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Accordo nuziale: Harmony Collezione
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E-book151 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Lily Frome - Giovane e innocente, lavora nell'associazione caritatevole creata dalla prozia con la quale vive da quando aveva solo cinque anni.

Paolo Venini - Sexy e arrogante come ogni magnate italiano, conduce una vita di lusso e notorietà. Alla quale manca solo un piccolo tassello.

Non appena posa lo sguardo su Lily, Paolo capisce che è la ragazza perfetta per il suo scopo, e le propone un accordo irrinunciabile. Per entrambi.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2019
ISBN9788858998526
Accordo nuziale: Harmony Collezione
Autore

Diana Hamilton

Prolifica autrice inglese, adora la bellissima villa in stile Tudor in cui vive con il marito.

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    Anteprima del libro

    Accordo nuziale - Diana Hamilton

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Virgin: Wedded at the Italian’s Convenience

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2008 Diana Hamilton

    Traduzione di Cornelia Scotti

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-852-6

    1

    Lily Frome tremò per il freddo e si avvolse più che poté dentro alla stoffa scolorita della vecchia giacca a vento. Di solito, il sabato mattina, la strada principale della piccola cittadina dove viveva era affollata di persone che facevano acquisti, ma non in quella gelida giornata di marzo. Il vento sferzante e la pioggia battente avevano scoraggiato la maggior parte dei suoi concittadini, e solo i più coraggiosi si erano avventurati fuori dalle proprie case.

    Intorno a lei, i pochi passanti camminavano a testa bassa, i denti serrati, ignorando del tutto la scatola di latta giallo brillante, sulla quale campeggiava la scritta Il principio della vita sotto a un viso sorridente, che lei agitava con un tintinnio di monete. Non c’era nulla da fare, quella mattina nessuno si dimostrava generoso come al solito, anche se la sua attività caritatevole era vista da tutti con benevolenza.

    Lily si calò il berretto di lana sugli occhi. Stava quasi per cedere, e tornare alla casa che divideva con zia Edith, quando vide un uomo, alto ed elegante, che usciva dallo studio dell’avvocato, quello che si trovava proprio sopra alla farmacia.

    Lo sconosciuto alzò il bavero del cappotto e si incamminò nella direzione opposta. Lily, che pure non lo aveva mai visto da quelle parti, lo seguì senza pensarci due volte. Con uno dei suoi spontanei sorrisi gli si parò davanti, decisa a non lasciarsi scappare l’unica probabile offerta generosa di quella giornata.

    Purtroppo l’uomo camminava a passi così veloci che raggiungerlo era stata una faticaccia così, quando fu arrivato il momento di sciorinargli la solita spiegazione sugli scopi dell’associazione, Lily si rese conto di non avere più fiato. Inspirò a fondo nel tentativo di riempire d’aria i polmoni, alzò la testa e... capì che non sarebbe mai più riuscita a proferire una sola parola. Lo sconosciuto era l’uomo più bello che avesse mai visto e che, con ogni probabilità, avrebbe visto mai. Aveva capelli neri su cui le gocce di pioggia scintillavano, la carnagione olivastra e ipnotici occhi dorati.

    Per Lily era strano restare senza parole. Non le era mai successo prima di allora. Zia Edith diceva sempre che sarebbe riuscita a farsi rilasciare di prigione con la sola forza delle parole. Sempre che le fosse capitato di farsi arrestare per qualche motivo!

    Il suo sorriso tremò e poi svanì. Non riusciva a far altro che fissarlo, al punto che impiegò qualche istante per rendersi conto che lui le stava parlando. Lo sconosciuto aveva una leggera inflessione, quasi esotica, che le provocò strani brividi lungo tutto il corpo.

    «Lei mi sembra piuttosto giovane e abbastanza in forma» disse lui con voce piatta. «Le consiglio di lavorare per vivere.»

    Senza aggiungere altro le girò intorno e si allontanò, le mani infilate nelle tasche dell’elegante capotto.

    Lily restò inebetita a fissarlo mentre, dietro di lei, sentì qualcuno che diceva: «Come ti permetti, maleducato! Lily, vuoi che lo segua e gli dia un ceffone?».

    «Meg!» L’incantesimo era finalmente rotto. Di nuovo perfettamente in sé, Lily si voltò di scatto verso la sua vecchia compagna di scuola. Meg era alta quasi un metro e ottanta e torreggiava sull’amica, di molto più magra e piccola di statura. Non c’era niente da dire, Meg era decisamente una ragazzona e nessuno mai osava contraddirla, specie quando aveva sul viso quell’espressione battagliera.

    Un paio di fossette comparvero sul volto di Lily, che ridacchiò. «Lascia perdere. È chiaro che ha pensato che stessi chiedendo l’elemosina.» Abbassò lo sguardo sul giaccone consunto, i vecchi pantaloni di tela stinti e le scarpe da ginnastica che avevano visto giorni migliori e scosse la testa. «Mi manca solo un pezzo di cartone e un cane legato con un pezzo di spago!»

    «Ciò che ti manca» dichiarò Meg senza mezzi termini, «è un po’ di buonsenso! Hai ventitré anni, sei intelligente eppure continui a lavorare quasi gratis!»

    Completamente gratis, la corresse Lily in silenzio. «Ne vale la pena» dichiarò poi senza esitazione. Il suo non era certo il lavoro più remunerativo del mondo, e neppure quello più eccitante, però le dava un incredibile senso di completezza.

    «Davvero?» domandò Meg in tono poco convinto, quindi prese l’amica per un braccio e la tirò verso la porta della tavola calda che si trovava a pochi passi da loro. «Vieni, ti offro qualcosa di caldo.»

    Pochi istanti dopo, Lily si spogliò dal vecchio giaccone e sedette di fronte a Meg a uno dei tavolini apparecchiati con le solite bottiglie di ketchup e senape e il vasetto con tre tipi di zucchero, sospirando di sollievo. Accanto a sé posò il barattolo giallo con la bocca sorridente e il suo cappello di lana. Con un gesto sbarazzino tentò di ridare volume ai capelli che le si erano appiattiti sulla testa e guardò l’anziana cameriera di sempre che si avvicinava al loro tavolo. «Come va tuo nipote?» domandò con sincera gentilezza.

    «Si sta riprendendo, grazie. È uscito dall’ospedale. Suo padre ha detto che se osa anche solo guardare una moto da cross, lo spella vivo.»

    «Chissà se ha imparato che le strade di campagna non sono circuiti per gare di motociclette» commentò Meg, che ricevette uno sguardo di sufficienza dalla cameriera prima che questa tornasse a rivolgersi a Lily.

    «Oggi non è davvero il giorno ideale per raccogliere fondi! Questo posto sembra un mortorio. Però settimana prossima verrò alla vostra vendita di beneficenza, sempre che riesca a prendermi un po’ di tempo libero.»

    L’espressione di Lily si fece improvvisamente seria mentre guardava la donna allontanarsi. La vendita di beneficenza veniva organizzata due volte l’anno per raccogliere fondi per Il principio della vita e lei temeva che quella sarebbe stata un fallimento. Confessò i propri timori all’amica. «Questa è una piccola città, e non è possibile riciclare più di tanto gli stessi oggetti e vestiti. Finora non abbiamo ricevuto molte cose da mettere in vendita e per lo più sono le stesse che abbiamo già visto decine di volte.»

    «Penso di poterti aiutare.» Meg versò il caffè nelle tazze sbeccate. «Lo sai che Felton Hall è appena stata venduta?»

    «E allora?» Lily sorseggiò l’eccellente caffè. La vecchia villa nobiliare di cui parlava l’amica si trovava a un paio di chilometri dalla casa di sua zia ed era rimasta in vendita sin dalla morte del proprietario, il vecchio colonnello Masters, avvenuta sei mesi prima. «Perché pensi che potrebbe interessarmi la vendita?»

    «Semplice. Se hai il coraggio di andare dal nuovo proprietario prima che arrivi la società incaricata di sgomberare la casa, credo che potresti farti regalare parecchi oggetti interessanti. Come ben sai, il figlio del colonnello lavora a Londra» continuò Meg che era chiaramente al corrente dell’operazione, visto che lavorava per una delle più importanti agenzie immobiliari del luogo, «e non vuole tornare a vivere qui. Immagino il tipo di casa che ha laggiù, moderna e minimalista, così come si addice a uno scapolo rampante. Comunque, lui ha venduto la casa con tutto il contenuto e so che il nuovo proprietario vuole sbarazzarsene. Ti consiglio perciò di sfoderare il tuo sorriso, e chissà che tu non riesca a mettere le mani su qualcosa di decente per la tua vendita di beneficenza. Il peggio che ti può capitare è che ti chiudano la porta in faccia!»

    Paolo Venini parcheggiò la Lexus davanti alla porta dell’ultima proprietà di cui aveva di recente concluso l’acquisto, una bella casa d’epoca georgiana chiamata Felton Hall, e sorrise con soddisfazione. La tenuta comprendeva anche un terreno boschivo di venticinque ettari situato in una zona particolarmente bella della campagna inglese. Era il posto ideale per l’albergo esclusivo che aveva in mente.

    A quel punto non gli restava che conquistarsi l’appoggio dei responsabili locali della conservazione degli immobili storici. Il primo incontro era fissato per il pomeriggio successivo, e lui sperava di riuscire a manovrare la situazione a proprio favore. I migliori architetti del paese avevano preparato progetti dettagliati per la conversione degli spazi interni, solo che lui non avrebbe potuto presentarli di persona.

    La bocca sensuale si compresse in una linea severa mentre varcava la soglia imponente della casa. Era nervoso, il che non gli capitava spesso. Di solito era capace di controllare le proprie emozioni, ma non quel giorno. Poche ore prima gli aveva telefonato il medico di sua madre, l’unica persona al mondo capace di rompere il suo ferreo autocontrollo, che lo aveva avvisato che Flora aveva avuto un collasso. In quel momento era ricoverata in ospedale, in Italia, dove la stavano sottoponendo a una serie di controlli del cui esito sarebbe stato informato. A Paolo non bastava. Aveva subito chiamato la sua assistente personale e l’aveva convocata laggiù, e non appena fosse arrivata, lui sarebbe partito per Firenze per stare accanto a sua madre.

    Nonostante non avesse mai avuto problemi di natura economica, la sua adorata mamma non aveva avuto vita facile. Dieci anni prima aveva dovuto affrontare la morte del marito, che l’aveva lasciata sola ad allevare i due figli maschi. Per lei era stato davvero un colpo terribile. Niente a che vedere con ciò che era accaduto due anni prima, quando un mortale incidente d’auto le aveva portato via anche il figlio maggiore insieme alla moglie. A quel punto aveva rischiato di non risollevarsi più dal terribile dolore. Antonio aveva trentasei anni, due più di Paolo. Invece di occuparsi della banca mercantile di famiglia, si era dedicato alla carriera di avvocato, così come Rosa, sua moglie. A rendere più insopportabile il dolore per sua madre, era stato lo scoprire che la nuora era in attesa di quello che avrebbe dovuto essere il suo primo nipotino. Rosa infatti era incinta di otto settimane al momento dell’incidente.

    Da quando si era ripresa dal dolore per quella perdita terribile, sua madre non aveva fatto altro che ripetere a Paolo che era arrivato il momento di pensare a sposarsi, e a mettere al mondo dei figli. Che il suo più grande desiderio era di vederlo sistemato. Che il dovere di Paolo era provvedere a dare un erede al vasto impero finanziario della famiglia Venini.

    Per quanto lui facesse sempre il possibile per accontentarla e dimostrarle il proprio affetto e le proprie attenzioni, quella era una promessa che non si era mai sentito di fare. Dopotutto ci era già passato, e con esiti disastrosi. Non solo aveva vissuto un fidanzamento imbarazzante che allora aveva incrinato la fiducia in se stesso, ma si era persino sposato. Un matrimonio durato appena dieci mesi. Un mese di meravigliosa luna di miele seguito da nove di amare delusioni.

    Paolo avrebbe voluto poter dare a sua madre ciò che lei desiderava, vedere i suoi occhi tristi illuminarsi di gioia. Gli sarebbe piaciuto vederla sorridere alla notizia del suo imminente matrimonio, solo che tutto in lui si ribellava all’idea di ripercorrere quella strada.

    Senza rendersene conto corrugò la fronte e sul suo viso si dipinse un’espressione scontenta. Con passo svelto prese a percorrere le grandi sale della casa fino a che non raggiunse la cucina, alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti. Penny Fleming avrebbe già dovuto essere lì. Le aveva telefonato presto

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