaro. Gio-Stefano di Ottaviano nel 1616 e Gio-Batta nel 1758 furono Senatori.

    Arma. – D’argento al pino terrazzato di verde e sostenuto da due leoni d’oro.

    15. – ALLEGRI

    Originari da Quinto al Mare o da Chiavari dal 1350 circa, furono in seguito ascritti nei Lomellini. Estinti.

    Arma. – Partito d’azzurro e di rosso al leone passante in banda dell’uno nell’altro.

    Alias. – D’oro al capo inchiavato d’azzurro.

    16. – ALPANIS

    Antichi cittadini genovesi dal 1200, nel 1414 formarono uno dei 74 Alberghi in cui era riunita la nobiltà di Genova in quei tempi. Si estinsero nel XV secolo.

    Arma. – D’oro a sei bisanti posti tre, due ed uno d’argento (alias di rosso).

    17. – ALTIERI

    Famiglia Romana ascritta al patriziato di Genova nel 1673 in persona del Sommo Pontefice Clemente X.

    Arma. – D’azzurro a sei stelle di otto raggi posti tre, due ed una d’argento alla filiera dentata dello stesso.

    18. – ALZATE od ARSE

    Nel 1576 fu ascritto Filippo Alzate di Francesco, milanese, del quale non vi fu discendenza.

    Arma. – D’azzurro a due leoni contro elevati d’oro, e sostenenti colle branchie anteriori ed una posteriore una spada in palo d’argento.

    19. – AMANDOLA

    Originari dalla Valle del Bisagno dal 1400, furono ascritti nei Pallavicino in persona di Jacopo. Estinti.

    Arma. – D’oro a due caprioli scaccati d’argento e di rosso; al capo d’argento all’aquila nascente di nero coronata d’oro.

    20. – AMICO o D’AMICO

    Originari da Sestri Levante entrarono nei Calvi. Un ramo passò nel regno delle due Sicilie e vi acquistò titoli e nobiltà ed è tuttora fiorente, mentre il ramo rimasto in Genova si è estinto.

    Arma. – D’azzurro alla banda d’oro sostenente in capo un’aquila sorante di nero, coronata d’oro.

    21. – ANDORA

    Originari dalla località omonima in Riviera di Ponente dal 1300, erano di professione ortolani. In seguito si dissero Sopranis, e nel 1528 furono ascritti nei Cibo.

    Vedi alla famiglia Sopranis.

    Arma. – Spaccato d’azzurro e di rosso alla banda (alias alla fascia) attraversante sul tutto d’oro.

    22. – ANDREA

    Dalla Riviera di Ponente vennero in Genova nel 1200 circa e si estinsero nel XV secolo.

    Arma. – D’azzurro al mastio torricellato di tre torri d’argento, fondato di verde.

    23. – ANFOSSI

    Originari da Voltaggio entrarono negli Interiano. Antonio signore di Fresonara nel 1413, di Pozzolo Formigaro nel 1437, di Retorio nel 1438.

    Arma. – D’argento al mare fluttuoso d’argento, al destrocherio vestito di rosso movente dal fianco sinistro dello scudo ed impugnante un tridente di ferro in sbarra in atto di trafiggere un delfino nuotante sul mare: il tutto al naturale; al capo d’oro a tre fiamme in fascia di rosso.

    24. – ANGELI

    Furono nobili in persona del solo Lorenzo Angeli, ambasciatore al Duca di Milano nel 1357.

    Arma. – D’azzurro alla testa alata di angelo al naturale, accostata in capo da tre stelle poste due ed una d’argento.

    25. – ANGIOINO od ANNIVINO

    Cittadini Genovesi dal 1200. Da un Gio-Batta vissuto nel 1386 nacquero i Leccavela. Entrarono nei Calvi e sono estinti.

    Arma. – D’azzurro al capriolo d’oro, al capo d’Angiò.

    26. – ANSALDI

    Dalla Polcevera vennero in Genova verso il 1360, e si estinsero nel XV secolo.

    Arma. – D’argento al leone coronato d’oro.

    27. – ANSELMI

    Originari da San Remo, entrarono in famiglia Spinola. Estinti.

    Arma. – Palato di quattro pezzi di rosso e d’argento; al capo d’oro all’aquila nascente coronata di nero.

    28. – APROSIO

    Da Ventimiglia, furono ascritti nei Pinelli.

    Arma. – D’oro alla fascia di rosso.

    29. – ARANGI

    Nel 1362 entrarono a formare la Maona dei Giustiniani e sotto quel nome continuarono e si confusero.

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