Un Natale per ricominciare: Harmony Collezione
Di Maggie Cox
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Info su questo ebook
A Jake non sembra possibile di aver passato dei giorni, e non soltanto pochi minuti, chiuso in casa con Ailsa a causa della neve. Ma più passa del tempo accanto a lei e più si rende conto che l'attrazione fra loro è ancora forte, e che ciò che vuole è riconquistare la donna che un tempo è stata sua.
Maggie Cox
Quando non è impegnata a scrivere o a badare ai figli, ama guardare film romantici mangiando cioccolato.
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Anteprima del libro
Un Natale per ricominciare - Maggie Cox
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Lost Wife
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2011 Maggie Cox
Traduzione di Paola Mion
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-802-6
1
Corse alla finestra al suono del motore di un’auto che si avvicinava e riconobbe il Suv color argento dell’ex marito che si arrestava davanti al cottage. Sembrava quasi una motoslitta, imbiancata da una folta cortina bianca, e alla luce dei fari era possibile vedere i fiocchi che continuavano a cadere incessanti come spolverati attraverso un setaccio divino. Era nevicato per tutto il giorno e Alisa ne sarebbe rimasta incantata se non fosse stata tanto preoccupata che la sua figlioletta riuscisse a tornare a casa sana e salva. Vivere nella campagna inglese aveva molti aspetti idilliaci, ma durante l’inverno il clima poteva rendere le strade pericolose.
Rimase sulla soglia con la porta aperta, mentre l’autista scendeva dall’auto e attraversava il vialetto innevato. Non era Alain, l’uomo in divisa che si aspettava: di solito era l’autista francese di Jake che riportava a casa Saskia da Londra quando la piccola andava a dormire dal padre, o direttamente dall’aeroporto quando Jake si trovava a Copenaghen e portava la bimba con sé. Quando alla fine distinse gli occhi blu che luccicavano come diamanti attraverso la neve cadente, sentì il cuore fermarsi.
«Ciao» esordì lui.
Non lo vedeva da molto tempo... da quando l’autista era diventato un affidabile tramite tra loro due. L’impatto dei suoi lineamenti perfetti non aveva perso la sua forza, scoprì. Aveva sempre avuto quel tipo di fascino che suscitava l’interesse delle donne dovunque si trovasse, anche con quella cicatrice che gli attraversava la guancia. In realtà, rendeva il suo viso già indimenticabile ancora più unico. Ma la sua vista in quel momento le fece stringere il cuore nel ricordare con tristezza come era accaduto.
Per un lungo momento si perse nel passato, poi si rese conto che Jack era in attesa di un suo cenno.
«Ciao... è passato parecchio tempo, Jake.»
Dentro di sé, non poté non pensare che avrebbe potuto avvertirla del cambiamento di piano. «Dov’è Saskia?» domandò.
«Ho provato a chiamarti per tutto il giorno, ma non c’era segnale! Perché accidenti tu abbia scelto di vivere qui nel mezzo del nulla è oltre le mie possibilità di comprensione.»
Ignorando l’irritazione nella sua voce, Alisa gettò indietro i capelli e incrociò le braccia sul petto, sopra il caldo maglione di lana che indossava. Anche solo lì sulla soglia si sentiva gelare per l’aria fredda. «È successo qualcosa? Perché Saskia non è con te?» Si sporse per guardare verso l’auto coperta di neve, ma non vide il visetto della figlia dietro i finestrini e sentì le gambe tremare.
«Questo è il motivo per cui ho cercato di chiamarti tutto il giorno. Saskia mi ha pregato di lasciarla stare a Copenaghen con la nonna fino alla vigilia di Natale, e io ho acconsentito. E poiché era preoccupata che tu potessi arrabbiarti, ho acconsentito anche a venire a darti personalmente la notizia. Avevo sentito che le condizioni del tempo non erano ideali, ma non supponevo fossero così terribili.»
Si passò le mani sui capelli biondi per spazzolare via la neve, ma un attimo dopo era di nuovo bianco. Per un lungo momento, Alisa fu incapace di trovare le parole per replicare. Shock e delusione la sommersero mentre rievocava tutti i progetti che aveva preparato per la bambina. Aveva pensato di andare a fare compere con lei a Londra, dove avrebbero potuto pernottare in un hotel grazioso e magari andare a teatro e in qualche bel ristorante. Il pino norvegese che aveva ordinato era arrivato il giorno prima e stava nudo e solo in salotto in attesa di essere trasformato in un simbolo magico con luci e addobbi. Pensava che lo avrebbero decorato insieme, al suono di canti natalizi. Non poteva credere che la piccola non sarebbe tornata a casa fino alla vigilia. Un senso inconsolabile di solitudine l’assalì.
«Come hai potuto farmi questo? Come? Tu e tua madre l’avevate già avuta con voi per una settimana! Dovevi sapere che stavo contando i giorni per averla di nuovo qui oggi!»
Le ampie spalle sotto il cappotto scuro imbiancato di neve si sollevarono un poco. «Vorresti negare a tua figlia la possibilità di restare con la nonna, soprattutto dopo la recente perdita di mio padre? Saskia riesce a risollevare il suo spirito come nessun altro.»
Conoscendo il calore e l’allegria della figlia, Alisa non aveva dubbi in proposito. Ma questo non rendeva più facile sopportare la sua assenza. Tuttavia, sotto la frustrazione, il cuore le si strinse al pensiero della morte del suocero. Jacob Larsen era stato imponente e incuteva soggezione, ma l’aveva sempre trattata con rispetto. Quando Saskia era nata, l’aveva presa sotto la sua ala protettiva, dichiarandola la più bella bambina del mondo. Come era stata triste per Jake la perdita del padre! Il loro rapporto era stato pieno di sfide, ma lei non aveva dubbi sul fatto che lui avesse amato veramente il padre.
La neve che cadeva turbinosa aggravò la sua tristezza. «Mi dispiace per la perdita di tuo padre... era un uomo buono. Ma ho già fatto fatica a sopportare la mancanza di Saskia in questi giorni. Non capisci che avrei voluto averla qui in prossimità del Natale? Avevo fatto progetti...»
«Me ne dispiace, ma a volte, che ci piaccia o no, siamo costretti a cambiare i nostri piani. La cosa importante è che Saskia sia al sicuro con la nonna e non hai nulla di cui preoccuparti.» Emettendo un sospiro, vide il fiato congelarsi nell’aria. Si girò verso la strada coperta di neve. «C’era un blocco di polizia all’inizio della via. Mi hanno lasciato passare solo perché li ho minacciati che avrei dato di matto se non mi avessero lasciato proseguire per avvertirti a proposito di Saskia, e l’ho potuto fare solo perché ho un Suv. Sarebbe folle tornare all’aeroporto questa notte in condizioni simili. Le strade sono bloccate.»
Come emergendo da un sogno, Alisa si rese conto che doveva essere mezzo congelato. Aveva le labbra quasi blu, e anche se aveva qualche difficoltà all’idea di trascorrere del tempo con lui, non poteva lasciarlo lì a gelare.
«Be’, faresti meglio a entrare, allora.»
«Grazie per farmi sentire così benvenuto» osservò lui, sardonico, avvicinandosi.
La sua risposta amara la colpì fino alle ossa. Il loro divorzio non era stato proprio acrimonioso - era avvenuto meno di un anno dopo il terribile incidente d’auto che li aveva privati del loro secondo figlio che doveva ancora nascere - ma non si poteva dire che fosse stato amichevole. Erano volate parole dure, corrosive, che erano penetrate a fondo nei loro animi. Ma anche adesso, pensando a quel tempo orribile e al fallimento del loro matrimonio, provava una sensazione vaga, quasi indistinta, poiché le sue emozioni a quel tempo erano state come congelate dal dolore e dalla tristezza, come un mollusco rintanato dentro la sua conchiglia dopo essere stato sbattuto senza sosta contro le rocce.
Per quattro lunghi e duri anni, aveva vissuto senza Jake. Saskia aveva solo cinque anni quando si erano separati. E la domanda di sua figlia continuava ad angosciare le sue notti.
Perché papà se n’è andato, mamma?
«Non intendevo essere maleducata» si scusò con una smorfia. «Sono solo un po’ seccata, ecco tutto. Vieni dentro al caldo, ti preparo qualcosa da bere.»
Lui le passò vicino e il familiare aroma di legno del suo profumo la pervase all’istante, facendole contrarre il ventre. Inalando un respiro profondo, chiuse in fretta la porta chiudendo fuori il mondo artico. Jake non era mai entrato nel cottage del XVI secolo e ora si rese conto che all’interno era molto accogliente e raffinato. Le pareti di un lilla tenue dell’ingresso erano ravvivate da stampe floreali e da fotografie di Saskia in età diverse. Su una parete accanto alle scale di legno, il pendolo francese con i delicati intarsi floreali scandiva i secondi con regolarità, infondendo un senso di pace, quella pace che sembrava disertare lui ormai da tanto tempo.
Quel piccolo cottage di campagna sembrava una vera casa, molto più del suo lussuoso attico a Westminster, o anche del suo appartamento a Copenaghen. Solo la vecchia casa di sua madre fuori città, a ridosso di un magico bosco, poteva eguagliare per accoglienza e conforto il cottage di Alisa. Quando lei aveva voluto comprarlo, dopo la loro separazione, Jake si era irritato che non volesse accettare da lui un aiuto per acquistare qualcosa di più spazioso e lussuoso per lei e Saskia. Ma Alisa aveva replicato che non voleva qualcosa di grande, bensì qualcosa che la facesse sentire a casa. Il che non era più accaduto per nessuno di loro nella villa di Primrose Hill, ricordò Jake con il cuore pesante. Non dopo che il loro amore appassionato era stato spazzato via dalla dolorosa perdita subita.
«Dammi il cappotto.»
Slacciando i bottoni con dita intirizzite, lui obbedì. E mentre glielo porgeva, non poté fare a meno di guardare i suoi bellissimi occhi ambrati. Ne era sempre rimasto affascinato, e lo stesso accadde ora.
Lei distolse in fretta lo sguardo.
«Toglierò anche le scarpe» osservò lui, posandole nell’ingresso. Aveva notato che i piedi sottili di lei erano avvolti in calde pantofole bordate di pelo.
«Andiamo in salotto. C’è la legna che brucia e ti scalderai in fretta.»
Preda di emozioni turbolente, Jake non disse nulla e la seguì. Le mani gli prudevano dalla voglia di toccarle i capelli lungo la schiena, e se le ficcò in tasca per controllarsi. Il salotto era un paradiso caldo e accogliente, con una stufa a legna al centro della stanza, il cui fuoco bruciava dietro gli sportelli di vetro, mentre il fumo veniva catturato dalla canna fumaria centrale che saliva fino al soffitto. C’erano due divani rossi coperti di cuscini e soffici coperte di lana, e il pavimento di legno era generosamente coperto da tappeti rossi e oro. Una poltrona di stile vittoriano stava vicino al fuoco, circondata da scaffali di pino su cui erano impilati i libri. In un angolo, c’era un albero di Natale ancora imballato, e questo lo fece sentire in colpa.
«Siediti. Preparerò qualcosa di caldo, a meno che non tu non preferisca un brandy...»
«Non bevo più alcol. Del caffè andrà bene, grazie.» Adesso fu il suo turno di distogliere in fretta lo sguardo, non prima di averla vista aggrottare la fronte.
«Caffè, allora» disse lasciando la stanza.
Prendendo posto in uno dei divani, Jake lasciò uscire il fiato. Per un po’ restò a guardare la neve che vorticava fuori delle finestre, poi sprofondò in un sogno a occhi aperti in cui immaginò di vedere sua figlia giocare con le sue bambole su quei tappeti rosso e oro. Se la figurò felice e al sicuro, a chiacchierare con loro, in un mondo che era stato così facile finché aveva avuto cinque anni, e che era diventato invece complicato dopo che i suoi genitori si erano separati. Non si rese conto che Alisa era tornata fino a quando non aspirò l’aroma forte del caffè. Prese la tazza, grato. «Proprio quello che il dottore mi ha ordinato.» Provò un sorriso, ma con scarsi risultati.
«Come sta tua madre? Come ha reagito alla perdita di tuo padre?»
Guardò la sua graziosa moglie attraversare la stanza con quella sua andatura leggera, come se volteggiasse. Aveva sempre avuto quelle caratteristiche da ballerina, e i jeans sottolineavano le sue lunghe gambe e la vita sottile, anche sotto l’ampio maglione di lana. Quando prese posto nell’altro divano, lui dovette reprimere il disappunto che non si fosse seduta più vicino. La vide stringere la sua tazza di tè e ricordò che lei di rado beveva