L'Estate del diavolo
Di Luigi Milani
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Info su questo ebook
Dopo il successo di “Seasons” e di “Ci sono stati dei disordini”, Luigi Milani torna a regalarci una raccolta di racconti. Il tema in questo caso è un po’ dark, con atmosfere che spaziano dal noir alle storie di fantasmi, accarezzando un po’ tutta la sfera dell’horror senza scendere mai nei dettagli, lasciando un’aura di mistero e spazio all’immaginazione del lettore....
Luigi Milani
Giornalista freelance, scrittore e traduttore, vive e lavora a Roma. È uno dei soci fondatori di Edizioni XII. Ha curato le edizioni italiane degli ultimi due libri di Jasmina Tesanovic, Processo agli Scorpioni (Edizioni XII – Stampa Alternativa 2008/2009) e Nefertiti (Stampa Alternativa) e le versioni italiane di alcuni racconti di Bruce Sterling (40k eBooks). Vincitore nel 2008 del concorso Orrorinversi, ha pubblicato racconti e romanzi per vari editori. Ultimi libri pubblicati: Ci sono stati dei disordini (Arduino Sacco Editore, 2010) e Nessun Futuro (Casini Editore, 2011). In questo periodo alimenta la sua schizofrenia creativa dedicandosi alla scrittura di racconti SF e noir, in corso di pubblicazione su riviste (I Quaderni di Fantascienza e Altri Sogni) e antologie collettive (Edizioni Scudo). Da diversi anni affligge i Web-naviganti con il suo blog, False Percezioni (http://luigimilani.com/), senza tralasciare però di infestare anche l’immancabile Facebook (https://www.facebook.com/LuigiMilani).
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Anteprima del libro
L'Estate del diavolo - Luigi Milani
Copertina
estate.pngExlibris
L’ESTATE DEL DIAVOLO
Luigi Milani
image.pngCopyright © 2012 by Delirium Editions
Cover design by Lorenzo De Luca
Book design by Emily V
All rights reserved.
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First Release: November 2012
ISBN: 9788866071105
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L’ESTATE DEL DIAVOLO
Luigi Milani
Degli Astri celesti invocherò
il sacro splendore,
con voci conformi al rito,
chiamando i Demoni santi.
(Inni Orfici, Profumo degli Astri)
Gli uomini prima o poi se ne vanno
Prologo
«Gli uomini prima o poi se ne vanno, ricordatelo».
Questa la frase che era solita ripetere Paola Russo a sua figlia, come un mantra malevolo, quando la ragazza cominciò a frequentare l’altro sesso.
Voleva metterla in guardia, alla luce delle esperienze poco piacevoli vissute da lei nel corso degli anni. Non servivano Jung o Freud per capirlo, visto che Paola si era trovata ad allevare da sola sua figlia, dopo che il marito Emilio, funzionario di banca, l’aveva abbandonata per una, diciamo così, intraprendente collega.
1. Un’unione transitoria
«Una puttana, altro che intraprendente collega
!» esplose la donna, fissando la foto sul comò, un’istantanea che la ritraeva in abito nuziale assieme al marito sul sagrato della chiesa, il giorno del loro matrimonio.
Due giovani di cosiddette belle speranze come tanti: lei, insegnante elementare, lui fresco d’assunzione in banca, rampante quanto bastava da sperare in una buona carriera, e non senza ragione, avendo ottenuto una sudatissima laurea cum laude in Giurisprudenza.
E così era stato, infatti. In capo a pochi anni Emilio aveva bruciato tutte le tappe, passando rapidamente da un modesto incarico di sportello a mansioni più importanti, fino a giungere alla carica di funzionario, con una possibile nomina a direttore di filiale all’orizzonte.
Fu proprio nel momento di maggior ascesa, a un passo dall’apice del cursus honorum bancario, che accadde il fattaccio.
Apparve sulla scena Claudia Colletti, avvenente e disinvolta – beh, molto disinvolta, a detta delle solite lingue affilate – collega che, facendo leva sulla consueta vanità maschile, non tardò a irretire il brillante funzionario, trasformandolo in poco tempo in una specie di scimmietta ammaestrata.
Emilio abbandonò la moglie senza starci a pensare troppo, travolto da una passione che non aveva mai assaporato prima.
Quella donna gli faceva ribollire il sangue. Cosa importava se la maggior parte dei colleghi ammiccava al loro passaggio? Anzi, sotto sotto Emilio era perfino gratificato dalle loro reazioni. E poi, in filiale, gli uomini mostravano di apprezzare la sua scelta. Lo invidiavano per le notti infuocate che certamente doveva trascorrere con l’avvenente collega.
Le donne, al contrario, non si sa bene se per reale convinzione o per ipocrisia, non esitavano ad additarli come fedifraghi. I loro strali si appuntavano in particolare su Claudia, rea di aver distrutto un matrimonio felice. La consideravano una rampante sgualdrina. E presto, vaticinavano le più navigate, una volta ottenuto il massimo tornaconto da quelle relazione, avrebbe liquidato lo sprovveduto schiavo d’amore per dedicarsi a nuovi e più proficui amori.
La giovane coppia andò a vivere in un nido acquistato a peso d’oro, un attico spettacolare in una zona esclusiva della capitale. La terrazza dall’esposizione magnifica, con una non meno formidabile esposizione sul conto in banca dell’ingenuo innamorato, si affacciava nientemeno che su Piazza di Spagna. L’arredamento fu all’altezza del luogo.
Emilio, dopo essersi sobbarcato un terrificante mutuo multi decennale, finì per normalizzare quello che era stato fino ad allora un rendimento lavorativo poco meno che eccezionale, con il risultato che la sua carriera entrò in una pericolosa fase di stand-by. Pericolosa non tanto per le sue prospettive lavorative, quanto per le conseguenze che non tardò a provocare nel suo nuovo assetto sentimentale.
A poco meno di un anno dall’inizio della torrida liaison, l’inarrestabile Claudia Colletti, dopo aver effettuato un’accurata ricognizione sul campo, individuò un’altra, più promettente vittima, e non ci pensò due volte ad abbandonare il vecchio amante.
Particolare non di poco conto, se l’adulterio non era durato che un anno o poco più, la sua fine non portò al riavvicinamento del transfuga con la famiglia legittima, posto che sua moglie Paola avesse accettato di perdonarlo. Paradossalmente, quella relazione era stata infatti spalleggiata, per non dire benedetta, dalla madre dell’uomo.
Quella donna altezzosa e severa, dal viso incartapecorito e i capelli di stoppa, non aveva mai visto di buon occhio il matrimonio del figlio con quella sciatta maestrina
.
2. Chat
Paola aveva sempre odiato la mancanza di determinazione di Emilio. Anche durante il loro matrimonio, giungeva sempre il momento in cui suo marito finiva per trincerarsi dietro una cortina di risposte monosillabiche e timidi mugugni, un atteggiamento che la faceva letteralmente infuriare. Di solito accadeva quando si trattava di assumere decisioni importanti, o appena più impegnative del solito. Re del temporeggiamento, Emilio Dettori era il genere d’uomo che preferiva sottrarsi alle azioni più scomode, delegandole nel migliore dei casi alla moglie o, peggio, al caso.
«Credi di risolvere i problemi aggirandoli, tu. Dovresti stampare questo motto sul biglietto da visita, Emilio, Decidere di non decidere
» lo rimproverò una volta Paola, al culmine di una lite scatenata da questioni condominiali che l’inerzia del marito aveva trasformato da normali contrasti tra vicini in vere e proprie cause civili.
«Ma no, è che voglio mantenere i rapporti su un piano di civiltà…» aveva obiettato lui, lo sguardo fisso sul pavimento.
«Storie, sei un debole, uno smidollato senza attributi. Ecco cosa sei! Ma vedrai dove ti porterà, la tua splendida politica!»
«Quale politica, che vai dicendo?» aveva ribattuto Emilio, in evidente affanno.
«Decidere di non decidere, caro Emilio» aveva ribattuto Paola, sconsolata.
Anni dopo – era riuscito a convincerlo ad accettare un incontro quando lui era già tornato a vivere alla casa materna – solo per averlo attaccato con particolare veemenza, lo vide dapprima impallidire e poco dopo accasciarsi sotto i suoi occhi.
Troppa emozione, pover’uomo.
«Suo marito è un animo eccezionalmente sensibile», diagnosticò, non senza un’ombra di sarcasmo, la dottoressa del Pronto Soccorso.
…