1439: galeas per montes: Navi attraverso i monti
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Tutto questo al fine di aggirare l’assedio delle truppe milanesi all’eroica città di Brescia. Uno storico dell’epoca scrisse: “Un fatto meraviglioso e quasi incredibile, se non fosse stato eseguito sotto gli occhi di migliaia di testimoni, e non venisse celebrato da tutti gli scrittori”.
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Anteprima del libro
1439 - Ettore Beggiato
Ettore Beggiato
1439:
galeas per montes
Navi attraverso i monti
In copertina: Le navi veneziane, trainate dai buoi, superano
la barriera montuosa che le separa dal Lago di Garda, da una tavola di G. Gatteri, incisione di A. Viviani, dipinto da Luciano Serraglia tratto dal volume Storia veneta
, Venezia 1862.
Dall’articolo di Roberto Stoppato Badoer, Galeas per montes
, in Storia Veneta
n. 10/2011, Elzeviro Editrice Padova.
1ª edizione: agosto 2019
2ª edizione: settembre 2023
Proprietà letteraria riservata
2023 © Piazza Editore
via Chiesa, 6 - 31057 Silea (TV)
Tel. 0422.1781409
www.piazzaeditore.it - info@piazzaeditore.it
e-mail dell’autore: beggiato@hotmail.com
ISBN 978-88-6341-301-4
In ricordo di mia figlia Ambra (1991-2019)
Prefazione
Il 29 maggio del 1453 si consumò definitivamente uno dei fatti più luttuosi, esiziali e definitivi della Storia della Cristianità: la caduta di Costantinopoli.
Il Sultano Maometto II - detto, per l’appunto, Il Conquistatore - non solo inverava innumerevoli tremende profezie occidentali ed orientali, cristiane e musulmane, sulla Città delle città
, ma coronava altresì i sogni di quasi tutti i Sultani ottomani dell’ultimo secolo e mezzo.
Esattamente come accade oggi, la sorte dell’Impero Greco - rappresentato dal coraggioso ultimo Basileus, Costantino XI Paleologo, perito in battaglia da soldato - fu determinata anche e soprattutto dalle azioni e dalle omissioni delle potenze occidentali, dalle loro influenze e da molti faccendieri europei impegnati, per soldo, dall’una parte e dall’altra.
Si pensi che mentre molti genovesi combatterono al fianco dei Greci, l’intero quartiere genovese di Pera dichiarò la propria neutralità rimanendo spettatore a guardare il massacro persino dei propri compatrioti. Per altro verso, mentre il Bailo veneto Girolamo Minotto, sacrificava la propria vita, assieme ad un figlio e ad altri nobili veneti per la difesa della città, l’armata veneta apprendeva della caduta di Costantinopoli mentre sostava a Negroponte (Eubea).
Ma soprattutto, determinante fu un fonditore ungaro-sassone della Transilvania, tale Urban, che dopo aver offerto invano i propri servigi all’imperatore, si pose al soldo del Sultano, fabbricando un pezzo di artiglieria mai visto prima, un mostro devastante capace da solo di mutare le sorti della vicenda poliorcetica. Questo gigante, di quasi 48 tonnellate, tre metri e mezzo di canna e 90 cm di calibro, scagliava palle di basalto pesanti sei quintali sino ad una distanza di due chilometri, sbriciolando le possenti mura teodosiane. Era stato trainato da 200 uomini e 60 buoi.
E, tuttavia, uomini ed animali furono impegnati anche per altro.
Il venerdì 20 aprile quattro unità navali, tre genovesi ed una bizantina, cariche di armi e derrate per la città avevano combattuto per ore contro le decine e decine di unità turche che si erano scagliate loro contro, uscendone vittoriose e riparando nel Corno d’Oro; quel braccio di mare che entra in profondità al fianco della città antica, saldamente in mano dei cristiani.
Furibondo, il Sultano ordina un’arditissima operazione militare.
Domenica 22 aprile 1453 le navi, tratte dal Bosforo, sono legate a piattaforme mobili e trainate da buoi e squadre di uomini sulle alture, per approdare al Corno d’Oro. I vogatori muovono i remi nell’aria, le vele sono issate, le bandiere garriscono ed i tamburi rullano accompagnati da pifferi e trombe. Apre la strada una fusta, seguita da una settantina tra biremi, triremi, e parandarie. Trascinate su tronchi di legno ingrassati, vengono spostate su terra dal Bosforo al Corno d’Oro, per 4,5 chilometri ed un dislivello di 70 metri, passando dietro al quartiere genovese di Galata.
Un’impresa che, anche se non risolutiva, ebbe un effetto psicologico micidiale sugli assediati, che subito, veneziani in testa, si industriarono per vanificarne gli effetti. Jacopo Cocco, Gabriele Trevisan e Zaccaria Grioni cercarono invano, alcuni giorni dopo, di incendiare quella flottiglia transitata per il promontorio, ma il tradimento (pare di un genovese) ne determinò il fallimento, con la morte in battaglia di Cocco.
Da quel momento, la flotta turca schierata sotto le mura del Corno d’Oro fu una spina nel fianco dei difensori.
Quale la conclusione? Uno dei fatti più rilevanti della Storia - uno di quei fatti che ne mutano il corso per sempre - era avvenuto anche per il tramite di un’arditissima impresa che all’evidenza emulava quanto accaduto non più di quindici anni prima tra Adige e Garda.
Si possono fare molte ipotesi sulla genesi dell’idea di Maometto II. L’eco dell’impresa era giunta sino a lui? Qualche traditore italiano presente al tragico fatto d’armi sul Bosforo glielo suggerì?
Non sappiamo. È più logico pensare che la fama dell’impresa veneta del 1439 nel mondo di allora fu globale. Certo è che negare l’influenza di quel precedente sulla decisione del Sultano sarebbe cosa azzardata ed illogica.
E vale sottolineare che l’ostacolo orografico superato da Maometto II fu nulla al confronto delle balze del monte Baldo.
Eppure oggi, come bene rimarca Ettore Beggiato, questa incredibile vicenda bellica è relegata nell’oblio generale.
Eppure essa non appartiene solo alla cosiddetta Storia evenemenziale di braudeliana memoria, quella cioè costituita da noiosi elenchi di fatti, date e nomi. Essa, al contrario, fornisce una delle innumeri chiavi di lettura per interpretare l’essenza dello Stato Veneto, la sua politica, la sua società, la struttura delle sue istituzioni, la sua forza